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Custodia Cautelare: calcolo termini dopo rinvio

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19319/2025, ha rigettato il ricorso di un imputato contro il ripristino della sua custodia cautelare. La Corte ha chiarito che, in caso di giudizio di rinvio, i termini di fase della misura cautelare decorrono nuovamente. Inoltre, il termine massimo complessivo deve essere calcolato in base al reato per cui è già intervenuta condanna irrevocabile, a prescindere dall’annullamento parziale relativo a un’aggravante.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Custodia Cautelare: la Cassazione sul Calcolo dei Termini in caso di Rinvio

La corretta applicazione dei termini massimi di custodia cautelare è un pilastro fondamentale a garanzia della libertà personale dell’imputato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 19319 del 2025, offre un’importante delucidazione su come questi termini debbano essere calcolati in una situazione processuale complessa: il giudizio di rinvio a seguito di un annullamento parziale della sentenza d’appello.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un procedimento per il reato di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.). L’imputato era stato condannato in appello, ma la Corte di Cassazione aveva annullato la sentenza limitatamente alla sussistenza di un’aggravante specifica, rinviando il caso alla Corte di Appello per una nuova valutazione su quel punto. Nel frattempo, la Corte di Appello, nel dispositivo della sentenza di rinvio, aveva dichiarato inefficace la misura della custodia cautelare in carcere per decorrenza dei termini.

Il Procuratore Generale impugnava tale decisione, e il Tribunale del riesame accoglieva l’appello, ripristinando la detenzione. Secondo il Tribunale, il calcolo dei termini effettuato dalla Corte d’Appello era errato. Contro questa ordinanza, la difesa dell’imputato proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo la violazione di legge e il vizio di motivazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. Ha confermato la correttezza della decisione del Tribunale del riesame, stabilendo che la misura cautelare era ancora efficace. La decisione si fonda su due principi cardine della procedura penale in materia di misure cautelari.

Calcolo dei Termini di Custodia Cautelare dopo un Rinvio

Il primo punto cruciale riguarda la decorrenza dei termini di fase. La difesa sosteneva che il termine di fase tra la sentenza di primo grado e quella d’appello fosse interamente decorso. La Cassazione, tuttavia, ha chiarito che nel caso in esame, trattandosi di un giudizio di rinvio, si applica l’art. 303, comma 2, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che i termini di fase previsti dal comma 1 (inclusi quelli tra i vari gradi di giudizio) decorrono nuovamente dalla data del provvedimento che dispone il rinvio.

Di conseguenza, il conteggio non doveva proseguire dal punto in cui si era interrotto, ma ripartire da zero dal momento in cui la Cassazione aveva annullato con rinvio la precedente sentenza d’appello. Questo reset dei termini di fase è fondamentale per garantire che il nuovo giudizio possa svolgersi senza che la misura cautelare perda efficacia prematuramente.

L’individuazione del Termine Massimo Complessivo

Il secondo argomento, strettamente collegato al primo, riguarda l’individuazione del termine massimo complessivo di custodia cautelare. La difesa argomentava che, essendo stata esclusa l’aggravante dal giudice di merito, si dovesse applicare un termine più breve. La Cassazione ha respinto questa tesi.

La Corte ha specificato che la condanna per il reato base di associazione mafiosa (art. 416-bis, commi secondo e quarto) era già divenuta irrevocabile e definitiva. L’annullamento con rinvio riguardava solo l’aggravante del comma sesto. Pertanto, il termine massimo complessivo doveva essere calcolato sulla base del reato per cui la condanna era ormai passata in giudicato. Per tale reato, l’art. 303, comma 4, lett. c), c.p.p. prevede un termine massimo di sei anni, che può essere esteso fino a nove anni in presenza di sospensioni. Il Tribunale del riesame aveva correttamente applicato questa norma, computando le sospensioni e concludendo che il termine massimo non era ancora scaduto.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte sono ancorate a una lettura sistematica delle norme sulla custodia cautelare. La Corte ha sottolineato che il principio del ne bis in idem cautelare è temperato dalla regola specifica per il giudizio di rinvio (art. 303, comma 2, c.p.p.), che prevede appunto la nuova decorrenza dei termini di fase. Questa regola risponde all’esigenza di assicurare che le finalità cautelari possano essere salvaguardate anche nella complessa fase successiva a un annullamento della Cassazione.

Inoltre, la Corte ha ribadito un principio logico e giuridico fondamentale: la base di calcolo per i termini massimi è la qualificazione giuridica del fatto per cui è intervenuta una condanna definitiva. Il fatto che un’aggravante sia ancora sub iudice non può retroagire e modificare il regime cautelare applicabile al reato principale, la cui colpevolezza è già stata accertata in modo irrevocabile.

Le Conclusioni

La sentenza in esame consolida due importanti principi in materia di custodia cautelare:

1. Effetto ‘Reset’ del Rinvio: Il provvedimento di annullamento con rinvio della Cassazione azzera e fa decorrere nuovamente i termini di fase della custodia cautelare.
2. Irrevocabilità Parziale: Ai fini del calcolo del termine massimo complessivo, si deve fare riferimento al reato per il quale è già stata pronunciata una condanna definitiva, anche se altri aspetti, come singole aggravanti, sono oggetto del nuovo giudizio di rinvio.

Questa pronuncia offre un chiaro vademecum per gli operatori del diritto, ribadendo che la tutela della libertà personale deve essere bilanciata con le esigenze di giustizia, soprattutto in procedimenti complessi e di lunga durata.

Quando iniziano a decorrere nuovamente i termini di custodia cautelare in un giudizio di rinvio?
Secondo la sentenza, in applicazione dell’art. 303, comma 2, c.p.p., i termini di fase della custodia cautelare decorrono nuovamente dalla data del provvedimento che ha disposto il rinvio, azzerando il conteggio precedente.

Come si calcola il termine massimo complessivo di custodia cautelare se una parte della sentenza è definitiva e un’altra no?
Il termine massimo complessivo si calcola in base al reato per cui è già intervenuta una condanna irrevocabile. Il fatto che una circostanza aggravante sia ancora oggetto del giudizio di rinvio non influisce sul calcolo relativo al reato base già accertato in via definitiva.

L’esclusione di un’aggravante influisce sul calcolo dei termini di fase della custodia cautelare?
No, l’esclusione di un’aggravante non influisce sul calcolo dei termini, che devono essere commisurati al reato per cui è divenuta irrevocabile la condanna. La base di calcolo è il reato più grave per cui vi è una condanna passata in giudicato, ai sensi dell’art. 303, comma 4, lett. c), c.p.p.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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