Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 14461 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Presidente: COGNOME
In nome del Popolo Italiano Relatore: COGNOME
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 14461 Anno 2025
Data Udienza: 16/01/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 159/2025
NOME COGNOME
CC – 16/01/2025
NOME COGNOME
Relatore –
R.G.N. 38292/2024
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME NOME nato a San Gennaro Vesuviano il 12/09/1963 NOME NOME nato a Palma Campania il 01/12/1958
avverso l’ordinanza del 04/10/2024 del Tribunale di Napoli con funzione di riesame lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Napoli con funzione di riesame ha parzialmente accolto la richiesta di NOME COGNOME, limitatamente ai capi 8) e 11) con conferma, nel resto, dell’ordinanza impugnata e ha rigettato la richiesta di NOME COGNOME in relazio ne all’ordinanza resa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale in sede, del 10 settembre 2024, con la quale era stata applicata, ad entrambi i ricorrenti odierni, la custodia cautelare in carcere in relazione al reato di partecipazione all’associazione denominata clan COGNOME (capo 1), nonché a plurimi reati concernenti la violazione della normativa in tema di armi (capi 2 e 3) e di tentata estorsione (capo 6), per NOME COGNOME nonché per il reato di cui all’art. 512 -bis cod. pen. aggravato ai sensi dell’art. 416bis .1 cod. pen., per NOME COGNOME (capo 10).
Propongono tempestivo ricorso per cassazione gli indagati, per il tramite dei difensori di fiducia, Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME con distinti atti di impugnazione.
2.1. NOME COGNOME affida il ricorso a due motivi, di seguito riassunti, nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1.1. Con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 297 , comma 3, e 303 lett. a) n. 3 cod. proc. pen. nonché vizio di motivazione.
Si deduce inefficacia dell’ordinanza di custodia cautelare per decorrenza dei termini di fase.
Dagli atti trasmessi al Tribunale emerge che, alla data di emissione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere, il 22 giugno 2023, erano già noti i fatti per i quali è stata emessa la seconda ordinanza, n. 301 del 2024, concernenti la partecipazione in associazione mafiosa con contestazione chiusa al mese di giugno 2023.
Il Tribunale del riesame ha respinto la richiesta ritenendo che si tratta della stessa associazione ma che, in questo caso, non opera la retrodatazione perché i fatti, oggetto dell’ordinanza restrittiva emessa nel presente procedimento, non erano desumibili, né alla data di emissione della prima ordinanza (22 giugno 2023), né alla data in cui è stato disposto il giudizio immediato (5 settembre 2023), perché l’informativa finale di questo procedimento è stata depositata in data 11 settembre 2023.
Si deduce che, invece, il Tribunale è incorso in violazione di legge perché i fatti non noti, in quanto desumibili dalla informativa depositata in data 11 settembre 2023, in realtà erano i medesimi di quelli già noti e desumibili dall’informativa del 10 settembre 2022, sulla base della quale il Pubblico ministero ha autorizzato un’attività di videoregistrazione.
In tale sede, la polizia giudiziaria aveva rappresento che la sede della ditta dell’indagato, era stata utilizzata per incontri di camorra e per le imposizioni estorsive, avendo già registrato una serie di incontri tra l’indagato, NOME COGNOME e altri soggetti, con dazione di denaro in particolare di euro 2500,00 consegnati da NOME COGNOME all’indagato, destinati a COGNOME, con conversazioni già trascritte dalla polizia giudiziaria e intercorse tra l’indagato e lo stesso NOME COGNOME.
Ancora, si evidenzia che i fatti erano desumibili dall ‘ informativa depositata in Procura in data 28 giugno 2023, sulla base della quale il Pubblico ministero ha emesso un decreto di acquisizione di documentazione bancaria relativa appunto ad NOME COGNOME.
Questa informativa è pervenuta il 28 giugno 2023 alla Procura della Repubblica, quindi, prima del rinvio a giudizio, del 5 settembre 2023, nel procedimento in cui è stata emessa la prima ordinanza.
Si richiama la decisione delle Sezioni Unite, n. 23166 del 2020 secondo cui è possibile computare l’intera custodia cautelare sofferta anche qualora questa sia relativa a fasi non omogenee.
Si segnala che, alla data di esecuzione della prima misura (29 giugno 2024restius 2023), erano già noti i fatti di cui alla seconda ordinanza, sicché il termine di fase deve ritenersi scaduto il 29 giugno 2024.
2.1.2. Con il secondo motivo si deduce inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 512bis e 416 bis.1 cod. pen., con vizio di motivazione in relazione al capo 10.
La nuova formulazione dell’art. 512-bis cod. pen. non ha modificato la struttura del reato di trasferimento fraudolento di valori che resta reato ‘ ostacolo ‘ . Questo prevede un ‘ incriminazione avanzata che tende a prevenire il realizzarsi di azioni pericolose, mediante la punizione di atti che sono la premessa idonea alla commissione di altri reati, così come era previsto dall’art. 12quinquies legge n. 356 del 1992.
Il delitto di trasferimento fraudolento di valori resta, dunque, reato istantaneo, punito a titolo di dolo specifico, da ravvisarsi nella volontà di realizzare il fittizio trasferimento o la fittizia attribuzione della titolarità o disponibilità del bene, allo scopo di eludere disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali.
Ai fini dell’integrazione del reato è necessaria la duplice dimostrazione della riconducibilità al soggetto interessato a non far apparire la sua titolarità delle risorse destinate ai conferimenti nel patrimonio sociale, nonché del perseguimento dello scopo di eludere l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniali. Si richiamano precedenti giurisprudenziali in tal senso e si reputa insufficiente l’accertamento della mera disponibilità del bene, da parte di chi non ne risulta formalmente titolare, perché occorre la prova della provenienza delle risorse economiche da parte di soggetto che intenda sottrarsi a eventuali provvedimenti ablativi.
La mera intestazione fittizia, quindi, non è elemento idoneo ex se a fondare la capacità elusiva dell’operazione patrimoniale, occorrendo ulteriori elementi di fatto, rispetto all’atto di trasferimento fraudolento che sono capaci di concretizzare la capacità elusiva dell’operazione stessa.
Si assume che, nel caso di specie, il Tribunale ha confermato l’ordinanza genetica sulla base di alcuni elementi e cioè che la ditta RAGIONE_SOCIALE ha sede legale in Carbonara di Nola, ove l’indagato domicilia con la sua convivente more uxorio, la quale possiede l’80% delle quote della società. Si valorizza il dato che COGNOME è stato assunto dalla RAGIONE_SOCIALE come dipendente il 14 settembre 2021 e si sostiene che questi controllerebbe il conto corrente della società, in quanto
risulta interessato ad un bonifico disposto da NOME COGNOME a beneficio della ditta.
La gestione di fatto dell’azienda avrebbe agevolato e rafforzato il clan COGNOME, producendo profitti a suo vantaggio, secondo la prospettazione accusatoria, ma non si comprende come il fine di eludere eventuali provvedimenti ablativi, sarebbe stato raggiunto da parte di NOME COGNOME intestando l ‘ ente alla sua convivente da anni, così da rendere palese il suo coinvolgimento in forza della normativa di prevenzione.
Peraltro, la sede legale coincide con il domicilio dello Iovino, ben noto agli inquirenti.
Nell’ordinanza cautelare genetica veniva valorizzato l’ulteriore elemento e cioè che la RAGIONE_SOCIALE e altra società intestata fittiziamente all’indagato l’RAGIONE_SOCIALE avessero la propria sede legale nello stesso sito di San Gennaro Vesuviano, ma si tratta di capo di incolpazione annullato dal Tribunale del riesame per carenza di gravi indizi.
Quanto all’assunzione come dipendente, l’unico atto di disposizione gestoria che viene valorizzato è l’accredito di un bonifico di 4.880,00 euro da parte della ditta RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME, a beneficio della Anti. Il ricorrente osserva che non si può trascurare il dato che NOME COGNOME è stato protagonista di taluni dei più importanti lavori pubblici per la Regione Campania e che si tratta, quindi, di un imprenditore con grande esperienza nei settori dei macchinari per l’edilizia e per il movimento terra. Si tratta di imprenditore con molti mezzi che, dopo i provvedimenti ablativi che sono seguiti alla condanna per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., nel 2012, ha dovuto necessariamente fare ricorso all’impiego, presso ditte già appartenute ai suoi familiari oppure rilevate dai suoi ex dipendenti.
La contestazione della circostanza aggravante poi è macroscopicamente infondata perché è sufficiente considerare bilanci, capitale e beni strumentali dell’azienda per riscontrare l ‘ illogicità della contestazione.
2.2. NOME COGNOME per il tramite del difensore NOME COGNOME affida il ricorso a tre motivi.
2.1.2. Con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 273 cod. proc. pen. e vizio di motivazione in relazione al reato di tentata estorsione aggravata contestato al capo 6) dell’incolpazione provvisoria.
Il Tribunale del riesame ritiene che l’indagato abbia esortato NOME COGNOME ad avanzare richieste estorsive ai danni di NOME COGNOME.
Ciò, a parere del ricorrente, si pone in contrasto con le emergenze in atti secondo le quali (cfr. conv. n. 337 del 14 settembre 2022 delle 18:24), sarebbe stato il coindagato NOME COGNOME a chiedere a COGNOME se avesse chiesto denaro in specie 5.000,00 euro a COGNOME.
Il Tribunale, quindi, confonde la posizione di NOME con quella di NOME poiché è NOME COGNOME e non NOME a chiedere a COGNOME se avesse preso almeno 5.000,00 € da NOME COGNOME , come riportato nell’ordinanza cautelare genetica, a p. 94.
Ciò premesso, si evidenzia che la conversazione tra NOME COGNOME e NOME COGNOME ha toni pacati senza contenere alcuna minaccia, nemmeno velata, tipica di una lecita contrattazione. Neppure può reputarsi implicita la minaccia per il solo fatto che NOME COGNOME era dipendente della società e che COGNOME nemmeno conosce, in quanto non partecipa alla contrattazione.
Anzi, la conversazione avviene il 3 novembre 2022, a cimitero chiuso, proprio per evitare la presenza di Fabbrocino, come precisato dall’indagato in sede di interrogatorio. Che poi questi sia interessato al lavoro, chiedendo per quale importo se lo fosse aggiudicato, non può ritenersi circostanza sufficiente a ipotizzare la condotta di tentata estorsione addebitata in via provvisoria.
Del resto, si evidenzia che vi è conversazione tra COGNOME e NOME COGNOME in cui si conviene di lasciar perdere trattandosi di un piccolo lavoro, conversazione dalla quale si evince agevolmente che non vi è alcuna intenzione di estorcere alcunché.
Si riporta, a p. 4 del ricorso, stralcio della conversazione n. 337 del 14 settembre 2022 tra NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Si contesta anche la circostanza aggravante del metodo mafioso; si tratta di circostanza che si configura quando il soggetto che delinque pone in essere un comportamento oggettivamente idoneo a esercitare una particolare coartazione psicologica sulla persona offesa, con i caratteri propri dell’intimidazione derivante dall’organizzazione criminale evocata.
Il carattere mafioso del comportamento del soggetto agente non può essere desunto dalla mera reazione della vittima. Escluso -visto l’errore di persona commesso tra NOME e NOME COGNOME– che l’indagato abbia intimato a COGNOME di interessarsi, non residuano, quindi, circostanze evocative del metodo mafioso.
2.2.2. Con il secondo motivo si denuncia inosservanza erronea applicazione degli artt. 273, 292 lett. cbis cod. proc. pen. e vizio di motivazione in relazione al capo 1.
Il Tribunale ha confermato la gravità indiziaria in relazione al reato associativo, adducendo una motivazione carente, trascurando gli elementi indicati dalla difesa dai quali evincere, in maniera incontrovertibile, l’estraneità dell’indagato al contesto associativo e, anzi, l ‘ insofferenza per avere alle dipendenze NOME COGNOME.
La difesa in sede di riesame ha depositato diverse trascrizioni di conversazioni ma il Tribunale ha confermato la misura ricorrendo alla
motivazione per relationem, ma che però doveva essere integrata con osservazioni dirette e confutare le deduzioni difensive di cui alla memoria in atti.
Si segnala che l’indagato ha avuto rapporti solo con NOME COGNOME e non con altri sodali e solo di natura lavorativa, essendo COGNOME affidato presso la cooperativa RAGIONE_SOCIALE gestita dall’indagato. Si tratta di cooperativa che prevede l’assunzione di soggetti svantaggiati, tra cui coloro che devono scontare una pena o che abbiano scontato una pena in carcere.
L’indagato ha gestito la cooperativa per diversi anni, curando la gestione del cimitero di Palma Campania, senza incorrere in reati. Solo a seguito dell’assunzione di NOME COGNOME i due hanno instaurato il rapporto che si è consumato all’interno delle mura cimiteriali, a partire dall’inizio dell’anno 2020.
Il Giudice per le indagini preliminari ha ritenuto la sussistenza dei gravi indizi per avere l’ indagato messo a disposizione di Fabbrocino, locali del cimitero per favorire incontri con altri sodali. Il Tribunale del riesame ha condiviso tale assunto. Tuttavia, si segnala che Fabbrocino, in forza alla cooperativa RAGIONE_SOCIALE , poteva avere comunque accesso ai locali adibiti alla ricezione del pubblico.
Le conversazioni ritenute di rilievo sono avvenute sull ‘ uscio della porta e solo qualcuna all’interno di locali aperti al pubblico, dove si sono recate svariate persone anche estranee al clan .
NOME COGNOME si è sempre allontanato quando qualcuno si fermava a conversare con COGNOME come emerge dal contenuto di tutti gli incontri, tenuti da quest’ultimo. Del resto, non risulta che COGNOME aggiorni l’indagato di quanto avvenuto in conversazione con altri.
Quanto alla bonifica dei locali cimiteriali questa, secondo il ricorrente, è da attribuire a soggetto diverso, cioè a NOME COGNOME responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Palma Campania.
Nei confronti di quest’ultimo era in corso un’indagine che ha portato poi al suo arresto. Si sottolinea che NOME era già a conoscenza di cimici presenti nell’ufficio.
In ogni caso, si segnala che l’ufficio occupato da Fabbrocino per incontrare persone è l’ufficio 2, che non risulta mai essere stato bonificato, rilevando, in ogni caso, che la bonifica ha riguardato locali ed è stata svolta nell’interesse di appartenenti al Comune di Palma Campania.
Si riporta, a pagina 9 del ricorso, stralcio della conversazione intercorsa tra l’indagato e NOME COGNOME da cui si evince, per il ricorrente, che l’indagato non sapeva che NOME COGNOME, coindagato con il ruolo di capo e promotore dell ‘ associazione, era stato di nuovo arrestato, così dimostrandosi l’estraneità al clan tanto da non essere al corrente dell’arresto di uno dei suoi capi.
Ancora si riprendono altre conversazioni, tra l’indagato e il suo dipendente NOME COGNOME, n. 6719 del 18 agosto del 2022, la conversazione n. 226-A-1, del
16 maggio 2022, la n. 10477 del 4 novembre 2022, nonché ancora, la n. 6710 del 18/8/2022 e l’ambientale n. 2225 del 16 maggio 2022, di cui si riportano stralci a p. 10 e ss del ricorso. Tanto, per dimostrare che i rapporti con COGNOME sono stati intrattenuti solo nell’arco temporale che ha visto quest’ultimo assunto presso la Freedom . Peraltro, dopo la giornata lavorativa si espone che non vi è stato altro contatto tra i due né i locali sono stati messi a disposizione per favorire incontri di Fabbrocino ma si tratta di locali a disposizione di tutti i dipendenti . Anzi si assume che l’indagato non conosceva né gli interlocutori, né la natura degli incontri.
Il Tribunale del riesame non si confronta con gli elementi a discarico forniti dalla difesa e, quindi, incorre in plurime carenze motivazionali.
In definitiva, si sostiene che i rapporti tra indagato e COGNOME sono stati circoscritti al periodo in cui quest’ultimo ha lavorato presso la cooperativa RAGIONE_SOCIALE ; tant’è che prima non si è registrato alcun contatto come da ordinanza di custodia cautelare agli atti emessa dal Giudice per le indagini preliminari il 22 giugno 2023, nei confronti di Fabbrocino per fatti dal 2019 a dicembre 2020.
Non risultano contatti con altri sodali e l’indagato non ha mai partecipato a incontri del Fabbrocino, tra l’altro non tutti di natura illecita. Il linguaggio criptico nel dire devi aggiustare le lampadine utilizzato per chiamare Fabbrocino al cospetto di qualcuno che lo volesse incontrare, non è di rilievo, secondo la difesa, dal momento che viene utilizzato anche per fare incontrare COGNOME con soggetti non appartenenti al sodalizio come nel caso dell’incontro con il suo cardiologo e come risulta dalla conversazione ambientale n. 3240 del 16 marzo 2022.
2.2.3. Con il terzo motivo si denuncia in osservanza dell’applicazione dell’art. 274 lett. c) cod. proc. pen. e vizio di motivazione.
Secondo il Tribunale non sono emersi né sono stati illustrati specifici elementi per ritenere l’allontanamento definitivo degli indagati dall’associazione camorristica in grado di neutralizzare la presunzione normativa.
Si tratta di motivazione generica per tutti gli indagati viziata per omessa valutazione delle allegazioni difensive.
La difesa ha depositato documentazione comprovante la cessazione del servizio della ditta RAGIONE_SOCIALE presso il cimitero di Palma Campania e comunque si è evidenziato che, all’esito dell’arresto di COGNOME, non ci sono stati più contatti con l’indagato la cui condotta quindi rileva fino al mese di giugno 2023, momento dell’arresto di COGNOME. In sede di perquisizione all’indagato non è stato ritrovato alcun elemento dimostrativo della vicinanza di questi al contesto associativo.
3.Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso con requisitoria scritta chiedendo la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.I ricorsi sono infondati.
1.1. NOME COGNOME deduce motivi infondati.
1.1.1. Il primo motivo è infondato.
Il provvedimento impugnato ha escluso la sussistenza del medesimo disegno criminoso tra i reati di cui ai capi dell’incolpazione provvisoria del presente procedimento, nonché la desumibilità dei fatti di reato sub iudice , dagli atti del diverso procedimento in cui è stata emessa la prima ordinanza custodiale a carico dell ‘ odierno ricorrente.
Si evidenzia che COGNOME è stato tratto in arresto il 29 giugno 2023, nell’ambito di altro procedimento, in esecuzione dell’ordinanza emessa il 22 giugno 2023 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, in relazione a reati concernenti la violazione della normativa in materia di armi, nonché al reato associativo di stampo camorristico consistito nella partecipazione al clan Fabbrocino fra il mese di gennaio 2019 e il mese di dicembre 2020.
Nell’ambito del presente procedimento, invece, COGNOME è attinto da custodia cautelare, in relazione alla partecipazione all’associazione di stampo camorristico denominata clan COGNOME, delitto commesso fra il mese di gennaio 2021 e il mese di giugno 2023, il reato di tentata estorsione ai danni di NOME COGNOME, il reato di fittizia intestazione della RAGIONE_SOCIALE (nonché indagato per il reato di fittizia intestazione dell’RAGIONE_SOCIALE a NOME Salvatore).
Il Tribunale ha rilevato che, poiché il reato associativo attiene allo stesso sodalizio che, però, ha una data di cessazione della permanenza diversa, si tratta di fattispecie in cui la retrodatazione opererebbe solo per i fatti desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio nel procedimento in cui è stata emessa la prima ordinanza.
In questo caso, l ‘ ordinanza impugnata segnala che la retrodatazione non opera perché i fatti, oggetto dell’ordinanza restrittiva emessa nel procedimento sub iudice , non erano desumibili, né alla data di emissione della prima ordinanza, né alla data in cui è stato disposto il rinvio a giudizio in quel procedimento, perché si fa riferimento agli esiti di una informativa depositata in data 11 settembre 2023.
In ogni caso, per quanto riguarda i restanti capi di incolpazione, per i quali esiste il titolo cautelare, si verte in ipotesi in cui le ordinanze cautelari sono state adottate in procedimenti diversi e riguardano fatti tra i quali è stata esclusa la sussistenza di connessione qualificata; sicché si è negata l ‘ invocata
retrodatazione, tenuto conto che gli elementi giustificativi della seconda ordinanza non erano desumibili dagli atti al momento dell’emissione della prima, facendo riferimento, quanto all’attività di indagine, alla circostanza che questa è stata compendiata nell’informativa del 11 settembre del 2023.
Questo Collegio osserva che si tratta di ragionamento in linea con l’indirizzo espresso da questa Corte di legittimità in tema di cd. contestazione a catena.
Si è, infatti, affermato che, ove nei confronti del medesimo imputato, siano emesse più ordinanze cautelari per fatti diversi, in relazione ai quali esiste una connessione qualificata, opera la retrodatazione prevista dall’art. 297, comma 3, cod. proc. pen. anche rispetto ai fatti oggetto di un diverso procedimento, se questi erano desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio per il fatto o i fatti oggetto della prima ordinanza (Sez. U, n. 21957 del 22/03/2005, Rahulia, Rv. 231058).
Ove, invece, le ordinanze adottate in procedimenti diversi riguardino fatti tra i quali non sussiste la suddetta connessione e gli elementi giustificativi della seconda erano già desumibili dagli atti al momento della emissione della prima, i termini della seconda ordinanza decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima, solo se i due procedimenti sono in corso davanti alla stessa Autorità giudiziaria e la loro separazione può essere frutto di una scelta del pubblico ministero (Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006, dep. 2007, Librato, Rv. 235909).
Nell’alveo di tale quadro interpretativo, pur considerando la dedotta connessione qualificata -non pacifica secondo la ricostruzione, in fatto, resa dai giudici del merito cautelare -tra i fatti dei procedimenti in esame, sarebbe stata comunque indispensabile, ai fini dell’invocata retrodatazione dei termini di fase, la desumibilità dagli atti dei fatti oggetto di contestazione nel secondo procedimento.
Il concetto di desumibilità, poi, va delimitato secondo l’indirizzo pacifico di questa Corte di legittimità per il quale questa corrisponde non alla materiale disponibilità della informativa di reato, ove questa riassuma i dati investigativi e gli elementi di prova progressivamente acquisiti, ma con quello in cui il suo contenuto possa considerarsi recepito, risultante dal tempo obiettivamente occorrente al pubblico ministero per una lettura ponderata del materiale (Sez. 1, n. 12906 del 17/03/2010, Cava, Rv. 246839). Risulta, comunque, necessario il decorso di un lasso temporale idoneo a consentire al rappresentante della pubblica accusa di esprimere un meditato apprezzamento prognostico della concludenza e gravità degli indizi raccolti, suscettibile di dare luogo, in presenza di concrete esigenze cautelari, alla richiesta di una nuova misura cautelare (Sez. 3, n. 48034 del 25/10/2019, COGNOME, Rv. 277351).
Alla stregua di tale linea interpretativa, dunque, appare infondato e, comunque, non specifico il rilievo difensivo secondo il quale elementi a carico (non specificamente e puntualmente indicati) che hanno supportato l’adozione del secondo titolo, erano già contenuti nelle informative addirittura risalenti al 2022 o, comunque, al mese di giugno 2023.
Infatti, la prospettazione difensiva secondo la quale, poi, all’esito del deposito di tali informative, già sarebbe stato possibile procedere ad adottare la seconda misura, è censura genericamente svolta, comunque in fatto, e fondata su argomenti che pretendono -per verificarne l ‘ eventuale fondatezza – la rilettura di dati indiziari, non consentita a questa Corte di legittimità. D’altro canto, si deve riscontrare che, secondo la stessa prospettazione difensiva, all’esito delle due citate informative, la pubblica accusa ha proceduto allo svolgimento di ulteriori attività investigative. Tanto, a conferma della non esaustività delle fonti indiziarie raccolte ai fini de ll’adozione del secondo titolo custodiale.
1.1.2. Il secondo motivo è infondato.
La finalità elusiva, assumono i provvedimenti di merito cautelare, nonché la reale riferibilità del bene ad NOME COGNOME, può trarsi dal complesso di elementi valorizzati a p. 33 e ss. dell ‘ ordinanza, con particolare riferimento all ‘ identità tra la sede della società e la residenza anagrafica dell’indagato, all ‘ intestazione delle quote per l’80% alla compagna dell’indagato, circostanze acclarate in base alla lettura, immune da censure e non rivedibile nella presente fase di legittimità, delle conversazioni telefoniche intercettate sulle utenze in uso agli Iovino e su quella fissa, intestata alla RAGIONE_SOCIALE
Si tratta di risultanze che, secondo la lettura dei giudici di merito cautelare, rivelano che è NOME COGNOME l’unico ed effettivo dominus della società, come confermato dagli accertamenti bancari, dimostrativi, secondo i provvedimenti di merito, del fatto che la ditta RAGIONE_SOCIALE era gestita dallo stesso COGNOME, a conferma del contenuto di tre conversazioni intercettate il 3 maggio 2023 sull’utenza in uso a NOME COGNOME.
Sicché, dal complesso di tali elementi, il Tribunale trae la sussistenza di elementi indiziari gravi, ritenuti conducenti rispetto alla fittizia intestazione della RAGIONE_SOCIALE, ad NOME e NOME COGNOME.
La motivazione è in linea con l’orientamento costante di questa Corte secondo il quale (Sez. U, n. 8 del 28/02/2001, Rv. 218768; Sez. 1, n. 43400 del 26/10/2005, Rv. 233260; Sez. 5, n. 20393 del 20/03/2009, Rv. 243941; Sez. 5, n. 30605 del 22/05/2009, Rv. 244482; Sez. 1, 10 marzo 2009 n. 21136, non mass.) il delitto di trasferimento fraudolento di valori (già art. 12-quinquies d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv. in I. 7 agosto 1992, n. 356, oggi art. 512-bis cod. pen.) integra un’ipotesi di reato istantaneo con effetti permanenti e si consuma
nel momento in cui viene realizzata l’attribuzione fittizia, senza che possa assumere rilevanza il permanere della situazione antigiuridica conseguente alla condotta criminosa.
Occorre, altresì, precisare che, nella previsione normativa, il legislatore non usa il termine terzo ma altro , cioè persona diversa dall’interposto, che vi è legato da vincolo di fiducia, restando del tutto superfluo che l’interponente sia o meno legato da vincoli di parentela o affinità con l’interposto medesimo (e a maggior ragione, da rapporto di convivenza, come quello dedotto nella specie), risultando sufficiente, ai fini di integrare il delitto in parola, che vi sia l’attribuzione fittizia al fine di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniali o agevolare la commissione dei reati di cui agli artt. 648bis e ter cod. pen.
Nell’ipotesi di intestazione fittizia a terzi di beni, che si assumano di provenienza illecita, quindi, grava sull’accusa l’onere di dimostrare l’esistenza di situazioni dalle quali inferire una discrasia tra intestazione formale e disponibilità effettiva del bene, così da affermarsi con certezza che l’intestatario formale si sia prestato alla titolarità apparente, al solo fine di favorire la permanenza dell’acquisizione del bene in capo all’interposto e di salvaguardarlo dal pericolo della confisca, o per agevolare la commissione dei delitti di cui alla citata norma.
In conformità con tale indirizzo interpretativo il Tribunale segnala che le conversazioni telefoniche ed ambientali, in uno agli accertamenti bancari e societari, evidenziano che la società era gestita di fatto da NOME COGNOME al fine di evitare la confisca essendo quest’ultimo, al momento dell ‘ intestazione, già condannato per il reato di cui all’art. 416bis cod. pen., proprio per la sua partecipazione al clan COGNOME, dunque ben consapevole di essere potenziale destinatario di misure di prevenzione e di natura patrimoniale. A ciò si accompagna il rilievo che, nel ricorso, manca l ‘ indicazione di elementi che dimostrino l ‘ effettiva titolarità delle quote alla convivente, NOME COGNOME.
Del pari, sussiste la circostanza aggravante contestata sotto il profilo della funzione agevolatrice del clan essendo NOME un appartenente alla suddetta associazione e, dunque, assicurando, attraverso l’intestazione fittizia, un consistente incremento patrimoniale al sodalizio che, attraverso l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniale a carico dei suoi adepti, poteva essere spogliato di consistenze patrimoniali. Del resto, la giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. Sez. 2, n. 20935 del 07/04/2017, COGNOME, Rv. 269642 -01) che la circostanza aggravante prevista dall’art. 7 d.l. 13 Maggio 1991 n. 152, convertito dalla L. 12 luglio 1991 n. 203, nelle due differenti forme dell’impiego del metodo mafioso nella commissione dei singoli reati e della finalità di agevolare, con il delitto posto in essere, l’attività dell’associazione a delinquere di stampo mafioso, è configurabile anche con riferimento ai reati fine commessi dagli appartenenti al sodalizio criminoso e che
la stessa (Sez. 6, n. 46007 del 06/07/2018, COGNOME, Rv. 274280 -02) è configurabile anche con riferimento ai reati fine commessi dal concorrente esterno all’associazione di stampo mafioso.
1.2. NOME COGNOME devolve motivi infondati.
1.2.1. Il primo motivo è infondato.
Con riferimento al capo 6), i provvedimenti di merito cautelare evidenziano che la NOME è risultata aggiudicataria dell’appalto comun ale per la realizzazione di nuovi ossari nel cimitero di Palma Campania. COGNOME ha chiesto a NOME COGNOME il nominativo della ditta e, secondo le dichiarazioni dell ‘ imprenditore, COGNOME, questi è stato avvicinato da COGNOME. Si valorizzano, ai fini del coinvolgimento dell ‘ indagato, conversazioni ambientali e l ‘ esame dei fotogrammi estrapolati dalle videocamere installate nell ‘ ufficio di NOME COGNOME nonché la contestuale conversazione ambientale del 3 novembre 2022 ore 10:20.
Si deduce, con riferimento alla gravità indiziaria relativa a tale capo, travisamento di una conversazione intercettata (la n. 337 del 14 settembre 2022) senza illustrare, compiutamente, il valore scardinante del presunto errore nell’aver attribuito a NOME e non ad NOME COGNOME una delle molteplici (cfr. p. 42) conversazioni intercorse con COGNOME.
Peraltro, si deve rilevare che il Tribunale (cfr. p. 41) espone che, nell ‘ ambientale del 14 settembre 2022, il soggetto che conversa con COGNOME è NOME COGNOME
In ogni caso, poi, il provvedimento impugnato fa riferimento ad altre fonti indiziarie quali le registrazioni del servizio di videosorveglianza al cimitero e presso la sede della RAGIONE_SOCIALE, nonché le dichiarazioni di COGNOME l’estorto , dati altamente indizianti, con i quali il ricorrente non si confronta compiutamente, risultando, quindi, la censura non specifica.
Nemmeno il motivo di ricorso procede alla cd. prova di resistenza. Invero, in presenza di un articolato compendio probatorio o indiziario a carico, il ricorrente non illustra, compiutamente, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento. Come affermato dall’orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimità, condiviso dal Collegio, gli elementi di prova eventualmente acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento (tra le altre, Sez. 3, n. 3207 del 2/10/2014, Rv. 262011).
Con riferimento alla contestazione inerente alla configurabilità della circostanza aggravante ad effetto speciale, questa fonda sul presupposto che vi sia stato, da parte del Tribunale, un travisamento che ha condotto ad errore di persona, tra NOME ed NOME COGNOME e che da questo scaturirebbe che l’indagato non ha mai chiesto l ‘ intervento di COGNOME.
Tuttavia, si osserva che, nel caso in esame, la circostanza aggravante è stata ritenuta non solo perché la richiesta estorsiva iniziale è stata avanzata all’imprenditore proprio da uno dei due capi del clan camorristico omonimo, ma anche perché questa era senz’altro finalizzata ad alimentare la disponibilità di danaro da parte di un soggetto, come NOME COGNOME, partecipe del clan e, anzi, strettamente collegato a uno dei suoi vertici. La censura dunque è manifestamente infondata.
1.2.2. Il secondo motivo è inammissibile.
È esclusa l’ammissibilità, secondo il pacifico indirizzo di questa Corte di legittimità, del ricorso per cassazione che contesti la gravità indiziaria, senza dedurre la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, non potendo devolvere il mezzo di impugnazione censure che si traducano nella mera, diversa valutazione degli elementi indizianti esaminati dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628).
Il vizio di illogicità manifesta, poi, deve riguardare la motivazione in sé, senza che sia consentita una nuova o diversa valutazione di elementi esterni alla motivazione medesima quindi di indizi già valutati o emersi aliunde, o un’alternativa ricostruzione degli indizi o delle esigenze cautelari. Nella fattispecie in esame, dunque, nessuna di tali due evenienze -violazione di legge o vizio di motivazione rilevante ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. -risulta essersi verificata, a fronte di una motivazione che è stata diffusamente prospettata in modo logico, senza irragionevolezze, con completa e coerente giustificazione di supporto all’affermata persistenza della misura e della sua adeguatezza.
Ciò posto, si osserva che le argomentazioni svolte dal ricorrente sono in fatto, rivalutative e propongono una diversa lettura di conversazioni, inibita a questa Corte di legittimità.
Sul punto si rileva che, in materia di intercettazioni, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite, non evincibile nella specie (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389; Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Vecchio, Rv. 257784).
In ogni caso, le censure non illustrano, puntualmente, il valore scardinante del l’esame di t alune conversazioni, peraltro riportate per stralcio e non allegate o riprodotte nel ricorso, che si assumono trascurate dal Tribunale, dunque
travisate per omissione, senza indicarne la decisività ai fini di una diversa, più favorevole conclusione per l ‘ indagato.
La dedotta mancata presenza di NOME COGNOME agli incontri propiziati, presso la sede della cooperativa, con COGNOME appare, alla luce della complessiva motivazione offerta dal Tribunale, non decisiva, anche in relazione al più articolato ruolo che i convergenti provvedimenti custodiali assegnano al ricorrente, all ‘ interno del sodalizio di cui al capo 1 (secondo il quale NOME COGNOME, titolare dell ‘ impresa che ha sede nel cimitero di Palma Campania, ha assunto COGNOME come dipendente fittizio, appena scarcerato, proprio per riservargli un luogo sicuro dove svolgere i suoi incontri con affiliati, partecipa alle estorsioni, ricorre al picchiatore del gruppo, NOME COGNOME per farsi pagare, si procaccia delle armi, come dimostrato dagli episodi di cui ai capi 2 e 3: cfr. p. 36 dell ‘ ordinanza impugnata).
Infine, è appena il caso di osservare che è noto il principio (Sez. 6, n. 31362 del 08/07/2015, COGNOME, Rv. 264938) secondo cui, in tema di impugnazione di misure cautelari (nel caso preso in esame di natura personale) il giudice del riesame, sia pure con motivazione sintetica, deve dare ad ogni deduzione difensiva puntuale risposta, incorrendo in caso contrario, nel vizio, rilevabile in sede di legittimità, di violazione di legge per carenza di motivazione. Tuttavia, nella specie vi è un mero richiamo a una memoria difensiva e a ‘ diverse ‘ trascrizioni di conversazioni (cfr. p. 6 del ricorso), non meglio specificate, comunque poste evidentemente a fondamento della tesi difensiva secondo la quale NOME COGNOME si sarebbe limitato all ‘ assunzione di COGNOME, in quanto ‘ affidato ‘ presso la sua cooperativa, argomento che, invero, appare, comunque, complessivamente, considerato dal Tribunale del riesame e confutato, specificamente, con articolate giustificazioni.
1.2.3. Il terzo motivo è inammissibile.
Anche con riguardo alle esigenze cautelari, l’apparato argomentativo del provvedimento impugnato risulta coerente con il quadro normativo di riferimento.
Il Tribunale del riesame ha infatti ritenuto – con motivazione diffusa e immune da illogicità manifesta, quindi insindacabile in sede di legittimità (cfr. p. 44 e ss.) – non superata la presunzione relativa di pericolosità di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., e l ‘ esclusiva adeguatezza della custodia in carcere per i delitti contestati in via provvisoria.
L ‘ ordinanza impugnata ha dato puntualmente conto dell ‘ attualità e della concretezza del pericolo di reiterazione criminosa, in considerazione del ruolo rivestito dall’indagato, dei legami con altri concorrenti nel reato (NOME COGNOME e COGNOME senz ‘ altro) e della personalità dello stesso (cfr. p. 45), dimostratosi capace di azioni spregiudicate, come dimostrato dalla capacità di procurarsi armi.
Inoltre, si rimarca che NOME COGNOME è stato già condannato per evasione e violazione delle misure di prevenzione.
Rispetto a tali motivazioni il ricorso è generico perché soltanto rivalutativo, rispetto alla documentazione allegata e, comunque, non specifico quanto all ‘ indicazione di elementi idonei a dimostrare il superamento della presunzione, in considerazione dei titoli di reato per i quali vige la misura.
Segue il rigetto dei ricorsi e la condanna al pagamento delle spese processuali.
Non derivando dalla presente pronuncia, la liberazione degli indagati, seguono gli adempimenti di cui all ‘ art. 94, comma 1-ter disp.att. cod. proc. pen. a cura della Cancelleria.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, il 16 gennaio 2025
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME