Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 13325 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 13325 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME NOMECOGNOME nato a Maddaloni il 18/2/1991
avverso l’ordinanza del 25/10/2024 del Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 25 ottobre 2024 il Tribunale di Napoli ha rigettato la richiesta di riesame presentata, tra gli altri da NOME COGNOME nei confront dell’ordinanza del 12 settembre 2024 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, applicativa della misura cautelare della custodia in carcere in relazione al reato associativo ex art. 74 d.P.R. 309/90 di cui al capo a) e al reato fine ex art. 73 d.P.R. 309/90 di cui al capo 25).
Avverso tale ordinanza l’indagato ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’Avvocato NOME COGNOME che lo ha affidato a due motivi.
Con entrambi i motivi ha lamentato la violazione di disposizioni di legge processuale, in particolare degli artt. 125, 192, 309, 358, 273, 274, 275 e 292, cod. proc. pen., e un vizio della motivazione, che sarebbe contraddittoria e manifestamente illogica sia nella parte relativa alla valutazione del quadro indiziario, sia a proposito della valutazione delle esigenze cautelari e del giudizio di adeguatezza e proporzionalità della misura della custodia cautelare in carcere. Ha sottolineato, anzitutto, l’ampiezza e l’univocità degli elementi indiziari raccolti, tali da escludere la possibilità di qualsiasi inquinamento probatorio, e anche la risalenza nel tempo degli unici due acquisti di stupefacenti addebitati al ricorrente, risalenti al 23 e al 27 gennaio 2020, successivamente ai quali non erano emerse altre condotte illecite realizzate dal ricorrente, nonostante le intercettazioni a carico del ricorrente medesimo fossero proseguite fino all’agosto 2020.
La realizzazione di due soli acquisti di stupefacenti era, inoltre, inidonea a dimostrare la partecipazione al sodalizio di cui al capo a) e, comunque, a rendere concreto il pericolo di reiterazione di condotte analoghe e ineludibile l’applicazione della custodia cautelare in carcere, non essendo emersi collegamenti con il sodalizio ed avendo il ricorrente iniziato una attività lavorativa lecita (di vendita on line di monili), ed avendo dichiarato la disponibilità a essere ristretto agli arresti domiciliari a Prato, ossia in un luogo notevolmente distante da quello nel quale erano state realizzate le condotte contestate.
Ha sottolineato anche il rilevante arco di tempo intercorso tra i fatti e l’applicazione della misura, in assenza di prove di perduranti rapporti del ricorrente con l’associazione o i suoi esponenti, e la conseguente contraddittorietà e illogicità della motivazione anche su tale punto.
Il Procuratore Generale ha concluso sollecitando la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, evidenziando la mancanza di elementi idonei a consentire di superare la presunzione relativa di adeguatezza della custodia cautelare in carcere.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. Va rammentato, in premessa, che è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., anche se in relazione agli artt. 125 e 546, comma 1, lett. e), del medesimo codice, per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027 – 04; v. anche Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, Chen, Rv. 284556 – 01), cosicché risultano inammissibili le censure sollevate dal ricorrente con entrambi i motivi di ricorso nella parte in cui con esse è stata denunciata la violazione di disposizioni di legge processuale con riferimento alla valutazione degli elementi indiziari, sia nella prospettiva della partecipazione al sodalizio di cui al capo a), sia a proposito delle valutazioni formulate a proposito della sussistenza delle esigenze cautelari.
Le altre doglianze, anch’esse formulate con entrambi i motivi di ricorso, mediante le quali sono stati prospettati vizi della motivazione sui medesimi aspetti, ossia in ordine alla ravvisabilità di gravi indizi della partecipazione al sodalizio di cui al capo a) e anche a proposito della sussistenza del pericolo di reiterazione di condotte dello stesso genere, oltre che volte a sindacare l’apprezzamento degli elementi di prova sul piano delle valutazioni di merito, in particolare della loro lettura, proponendone una alternativa da contrapporre ai giudici di merito, in modo non consentito nel giudizio di legittimità, nel quale è esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali, o una diversa ricostruzione storica dei fatti, o un diverso giudizio di rilevanza, o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970; Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 262575; Sez. 3, n. 12226 del 22/01/2015, G.F.S., non massimata; Sez. 3, n. 40350, del 05/06/2014, C.C. in proc. M.M., non massimata; Sez. 3, n. 13976 del 12/02/2014, P.G., non massimata; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, COGNOME, Rv. 253099; Sez. 2, n. 7380 del 11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716), sono, comunque, manifestamente infondate.
Il Tribunale di Napoli, nel disattendere la richiesta di riesame presentata nell’interesse del ricorrente, ha, infatti, chiaramente evidenziato come le
conversazioni intercettate siano dimostrative non solo dell’acquisto delle partite di droga indicate al capo 25) della rubrica, ma anche della veste del ricorrente di stabile acquirente dal sodalizio di sostanze stupefacenti di cui al capo a), come tale partecipe dello stesso, in quanto in grado di assicurare al sodalizio stesso uno stabile e sicuro canale di smercio delle sostanze stupefacenti nella disponibilità della associazione, e, dunque, in tal modo, di consapevolmente contribuire alla operatività del sodalizio stesso e al raggiungimento del suo scopo.
Quanto alla sussistenza e al permanere delle esigenze cautelari il Tribunale, nel sottolineare i quantitativi di stupefacenti smerciati dal ricorrente e il rapporto confidenziale da lunga data esistente con i capi del sodalizio, ha ribadito la pericolosità del ricorrente, desunta anche dalla sua vicinanza, stabile e radicata, a contesti criminali giudicati estremamente pericolosi, dai quali il ricorrente, nonostante quanto dallo stesso affermato e l’attività lavorativa intrapresa, aveva dimostrato di non volersi allontanare.
Si tratta di motivazione idonea a giustificare la sussistenza delle esigenze cautelari nonostante il tempo trascorso dalla realizzazione delle condotte e anche dalla cessazione delle operazioni di intercettazione, essendo stati sottolineati in modo logico, a sostegno di detta affermazione, la stabilità e la risalenza del collegamento del ricorrente con ambienti criminali e la sua pericolosità (desunta anche da una precedente condanna per detenzione di un’arma clandestina), e che è stata censurata dal ricorrente esclusivamente sul piano delle valutazioni di merito, proponendo una diversa considerazione della propria personalità e delle condotte, oltre che del tempo trascorso, omettendo, pere), sia di confrontarsi in modo critico con tali argomenti, sia, soprattutto, di addurre elementi idonei a consentire di superare la doppia presunzione, di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della sola custodia in carcere, stabilita dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., che è prevalente, in quanto speciale, rispetto alla norma generale stabilita dall’art. 274 cod. proc. pen., e che fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, non desumibile dalla sola circostanza relativa al mero decorso del tempo, i caratteri di attualità e concretezza del pericolo (Sez. 3, n. 46241 del 20/09/2022, V., Rv. 283835 – 01; Sez. 2, n. 6592 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282766 – 02).
Il ricorso deve, in conclusione, essere dichiarato inammissibile, a cagione della evidente infondatezza di entrambi i motivi ai quali è stato affidato.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 3.000,00.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 20/2/2025