Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 22885 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 22885 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 07/02/2025
In nome del Popolo Italiano
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
– Presidente –
Sent. n. 255/2025
NOME COGNOME
Relatore –
CC Ð 07/02/2025
NOME COGNOME
R.G.N. 38737/2024
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Sanremo il 28/02/1977 avverso lÕordinanza del 11/10/2024 del Tribunale di Lecce visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito lÕavv. V. A. COGNOME che ha concluso chiedendo lÕaccoglimento del ricorso.
Con lÕimpugnata ordinanza, il Tribunale del riesame di Lecce ha respinto la richiesta di riesame avanzata da COGNOME Giuseppe e per lÕeffetto ha confermato, per quanto qui rileva, lÕordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei suoi confronti, in relazione ai reati di cui agli artt. 74 e 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, aggravanti dallÕart. 416 .1. cod.pen., capi B) e B6), in ordine al quale il Collegio ravvisava i gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari del pericolo di recidiva.
Avverso lÕordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia dellÕindagato e ne ha chiesto lÕannullamento deducendo i seguenti motivi.
2.1. Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., in relazione allÕart. 275 comma 3 cod.proc.pen. vizio di motivazione in relazione al diniego di sostituzione con la misura degli arresti domiciliari. Il Tribunale con motivazione apparente e illogica avrebbe ritenuto la misura degli arresti domiciliari, anche con il braccialetto elettronico, non adeguata a fronteggiare il pericolo di recidiva, in quanto le condotte criminose potrebbero essere tranquillamente poste in essere nel domicilio non essendo possibile riporre alcun affidamento circa lÕosservanza delle prescrizioni, essendo il ricorrente persona incensurata.
2.3. Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui allÕart. 416 .1 cod.pen.
La circostanza che il ricorrente acquistasse da COGNOME NOME, che con NOME COGNOME risultano indagati per il delitto di cui allÕart. 416 1.cp non potrebbe essere significativa del fatto che fosse a conoscenza che i suoi fornitori fossero parte di unÕassociazione mafiosa e che il ricorrente fosse animato, trattandosi di circostanza caratterizzata dal dolo intenzionale, dalla specifica volontˆ di agevolare la consorteria mafiosa, non rilevando il semplice scopo di favorire un esponente di vertice della cosca.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto privo di confronto specifico con le ragioni della decisione.
Va premesso che il ricorrente pone unicamente in discussione il profilo dellÕadeguatezza della misura cautelare della custodia in carcere applicata al ricorrente in relazione al reato di partecipazione allÕassociazione di cui allÕart. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, aggravato dalla circostanza di cui allÕart. 416 bis.1. cod.pen., e di un reato fine, reato per il quale vige la doppia presunzione, pur relativa, di sussistenza delle esigenze e di adeguatezza della misura cautelare, salvo che siamo acquisiti elementi dai quali risulti che le esigenze cautelari possano essere soddisfatte nel caso concreto da altre misure.
Il regime presuntivo applicabile, qualora si sia in presenza di ordinanza di applicazione della misura cautelare in carcere per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/1990, diversamente da quanto avviene per la diversa fattispecie di cui allÕart. 416 cod.pen. caratterizzata dall’esistenza dei requisiti strutturali e delle peculiari connotazioni del vincolo associativo per cui, secondo la regola di esperienza, elaborata per quest’ultimo, della tendenziale stabilitˆ del sodalizio, in difetto di
elementi contrari attestanti il recesso individuale o lo scioglimento del gruppo (Sez. 6, n. 52404 del 26/11/2014, COGNOME, Rv. 261670; Sez. 4, n. 26570 del 11/06/2015, Flora, Rv. 263871), postula, pur sempre, lÕallegazione di elementi concreti per il suo superamento che, quanto al caso in esame, restano confinati allÕallegazione dellÕincensuratezza e alla contestazione della circostanza di cui allÕart. 416 1. cod.pen. (su cui infra).
Quanto al profilo del vizio di motivazione circa la sussistenza delle esigenze cautelari, individuate nel pericolo di recidiva lÕordinanza impugnata, contrariamente allÕassunto difensivo che lamenta una insufficiente motivazione sul giudizio di inidoneitˆ degli arresti domiciliari, è pienamente argomentata, avendolo ancorato il menzionato pericolo, ritenuto concreto ed attuale, allÕinserimento stabile del predetto nel contesto associativo richiamando, sul punto, le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Sorio che lo indica come soggetto attivo nel contesto associativo sino al 2024, non risulta la rescissione dei rapporti, partecipe quale acquirente stabile e dunque soggetto dedito alla successiva vendita, in un contesto di giudizio prognostico negativo di spontanea osservanza delle prescrizioni per la contiguitˆ ad ambienti mafiosi (cfr. pag. 76). A fronte di una motivazione che non pu˜ dirsi manifestamente illogico nŽ carente, il ricorrente per un verso allega lÕincensuratezza e per altro verso mette in discussione la sussistenza dellÕaggravante mafiosa ritenuta elemento per fondare quella prognosi negativa.
2. Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto privo di confronto specifico con la decisione impugnata. La configurazione dellÕaggravante dellÕagevolazione mafiosa, è desunta dal Tribunale dal consolidato rapporto di affari del Quaranta, quale acquirente stabile di ingenti quantitativi di cocaina, con COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME, dal fatto che lÕassociazione preposta al traffico di stupefacenti fosse lÕarticolazione di un clan di stampo mafioso in grado di esercitare, con la capacitˆ intimidatoria che conferiva agli affiliati e con la violenza, un ferreo controllo del territorio, nel cui ambito non consentiva agli spacciatori esterni allÕorganizzazione di operare se non preventivamente autorizzati, ricorrendo anche a sottoporre gli stessi ad azioni punitive con uso della violenza (cfr. pag. 73) e quanto alla posizione del COGNOME, evidenzia lÕordinanza impugnava che questi consegnava direttamente il denaro ricavato dalla vendita al NOME, capo della consorteria mafiosa da cui anche la sussistenza in capo al ricorrente, del dolo specifico di agevolare l’organizzazione criminale di riferimento, finalitˆ che non presuppone necessariamente l’intento del consolidamento o rafforzamento del sodalizio criminoso, essendo sufficiente l’agevolazione di qualsiasi attivitˆ esterna dell’associazione e il suo mantenimento in vita grazie anche ai proventi dellÕattivitˆ
illecita di narcotraffico parallelamente svolta (Sez. 6, n. 53691 del 17/10/2018, COGNOME, Rv. 274615 Ð 01).
Ma, ancor prima, lÕammissibilitˆ della censura relativa allÕaggravante trova ostacolo nel principio giurisprudenziale secondo cui in tema di procedimento cautelare, sussiste l’interesse concreto e attuale dell’indagato alla proposizione del riesame o del ricorso per cassazione quando l’impugnazione sia volta ad ottenere l’esclusione di un’aggravante ovvero una diversa qualificazione giuridica del fatto, nel solo caso in cui ci˜ incida sull'”an” o sul “quomodo” della misura ( Sez. 2, n. 17366 del 21/12/2022, COGNOME, Rv. 284489 Ð 01; Sez. 3, n. 20891 del 18/06/2020, COGNOME, Rv. 279508; Sez. 6, n. 5213 del 11/12/2018, COGNOME, Rv. 275028; Sez. 6, n. 50980 del 21/11/2013, Fabricino, Rv. 258502 Ð 01).
Incidenza in ordine alla quale il ricorso non fornisce alcun dato e che il reato associativo fondante la misura, per il quale opera la presunzione di cui allÕart. 275 comma 3 cod. proc. pen., rende di non immediata constatazione.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dellÕart. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilitˆ”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
La Corte dispone che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dellÕistituto penitenziario competente, a norma dellÕart. 94, comma 1-, disp. att. cod. proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui allÕart. 94, comma 1, disp. att. cod. proc. pen..
Cos’ deciso il 07/02/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME