Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 1768 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 1768 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MACOMER il 09/09/1984
avverso l’ordinanza del 12/07/2024 del Tribunale di Cagliari;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG NOME COGNOME ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di un’ulteriore somma in favore della cassa delle ammenda.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 12/7/2024 il Tribunale di Cagliari ha rigettato l’appello avanzato nell’interesse di NOME NOME avverso l’ordinanza con cui il GIP del Tribunale di Cagliari aveva rigettato la richiesta di sostituzione della custodia in carcere in quanto indagato per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90 e di varie ipotesi del reato di cui all’art. 73 stesso d.P.R..
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per Cassazione Cossu, a mezzo del difensore di fiducia, che, con unico motivo denuncia: la mancanza o manifesta illegittimità della motivazione in relazione all’affermata sussistenza del pericolo concreto e attuale di reiterazione di reati della stessa specie nonché al giudizio di inadeguatezza di misure differenti dalla custodia in carcere; il travisamento della prova per invenzione in relazione al ruolo di corriere attribuito all’indagato.
La difesa assume che:
fra l’ultima condotta contestata al ricorrente, risalente al settembre 2021, e il nuovo giudizio cautelare, sollecitato nel giugno 2024, erano intercorsi tre anni, “caratterizzati da una autonoma presa di coscienza e da un impeccabile comportamento processuale e intramurario”;
le conversazioni intercettate provano che COGNOME si era ritirato dalla compagine criminale nel settembre 2021;
il Tribunale aveva erroneamente valutato le condotte delittuose contestate a COGNOME attribuendogli il ruolo di corriere in luogo di quello di custode assegnato dalle ipotesi accusatorie per cui non risultavano configurabili i “rapporti certamente stretti fra il corriere COGNOME e malavitosi che agivano nel campo degli stupefacenti in varie parti della Sardegna” enfatizzati dal Tribunale;
i contatti fra COGNOME e NOME COGNOME mente organizzativa del gruppo criminale, del dicembre 2021-gennaio 2022, finalizzati all’acquisto di due appartamenti finitimi, non avevano costituito oggetto di alcun addebito penale, risultando spiegabili con il rapporto di amicizia esistente fra i due uomini, e non dimostravano che i legami di COGNOME con la consorteria criminale si fossero protratti oltre il settembre 2021;
il rilievo dato dal Tribunale alle severe pene comminate per il reato associativo e per i delitti fine non teneva conto che, per Cossu, la Procura distrettuale aveva chiesto la pena di anni nove e mesi quattro di reclusione;
non erano state individuate dal Tribunale “concrete occasioni prossime di reato”;
il precedente per rapina cui fa riferimento il Tribunale risaliva all’anno 2004 e non poteva assumere alcuna rilevanza nel giudizio prognostico;
l’inidoneità degli arresti domiciliari a far fronte alle esigenze cautelari era stata giustificata enfatizzando un ruolo di corriere che COGNOME non aveva mai svolto e congetturando che il predetto potesse non rispettare le prescrizioni lui imposte;
il mantenimento della custodia in carcere nuoce alla “salvaguardia dell’azienda agricola da cui trae sostentamento tutta la famiglia”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Nella fattispecie, come osservato dall’ordinanza impugnata, in ragione dei fatti oggetto di imputazione, opera il comma 3 dell’art. 275 cod. proc. pen., che pone una presunzione “temperata” di adeguatezza del presidio di massima afflittività. In tema di valutazione delle esigenze cautelari, questa Corte ha già avuto modo di affermare che la pericolosità sociale, nei termini cristallizzati dal legislatore all’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., si
desume congiuntamente dall’apprezzamento prognostico di fatti storicizzati, quali le specifiche modalità e circostanze del fatto, e dalla personalità dell’agente (Sez. 6, n. 45489, del 21/6/2018; Sez. 5, n. 49038, del 14/6/2017, Rv. 271522; Sez. 1, n. 37839, del 2/3/2016, Rv. 267798; Sez. 3, n. 1166, del 2/12/2015 (dep. 2016), Rv. 266177).
Sul tema della persistenza delle esigenze cautelari di prevenzione speciale e adeguatezza della misura, il Tribunale ha reso congrua motivazione, rilevando che “il tempo di due anni e dieci mesi trascorso dalle condotte criminose conducibili a COGNOME,…, e anche quello di un anno e due mesi della custodia cautelare sofferta non costituiscono dati significativi di un’attenuazione delle esigenze cautelari…” in considerazione della gravità dei reati, della pervicacia criminosa disvelata dalla “ripetizione dei singoli episodi di reato e la loro lunga collocazione temporale” e dei “gravi e plurimi precedenti, specie quelli per rapina aggravata…,rivelatori di una censurabile continuità di COGNOME con crimini da cui trarre risorse finanziarie, quali quelli di narcotraffico contestati nella specie, e del fatto che le precedenti condanne a pena detentiva non abbiano portato COGNOME a mutare il suo stile di vita, rimasto ostinatamente in un contestato delinquenziale”.
Ha, quindi, concluso ritenendo che “a prescindere dalla presunzione di adeguatezza della misura della custodia in carcere operante nella specie, deve rilevarsi come il fortissimo pericolo di recidiva specifica trovi comunque adeguato riscontro unicamente nella misura cautelare custodiale”.
Il ricorso ha quale principale argomento il decorso del tempo dall’ultimo reato fine posto in essere dall’imputato.
Si tratta di un elemento, però, che afferisce la fase precedente all’applicazione della misura cautelare che non può assumere rilevanza ai fini del presente giudizio.
Il procedimento, infatti, ha preso le mosse da una istanza di revoca della misura e non dalla contestazione di un provvedimento applicativo della stessa.
In tema di misure cautelari applicate per un reato di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., questa Corte ha precisato che “il c.d. “tempo silente” trascorso dalla commissione del reato non costituisce oggetto di valutazione ex art. 299 cod. proc. pen. ai fini dei provvedimenti di revoca o di sostituzione della misura, rispetto ai quali l’unico tempo che assume rilievo è quello trascorso dall’applicazione o dall’esecuzione della stessa, siccome qualificabile, in presenza di ulteriori elementi di valutazione, come fatto sopravvenuto da cui poter desumere il venir meno ovvero l’attenuazione delle originarie esigenze cautelari” (Sez. 2, n. 47120 del 04/11/2021,
Attento, Rv. 282590 – 01; conf. Sez. 2, n. 12807 del 19/2/2020, COGNOME; Sez. 2, n. 46368 del 14/9/2016, COGNOME).
Con riferimento alla rilevanza del periodo di custodia in carcere e al comportamento osservato dall’imputato, già il GIP aveva dato una congrua motivazione nell’affermarne l’irrilevanza, osservando che “il buon comportamento del detenuto dipende non da effettiva resipiscenza quanto, piuttosto, dal fatto che si tratti di contegno doveroso, in mancanza del quale l’indagato andrebbe incontro a conseguenze pregiudizievoli”.
Tale motivazione è stata integrata dal Tribunale rilevando come COGNOME avesse mantenuto i rapporti con COGNOME anche dopo il settembre 2021, così eloquentemente dimostrando che non vi era stata una rivisitazione critica della collaborazione con la compagine associativa, e avesse continuato a commettere delitti animati dal fine di locupletazione nonostante le precedenti condanne a pena detentiva. Il Tribunale, ancora, ha preso in considerazione le esigenze familiari dedotte ritenendole non in grado di incidere sul giudizio prognostico relativo alla pericolosità di COGNOME e sulla necessità della custodia in carcere.
A fronte di tale apparato argomentativo le censure difensive, incentrate sul ruolo svolto nell’ambito dell’associazione da Cossu e sul tempo decorso dall’ultimo reato fine o sull’esigenza di tener conto dei problemi derivanti sulla conduzione dell’azienda agricola dallo stato detentivo, non individuano elementi nuovi, dedotti ma non tenuti in considerazione dal Tribunale, capaci di modificare il quadro cautelare e, superando la presunzione di cui all’art. 275 comma 3 cod. proc. pen., di far ritenere non più necessaria la custodia cautelare in carcere.
Deve, quindi, concludersi che il giudice dell’appello cautelare, ritenuta non vinta da alcun sopravvenuto elemento di valutazione la presunzione di adeguatezza della sola misura carceraria, ha concretamente apprezzato l’inanità della misura domiciliare invocata a contenere la spinta criminale dell’agente, per come rappresentata dai fatti per cui è cautela e dalla personalità del medesimo. Non sono, pertanto, configurabili i dedotti vizi motivazionali denunciati, Lat. , -cc+~ ( 5.14-£4.-Zc4, ~0.44.:ehn’ 4 fe 7:·-· dAt “tb i ag/à°
Alla inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, sussistendo per quanto sopra evidenziato, profili di colpa nella devoluzione di domanda non coerente con i motivi posti a sostegno, la condanna al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa per le ammende.
Non conseguendo al presente provvedimento la rimessione in libertà del ricorrente, va disposta, a cura della cancelleria, a mente della previsione dell’art. 94 comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen., la trasmissione di copia della sentenza al direttore dell’istituto penitenziario ove l’indagato si trova detenuto affinché provveda a quanto stabilito dal precedente comma 1-bis.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 10/12/2024