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Custodia cautelare in carcere per truffa: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo accusato di truffa pluriaggravata, confermando la misura della custodia cautelare in carcere. L’imputato, fingendosi un ufficiale della finanza, avrebbe sottratto 300.000 euro. La Corte ha ritenuto le doglianze del ricorrente generiche, sottolineando che la decisione del Tribunale del Riesame era ben motivata sia riguardo ai gravi indizi di colpevolezza, sia sul concreto pericolo di recidiva basato sulla personalità e i precedenti penali dell’indagato. È stata inoltre confermata l’inidoneità degli arresti domiciliari, anche con braccialetto elettronico, data la scarsa affidabilità del soggetto.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Custodia Cautelare in Carcere per Truffa: Quando è Inevitabile?

La decisione di applicare la custodia cautelare in carcere rappresenta uno dei momenti più delicati del procedimento penale, poiché incide sulla libertà personale di un individuo non ancora condannato in via definitiva. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 30584/2024) offre un’analisi dettagliata dei criteri che giustificano la misura più afflittiva, anche a fronte di alternative come gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Il caso riguarda un’ipotesi di truffa pluriaggravata e mette in luce l’importanza della personalità dell’indagato e del concreto pericolo di recidiva nella scelta della misura.

I Fatti del Caso

Al centro della vicenda vi è un uomo accusato di un grave reato di truffa. Secondo l’imputazione provvisoria, egli si sarebbe presentato presso l’abitazione di una famiglia fingendosi un Maresciallo della Guardia di Finanza. Con questo stratagemma, avrebbe informato il figlio del proprietario di casa di un’imminente perquisizione domiciliare, offrendosi di “far sparire” una cospicua somma di denaro contante per sottrarla al sequestro.

Indotto in errore, il giovane avrebbe consegnato all’uomo un contenitore contenente circa 300.000 euro, procurando così all’autore del reato un ingiusto vantaggio con pari danno per la vittima.

Il Percorso Giudiziario

Il caso ha avuto un iter processuale complesso sin dalle prime fasi. Inizialmente, il Giudice per le Indagini Preliminari (G.i.p.) aveva rigettato la richiesta del Pubblico Ministero di applicare la custodia cautelare in carcere. Contro questa decisione, il PM ha proposto appello e il Tribunale del Riesame di Firenze, in riforma della prima ordinanza, ha invece disposto la misura carceraria. Il Tribunale ha ritenuto sussistenti sia i gravi indizi di colpevolezza (basati anche sul riconoscimento da parte di un vicino e sull’individuazione dell’auto dell’indagato) sia le esigenze cautelari, in particolare il pericolo che l’indagato potesse commettere altri reati simili. L’uomo ha quindi presentato ricorso in Cassazione contro quest’ultima decisione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le censure mosse dalla difesa del tutto generiche e, in parte, manifestamente infondate. La sentenza analizza punto per punto i motivi del ricorso, fornendo importanti chiarimenti sull’applicazione delle misure cautelari.

La Valutazione dei Gravi Indizi di Colpevolezza

Il ricorrente lamentava una valutazione errata e lacunosa delle prove, in particolare delle dichiarazioni della persona offesa e di suo figlio. La Corte ha respinto questa doglianza, sottolineando come il Tribunale di Firenze avesse operato un confronto critico e approfondito con la prima ordinanza del G.i.p., superando i dubbi iniziali sull’attendibilità dei testimoni. Il Tribunale aveva valorizzato elementi come il riconoscimento da parte di un terzo estraneo e la coerenza complessiva del quadro probatorio, rendendo la motivazione solida e immune da censure di legittimità. Il ricorso, invece, non si confrontava con queste argomentazioni, limitandosi a riproporre una lettura alternativa dei fatti, operazione non consentita in sede di Cassazione.

Il Pericolo di Recidiva e la Personalità dell’Indagato

Un punto cruciale della decisione riguarda la valutazione del pericolo di recidiva, che giustifica la custodia cautelare in carcere. La difesa sosteneva che la motivazione del Tribunale fosse carente. La Cassazione, al contrario, ha evidenziato come il Tribunale avesse ampiamente motivato la sua scelta basandosi su tre elementi fondamentali:
1. La gravità concreta del fatto: sintomatica di una spiccata capacità a delinquere.
2. La personalità dell’indagato: gravato da numerosi precedenti penali, anche per reati contro il patrimonio e associazione di tipo mafioso.
3. La mancanza di fonti lecite di sostentamento: un fattore che rendeva verosimile che l’uomo traesse i propri mezzi di sussistenza da attività criminose.

Secondo la Corte, questi elementi delineano un profilo di pericolosità sociale che rende concreto e attuale il rischio di reiterazione di reati contro il patrimonio.

La Scelta della Misura: Perché il Carcere e non i Domiciliari?

La difesa aveva contestato la scelta della custodia cautelare in carcere, ritenendola sproporzionata e illogica, soprattutto perché lo stesso Tribunale aveva escluso il pericolo di fuga. La Cassazione ha ritenuto questa censura manifestamente infondata.

La Corte ha chiarito che l’inidoneità degli arresti domiciliari, anche con braccialetto elettronico, era stata correttamente motivata. Misure come i domiciliari si fondano, almeno in parte, sulla capacità di autodeterminazione e sul senso di responsabilità dell’indagato. Nel caso di specie, i precedenti penali, inclusa una condanna per evasione, dimostravano una totale inaffidabilità del soggetto e la sua incapacità di rispettare le misure cautelari.

Inoltre, la Corte ha smontato l’argomento della presunta contraddittorietà: escludere il pericolo di fuga (un allontanamento definitivo) non significa escludere il rischio che l’indagato possa allontanarsi temporaneamente dalla propria abitazione per commettere altri reati. I due pericoli sono distinti e la loro valutazione è autonoma.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: di fronte a una motivazione logica, coerente e completa da parte del giudice del riesame, un ricorso per cassazione basato su censure generiche e assertive è destinato all’inammissibilità. La decisione sulla custodia cautelare in carcere deve fondarsi su una valutazione complessiva della gravità del fatto e, soprattutto, della personalità dell’indagato. Quando i precedenti penali e lo stile di vita dimostrano una propensione al crimine e una totale inaffidabilità, anche il braccialetto elettronico può essere considerato uno strumento insufficiente a neutralizzare il concreto pericolo di recidiva, rendendo la detenzione in carcere l’unica misura adeguata a tutelare la collettività.

Quando il giudice può applicare la custodia cautelare in carcere invece degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico?
Il giudice può applicare la custodia in carcere quando, sulla base della personalità dell’indagato, dei suoi precedenti penali (in particolare per reati come l’evasione) e del suo stile di vita, ritiene che egli sia privo della capacità di autolimitazione necessaria per rispettare le prescrizioni degli arresti domiciliari. In tali casi, anche il braccialetto elettronico è considerato inidoneo a prevenire il pericolo concreto di commissione di altri reati.

Un ricorso in Cassazione è valido se critica genericamente la valutazione delle prove fatta da un tribunale?
No. Secondo la Corte, un ricorso che si limita a contestare genericamente la valutazione delle prove e l’attendibilità dei testimoni senza confrontarsi specificamente e criticamente con le argomentazioni dettagliate contenute nell’ordinanza impugnata è inammissibile. Non è sufficiente proporre una lettura alternativa dei fatti.

L’assenza del pericolo di fuga impedisce l’applicazione della custodia cautelare in carcere?
No. La sentenza chiarisce che il pericolo di fuga e il pericolo di reiterazione del reato sono due esigenze cautelari distinte e autonome. L’esclusione del pericolo che l’indagato si dia alla fuga non impedisce al giudice di ritenere sussistente un elevato rischio che commetta altri reati, giustificando così l’applicazione della misura carceraria come unica soluzione idonea a tutelare la collettività.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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