Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 18649 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 18649 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a IGLESIAS il 12/10/1969
avverso l’ordinanza del 14/01/2025 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di SASSARI
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona della sostituta COGNOME la quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso; l’avv. NOME COGNOME per COGNOME NOMECOGNOME ha depositato nuovo atto difensivo datato 10 aprile 2025, insistendo nell’annullamento.
Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale di Sassari ha rigettato l’istanza di riesame proposta nell’interesse di COGNOME NOMECOGNOME avverso l’ordinanza con la quale il GIP del Tribunale di Tempio Pausania gli aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere, siccome gravemente indiziato della illecita detenzione di 8 panetti di cocaina, del peso lordo complessivo di Kg. 9,13, rinvenuta sull’auto dal medesimo condotta il 23/12/2024 e sottoposta a controllo, droga occultata all’interno di due vani ricavati sotto i sedili anteriori, nell’occorso essen state rinvenute anche due valigette con vari utensili per smontare parti interne del veicolo e confezioni di detergenti, alcol, profumi, verosimilmente utilizzati per nascondere l’odore dello stupefacente alle unità cinofile.
Il Tribunale ha ritenuto non credibile la tesi dell’ignoranza del carico da part dell’indagato, trattandosi di mezzo noleggiato, osservando la inverosimiglianza del comportamento di terzi che occultino cocaina per un valore di migliaia di euro all’interno di un’auto noleggiata a terzi inconsapevoli, correndo evidenti rischi di dispersione del carico, le stesse considerazioni valendo anche per il contenuto delle due valigette, la cui presenza poteva evidentemente giovare solo all’utilizzatore del veicolo. Quanto, poi, alle esigenze cautelari, ha rilevato che la difesa si era limitata a una generica contestazione, ricavando il pericolo di reiterazione dalle modalità del fatto (quantità della droga modalità del suo occultamento, strumenti a disposizione, organizzazione del trasporto), tali da indicare un collegamento fiduciario del PORCU con organizzazioni di rilevante spessore criminale, in grado di movimentare ingenti quantità di droga pesante. Quanto, infine, alla scelta della misura, il Tribunale ha ritenuto l’inaffidabilità dell’indagato stregua dell’atteggiamento non collaborativo e tenuto conto della necessità di reciderne i contatti con il contesto criminale di riferimento, esigenza che solo la misura più afflitti ha ritenuto in grado di tutelare, misure meno gravi rendendo probabile la ripresa dell’attività illecita sotto forme concorsuali gestibili dal domicilio, non essendo st prospettata la disponibilità dei genitori dell’indagato di mettere a disposizione il proprio.
2. La difesa ha proposto ricorso, formulando tre motivi.
Con il primo e il secondo, ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione, anche per travisamento della prova, in relazione alla dedotta nullità del verbale di sequestro e del decreto di convalida dello stesso, che ha assunto silenti in ordine alla descrizione fattuale, finendo con l’assumere valore meramente esplorativo, senza alcuna indicazione delle condotte attribuite al soggetto controllato, dei beni aggrediti e dell coordinate spazio-temporali in cui le condotte sarebbe state tenute. &-f
Con il terzo motivo, ha dedotto analoghi vizi quanto alla motivazione a sostegno del titolo limitativo della libertà personale dell’indagato, basato su argomenti astratti, no corrispondenti alla realtà, se non in senso favorevole al PORCU, il giudice non avendo accennato agli assunti, ai documenti e alle valutazioni della difesa, ignorando ogni elemento fornito dall’interessato, il quale ha ribadito di non sapere nulla dei panetti d cocaina rinvenuth su una autovettura di proprietà di terzi. Sotto altro profilo, poi, si censurata la valutazione del Tribunale in ordine alla richiesta di sostituzione della misura con quella domiciliare, basata solo sulla gravità dell’accusa e su una trasposizione degli argomenti già illustrati nell’ordinanza genetica, l’abitazione dei genitori essendo composta da più vani che consentirebbero all’indagato di “espiare le eventuali esigenze di custodia cautelare alternative alla detenzione”.
Il Procuratore generale, in persona della sostituta NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
La difesa ha depositato atto successivo, datato 10 aprile 2025, con il quale ha riprodotto l’atto introduttivo, aggiungendo, con riferimento al primo motivo, che i beni oggetto del sequestro erano stati rinvenuti in un veicolo di proprietà di terzi e che l’indagato aveva immediatamente spiegato il motivo del viaggio, ribadendo dunque le conclusioni già rassegnate.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è inammissibile.
I primi due motivi, oltre a essere manifestamente infondati, alla luce della ricostruzione fattuale contenuta nel provvedimento impugnato, sono anche del tutto generici. Se è vero, infatti, che il decreto di sequestro probatorio – così come il decreto d convalida – anche qualora abbia a oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti (Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, COGNOME, Rv. 273548 – 01), è altrettanto vero che tale onere di motivazione deve essere modulato in relazione al fatto ipotizzato, al tipo di illecito cui in concreto il f ricondotto, alla relazione che le cose presentano con il reato, nonché alla natura del bene che si intende sequestrare (Sez. 6, n. 56733 del 12/09/2018, COGNOME, Rv. 2774781 – 01; Sez. 2, n. 46130 del 04/10/2023, COGNOME, Rv. 285348 – 01). Nella specie, dalla descrizione dell’intervento operato dalla PG, emerge in maniera assai chiara il rinvenimento di 8 panetti di cocaina, sostanza che costituisce corpo di reato e bene del quale va disposta comunque l’apprensione. Né la difesa ha precisato quali altri beni siano stati sottoposti a sequestro, rispetto ai quali non risulti chiaramente descritta pertinenza con il reato, le censure essendo state formulate in maniera del tutto generica,
semplicemente limitandosi a denunciare una mancanza di motivazione rispetto ad atti neppure allegati al ricorso (al quale risulta invece allegata l’ordinanza di convalida dell’arresto e di applicazione della misura cautelare).
3. Il terzo motivo è manifestamente infondato.
Gli assunti difensivi sono smentiti dalla semplice lettura dell’ordinanza impugnata che, nel ricostruire le circostanze dell’avvenuto arresto, ha motivatamente disatteso la tesi della inconsapevolezza della presenza della droga sull’auto noleggiata dall’indagato. Non si comprende, peraltro, quali siano gli elementi fondanti tale giudizio non corrispondenti alla realtà, non avendo la difesa contestato alcuna delle circostanze del rinvenimento (quantitativo di panetti, natura della sostanza, valore commerciale di essa, esistenza dei doppi fondi), neppure confrontandosi con il ragionamento, privo di aporie e contraddizioni, oltre che del tutto logico, formulato dal Tribunale per superare la tesi della non conoscenza. In definitiva, le censure non si confrontano con alcuno dei passaggi motivazionali, la difesa non avendo esplicitamente enunciato e argomentato i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01; Sez. 4, n. 36154 del 12/09/2024, COGNOME, Rv. 287205 – 01; Sez. 2, n. 29607 del 14/05/2019, COGNOME, Rv. 276748 – 01).
Quanto, poi, alla prognosi di pericolosità, il ragionamento del Tribunale per sostenere l’esistenza dell’esigenza special preventiva e l’inadeguatezza, rispetto alla sua tutela, di una misura diversa da quella infra muraria è del tutto coerente con i principi più volte affermati dalla giurisprudenza di legittimità: l’art. 274, lett. c), cod. proc. pen., nel introdotto dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, richiede infatti che il pericolo che l’imputa commetta altri delitti deve essere non solo concreto, ma anche attuale; ne deriva che non è più sufficiente ritenere altamente probabile che l’imputato torni a delinquere qualora se ne presenti l’occasione, ma è anche necessario prevedere che all’imputato si presenti effettivamente un’occasione prossima per compiere ulteriori delitti della stessa specie (Sez. 3 n. 34154 del 24/04/2018, COGNOME, Rv. 273674 – 01). Il principio è stato successivamente calibrato, anche da questa stessa sezione, affermandosi che il requisito dell’attualità deve essere inteso nel senso che possa formularsi una prognosi in ordine alla continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, fondata sia sulla personalità dell’accusato, desumibile anche dalle modalità del fatto per cui si procede, sia sull’esame delle sue concrete condizioni di vita.
Tale valutazione prognostica non richiede, tuttavia, la previsione di una “specifica occasione” per delinquere, che esula dalle facoltà del giudice (Sez. 4 n. 47837 del 04/10/2018, C., Rv. 273994 – 01; Sez. 2, n. 6593 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282767 – 01; Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv. 282991 – 01), ma una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, che deve essere
tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza (Sez. 5 n. 11250 del 19/11/2018, dep. 2019, Avolio, Rv. 277242 – 01; n. 1154, del 11/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282769 – 01).
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero rispetto alla causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000), oltre alla trasmissione di copia del presente provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito all’art. 94 c. 1 ter disp. att. del c.p.p.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
Deciso il 15 aprile 2025
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