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Custodia cautelare: decorrenza dei termini per reati

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato che chiedeva la scarcerazione per decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare. Il caso riguardava due ordinanze di custodia: la prima per detenzione di stupefacenti, la seconda per un reato associativo (permanente) contestato fino a una data successiva alla prima ordinanza. La Corte ha stabilito che i termini di custodia cautelare non possono essere retrodatati al primo arresto se il secondo reato si è protratto nel tempo, non essendo i fatti completamente desumibili al momento della prima misura. Di conseguenza, i termini per i due procedimenti decorrono separatamente.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Custodia Cautelare e Reati Connessi: Quando Inizia a Decorrere il Termine?

La gestione della custodia cautelare rappresenta uno degli aspetti più delicati del procedimento penale, bilanciando le esigenze di giustizia con il diritto fondamentale alla libertà personale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sulla decorrenza dei termini massimi di detenzione quando un imputato è colpito da più ordinanze per reati connessi, in particolare se uno di essi ha natura di reato permanente.

Il Caso in Esame: Due Misure Cautelari per Fatti Collegati

La vicenda processuale ha origine dal ricorso di un imputato, destinatario di due distinte ordinanze di custodia cautelare in carcere.

La prima misura risaliva al luglio 2017, emessa per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti (art. 73 d.P.R. 309/1990). Successivamente, nel maggio 2021, veniva eseguita una seconda ordinanza cautelare nell’ambito di un altro procedimento. Questa seconda misura riguardava non solo altri episodi di spaccio, ma anche e soprattutto il reato di associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti (art. 74 d.P.R. 309/1990), un reato di natura permanente la cui consumazione era stata contestata fino al luglio 2018.

In sede di appello, i giudici avevano riconosciuto il vincolo della continuazione tra tutte le condotte, unificando le pene. Forte di questo riconoscimento, la difesa sosteneva che anche i termini di custodia cautelare avrebbero dovuto essere calcolati in modo unitario, facendoli decorrere dalla data della prima ordinanza (luglio 2017). Se così fosse stato, i termini massimi di carcerazione preventiva sarebbero stati ampiamente superati, con conseguente obbligo di scarcerazione.

La Questione Giuridica sulla Decorrenza della Custodia Cautelare

Il cuore della questione ruotava attorno all’interpretazione dell’articolo 297, comma 3, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, se una persona è colpita da una nuova ordinanza cautelare per fatti diversi ma connessi (commessi anteriormente o desumibili dagli atti prima dell’emissione della prima ordinanza), i termini decorrono dal giorno in cui è stata eseguita la prima misura. Si tratta di una norma di garanzia volta a prevenire le cosiddette “contestazioni a catena”, che potrebbero prolungare indefinitamente la detenzione.

La difesa del ricorrente insisteva su questo punto, affermando che il riconoscimento del reato continuato implicasse automaticamente l’applicazione di un unico termine di durata massima della custodia cautelare. Il Tribunale del riesame, tuttavia, aveva respinto questa tesi, aprendo la strada al ricorso in Cassazione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione del Tribunale del riesame. Il ragionamento dei giudici si è concentrato sulla natura del secondo reato contestato, quello associativo.

Il punto cruciale è che il reato associativo è un reato permanente. Nel caso di specie, la sua consumazione si era protratta fino al luglio 2018. Questo significa che, al momento dell’emissione della prima ordinanza cautelare nel luglio 2017, il reato associativo era ancora in corso e non poteva considerarsi un “fatto commesso anteriormente”. Né, tantomeno, poteva essere pienamente “desumibile dagli atti” un accadimento criminale non ancora concluso.

La Corte ha chiarito che la regola della retrodatazione della decorrenza dei termini non si applica quando il secondo reato per cui viene disposta la misura è un reato permanente che si è consumato anche dopo l’emissione della prima ordinanza. In questo scenario, non si può parlare di un’anteriorità del fatto illecito che giustifichi un computo unitario dei termini. I due reati, sebbene connessi ai fini della pena, seguono percorsi separati per quanto riguarda i termini della custodia cautelare.

Le Conclusioni della Sentenza

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: il riconoscimento del vincolo della continuazione tra reati (che attiene al trattamento sanzionatorio) non si traduce automaticamente in una unificazione dei termini di custodia cautelare. La valutazione deve essere fatta caso per caso, analizzando la cronologia dei fatti e la loro natura. Se il secondo provvedimento cautelare riguarda un reato la cui condotta si è protratta oltre la data del primo, i termini di detenzione non possono essere retrodatati. Questa decisione consolida un orientamento volto a bilanciare le garanzie dell’imputato con l’esigenza di assicurare l’efficacia delle misure cautelari, specialmente di fronte a fenomeni criminali complessi e duraturi come le associazioni a delinquere.

Come si calcolano i termini di custodia cautelare se vengono emesse due ordinanze per reati connessi?
Di regola, se i fatti della seconda ordinanza sono stati commessi prima dell’emissione della prima, i termini decorrono dalla data di esecuzione della prima misura. Tuttavia, come chiarito dalla sentenza, questa regola non si applica se il secondo reato è di natura permanente e la sua consumazione è proseguita anche dopo la data della prima ordinanza.

Il riconoscimento del reato continuato influisce sul calcolo dei termini di custodia cautelare?
Non necessariamente. Il reato continuato è un istituto che rileva principalmente ai fini della determinazione della pena (trattamento sanzionatorio). La decorrenza dei termini di custodia cautelare, invece, segue le regole specifiche dell’art. 297 c.p.p., che si basano sulla cronologia e sulla natura dei fatti contestati.

Perché la natura di ‘reato permanente’ del secondo illecito è stata decisiva in questo caso?
È stata decisiva perché un reato permanente, come un’associazione a delinquere, si protrae nel tempo. Se la sua consumazione continua anche dopo l’emissione di una prima ordinanza per un altro reato, non si può considerare come un ‘fatto anteriore’. Di conseguenza, il termine di custodia cautelare per il reato permanente decorrerà autonomamente dalla data della relativa ordinanza, senza essere retrodatato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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