Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18366 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18366 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 08/04/2025 R.G.N. 6188/2025
Motivazione Semplificata
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: NOME COGNOME consolato nato a REGGIO CALABRIA il 23/05/1964 avverso l’ordinanza del 06/02/2025 del TRIB. LIBERTA’ di Reggio Calabria udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso. Ricorso trattato in camera di consiglio senza la presenza delle parti in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli articoli 610 comma 5 e 611 comma 1 bis e seguenti del codice di procedura penale.
FATTO E DIRITTO
Con ordinanza del 06/02/2025 il Tribunale di Reggio Calabria ha respinto l’appello che era stato proposto nell’interesse di NOME COGNOME contro il provvedimento con il quale il Tribunale collegiale, in data 14/01/2025, aveva respinto l’istanza di sostituzione, con quella degli arresti domiciliari, della misura della custodia cautelare in carcere già applicata all’odierno ricorrente in ordine al delitto di associazione a delinquere (così riqualificata l’originaria contestazione elevata in termini di associazione a delinquere di stampo mafioso) ed al delitto di estorsione continuata in concorso (con esclusione dell’aggravante di cui all’art. 416bis .1 cod. pen.), essendo state ravvisate le relative esigenze cautelari, stimate come non altrimenti ed utilmente fronteggiabili;
ricorre per cassazione il COGNOME a mezzo dei difensori che deducono:
2.1 violazione di legge penale sostanziale e processuale in relazione agli artt. 275 (come novellato dall’art. 8, comma 1, del DL 92 del 2014 e dagli artt. 3, comma 1, e 4, commi 1 e 2, della legge n. 47 del 2015) e 416 cod. pen.: osserva che il provvedimento impugnato ha reiterato le considerazioni svolte dal GIP e, poi, dal Tribunale del Riesame, omettendo ogni considerazione sui parametri valutativi imposti dalla novella del 2015, avendo dato rilievo al titolo di reato e non avendo invece valutato la sussistenza di un pericolo di reiterazione attuale e concreto; evidenzia che non Ł sufficiente la possibilità che l’indagato, ove posto agli arresti domiciliari, riallacci i collegamenti con i funzionari pubblici corrotti e compiacenti essendo invece necessario che si abbia certezza o,
almeno, elevata probabilità, che si verifichi l’occasione di reiterare il reato; segnala che, nel caso in esame, il Tribunale non ha fornito alcun elemento sul punto limitandosi a ricordare che il COGNOME riceveva presso la propria abitazione i dipendenti comunali coinvolti nelle attività delittuose e corredando la prognosi con argomentazioni di natura congetturale, avendo la difesa già sottolineato l’impossibilità di riallacciare i rapporti con i funzionari infedeli, tutti cautelati, nonchØ l’esecuzione della misura domiciliare presso l’abitazione della nonna del ricorrente sita in Anoia, località che, per le sue ridotte dimensioni, renderebbe piø agevoli e stringenti le attività di controllo; segnala, ancora, l’evanescenza delle considerazioni svolte dal Tribunale circa i rapporti parentali con esponenti di sodalizi mafiosi che risultano in evidente contrasto con precedenti penali del tutto difformi rispetto agli illeciti monodirezionali di cui si discute; aggiunge che l’ordinanza Ł carente nel giudizio sulla persistenza attuale di un quadro cautelare tuttora connotato da oggettiva gravità e sotto il profilo della valutazione della rilevanza del tempo trascorso dai fatti e del persistente giudizio di proporzionalità con le esigenze cautelari tuttora giudicate sussistenti;
3. il PG ha trasmesso la requisitoria scritta concludendo per il rigetto del ricorso
4. Il ricorso Ł inammissibile perchØ articolato su censure manifestamente infondate ovvero precluse.
4.1 Nei confronti di NOME COGNOME il GIP di Reggio Calabria, con ordinanza del 02/02/2024, aveva adottato la misura della custodia cautelare in carcere in relazione ai delitti di associazione a delinquere (riqualificata già in quella sede ai sensi dell’art. 416 cod. pen. rispetto all’originaria contestazione di associazione a delinquere ex art. 416bis cod. pen.) in cui il ricorrente avrebbe rivestito il ruolo di capo e promotore del sodalizio volto alla gestione illecita delle assegnazioni e occupazioni abusive di abitazioni amministrate dall’ATERP della Regione Calabria e dal Comune di Reggio Calabria.
La misura era stata confermata dal Tribunale del Riesame con ordinanza del 15/03/2024 pur avendo i giudici reggini annullato l’ordinanza genetica quanto alla condotta di estorsione di cui al capo 29).
Con sentenza del 04/07/2024, la VI Sezione della Corte aveva dichiarato inammissibile il ricorso con cui erano state articolate censure relative sia alla gravità indiziaria (primo motivo) che alla sussistenza delle esigenze cautelari ed alla adeguatezza della misura di massimo rigore (secondo motivo).
4.2 Con istanza del 10/01/2025 la difesa aveva sollecitato il Tribunale collegiale, di fronte al quale era pendente il giudizio di merito, a sostituire la misura inframuriaria con quella degli arresti domiciliari: la richiesta era stata fondata sulla considerazione del tempo trascorso in regime detentivo; sull’affermazione dell’irreprensibile condotta carceraria e sull’altrettanto corretta condotta processuale; la difesa aveva inoltre ed a tal fine sottolineato lo stato avanzato del procedimento con l’inizio dell’istruttoria dibattimentale, la natura del compendio probatorio, l’assenza di un concreto pericolo di fuga, la ‘sovrabbondanza’ della misura rispetto alle esigenze cautelari, considerata la riqualificazione del capo 1) e la esclusione del capo 29); da ultimo, era stato evidenziato come fosse stato ormai ‘disvelato’ il sistema illecito con la adozione di misure nei confronti di tutti i vari protagonisti.
4.3 Respinta l’istanza di sostituzione, il Tribunale del Riesame ha condiviso l’apprezzamento circa la persistente necessità di mantenere un presidio cautelare in grado di limitare realmente la libertà di movimento e porre un argine alla trasgressiva personalità del ricorrente recidendo il collegamento con il locus commissi delicti, giudicando a tal fine inidonea la misura domiciliare, quand’anche presidiata dal strumenti di controllo elettronico ovvero eseguita presso il vicino comune di Anoia, considerato che il COGNOME riceveva presso la propria abitazione i dipendenti infedeli pianificando ivi le strategie delle future occupazioni
abusive in Reggio Calabria.
I giudici del riesame hanno ripercorso, a tal proposito, le linee essenziali dell’indagine e del sistema posto in essere per la gestione degli alloggi e ricordato la preoccupante personalità del Murina (cfr., pagg. 9-10).
4.4 Il ricorso, come accennato, censura il provvedimento impugnato quanto all’aspetto relativo al decorso del tempo dal commesso reato e, quindi, dell’adeguatezza della misura.
4.4.1 Sul primo aspetto Ł sufficiente ribadire il consolidato orientamento di questa Corte, cui si Ł correttamente conformato il Tribunale, secondo cui, ai fini della sostituzione della misura della custodia cautelare carceraria con quella degli arresti domiciliari e comunque con altra meno grave, il mero decorso del tempo non Ł elemento rilevante perchØ la sua valenza si esaurisce nell’ambito della disciplina dei termini di durata massima della custodia stessa (cfr., ad esempio, e tra le tante, Sez. 4, n. 17470 del 22/03/2024, COGNOME, Rv. 286207 – 01; Sez. 4, n. 12895 del 05/03/2020, COGNOME, Rv. 278866 – 01; Sez. 1, n. 19818 del 23/03/2018, COGNOME, Rv. 273139 – 01).
4.4.2 Sul secondo aspetto, invece, i rilievi difensivi replicano le considerazioni già spese nella fase del riesame proposto contro l’ordinanza genetica e con il secondo motivo del ricorso per cassazione su cui su cui era intervenuta la decisione della VI Sezione di questa Corte che (cfr., pag. 4 della sentenza n. 32489 del 2024) ne aveva stigmatizzato la manifesta infondatezza, con valutazione che non può in questa sede essere rimessa in discussione.
4.4.3 In definitiva, mentre sul primo profilo il ricorso Ł manifestamente infondato, sul secondo, attinente alla proporzionalità della misura in rapporto al rischio di reiterazione del reato, le doglianze difensive replicano quelle già spese nei confronti del provvedimento genetico.
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchØ, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma – che si stima equa di euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende non ravvisandosi ragioni per escludere profili di colpevolezza nell’attivare l’impugnazione.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 08/04/2025.
Il Presidente NOME COGNOME