Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 34311 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6   Num. 34311  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME, nato in Albania il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 30/4/2025 emessa dal Tribunale di Roma visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procura generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del rico
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Roma confermava l’ordinanza con la quale il ricorrente era stato sottoposto alla custodia cautelare in carcere, dispo relazione ai reati di cui agli artt. 74 e 73 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Nell’interesse del ricorrente sono stati formulati due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo si censura l’erronea applicazione della dopp
presunzione prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., sul presupposto che, nel caso di specie, il Tribunale avrebbe omesso di considerare la sostanziale cessazione dell’associazione alla quale l’indagato avrebbe partecipato, stante l’arresto del presunto capo della stessa e la mancanza di elementi dai quali desumere la persiste attività del sodalizio.
2.2. Con il secondo motivo, si deduce la violazione dell’art. 73 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nella misura in cui le singole condotte di cessione non erano state ricondotte nell’alveo dell’ipotesi lieve di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. cit.
Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
Seguendo l’ordine logico, occorre esaminare preliminarmente il secondo motivo di ricorso, concernente la corretta qualificazione giuridica delle condotte di spaccio attribuite al ricorrente.
Il motivo è generico, non confrontandosi con le puntuali argomentazioni rese dal Tribunale del riesame, volte ad evidenziare il ruolo centrale svolto dall’indagato, cui era affidata la gestione di una piazza di spaccio, svolgendo tale funzione in diretta collaborazione con i vertici associativi. L’attività di cessione viene descritta come particolarmente intensa e, in tale ambito, COGNOME non solo If GLYPH o svolgeva una funzione di controllo sui pusher (verificando il corrispettivo delle cessioni), ma provvedeva anche in prima persona a cedere stupefacente.
Il quadro descritto dal Tribunale del riesame, per stabilità dell’attività illecita nonché per lo svolgimento in modo organizzato e con il contributo di una pluralità di soggetti, comportante anche lo smercio di quantitativi apprezzabili di stupefacenti e la disponibilità di un’arma (si veda pg.4/5), è stato correttamente ritenuto incompatibile con l’ipotesi lieve, non potendosi a tal fine dar rilievo alle singole condotte, enucleandole dal contesto.
 Il primo motivo, relativo alla valutazione delle esigenze cautelari / è parimenti inammissibile.
A ben vedere, il Tribunale, pur richiamando la doppia presunzione contemplata all’art.275, comma 3, cod. proc. pen., applicabile al reato di cui all’art. 74, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ha motivato puntualmente sulla sussistenza delle esigenze cautelari, ritenendole sussistenti a prescindere dalla predetta
presunzione.
Né è condivisibile la tesi sostenuta dalla difesa secondo cui, a fronte contesto associativo, le esigenze cautelari dovrebbero essere comunque escluse nel caso di accertata sopravvenuta inoperatività del sodalizio.
Invero, nel momento in cui le esigenze cautelari vengono accertate in virtù dei precedenti dell’indagato, delle modalità di commissione del fatto, de perdurante attività di spaccio anche nel periodo di sottoposizione ad altra mis cautelare, il riferimento alla presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. p pen. diviene sostanzialmente superfluo, risultando in concreto accertata l’attual delle esigenze cautelari e l’esclusiva idoneità della custodia in carcere.
Sulla base delle considerazioni svolte, il ricorso deve essere dichiar inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa del ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 25 settembre 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente