Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20589 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
PRIMA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20589 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/03/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nato A VIBO VALENTIA il 07/09/1988 avverso l’ordinanza del 21/11/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Catanzaro Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in preambolo il Tribunale di Catanzaro, provvedendo ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., ha respinto l’appello del Pubblico Ministero avverso l’ordinanza con cui il Tribunale di Vibo Valentia, in data 15 aprile 2024, aveva rigettato la richiesta di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei riguardi di NOME COGNOME con riferimento al reato di partecipazione all’associazione mafiosa ‘ndragheta.
A ragione della decisione – dopo aver premesso che Pugliese, attualmente in stato di libertà, era stato sottoposto alla custodia cautelare in carcere sino al 9 luglio 2020, revocata a seguito di annullamento senza rinvio da parte della Corte di legittimità – ha osservato che: i) dopo la scarcerazione non risultano segnalate condotte criminose; iii) dalla sentenza di condanna, del novembre 2023,non sono state segnalate condotte che facciano anche lontanamente presagire che il prevenuto sia in procinto di darsi la fuga e di far perdere le proprie tracce per sottrarsi all’esecuzione della pena; iv) che neppure sussiste il pericolo di inquinamento probatorio, essendosi il quadro indiziario consolidatosi per effetto della condanna di primo grado che – si rimarca – non Ł comunque definitiva, non potendosiescludere una evoluzione processuale favorevole, sicchØ appare prematuro ritenere questi stia programmando un volontario allontanamento per sottrarsi all’esecuzione di una pena che ancora non si sa se e in quale misura sarà irreversibilmente conformata; v) l’associazione per cui Ł condanna Ł contestata fino al dicembre 2019 e non vi sono elementi per inferire la permanenza, ad oggi, della adesione dell’indagato.
Ha, quindi, concluso che difetta «la prova, anche solo indiziaria,di ulteriori e piø recenti condotte del prevenuto sintomatiche di perdurante pericolosità sociale, ovvero di persistenza, fino all’attualità, del vincolo associativo, pur in assenza di dissociazione espressa da parte del medesimo» e che non fosse , a tal fine, sufficiente la mera circostanza dell’intervenuta sentenza di condanna, «in assenza di specifici e concreti fattori tali da fondare una ragionevole valutazione di aggravamento delle esigenze cautelari, pur a suo tempo ravvisate».
Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica e, con un unico motivo, denuncia la violazione degli artt. 274 e 275 cod. proc. pen. nonchØ la carenza e manifesta illogicità della
motivazione in punto di ritenuta insussistenza di accresciute esigenze cautelari e di omessa valutazione di risultanze documentali versate in atti.
Lamenta che il Tribunale avrebbe omesso di valutare, ai fini delle esigenze cautelari, il pericolo di reiterazione del reato e il pericolo di fuga, alla luce dei precedenti dell’imputato e delle motivazioni espresse nella sentenza di condanna. Dette esigenze sarebbero ancor piø stringenti dopo la condanna di primo grado, peraltro confermata in grado di appello per i correi che hanno scelto il giudizio abbreviato.
E’, poi, censurata la parte della motivazione dell’ordinanza impugnata laddove il Tribunale, nell’intento di ridimensionare il quadro delle esigenze cautelari, ha fatto riferimento alla presumibile lunga durata delle fasi del giudizio che condurranno alla sentenza definitiva, e alla possibilità di modifiche migliorative della posizione del prevenuto nei gradi successivi del giudizio. Il riferimento alla possibilità di modifiche migliorative della posizione processuale dell’imputato nei gradi successivi di giudizio finirebbe per introdurre valutazioni sul merito della condanna, invece precluse al giudice della cautela che deve strettamente attenersi allo stato degli atti.
Risulta, in definitiva, evidente al Procuratore ricorrente che «le esigenze cautelari ravvisabili debbano essere qualificate come eccezionali e, come tali, tutelabili solo con la misura della custodia cautelare in carcere».
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta depositata in data 18 febbraio 2025, ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
Il 6 marzo 2025 la difesa dell’imputato ha depositato memoria con cui ha replicato alle conclusioni del Sostituto Procuratore generale e insistito per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato, per le ragioni che s’indicano di seguito.
Rileva il Collegio che il provvedimento impugnato, che fa peraltro erroneo riferimento all’ipotesi dell’«aggravamento della misura» e all’«inasprimento del presidio in atto», Ł privo di una motivazione che si attagli alla situazione processuale di NOME COGNOME ossia di un imputato libero, in origine indagato per il reato di partecipazione all’associazione mafiosa denominata ‘ndragheta, per il quale il Pubblico ministero ha chiesto l’applicazione della misura della custodia cautelare a seguito dell’intervenuta condanna per tale reato con sentenza di primo grado, non ancora irrevocabile.
Invero, nella giurisprudenza di legittimità – diversamente da quanto affermato dal Tribunale per il riesame – Ł fermo il principio secondo cui «la pronuncia di una sentenza di condanna costituisce di per sØ un fatto nuovo che legittima l’emissione di una misura cautelare personale, non preclusa da un giudicato cautelare formatosi prima di tale atto e costituisce, inoltre, quando sia relativo a uno dei reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., elemento idoneo a fondare la presunzione di pericolosità che impone la misura della custodia cautelare in carcere” (Sez. 1 n. 13407 del 08/01/2021, COGNOME, Rv. 281055 – 01; Sez. 6, n. 30144 del 6/5/2015, COGNOME, Rv.264997 – 01; Sez. 6, n. 7654 del 22/10/2009, dep. 2010, cit.; Sez. 1, n. 13904 dell’11/12/2008, dep. 2009, COGNOME, Rv. 243129 – 01; Sez. 1, n. 18955 del 7/4/2004, COGNOME, Rv. 228161 – 01).
Tale principio assume rilievo nel caso in esame, trattandosi di soggetto che Ł stato riconosciuto – con sentenza di primo grado – partecipe a un’associazione per delinquere compresa tra le mafie “storiche”. In materia, questa Corte ha piø volte puntualizzato che la presunzione relativa di pericolosità sociale prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., inverte gli ordinari poli del ragionamento motivazionale, nel senso che il giudice che applichi o che confermi la misura cautelare non ha un obbligo di dimostrare in positivo la ricorrenza dei pericula libertatis, ma soltanto di tenere conto delle ragioni di esclusione, eventualmente rimarcate dalla parte o ex actis, tali da
smentire, nel caso concreto, l’effetto della presunzione (Sez. 5, n. 47401 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271855 – 01; Sez. 5, n. 57580 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 272435 – 01; Sez. 6, n. 23012 del 20/4/2016, COGNOME, Rv. 267159), mentre il cd. “tempo silente” (ossia il decorso di un apprezzabile lasso di tempo tra l’emissione della misura e i fatti contestati) non può, da solo, costituire prova dell’irreversibile allontanamento dell’indagato dal sodalizio, potendo essere valutato esclusivamente in via residuale, quale uno dei possibili elementi (tra cui, ad esempio, un’attività di collaborazione o il trasferimento in altra zona territoriale) volto a fornire la dimostrazione, in modo obiettivo e concreto, di una situazione indicativa dell’assenza di esigenze cautelari (Sez. 5, n. 16434 del 21/02/2024, Tavella, Rv. 286267 – 01).
Il Tribunale del riesame non ha fatto buon governo dei principi appena richiamati.
Il Giudice della cautela che intervenga in seguito all’accertamento di responsabilità derivante da una sentenza di condanna di primo grado a una pena anche di sensibile entità, come accaduto nel caso di specie, ai sensi dell’art. 275, comma 1-bis, cod. proc. pen., anche alla stregua del contenuto della decisione del giudice di merito, deve motivare indicando gli elementi su cui fonda la convinzione di insussistenza delle esigenze cautelari.
Nel caso che ci occupa il Tribunale ha del tutto trascurato di indicare, per l’imputato, condannato alla pena di sedici anni in esito al giudizio di primo grado, quelle ragioni di esclusione della presunzione di pericolosità che, sole, consentirebbero di ritenere inutile la cautela, nella forma (obbligata, per le ragioni già esposte) della custodia in carcere.
L’ordinanza impugnata, che non si Ł attenuta ai principi suindicati, dev’essere annullata con rinvio per nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza mpugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro Sezione per il riesame.
Così Ł deciso, 12/03/2025 Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME