Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12452 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12452 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME DI NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a BUSTO ARSIZIO il 15/06/1986 avverso l’ordinanza del 15/03/2024 del TRIB. LIBERTA’ di MILANO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso udito l’avvocato NOME COGNOME in qualità di sostituto processuale dell’avvocato NOME COGNOME in difesa di COGNOME NOME che si Ł riportata ai motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale del riesame di Milano – in accoglimento dell’appello presentato, ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., dal Pubblico ministero – ha riformato il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano del 26/09/2023 e, per l’effetto, ha applicato a NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere, in relazione ai reati sub 8) e 23) della provvisoria incolpazione, ossia:
reato p. e p. dagli artt. 81, 110, 99, 629, in relazione all’art. 628 terzo comma n. 1 e 416bis .1 cod. pen. per avere, in concorso con altri e avvalendosi della forza di intimidazione derivante dall’appartenenza, sua e di alcuni correi, al sistema mafioso lombardo, costretto NOME COGNOME, gestore del ristorante ‘RAGIONE_SOCIALE‘ di Bernate Sopra Ticino a cedere, contro la sua volontà, la titolarità di tale attività di ristorazione a NOME COGNOME;
reato p. e p. dall’art. 74 d.P.R. 09 ottobre 1990, n. 309, per essersi associato ad altri, in un gruppo criminale dotato di capitali, mezzi strumentali e stabili luoghi d’incontro, al fine di commettere piø delitti di detenzione, trasporto e cessione di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente di diversa tipologia (cocaina, eroina e marijuana), alcuni dei quali specificamente indicati in rubrica.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo di due distinti atti di impugnazione,
rispettivamente a firma degli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
2.1. Il ricorso dell’avv. COGNOME si articola in due motivi, che vengono di seguito enunciati entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1.1. Con il primo motivo, vengono denunciati vizi rilevanti ex art. 606, comma 1, lett. b) e lett. e) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 292, comma 2 lett. c) cod. proc. pen., 629 cod. pen. e 74 T.U. stup., sotto il profilo della violazione di legge e del vizio della motivazione, in relazione al principio di autonoma valutazione da parte del giudice. Dal dato della lontananza nel tempo dei fatti contestati, inoltre, sarebbe stato agevole giungere alla conclusione della insussistenza delle ritenute esigenze cautelari.
2.1.2. Con il secondo motivo, viene denunciata violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 275 cod. proc. pen., 629 cod. pen. e 74 T.U. stup., per inosservanza o erronea applicazione della legge penale, o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della stessa. Il Tribunale del riesame non ha correttamente applicato l’art. 275 cod. proc. pen., in punto di scelta della misura cautelare piø adeguata, con riferimento alla decisione di non applicare la meno afflittiva misura degli arresti domiciliari. Non vi Ł valutazione, quanto alla adeguatezza e proporzionalità della misura, ma solo affermazioni tautologiche ed un continuo richiamo a clausole di stile, volte a confutare l’argomentazione difensiva circa la adeguatezza anche degli arresti domiciliari, con applicazione del braccialetto elettronico.
2.2. Il ricorso dell’avv. COGNOME deduce violazione ex art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e) cod. proc. pen., in relazione all’art. 272 e seguenti cod. proc. pen., lamentando nullità della ordinanza impugnata, per erronea applicazione delle norme procedurali in materia di sussistenza di gravi indizi di colpevolezza e di esigenze cautelari, oltre che per carenza e illogicità della motivazione, quanto alla alla scelta della misura della custodia cautelare in carcere.
Per ciò che attiene al capo 8) della provvisoria incolpazione, la difesa ritiene corretta la decisione reiettiva del Giudice per le indagini preliminari, il quale aveva ritenuto essere integrato il contestato reato, ma aveva considerato insussistente il preteso contributo del COGNOME. Questi compare esclusivamente all’inizio della vicenda, in una intercettazione nella quale NOME COGNOME chiede il suo aiuto per rintracciare NOME COGNOME ossia il soggetto al quale si era rivolto NOME COGNOME nell’intento di intimorire NOME COGNOME Tutte le ulteriori conversazioni unite agli atti, citate dal Pubblico ministero e dal Tribunale del riesame, sono relative alla contestazione sub 1).
In ordine al capo 23) della rubrica, la mera reiterazione delle condotte non Ł un fatto sintomatico della creazione di una dimensione associativa; la contestata associazione, peraltro, Ł composta da soli quattro elementi e sussistono – tra alcuni di questi – rapporti di parentela o di carattere lavorativo, che sono di natura pienamente lecita. Mancano le strutture logistiche adibite alle operazioni criminali, dato che il capannone di Arconate Ł utilizzato anche per le attività lavorative di NOME COGNOME, che opera nel settore dell’edilizia; le autovetture erano di uso comune e, inoltre, non vi Ł prova della disponibilità di telefoni criptati. Il Tribunale del riesame, infine, non ha tenuto conto del tempo trascorso, fra la domanda cautelare e l’emissione del provvedimento restrittivo della libertà personale; entro tale arco temporale, infatti, l’indagato ben avrebbe potuto reiterare il reato, ovvero inquinare le prove.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
Giova, in via preliminare, integrare brevemente quanto già sintetizzato in parte espositiva e riportare – sotto il profilo storico e oggettivo – la ricostruzione sussunta nel provvedimento impugnato, dando anche brevemente conto della successione delle decisioni intervenute in materia cautelare.
2.1. Esiste in Bernate Sopra Ticino un ristorante chiamato ‘RAGIONE_SOCIALE‘, gestito da NOME COGNOME e nella cui conduzione NOME COGNOME ha investito la somma di euro trentamila. I due decisero, in un primo tempo, di dar vita a una società; in seguito, insorsero contrasti tra loro, a causa di forti debiti accumulati da COGNOME. Al fine di appianare le divergenze e tutelare i propri interessi economici, ognuno dei due si rivolse ad un malavitoso di proprio riferimento: COGNOME si pose sotto la ‘protezione’ di NOME COGNOME e COGNOME chiese aiuto a NOME COGNOME quest’ultimo appartenente alla ‘locale’ di Legnano-Monte Pozzolo.
COGNOME accettò di farsi carico del problema, dietro promessa della dazione di una percentuale ammontante al 10% sui futuri introiti dell’attività e coinvolse alcuni soggetti di sua fiducia, tra i quali figurava l’odierno ricorrente COGNOME questo gruppo, quindi, intraprese una azione di continue pressioni e gravi intimidazioni nei confronti di COGNOME, minacciandolo anche di morte e, infine, riuscendo a costringerlo a dismettere l’attività in favore di COGNOME.
2.2. Il Giudice per le indagini preliminari ha disatteso la domanda cautelare quanto a Bonanno, affermando esser stato questi coinvolto, nella vicenda per la quale si procede, esclusivamente allorquando COGNOME gli chiese informazioni al fine di rintracciare COGNOME (come detto, quest’ultimo Ł il soggetto al quale si era affidato COGNOME, invece, per intimorire COGNOME); COGNOME, però, non venne rintracciato in forza delle indicazioni fornite da COGNOME.
Il Tribunale del riesame – andando in contrario avviso – ha invece sottolineato come COGNOME non si sia limitato a fornire tale indicazione, ma abbia accompagnato COGNOME all’incontro con NOME COGNOME, stigmatizzando il comportamento di COGNOME per aver minacciato la figlia di COGNOME e, inoltre, concordando con COGNOME il tenore stesso del confronto. Si evidenzia nell’impugnata ordinanza, inoltre, come sia stato lo stesso COGNOME a suggerire a COGNOME l’idea di entrare direttamente nella gestione del ristorante, mediante il suddetto introito percentuale degli utili; l’indagato, poi, avrebbe anche partecipato alla conversazione, nel corso della quale COGNOME illustrò le pretese di COGNOME a COGNOME. Prosegue il Tribunale del riesame, peraltro, ricordando come lo stesso COGNOME – unitamente agli altri sodali del COGNOME – abbia incontrato il COGNOME, nell’intento di intimidirlo.
Il Tribunale del riesame, inoltre, si Ł soffermato sulla sussistenza della contestata associazione a delinquere finalizzata al traffico delle sostanze stupefacenti, oltre che sui singoli episodi di cessione, sottolineando come gli indagati avessero a disposizione un capannone ubicato in Arconate, del quale si servivano per il deposito, la pesatura e il confezionamento della droga (in tale posto, ricorda il provvedimento impugnato, COGNOME venne effettivamente fotografato). Ha evidenziato il Tribunale del riesame, infine, trattarsi di un gruppo in grado di movimentare anche quantitativi di sostanza stupefacente piø che ragguardevoli.
Posta la richiamata base descrittiva e argomentativa del provvedimento impugnato, la disamina delle censure articolate deve essere compiuta seguendo il solco tracciato da diversi principi di diritto, così brevemente riassumibili:
in tema di misure cautelari personali, il giudizio di legittimità relativo alla verifica della sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza (ex art. 273 cod. proc. pen.) deve riscontrare entro il perimetro circoscritto dalla devoluzione – la violazione di specifiche norme di legge o la mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Essa, dunque, non può intervenire nella ricostruzione dei fatti, nØ sostituire l’apprezzamento del giudice di merito, circa l’attendibilità delle
fonti e la rilevanza dei dati probatori, bensì deve dirigersi a controllare se il giudice di merito abbia dato adeguato conto delle ragioni che l’hanno convinto della sussistenza o meno della gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e a verificare la congruenza della motivazione riguardante lo scrutinio degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che devono governare l’apprezzamento delle risultanze analizzate (si vedano, sull’argomento, Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828 – 01a le successive, Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 – 01; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460 – 01; Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628).
Pare utile, inoltre, precisare quale sia la relazione intercorrente, fra le deduzioni difensive svolte in sede di riesame e la motivazione che il Tribunale Ł tenuto a fornire, in ordine ai temi posti dalla difesa stessa, ribadendosi come l’obbligo di motivazione possa reputarsi adempiuto anche nel caso in cui il provvedimento emesso dal Tribunale del riesame effettui un rinvio per relationem, alle argomentazioni contenute nel provvedimento genetico, rinvio che sia incastonato in una piø ampia valutazione, atta a contrastare – anche per implicito – le deduzioni difensive. Il tutto postula, però, che le questioni poste dalla difesa non siano idonee a disarticolare il ragionamento probatorio proposto nell’ordinanza applicativa della misura cautelare, non potendo, in tal caso, la motivazione per relationem fornire una risposta implicita alle censure formulate.
All’esito del riesame dell’ordinanza applicativa di una misura cautelare, Ł legittima la motivazione che richiami (o riproduca) le argomentazioni contenute nel provvedimento impugnato, ove siano mancate specifiche deduzioni difensive, formulate con l’istanza originaria o con successiva memoria, ovvero articolate oralmente in udienza, tali da rendere funzionalmente inadeguata la relatio su cui il richiamo si Ł basato (Sez. 1, n. 8676 del 15/01/2018, Falduto, Rv. 272628 – 01; Sez. 6, n. 566 del 29/10/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265765 – 01). In questa prospettiva, si può ritenere senz’altro legittima la riproposizione anche di parti del provvedimento applicativo nell’ordinanza resa all’esito del riesame; a patto, però, che tale tecnica espositiva sia affiancata dalla dovuta analisi dei contenuti e dall’esplicitazione delle ragioni alla base del convincimento espresso in sede decisoria (Sez. 2, n. 13604 del 28/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 281127 – 01).
Tanto chiarito, al fine di delineare il contesto dogmatico entro cui si colloca la tematica dedotta, può precisarsi come la decisione impugnata meriti di andare esente da rilievi, in sede di legittimità.
Il primo motivo del ricorso dell’avv. COGNOME censura una pretesa carenza motivatoria dell’avversata ordinanza, che sarebbe connotata da una natura meramente adesiva, rispetto alla richiesta del Pubblico ministero.
4.1. Il Tribunale del riesame – in ipotesi difensiva – avrebbe mancato di esaminare il provvedimento impugnato dal Pubblico ministero con il necessario senso critico, limitandosi ad accogliere l’appello da questi proposto e, in tal modo, mostrando un approccio meramente adesivo rispetto all’impugnazione. Si sarebbe omesso di considerare, dunque, il ruolo – nemmeno specificato nel capo di imputazione – che avrebbe ricoperto COGNOME, nella realizzazione del fatto estorsivo; si sarebbe parimenti mancato di valutare – quanto al reato associativo – che la presunta associazione avrebbe avuto per fine, secondo la contestazione, il traffico di sostanze stupefacenti di ingente quantità, elemento che non ricorre nei reati satellite contestati al ricorrente.
Il Tribunale del riesame si sarebbe limitato ad addurre, in maniera generica, la gravità dei reati contestati ed il legame del ricorrente con alcuni degli esponenti dell’ipotizzato sodalizio criminoso, oltre che a valorizzare congetture, in ordine alla possibilità di sfruttare le conoscenze maturate fra i clienti del narcotraffico. Vengono contestati a Bonanno, però, solo tre episodi attinenti agli
stupefacenti; tali fatti – in ipotesi difensiva – presenterebbero un connotato di mera episodicità, essendosi verificati entro un breve lasso di tempo, oltre ad essere attinenti a quantitativi non ingenti di sostanza stupefacente. Si tratterebbe, infine, di un soggetto ben inserito nel tessuto sociale e che trae sostentamento, per sØ e per la sua famiglia, da una lecita attività lavorativa.
4.2. La critica difensiva si sviluppa interamente sul piano del fatto ed Ł solo tesa a sovrapporre una nuova interpretazione delle risultanze probatorie, diversa da quella recepita nell’impugnato provvedimento, piø che a rilevare un vizio rientrante nella rosa di quelli delineati dall’art. 606 cod. proc. pen. Tale operazione, con tutta evidenza, fuoriesce dal perimetro del sindacato rimesso al giudice di legittimità. Secondo la linea interpretativa da tempo tracciata da questa Corte regolatrice, infatti, l’epilogo decisorio non può essere invalidato sulla base di prospettazioni alternative, che sostanzialmente si risolvano in una “mirata rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’autonoma assunzione di nuovi e differenti canoni ricostruttivi e valutativi dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perchØ illustrati come maggiormente plausibili, o perchØ assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa, nel contesto in cui la condotta delittuosa si Ł in concreto realizzata (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507).
4.3. Il Tribunale del riesame, in primo luogo, si Ł specificamente soffermato sul profilo indiziario concernente la contestata estorsione aggravata, in primo luogo confrontandosi proprio con le opposte conclusioni raggiunte dal Giudice per le indagini preliminari, nell’appellata decisione reiettiva. Facendo riferimento alle captazioni telefoniche versate nell’incarto processuale, il provvedimento impugnato ha ritenuto:
che l’intervento di NOME COGNOME e dei suoi uomini sia stato rivolto proprio a costringere COGNOME ad abbandonare ogni pretesa concernente il succitato ristorante, tanto vero che questi solo all’esito delle pesanti pressioni subite – si risolse a cedere a COGNOME le chiavi dell’esercizio commerciale e, quindi, la disponibilità dei locali;
che la corrispondente richiesta di aiuto, rivolta da COGNOME, a soggetti altrettanto noti nell’ambiente malavitoso, sia restata sostanzialmente priva di effetti, non risultando in atti concreti interventi (ad ogni modo, sottolinea giustamente il Tribunale del riesame come la eventuale illiceità bilaterale – o meglio, reciproca – non eliderebbe il connotato di antigiuridicità delle condotte ascrivibili a ciascuno);
che solo grazie all’irruzione nella vicenda da parte di COGNOME sotto la cui ala protettiva si era collocato COGNOME (e quindi, in forza delle gravissime intimidazioni consequenzialmente poste in essere), COGNOME venne costretto a cedere il ristorante ‘Bel Sit’.
4.3.1. Anche in ordine alla partecipazione concorsuale di Bonanno e, quindi, alla efficienza causale del contributo da questi offerto, l’avversata ordinanza Ł analitica e completa. Come sopra già accennato, il Tribunale del riesame, sul punto, ricorda come il ricorrente sia stato direttamente coinvolto, tanto nelle intimidazioni rivolte a Moriggi, quanto direttamente nelle trattative. Il provvedimento impugnato, dunque, sottolinea come Bonanno non si sia limitato a fornire a COGNOME indicazioni volte al rintraccio di COGNOME (ossia, del soggetto al quale COGNOME si era rivolto, per avere aiuto), ma abbia anche accompagnato COGNOME all’incontro, censurando duramente il comportamento serbato da COGNOME.
4.3.2. In tale struttura motivazionale non Ł dato ravvisare alcun vizio logico; essa Ł, anzi, particolarmente esaustiva, congruente e lineare, oltre che priva del pur minimo spunto di contraddittorietà, logica o infratestuale. Tale motivazione, dunque, non viene minimamente disarticolata dalle argomentazioni difensive, che sono aspecifiche e rivalutative e che, pertanto, non meritano accoglimento in questa sede.
4.4. Sostanzialmente incontestato e, infine, il tema inerente alla qualificazione giuridica della condotta ascritta; Ł sufficiente, pertanto, il richiamo al dictum di Sez U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027 – 02, la quale ha stabilito come la linea di demarcazione, esistente fra i paradigmi normativi di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone e di estorsione si situi, immancabilmente, sulla linea di confine rappresentata dall’elemento psicologico, da accertarsi secondo le ordinarie regole probatorie. E sul punto specifico, si può ricordare come COGNOME – intervenendo in favore di COGNOME con i suoi sodali e correi, fra cui l’odierno ricorrente COGNOME – abbia costretto COGNOME a cedere l’intera attività (così venendo ampiamente oltrepassata l’entità del disavanzo finanziario, che era stato accumulato dalla persona offesa), ottenendo peraltro una percentuale pari al 10%, sui futuri profitti dell’esercizio commerciale.
4.5. Anche con riferimento alla contestata associazione ex art. 74 T.U. stup., del resto, l’ordinanza impugnata merita di restare immune da qualsivoglia stigma, nel giudizio di legittimità.
Il Tribunale del riesame, infatti, ha in primo luogo censurato la decisione del Giudice per le indagini preliminari, per essersi arrestato a una visione solo atomistica e parcellizzata delle fonti di prova disponibili, oltre che per aver trascurato elementi di notevole spessore evocativo, circa la sussistenza della contestata organizzazione. I Giudici del riesame hanno proceduto, quindi, a una valorizzazione e, soprattutto, alla saldatura di diversi dati dimostrativi, che hanno finito per comporre un mosaico di indubitabile saldezza.
L’ordinanza impugnata, infatti, ha evidenziato la professionalità individuale degli indagati, nel settore del narcotraffico (un dato che Ł stato ritenuto particolarmente potenziato, dalla esistenza di vincoli di tipo familiare fra gli associati e – in senso piø ampio – dalle consolidate relazioni interpersonali, accertate fra gli stessi). Non mancano, poi, nØ i richiami alle collaborazioni instaurate con diversi sodalizi, parimenti attivi nello specifico settore criminale, nØ la considerazione della predisposizione di persone e di risorse; viene fatto specifico riferimento, infine, alle numerose cessioni di sostanza stupefacente, già evidenziate dal Giudice per le indagini preliminari.
5. Il secondo motivo del ricorso dell’avv. COGNOME si muove sulla linea della critica alla scelta operata dal Tribunale del riesame, in ordine alla misura cautelare ritenuta piø idonea a soddisfare le ravvisate esigenze cautelari; viene avversato, dunque, il profilo della ritenuta adeguatezza e proporzionalità della misura carceraria applicata. Il motivo Ł sovrapponibile alla analoga censura proposta anche dall’avv. COGNOME, in maniera cumulativa all’interno dell’unico motivo e, pertanto, Ł possibile la trattazione unitaria delle due doglianze.
5.1. Giova allora premettere un sintetico richiamo al consolidato insegnamento di questa Corte, secondo cui – in tema di misure cautelari personali – il ricorso per cassazione che deduca l’insussistenza delle esigenze cautelari Ł ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628); in sede di giudizio di legittimità sono rilevabili esclusivamente i vizi argomentativi che incidano sui requisiti minimi di esistenza e di logicità del discorso motivazionale svolto nel provvedimento e non sul contenuto della decisione; sicchØ il controllo di logicità deve rimanere all’interno del provvedimento impugnato e non Ł possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate e, nel ricorso afferente i procedimenti “de libertate”, a una diversa valutazione dello spessore degli indizi e delle esigenze cautelari (Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, COGNOME, Rv. 199391; Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, COGNOME, Rv. 265244; Sez. 1, n. 1083 del 20/02/1998, COGNOME, Rv. 210019).
In ordine ai versanti della attualità e della concretezza delle esigenze cautelari, infatti, deve rilevarsi che – ai fini della valutazione del pericolo che l’imputato commetta ulteriori reati della stessa specie – il requisito della “concretezza”, cui si richiama l’art. 274, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., riguarda l’indicazione di elementi non meramente congetturali, in base ai quali possa affermarsi che l’imputato, verificandosi l’occasione, possa facilmente commettere reati che offendono lo stesso bene giuridico di quello per cui si procede (Sez. 3, n. 49318 del 27/10/2015, Barone, Rv. 265623). Con riferimento al requisito dell’attualità, pare sufficiente rifarsi all’orientamento espresso da Sez. 3, n. 9041 del 15/02/2022, COGNOME, Rv. 282891, a mente della quale: ‹‹In tema di misure cautelari personali, il requisito dell’attualità del pericolo previsto dall’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. non Ł equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere tanto piø approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza›› (cfr. Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv. 282991; Sez. 2, n. 6593 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282767; Sez. 5, n. 1154 del 11/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282769).
5.2. Tanto chiarito, al fine di delineare il contesto dogmatico entro cui si colloca la dedotta tematica, può precisarsi come la decisione impugnata resista agevolmente alle critiche difensive.
Il Tribunale del riesame, infatti, ha esaustivamente analizzato gli aspetti inerenti al pericolo concreto di reiterazione di condotte delinquenziali di analoga natura, nonchØ i relativi profili dell’attualità e della concretezza. Il provvedimento impugnato, da questo punto di vista, ha valorizzato la notevole gravità della allarmante condotta serbata dall’indagato, anzitutto richiamando il regime di presunzione relativa di adeguatezza e proporzionalità, connesso alla natura dei reati oggetto di incolpazione.
Quanto al pericolo di commissione di nuovi reati di matrice omogenea, Ł stata evidenziata la negativa personalità del soggetto, il quale annovera già diversi pregiudizi specifici, relativamente ad entrambi gli ambiti specifici di operatività del sodalizio, ossia il traffico di sostane stupefacenti e l’attività estorsiva. Il vissuto criminale del ricorrente, dunque, Ł stato considerato secondo una linea di piena continuità, rispetto ai fatti in relazione ai quali ora si procede; nØ si Ł mancato di ricordare la stretta contiguità di Bonanno con il contesto ndranghetistico della zona. Rilevante Ł stata reputata, altresì, la già emersa attitudine del Bonanno ad arrecare nocumento alla genuina acquisizione delle fonti di prova, mediante condizionamenti e pressioni esercitate sui soggetti chiamati a rendere dichiarazioni.
5.3. Puntuale e priva di forme di contraddittorietà, infine, Ł l’analisi compiuta dal Tribunale del riesame circa il tema della adeguatezza della misura carceraria. ¨ stata attentamente vagliata, infatti, la prospettata ipotesi di applicazione di presidio cautelare di tenore meno afflittivo, rispetto a quello di massimo rigore e lo si Ł scartato, in ragione del fatto che esso comporterebbe l’immediato reinserimento di Bonanno nell’ambito criminale di provenienza; gli inevitabili spazi di libertà connessi alla misura non carceraria (margini non eliminabili in toto , anche laddove si procedesse all’auspicata applicazione di dispositivo elettronico di controllo) consentirebbero al ricorrente, dunque, di riannodare i rapporti criminali precedentemente sussistenti e, consequenzialmente, di reiterare attività illecite di tenore analogo, rispetto a quelle già accertate.
5.4. Si Ł in presenza, in sostanza, di un apparato argomentativo privo di vizi logici e, pertanto, resistente a qualsiasi censura in questa sede. Per contrastare tale motivazione esaustiva e lineare, del resto, la difesa si limita a spendere argomenti scarni e aspecifici, di tipo eminentemente
fattuale e contestativo.
Il ricorso dell’avv. COGNOME si apre sostenendo la maggior condivisibilità – per quanto inerisce al contestato episodio estorsivo – della decisione reiettiva assunta dal Giudice per le indagini preliminari. Trattasi, naturalmente, soltanto di una valutazione difensiva, che presenta, peraltro, un mero tenore confutativo, rispetto alla avversata decisione.
6.1. Quanto alla contestazione ex art. 74 d.P.R. 09 ottobre 1990, n. 309, sostiene la difesa che il capannone e le vetture adoperate, essendo utilizzate anche per fini leciti, non possano essere considerati strumenti propri dell’associazione. Non vi Ł chi non rilevi quanto la deduzione sia generica e priva di un reale substrato contenutistico, essendo evidente che l’utilizzo di immobili e veicoli a fini criminali non Ł, in alcun modo, incompatibile con il contemporaneo uso degli stessi a fini leciti. ¨ persino pleonastico, infatti, ricordare come non occorra certo che un determinato immobile e ogni altra cosa, eventualmente adoperata a fini strumentali, rispetto al traffico di sostanze stupefacenti – sia specificamente utilizzato, in via esclusiva, per tale scopo. Affermare il contrario, in realtà, significherebbe esigere che l’associazione deputata al traffico di droga debba necessariamente avere un proprio patrimonio, oltre che propri mezzi strumentali, specificamente deputati allo svolgimento dell’attività di traffico, quasi si trattasse di imprese operanti in settori leciti di attività.
6.2. Di oscura significazione, infine, Ł l’argomento inerente all’esiguità del numero di soggetti che avrebbero fatto parte del ravvisato sodalizio criminoso; non Ł ben chiaro, infatti, quali possano essere le conseguenze logiche – eventualmente favorevoli alla tesi a discolpa – che possano derivare dall’esser stata l’organizzazione a delinquere formata da soli quattro elementi, ossia ‘poco piø del numero minimo richiesto dalla legge per la sussistenza di una associazione’.
Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone il rigetto del ricorso; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria, affinchØ proceda agli adempimenti dettati dall’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso il 21/01/2025.
Il Presidente NOME COGNOME