LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Custodia cautelare associazione mafiosa: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro l’ordinanza di custodia cautelare per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti. La Corte ha chiarito che la mancata trasmissione dei decreti di autorizzazione delle intercettazioni non le rende inutilizzabili se la difesa non ne chiede specificamente l’acquisizione. Inoltre, ha confermato la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza e la legittimità della detenzione in carcere, basata sulla presunzione di adeguatezza prevista per i reati di mafia, data la prova della “messa a disposizione” dell’indagato al sodalizio.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Custodia cautelare per associazione mafiosa: La Cassazione conferma il rigore della legge

Con la sentenza n. 21980 del 2024, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso complesso riguardante la custodia cautelare per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti. La decisione offre importanti chiarimenti sui requisiti procedurali delle intercettazioni e sui criteri per valutare la partecipazione a un sodalizio criminale, confermando la severità della legge nei confronti dei reati di mafia.

Il caso in esame: ricorso contro la detenzione

Il caso ha origine dal ricorso presentato da un soggetto sottoposto a custodia cautelare in carcere perché gravemente indiziato di far parte di due distinti sodalizi criminali: uno finalizzato al traffico illecito di sostanze stupefacenti e un altro, di stampo mafioso, emanazione di una storica associazione criminale locale. La difesa aveva impugnato l’ordinanza del Tribunale del Riesame, lamentando diversi vizi sia procedurali che di merito.

I motivi del ricorso: vizi procedurali e carenza di prove

Il ricorrente ha basato la sua difesa su quattro argomenti principali:

1. Vizi procedurali sulle intercettazioni: Si contestava la mancata trasmissione, da parte del Pubblico Ministero, delle richieste e dei decreti di autorizzazione delle intercettazioni, atti ritenuti indispensabili per verificare la legittimità delle captazioni.
2. Irregolarità dei verbali: Si denunciava l’inutilizzabilità delle intercettazioni a causa di presunte irregolarità nella redazione dei verbali delle operazioni, in particolare per l’incertezza su chi avesse materialmente ascoltato e trascritto le conversazioni.
3. Carenza di gravi indizi: La difesa sosteneva che gli elementi raccolti non fossero sufficienti a dimostrare una partecipazione stabile e organica all’associazione mafiosa, ma al più un coinvolgimento limitato al contesto del traffico di droga.
4. Mancata valutazione individuale: Infine, si criticava l’ordinanza per non aver personalizzato la valutazione sulle esigenze cautelari, applicando automaticamente la misura carceraria senza considerare il profilo soggettivo dell’indagato, descritto come incensurato e lavoratore.

L’analisi della Corte sulla custodia cautelare e associazione mafiosa

La Corte di Cassazione ha esaminato punto per punto i motivi del ricorso, rigettandoli tutti e dichiarando l’impugnazione inammissibile. La sentenza fornisce una chiara interpretazione delle norme procedurali e sostanziali in materia di criminalità organizzata.

Sulle questioni procedurali, la Corte ha ribadito un principio consolidato: la mancata trasmissione dei decreti autorizzativi delle intercettazioni non ne comporta l’inutilizzabilità o la nullità, a meno che la difesa non presenti una specifica e tempestiva richiesta di acquisizione di tali atti. Nel caso di specie, la difesa si era limitata a eccepire la mancata trasmissione, senza attivarsi per ottenerne copia, rendendo la doglianza infondata. Allo stesso modo, sono state respinte le censure sui verbali, chiarendo che la legge non impone una redazione contestuale all’ascolto né la sottoscrizione di ogni singolo operatore.

Le motivazioni della decisione

Il cuore della decisione risiede nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza. La Cassazione ha ritenuto che il Tribunale di Lecce avesse motivato in modo logico e completo la partecipazione dell’indagato a entrambi i sodalizi. Per quanto riguarda l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, è emerso che l’indagato agiva da tramite tra il capo e altri associati, gestiva la comunicazione, sollecitava pagamenti e si occupava del recupero crediti.

Ancora più significativa è l’analisi sulla partecipazione all’associazione mafiosa. Le intercettazioni hanno rivelato che l’indagato non si limitava al narcotraffico, ma era la “messa a disposizione” del capo per il perseguimento dei fini del clan. Veicolava informazioni, anche tramite “pizzini”, partecipava alla pianificazione di azioni intimidatorie ed estorsive, e si faceva portavoce di richieste criminali. Questi elementi, secondo la Corte, delineano un contributo stabile e funzionale al sodalizio mafioso, ben distinto dal singolo coinvolgimento in reati-fine.

Conclusioni

La Corte ha infine affrontato la questione della misura cautelare. Per il reato di custodia cautelare associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.), il codice prevede una doppia presunzione: di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza esclusiva della custodia in carcere. Tale presunzione può essere superata solo fornendo la prova che l’indagato abbia reciso ogni legame con l’organizzazione criminale, prova che nel caso di specie mancava. Pertanto, la scelta della detenzione in carcere era obbligata e non richiedeva un’ulteriore, specifica motivazione sul profilo soggettivo dell’indagato. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La mancata trasmissione dei decreti di autorizzazione delle intercettazioni al Tribunale del Riesame le rende automaticamente inutilizzabili?
No. Secondo la Corte di Cassazione, tale omissione non determina né l’inutilizzabilità né la nullità delle intercettazioni. Tuttavia, la difesa ha il diritto di presentare una specifica e tempestiva richiesta di acquisizione di tali atti per consentire un controllo di legittimità. Se la difesa non si attiva in tal senso, non può lamentare la loro mancata allegazione.

Quali elementi dimostrano la partecipazione a un’associazione di tipo mafioso, distinguendola da quella per il traffico di droga?
La partecipazione a un’associazione mafiosa si caratterizza per lo stabile inserimento dell’agente nella struttura organizzativa e la sua “messa a disposizione” per il perseguimento dei fini criminali del sodalizio. Nel caso esaminato, non si trattava solo di traffico di droga, ma di un ruolo attivo nel veicolare informazioni riservate (anche tramite “pizzini”), e nel partecipare alla pianificazione ed esecuzione di azioni intimidatorie ed estorsive per conto del clan.

Perché per il reato di associazione mafiosa si applica quasi sempre la custodia cautelare in carcere?
Per il reato di cui all’art. 416-bis c.p., l’art. 275, comma 3, del codice di procedura penale stabilisce una presunzione legale (relativa) che la custodia cautelare in carcere sia l’unica misura adeguata a fronteggiare le esigenze cautelari. Questa presunzione può essere vinta solo se l’indagato fornisce elementi specifici da cui risulti che i suoi legami con l’organizzazione criminale sono stati recisi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati