Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 14355 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 14355 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il 29/07/1975
avverso l’ordinanza del 04/10/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Catania rigettava l’appello ex art. 310 cod. proc. pen. proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso il provvedimento del 2 agosto 2023, con il quale la Corte di appello di Catania aveva rigettato la richiesta di revoca o sostituzione della custodia cautelare in carcere applicata nei confronti dell’imputato per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen.
A ragione della decisione, il Tribunale evidenziava che gli unici elementi di novità sopravvenuti all’originario quadro cautelare erano costituiti: a) dalla condanna nei due gradi di merito subita dal COGNOME per il reato associativo ascrittogli; b) dal decreto applicativo della misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, emesso nei suoi confronti, per la durata di due anni e sei mesi, dal Tribunale di Catania – Sezione misure di prevenzione in data 13 aprile 2022, definitivo il 4 febbraio 2023.
Restava, in ogni caso, insuperata la duplice presunzione legale di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
Propone ricorso per cassazione l’interessato, per mezzo del suo difensore, deducendo, quale unico motivo di ricorso, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 299 e 274 cod. proc. pen.
Si rimprovera al giudice di merito di aver omesso di effettuare una valutazione circa l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari e di aver trascurato le doglianze difensive.
In particolare, la difesa aveva evidenziato il ruolo del tutto marginale assunto dal COGNOME in seno al sodalizio di riferimento, così come risultava dalle captazioni, intercorse esclusivamente con il coimputato NOME COGNOME e che lo avevano visto coinvolto nei soli mesi di gennaio e febbraio 2015, nonché l’assenza in capo al ricorrente di precedenti riconducibili al reato di cui all’art. 416-bis cod pen. unitamente al tempo trascorso dai fatti.
Tali deduzioni erano rimaste senza risposta.
Il Procuratore generale, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
Occorre rammentare e ribadire che, in sede di appello avverso l’ordinanza di rigetto della richiesta di revoca o sostituzione di misura cautelare personale, il Tribunale non è tenuto a riesaminare la sussistenza delle condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo, dovendosi limitare al controllo ,che
l’ordinanza gravata sia giuridicamente corretta e adeguatamente motivata in ordine ad eventuali allegati nuovi fatti, preesistenti o sopravvenuti, idonei a modificare apprezzabilmente il quadro probatorio o a escludere la sussistenza di esigenze cautelari, ciò in ragione dell’effetto devolutivo dell’impugnazione e della natura autonoma del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 45826 del 27/10/2021, COGNOME, Rv. 282292 – 01; Sez. 2, n. 18130 del 13/04/2016, Antignano, Rv. 266676 – 01; Sez. 3, n. 43112 del 07/04/2015, C., Rv. 265569 – 01).
Deve aggiungersi che, in tema di misure cautelari applicate per un reato di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., il c.d. “tempo silente” trascorso dalla commissione del reato non costituisce oggetto di valutazione ex art. 299 cod. proc. pen. ai fini dei provvedimenti di revoca o di sostituzione della misura, rispetto ai quali l’unico tempo che assume rilievo è quello trascorso dall’applicazione o dall’esecuzione della stessa, siccome qualificabile, in presenza di ulteriori elementi di valutazione, come fatto sopravvenuto da cui poter desumere il venir meno ovvero l’attenuazione delle originarie esigenze cautelari (Sez. 2, n. 47120 del 04/11/2021, Attento, Rv. 282590 – 01).
Di tali principi ha fatto corretta applicazione il giudice della cautela, nell’evidenziare che, ferma restando la duplice presunzione di legge di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., i fatti sopravvenuti da registrare nel procedimento d’interesse erano risultati entrambi sfavorevoli all’imputato, essendo costituiti dalla condanna subita nei due gradi di merito per il reato associativo mafioso, a definitiva cristallizzazione del quadro indiziario, e dal decreto applicativo della misura di prevenzione della sorveglianza speciale, a sottolineare la spiccata pericolosità sociale del proposto.
I rilievi difensivi sviluppati in ricorso (ruolo marginale del COGNOME; mancanza di precedenti a carico per reati associativi; lungo periodo di detenzione cautelare) ripropongono temi che, per come risulta dalle premesse del provvedimento impugnato, hanno già trovato spazio nelle fasi incidentali e di cognizione, sicché va esclusa, per essi, la connotazione di novità che avrebbe imposto al giudice dell’appello cautelare un adeguato e specifico onere motivazionale al riguardo.
Va, da ultimo, ricordato che, ai fini dell’attenuazione o della revoca della misura della custodia cautelare in carcere, il mero decorso di un pur lungo periodo di carcerazione non assume di per sé rilievo come fattore di attenuazione delle esigenze cautelari, esaurendo la sua valenza soltanto nell’ambito della disciplina dei termini di durata massima della custodia (Sez. 1, n. 19818 del 23/03/2018, COGNOME, Rv. 273139 – 01).
Dal rigetto del ricorso discende ex lege la condanna del proponente al pagamento delle spese processuali.
La cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma
1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma
1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, 1’8 gennaio 2025
Il Consigliere estensore