Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 1206 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 1206 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOMECOGNOME nato il 21/03/1956 a Caivano avverso l’ordinanza in data 25/07/2023 del Tribunale di Napoli
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito il difensore, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 25/07/2023 il Tribunale di Napoli in sede di riesame ha confermato quella del G.i.p. del Tribunale di Napoli in data 25/05/2023, con cui è stata applicata ad NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere per il reato di partecipazione con ruolo apicale ad associazione di stampo camorristico (capo A), per i reati di estorsione aggravata (capi B, Bl, B2, B3, B4, B5, B6, B8, B9, B11) e per il reato di detenzione di armi (capo C12).
Ha proposto ricorso NOME tramite il suo difensore.
2.1. Con il primo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla gravità indiziaria.
Gli elementi acquisiti non consentivano di attribuire specifiche condotte al ricorrente, non essendo stati effettuati controlli, appostamenti o sequestri che lo coinvolgessero direttamente.
COGNOME e COGNOME NOME sfruttavano la figura di NOMECOGNOME per conseguire i loro fini e consolidare la posizione di potere criminale. COGNOME in particolare millantava la conoscenza del ricorrente, che tuttavia non figurava mai all’esterno.
Non era idoneo a suffragare la gravità indiziaria il video riguardante l’estorsione in danno di RAGIONE_SOCIALE, non accompagnata da elementi sicuramente riferibili al ricorrente.
Non era stata inoltre con certezza identificata la voce del ricorrente, che sarebbe risultata in alcune conversazioni, dovendosi tener conto del fatto che il predetto era da poco uscito dal carcere.
I collaboratori di giustizia avevano inoltre parlato del ricorrente solo de relato.
Anche alla luce della giurisprudenza di legittimità in materia non avrebbero potuto ravvisarsi gravi indizi di colpevolezza.
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alle esigenze cautelari.
Il pericolo di recidivanza era stato desunto dal certificato penale, senza considerare il cambiamento di vita del ricorrente, cui dopo la scarcerazione era stata applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale, che tuttavia era stata revocata anticipatamente, essendo emersa la regolare condotta di vita e la cessazione della pericolosità.
Né avrebbe potuto valorizzarsi la circostanza che il ricorrente avesse cercato di sottrarsi alla cattura, dovendosi rilevare che il predetto non aveva percezione di essere ricercato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, perché le deduzioni ripropongono censure già esaminate dal Tribunale con motivazione non illogica, cui contrappongono rilievi generici, volti a sollecitare una diversa lettura del compendio indiziario, non consentita in sede di legittimità.
Il Tribunale ha invero delineato il quadro da cui si evince l’operatività di un agguerrito clan camorristico, facente capo a Gallo e al ricorrente, il quale, da poco
uscito dal carcere dopo più di trent’anni, aveva subito ripreso l’attività criminale, godendo di ampia considerazione nel contesto territoriale di Caivano.
Si è fra l’altro dato conto delle sentenze irrevocabili da cui è dato ricavare la persistenza dell’attività criminale, precedentemente facente capo a soggetti diversi, ma proseguita con analoghe modalità, prevalentemente incentrate sulle estorsioni e su traffici in materia di stupefacenti.
Inoltre, il Tribunale ha suffragato la ricostruzione sulla base delle dichiarazioni di plurimi collaboratori di giustizia, in particolare facendo riferimento a quelle di NOME COGNOME che ha dato conto del diretto coinvolgimerito del ricorrente, chiamato NOME o NOME oppure lo zio, accanto a NOMECOGNOME
In tale quadro sono state descritte le condotte estorsive contestate al ricorrente, suffragate da una pluralità di conversazioni intercettate, sulla base delle quali si è rilevato che il ricorrente veniva indicato come beneficiario di regali o comunque come soggetto a vantaggio del quale avrebbe dovuto versarsi la somma richiesta, fermo restando che dai dialoghi intercettati è venuta in rilievo la richiesta formulata dal ricorrente a Gallo di un prezioso orologio, poi effettivamente preteso dal gioielliere NOME, nonché la capricciosa richiesta da parte del ricorrente di poter disporre di un fucile khalashnikov, elementi che valgono ad escludere l’ipotesi di semplici millanterie di COGNOME e che al contrario confortano la ricostruzione proposta, coerente con le dichiarazioni dei collaboratori in ordine alla posizione apicale ricoperta dal ricorrente, accanto a COGNOME, e al ruolo attivo dal predetto svolto nell’ambito del clan.
Generici risultano i rilievi difensivi in ordine alla mancanza di controlli o di perquisizioni o sequestri nei confronti del ricorrente, come quelli incentrati sulle poche conversazioni cui il predetto avrebbe partecipato, così da rendere comunque problematico il riconoscimento della sua voce, essendo egli da poco uscito dal carcere dopo una lunghissima restrizione.
E’ agevole rilevare come non siano stati prospettati elementi specifici tali da rendere dubbia l’attribuzione delle conversazioni, al contrario suffragata, secondo la ricostruzione posta alla base dell’ordinanza impugnata, dal tenore dei colloqui e dalla coerente e logica lettura del loro contenuto, da cui si evince il ruolo di un soggetto diverso dal Gallo e da altri sodali ben noti agli inquirenti e per contro in grado di costituire punto di riferimento delle attività estorsive anche agli occhi delle vittime, come, fra l’altro, emerso nel caso dell’estorsione in danno di RAGIONE_SOCIALE
In definitiva la ricostruzione del quadro indiziario risulta in linea con consolidati principi in forza dei quali deve sussistere un’intrinseca capacità dimostrativa del materiale acquisito, pur tenendo conto della provvisorietà del compendio, comunque suscettibile di arricchimento (Sez. 1, n. 13980 del
13/02/2015, Cìlìo, Rv. 262300), fermo restando che non sono stati specificamente prospettati profili idonei a disarticolare la ricostruzione o tali da imporre una le ispirata al canone del favor rei in presenza dì elementi che sì prestino ad una ambivalente lettura (Sez. 3, n. 17527 del 11/01/2019, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 275699).
3. Altrettanto inammissibile risulta il motivo riguardante i profili cautelari.
Anche in questo caso le deduzioni non si confrontano specificamente con la motivazione, ma ripropongono argomenti vagliati e respinti dal Tribunale, che, tutt’altro che illogicamente, ha dato rilievo alla presunzione di cui all’art. comma 3, cod. proc. pen., nel caso di specie ulteriormente suffragata non solo dal cospicuo curriculum criminale del ricorrente, ma anche dal fatto che, dopo una lunga restrizione carceraria, il predetto avesse riacquisito una posizione apicale un clan camorristico, così da privare dì qualsivoglia rilievo la pregre carcerazione e da dimostrare per contro la continuità del pericolo correlat all’operatività del ricorrente, non idoneamente contenuta da misure diverse da quella carceraria.
In tale prospettiva risulta priva di rilievo la circostanza che la misur prevenzione personale applicata al ricorrente dopo la scarcerazione fosse stat revocata per il venir meno della pericolosità, posto che quel giudizio era sta formulato all’insaputa delle consapevolezze rivenienti dall’attività di indagine corso, tali da contrastare quella valutazione e da dimostrare al contrario persistente collegamento del ricorrente con gli ambienti criminali.
In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, conseguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, cod. proc. pen.
Così deciso il 22/12/2023