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Custodia cautelare droga: quando è legittima?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un’ordinanza di custodia cautelare per droga. La decisione si fonda sulla professionalità dimostrata dagli indagati nel custodire e confezionare stupefacenti per conto terzi. Tale modalità operativa esclude l’ipotesi del reato di ‘lieve entità’ e giustifica la misura del carcere per interrompere i legami con l’ambiente criminale e prevenire la reiterazione del reato, anche in assenza di precedenti penali.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Custodia Cautelare Droga: Il Ruolo nel Traffico Esclude la Lieve Entità

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema della custodia cautelare per droga, chiarendo i criteri per la sua applicazione e per la valutazione della gravità del reato. Anche in assenza di precedenti penali, la professionalità dimostrata nell’attività di spaccio può giustificare la misura più afflittiva del carcere ed escludere la configurabilità del fatto di ‘lieve entità’. L’analisi della Corte offre importanti spunti sulla valutazione del pericolo di reiterazione del reato.

I Fatti del Caso: Detenzione per Spaccio in Concorso

Il caso riguarda due fratelli, entrambi senza precedenti penali, sottoposti a custodia cautelare in carcere per detenzione a fini di spaccio di cocaina, crack e marijuana. L’ordinanza era stata emessa dal Tribunale di Roma, che aveva rigettato l’istanza di riesame presentata dalla difesa. Secondo l’accusa, i due fratelli non si limitavano a un’attività di spaccio occasionale, ma avevano il compito specifico di custodire e confezionare lo stupefacente per conto di altri soggetti, che poi si occupavano della vendita finale.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha impugnato l’ordinanza del Tribunale del Riesame basando il ricorso su due motivi principali.

La Qualificazione Giuridica del Fatto: Si Tratta di Lieve Entità?

Il primo motivo contestava la qualificazione giuridica del reato. La difesa sosteneva che i fatti avrebbero dovuto essere inquadrati nell’ipotesi attenuata del ‘fatto di lieve entità’, prevista dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti. A loro avviso, il Tribunale non si era conformato ai principi stabiliti dalle Sezioni Unite della Cassazione, considerando che gli indagati erano incensurati e trovati in possesso di un quantitativo di droga definito ‘risibile’.

La Scelta della Misura Cautelare: Era Necessario il Carcere?

Con il secondo motivo, si lamentava la scelta della custodia cautelare in carcere, ritenuta sproporzionata. La difesa evidenziava che non era stata provata l’esistenza di una rete di fornitori e acquirenti e che il giudice non aveva adeguatamente motivato l’impossibilità di applicare misure meno gravose come gli arresti domiciliari, né perché l’abitazione non fosse idonea a contenere le esigenze cautelari.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sulla custodia cautelare droga

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Tribunale. I giudici hanno ritenuto che la motivazione dell’ordinanza impugnata non fosse né illogica né contraddittoria.

Sul primo punto, la Corte ha sottolineato che il ruolo degli indagati – custodire e confezionare la droga per conto terzi – denotava una ‘professionalità dell’agire criminale’ e un inserimento in un contesto più ampio, incompatibili con la ridotta offensività richiesta per il ‘fatto di lieve entità’. Citando precedenti pronunce delle Sezioni Unite, la Corte ha ribadito che per escludere tale ipotesi è sufficiente la presenza di un solo indice negativo, come in questo caso le modalità dell’azione.

Per quanto riguarda la scelta della misura, la Cassazione ha ricordato che il suo compito non è riconsiderare nel merito le esigenze cautelari, ma solo verificare la coerenza logica della motivazione del giudice. Il Tribunale aveva correttamente desunto il concreto pericolo di reiterazione del reato dalla professionalità degli indagati e dal loro inserimento in un ambiente dedito al narcotraffico. La misura della custodia cautelare per droga in carcere è stata ritenuta l’unica idonea a interrompere i contatti con fornitori e acquirenti, poiché gli arresti domiciliari, da scontarsi proprio nel luogo usato per la custodia e preparazione dello stupefacente, non avrebbero garantito la necessaria ‘cesura con l’ambiente criminale’.

Conclusioni: Le Implicazioni della Sentenza

Questa pronuncia conferma un principio fondamentale: nella valutazione delle misure cautelari per reati di droga, non conta solo la quantità di sostanza sequestrata o lo stato di incensuratezza dell’indagato. Elementi come le modalità della condotta e il ruolo ricoperto all’interno di un’organizzazione criminale assumono un’importanza decisiva. La professionalità nell’attività illecita può essere sufficiente a giustificare la misura cautelare più severa, poiché indice di un elevato e attuale pericolo di recidiva che deve essere neutralizzato.

Quando si può escludere l’ipotesi di ‘lieve entità’ in un reato di spaccio di droga?
L’ipotesi di lieve entità può essere esclusa quando, nonostante la quantità di droga non sia ingente, le modalità dell’azione indicano una professionalità e un inserimento strutturato in un’attività criminale più ampia, come nel caso di chi custodisce e confeziona la sostanza per conto di altri.

Perché è stata confermata la custodia cautelare in carcere per due persone incensurate?
La custodia in carcere è stata confermata perché, nonostante l’assenza di precedenti, il loro ruolo nell’organizzazione criminale è stato ritenuto indicativo di un’elevata professionalità e di un concreto pericolo di reiterazione del reato. La Corte ha ritenuto che solo il carcere potesse recidere i legami con la rete di fornitori e acquirenti.

Qual è il limite del controllo della Corte di Cassazione sulle misure cautelari?
La Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti o sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito. Il suo controllo è limitato alla verifica della correttezza giuridica e della coerenza logica della motivazione del provvedimento impugnato, senza entrare nel merito della scelta della misura ritenuta più adeguata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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