Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 25520 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 25520 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOMECOGNOME nato a Palermo il 30/07/1963
avverso l’ordinanza emessa in data 11/12/2024 dal Tribunale di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Palermo ha rigettato la richiesta di riesame proposta da NOME COGNOME avverso l’ordinanza della Corte di appello di Palermo, che in data 19 novembre 2024, ha disposto, ai sensi dell’art. 300, comma 5, cod. proc pen., la misura coercitiva della custodia cautelare in carcere nei suoi confronti.
La Corte di appello, con sentenza emessa in data 15 novembre 2024, ha, infatti, riformato la sentenza di assoluzione di primo grado e ha condannato NOME COGNOME alla pena di tredici anni e quattro mesi di reclusione per il delitto
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di cui all’art. 416-bis cod. pen., per aver fatto parte della famiglia mafiosa di INDIRIZZO e aver coadiuvato, prima NOME COGNOME e poi NOME COGNOME nella gestione del mandamento di Ciaculli, coordinando costantemente le attività illecite degli affiliati e i rapporti con altri mandamenti, · in Palermo, con condotta perdurante sino al 20 luglio 2021.
L’avvocato NOME COGNOME difensore di fiducia di NOMECOGNOME ha proposto ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale di Palermo e ne ha chiesto l’annullamento.
Il difensore, con unico motivo, ha dedotto l’erronea applicazione degli artt. 275, commi 1-bis e 4, 274, comma 1, lett. c), 300, comma 5, cod. proc. pen.
Il Tribunale del riesame avrebbe illegittimamente ritenuto sussistente l’esigenza cautelare del pericolo di recidiva, nonostante le deduzioni della difesa e le risultanze processuali indicate dalla stessa.
Dal giudizio di appello non sarebbe emerso alcun elemento di novità rispetto alle risultanze del giudizio di primo grado che possa dimostrare un contributo causale-funzionale dell’imputato alla consorteria criminale.
L’unico elemento probatorio aggiuntivo sarebbe stato costituito dalle dichiarazioni rese del computato, e non collaboratore di giustizia, NOME COGNOME che, tuttavia, sarebbero state rese meramente de relato.
Nel caso di riforma di una pronuncia assolutoria di primo grado la sentenza della Corte di appello deve compiutamente indicare le ragioni per le quali una prova determina una valutazione completamente diversa rispetto a quella ritenuta nel precedente grado di giudizio e i giudici di appello non avrebbero motivato sul punto.
L’applicazione della presunzione di pericolosità stabilita dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., inoltre, dovrebbe essere esclusa alla luce delle modalità e delle circostanze della condotta del ricorrente.
Il Tribunale ha affermato che la doppia presunzione di cui all’art. 275, comma terzo, cod. proc. pen. può essere superata solo dalla prova della rescissione dei legami con l’organizzazione criminosa, non essendo richiesto un giudizio di attualità delle esigenze cautelari. Questa interpretazione, tuttavia, sarebbe errata, dovendosi considerare nel sindacato sull’attualità del pericolo di recidiva anche il c.d. tempo silente.
Gli indizi a carico del ricorrente sarebbe soltanto equivoci; al ricorrente, infatti, non sarebbe stata contestata alcuna condotta di reato diversa e ulteriore rispetto ai due incontri con NOME COGNOME.
I contatti del ricorrente con NOME COGNOME, reggente del mandamento di Brancaccio, sarebbero frutto di una mera congettura, al pari dell’asserita
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frequentazione del ricorrente con i coimputati, COGNOME, COGNOME e COGNOME. Non vi sarebbe, dunque, la dimostrazione di condotte attuali, atte a dimostrare la perdurante pericolosità dell’imputato, peraltro non sottoposto ad altre indagini. ·
Nel 2019, inoltre, il Tribunale di Sorveglianza di Palermo ha accolto la richiesta di revoca anticipata della misura di sicurezza della libertà vigilata di NOMECOGNOME in considerazione dell’assenza di contatti del ricorrente con soggetti pregiudicati, come attestato dalle forze di polizia.
Il ricorrente, peraltro, dopo la lettura del dispositivo della sentenza di secondo grado si sarebbe spontaneamente recato presso la Casa Circondariale di Palermo e questo elemento dimostrerebbe l’insussistenza del pericolo di fuga e di recidiva.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 20 marzo 2025, il Procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato, in quanto il motivo proposto è infondato.
Con unico motivo il difensore ha dedotto l’erronea applicazione degli artt. 275, commi 1-bis e 4, 274, comma 1, lett. c), 300, comma 5, cod. proc. pen.
Il motivo è complessivamente infondato.
3.1. Le censure proposte dal ricorrente relativamente alla mancanza di prova del contributo del ricorrente all’associazione mafiosa, all’insussistenza del delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen. e alla mancata osservanza del canone della motivazione rafforzata nel ribaltamento della sentenza di assoluzione di primo grado sono inammissibili, in quanto si rivolvono in critiche alla decisione della Corte di appello non consentite in sede cautelare.
L’ordinanza impositiva di una misura cautelare emessa, ai sensi dell’art. 300, comma 5, cod. proc. pen., nei confronti di imputato già prosciolto o assolto in primo grado e successivamente condannato in appello per lo stesso fatto deve, peraltro, contenere soltanto una nuova valutazione delle esigenze cautelari e non anche l’indicazione degli specifici elementi indiziari di accusa, da ricavarsi unicamente dalla sentenza di condanna (Sez. 1, n. 2218 del 20/04/1998, Vitello, Rv. 210428 – 01).
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, del resto, secondo quanto previsto dall’art. 300, comma 5, cod. proc. pen., la pronuncia di una sentenza di condanna costituisce di per sé un fatto nuovo che legittima l’emissione di una misura coercitiva personale, non ostando a tal fine la formazione di un giudicato cautelare precedente (ex plurimis: Sez. 1, n. 13407 del 08/01/2021, COGNOME, Rv. 281055 – 01; Sez. 6, n. 30144 del 06/05/2015, COGNOME, Rv. 264997 – 01).
3.2. Infondate sono, inoltre, le censure svolte dal ricorrente in ordine all’incompatibilità tra la previsione dell’art. 300, comma 5, cod. proc. pen. e la doppia presunzione di pericolosità sancita dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
Nei confronti dell’imputato scarcerato a seguito della sentenza di proscioglimento o di assoluzione pronunziata nel primo grado di giudizio e successivamente condannato per il medesimo fatto in appello, può, infatti, essere ripristinata la custodia carceraria sulla base della presunzione normativa di inadeguatezza di misure coercitive diverse, ove la stessa sia configurabile in ragione del titolo di reato in contestazione (Sez. 6, n. 7654 del 22/10/2009, COGNOME, Rv. 246164 – 01, nell’occasione la Corte ha precisato che la fattispecie non è assimilabile a quella del ripristino della custodia cautelare nei confronti dell’imputato liberato per decorrenza dei termini, per la quale la sussistenza del pericolo di fuga non può essere ritenuto sulla base della medesima presunzione; cfr. anche: Sez. 1, n. 13407 del 08/01/2021, COGNOME, Rv. 281055 – 01; Sez. 6, n. 30144 del 06/05/2015, COGNOME, Rv. 264997 – 01; Sez. 6, n. 7654 del 22/10/2009, dep. 2010, COGNOME, Rv. 246164 – 01).
Il Tribunale di Palermo ha, peraltro, fatto corretta applicazione di queste presunzioni, ritenendo sussistente il pericolo di recidiva in ragione delle modalità e circostanze del fatto e, segnatamente, del ruolo assunto dal ricorrente nel sodalizio criminoso e della sua capacità criminale, desunta dai suoi molteplici e gravi precedenti penali.
Questa valutazione è stata motivata dal Tribunale di Palermo logicamente e congruamente e, dunque, si sottrae al sindacato delle Corte di cassazione.
3.3. Infondata è la censura relativa alla contraddittorietà della valutazione espressa dal Tribunale di Palermo, con quanto ritenuto in data 25 febbraio 2019, dal Tribunale di Sorveglianza di Palermo, che ha accolto la richiesta di revoca anticipata della misura di sicurezza della libertà vigilata.
Il Tribunale di Palermo ha, infatti, rilevato congruamente nell’ordinanza impugnata che il decreto pronunciato, peraltro, nell’imminenza della scadenza del termine della misura di sicurezza (prevista per il 20 marzo 2019), è anteriore alla contestazione operata dalla sentenza di merito e, comunque, non è stato prodotto nel giudizio di riesame, non consentendone di conoscerne il contenuto.
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Il quadro cognitorio del Tribunale di Sorveglianza era, comunque, difforme da quello della Corte di appello all’atto dell’emissione dell’ordinanza applicativa
della custodia cautelare in carcere ai sensi dell’art. 300, comma 5, cod. proc. pen.
Parimenti infondate sono le censure relative al cd. tempo silente, in quanto il Tribunale di Palermo ha rilevato che la condotta partecipativa del ricorrente è
stata contestata e riconosciuta sino alla fine del mese di luglio del 2021.
3.4. Infondata è anche la censura volta a dimostrare l’illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza del pericolo di recidiva, pur in costanza della
l’attività lavorativa lecita svolta dal ricorrente.
Il Tribunale di Palermo, infatti, con motivazione tutt’altro che illogica ha ritenuto la stessa inidonea ad escludere il pericolo di recidiva, in quanto era
evidentemente finalizzata all’ottenimento di benefici connessi alla pendenza del procedimento di prevenzione e, comunque, non è incompatibile con la perdurante
intraneità all’associazione di tipo mafioso.
3.5. Le ulteriori censure proposte dal ricorrente sono inammissibili, in quanto si risolvono in una confutazione in fatto dei rilievi operati dalla Corte di appello o,
comunque, in una sollecitazione ad una diversa valutazione delle risultanze probatorie, non consentita in sede di legittimità.
Esula, tuttavia, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, COGNOME, Rv. 249651, in motivazione; Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260).
Alla stregua di tali rilievi, il ricorso deve rigettato e il ricorrente d essere condannato al pagamento delle spese processuali.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti prescritti cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
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Così deciso il 17/04/2025.
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