Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 43424 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 43424 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Crotone il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza del 21/05/2024 del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
lette le conclusioni del difensore, AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Catanzaro rigettava l’appello ex art. 310 cod. proc. pen. proposto da NOME COGNOME avverso il provvedimento della Corte di appello di Catanzaro del 29 gennaio 2024 che aveva respinto la sua istanza de liberate.
In particolare, il Tribunale dava atto che:
1’8 dicembre 2019, l’istante era stato sottoposto a custodia cautelare in carcere in quanto raggiunto da gravi indizi di colpevolezza per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 nonché per reati-fine;
con istanza del 9 gennaio 2024 il medesimo aveva chiesto al giudice del procedimento (la Corte di appello) la sostituzione della misura, evidenziando il tempo trascorso dall’esecuzione della misura e dai fatti, nonché il ridimensionamento della condotta ascrittagli;
la Corte di appello aveva respinto l’istanza non ravvisando elementi di novità tali da incidere sul quadro cautelare;
con l’appello, l’imputato si era doluto della motivazione del rigetto e aveva reiterato le argomentazioni già dedotte con l’istanza.
Il Tribunale motivava il suo rigetto, considerando neutro il tempo trascorso in vinculis e già valutato dall’ordinanza genetica quello trascorso dalla commissione dei fatti. Inoltre, riteneva inidonea, in ragione della gravità del fatto e de personalità dell’imputato, la misura cautelare domiciliare, anche se eseguita in luogo distante dai fatti.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione.
Le scelte argomentative dei giudici della cautela sono viziate in quanto non sussistono le esigenze cautelari per il lasso di tempo intercorso dall’applicazione della misura ad oggi e la possibilità di eseguire la misura domiciliare in altra regione.
Il tempo trascorso in vinculis (oltre cinque anni) ha sicuramente determinato l’affievolimento delle esigenze cautelari, consentendo il ricorso alla misura più gradata domiciliare da eseguirsi in luogo lontano da quello dei fatti (200 km.), così da contenere il pericolo di reinserimento del ricorrente nel sodalizio criminale, anche grazie al presidio elettronico.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO e la difes hanno depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate. GLYPH
I A
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito illustrate.
Il ricorrente articola censure al provvedimento impugnato, senza tuttavia correlarsi alle ragioni che hanno portato i giudici dell’appello a rigettare la sua impugnazione e limitandosi a reiterare in questa sede la tesi difensiva.
In particolare, quanto al tempo trascorso in vinculis, il Tribunale ha fatto applicazione del consolidato principio di diritto, secondo cui, ai fini dell sostituzione di una misur con altra misura meno grave, l’attenuazione delle esigenze cautelari non può essere desunta dal mero decorso del tempo di esecuzione pur se accompagnato dalla corretta osservanza dei relativi obblighi, i quali costituiscono parte del nucleo essenziale della misura che si chiede di rimodulare. (Sez. 5, n. 45843 del 14/06/2018, Rv. 274133).
Invero, il pur lungo periodo di carcerazione cautelare esaurisce la sua valenza nel solo ambito della disciplina dei termini di durata massima della custodia (Sez. 4, n. 17470 del 22/03/2024, Rv. 286207).
Inoltre, il Tribunale ha ritenuto in ogni caso non affievolite le esigenze cautelari, in considerazione del grado di compenetrazione e affidabilità dimostrate dal ricorrente nel sodalizio criminale nell’attività di rifornimento e rivendita narcotici, già definitivamente accertate in data 8 giugno 2023 (Sez. 4, n. 41843 del 2023, con la quale la Corte di cassazione ha annullato con rinvio solo con riferimento all’aggravante del quarto comma dell’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990).
Sulla base di tale giudizio, che denotava una personalità allarmante, il Tribunale ha ritenuto ancora operante non solo la presunzione relativa alle esigenze cautelari, ma anche quella – sempre relativa – dell’adeguatezza della misura intramuraria, non vinta dalla disponibilità di un domicilio a distanzia, inidoneo ad evitare la ripresa dei contatti e delle attività delittuose con ambienti strutturati dello spaccio.
La doppia presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere, valevole per i reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., trova infatti applicazione anche ove sia richiesta la sostituzione della misura (Sez. 3, n. 46241 del 20/09/2022, Rv. 283835, in motivazione, la Suprema Corte ha precisato che la clausola di esclusione prevista dall’art. 299, comma 2, cod. proc. pen. fa ritenere perduranti, per tali reati, i caratteri d attualità e concretezza del pericolo, salvo prova contraria, non desumibile dal solo decorso del tempo).
Va infine rammentato che il giudizio del tribunale del riesame sull’inadeguatezza degli arresti domiciliari a contenere il pericolo della reiterazione criminosa, per la sua natura di valutazione assorbente e pregiudiziale, costituisce pronuncia implicita sull’inopportunità di impiego di uno degli strumenti elettronici di controllo a distanza previsti dall’art. 275-bis cod. proc. pen. (tra tante, Sez n. 43402 del 25/09/2019, Rv. 277762).
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissib
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 61 proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
Considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato prese senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, de altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitat tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
La Cancelleria provvederà alle comunicazioni di rito.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa del ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 27/09/2024;