Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 34996 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 34996 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato a ACIREALE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/05/2025 del Tribunale di Catania Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; Letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.E’ impugnata l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Catania, del 28 maggio 2025, che, giudicando in sede di rinvio dopo l’annullamento disposto da questa Corte, ha rigettato l’appello proposto avverso l’ordinanza emessa in data 19 luglio 2024 dal Tribunale di Catania che aveva respinto l’istanza di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere applicata, in data 7 ottobre 2022, per i reati di cui agli artt. 416 bis c.p. e estorsione aggravata, con quella degli arresti domiciliari.
A NOME COGNOME è stato contestato il reato di cui all’art.416 bis cod pen, per avere fatto parte della RAGIONE_SOCIALE, e del RAGIONE_SOCIALE in particolare, operando nel territorio di Randazzo e zona limitrofe, dal 2015 in poi, ed il reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni di COGNOME NOME, commesso in epoca successiva al mese di agosto 2013.
La custodia cautelare in carcere è stata applicata al NOME in esecuzione dell’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania in data 7 ottobre 2022; il 18 luglio 2024 il Tribunale ha rigettato la richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare con altra meno afflittiva avanzata dalla difesa; avverso l’ordinanza di rigetto la difesa ha proposto appello valutando idonei gli elementi acquisiti, nel corso del dibattimento, a mitigare il quadro indiziario acquisito; successivamente questa Corte, con sentenza della Prima sezione del 10 dicembre 2024, ha annullato l’ordinanza del Tribunale di Catania in quanto la motivazione resa era, in realtà, riferibile ad altra posizione processuale sicché doveva ritenersi apparente.
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Catania ha confermato il provvedimento impugnato ritenendo immutato il quadro indiziario.
NOME COGNOME NOME ha proposto ricorso per Cassazione, ai sensi dell’arti.311 cod. proc. pen., con atto a firma del suo difensore.
2.1. Con un unico motivo articolato in più doglianze denuncia violazione di legge e vizio di motivazione.
Deduce che il Tribunale non ha tenuto conto della mitigazione del quadro indiziario a seguito delle dichiarazioni dibattimentali rese dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME e dagli operatori di polizia giudiziaria; che non sarebbero stati presi in esame gli elementi nuovi posti alla base della richiesta di revoca, o di sostituzione, della misura custodiale con altra meno afflittiva; il collaboratore COGNOME non avrebbe mai riferito, in merito alla vicenda estorsiva, in ordine ad un coinvolgimento netto ed inequivocabile del ricorrente; il collaboratore COGNOME aveva riferito di avere incontrato il ricorrente per ragioni personali e non per fatti di criminalità organizzata.
Il Sostituto procuratore generale ha concluso con requisitoria scritta chiedendo dichiararsi l’ inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
1.È assorbente considerare che il titolo cautelare concerne il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. in ordine al quale è sancita la ‘doppia’ presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza, prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. In tale ipotesi, dunque, è la stessa presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere, salvo ‘prova contraria’, sancita dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., a fondare
un giudizio, formulato in astratto ed ex ante dal legislatore, di attualità e concretezza del pericolo; tale, cioè, da fondare una valutazione di costante ed invariabile pericolo ‘cautelare’, salvo ‘prova contraria’.
La presunzione ex lege di adeguatezza della sola misura cautelare della custodia cautelare in carcere per i soggetti gravemente indiziati, come il ricorrente, del delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen., si fonda sulla specificità di tale reato la cui connotazione strutturale astratta come reato associativo e, dunque, permanente nell’ambito di un contesto di criminalità organizzata, rende ragionevole una presunzione di adeguatezza della sola custodia carceraria, trattandosi della misura più idonea a neutralizzare il periculum libertatis connesso al verosimile protrarsi dei contatti tra imputato ed associazione.
La Corte Costituzionale -che pur ha dichiarato l’i llegittimità costituzionale della presunzione assoluta di adeguatezza della custodia cautelare in carcere in relazione ad altre figure delittuose comprese nel catalogo di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. ed in particolare ai delitti aggravati ai sensi dell’art. 7 del d.l. n. 152 del 1991, e cioè ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416 -bis cod. pen. ovvero al fine di agevolare le attività delle associazioni previste dallo stesso articolo (Corte Cost.n. 57 del 2013) – non ha mai sollevato dubbi sulla legittimità costituzionale della presunzione assoluta per il reato di cui all ‘ art. 416 bis cod. pen. ritenendo che sia giustificata dalla gravità e pericolosità intrinseca della condotta ( Corte Cost. n. 121 del 2020; n. 265 del 2010; n. 57 del 2013 e n. 48 del 2015 in tema di concorso esterno in associazione di tipo mafioso; nonché n. 136 del 2017 con cui è stata dichiarata la manifesta infondatezza della eccezione di illegittimità costituzionale in ragione della suscettibilità del vincolo associativo di permanere inalterato nonostante le vicende personali dell’associato ).
Inoltre, anche in tema di custodia cautelare in carcere applicata nei confronti di indagato per delitto aggravato dall’art. 7, legge n.203 del 1991, la doppia presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. può essere superata solo dalla prova della rescissione dei legami con l’organizzazione criminosa, non essendo invece richiesto un giudizio di attualità delle esigenze cautelari già insito nella disposizione speciale di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. ( Sez. 5, n. 35848 del 11/06/2018, COGNOME, Rv. 273631; Sez. 5, n. 35847 del 11/06/2018, C, Rv. 274174;; Sez. 1, n. 23113 del 19/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 276316: Sez. 1, n. 24135 del 10/05/2019, COGNOME, Rv. 276193; Sez. 5, n. 4321 del 18/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280452; Sez. 5, n. 91 del 01/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280248; Sez. 5, n. 33139 del 28/09/2020, COGNOME, Rv. 280450; Sez. 5, n. 26371 del 24/07/2020, COGNOME, Rv. 279470; Sez. 1, n. 21900 del 07/05/2021, COGNOME, Rv. 282004).
Quanto alla rilevanza del fattore temporale rispetto alla presunzione stabilita dalla norma in esame è stato ritenuto che la prova contraria, a superamento della presunzione di attualità ed adeguatezza dalla misura custodiale, non possa essere desunta dalla sola circostanza relativa del mero decorso del tempo (Sez. 4, n. 29237 del 11/06/2025, Rv. 288309 -01; Sez. 2, n. 6592 del 25/1/2022, Ferri, Rv. 282766; Sez. 1, n. 21900, del 7/5/2021, Rv. 282004) .
Deve, pertanto, ribadirsi che il decorso del tempo, in quanto tale, possiede una valenza neutra ove non accompagnato da altri elementi circostanziali idonei a determinare un’attenuazione del giudizio di pericolosità.
Nella fattispecie in esame la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari (art. 275, comma 3, cod. proc. pen.) non appare vinta da alcuna allegazione difensiva.
La circostanza addotta dalla difesa in ordine al ridimensionamento del quadro indiziario per effetto degli sviluppi probatori collegati alle dichiarazioni rese in dibattimento dal collaboratore COGNOME non appare fondata su u n concreto confronto argomentativo con la motivazione dell’ordinanza impugnata.
La motivazione che ha confermato la scelta della misura di massima afflittività, respingendo la richiesta difensiva di revoca, non offre il fianco alle generiche censure mosse con il ricorso rispetto alle quali occorre, peraltro, ricordare che, in sede di controllo di legittimità, non è consentito il diretto apprezzamento del requisito dei gravi indizi di colpevolezza, avendo il controllo sempre ad oggetto la motivazione del provvedimento impugnato e non immediatamente il complesso degli elementi indiziari valutati dal giudice del merito cautelare (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828 -01).
Le doglianze sollevate dalla difesa appaiono, peraltro, versate in fatto e, comunque, dirette ad ottenere una più benevola interpretazione degli elementi addotti a fondamento dell’istanza.
Il Tribunale ha ripercorso gli elementi indiziari a carico del ricorrente costituiti: dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia COGNOME NOME il quale ha indicato il ricorrente come diretto referente di COGNOME NOME; dai dialoghi intercorsi tra COGNOME NOME, il ricorrente e COGNOME NOME, dai quali si desume un diretto ruolo di mediazione svolto dal ricorrente tramite COGNOME nel compulsare le persone offese per procedere al pagamento del quantum già concordato a titolo di estorsione; dalle dichiarazioni del medesimo collaboratore COGNOME che hanno confermato il suddetto ruolo assunto dal ricorrente nella gestione delle dinamiche correlate all’estorsione, rispetto alle quali si poneva come referente del capo RAGIONE_SOCIALE COGNOME. Il Tribunale ha, altresì, espresso una specifica e logica motivazione rispetto alla deduzione difensiva, riproposta con il ricorso in esame, sottolineando che le
dichiarazioni rese in dibattimento dal collaboratore di giustizia COGNOME non hanno apportato elementi di novità rispetto al quadro indiziario emerso in sede di ordinanza genetica, reputando insussistenti variazioni nelle esigenze cautelari, in particolare di elementi in grado di incrinare il regime presuntivo collegato al titolo di reato.
Le doglianze difensive, non assolvendo la funzione di critica argomentata rispetto alle ragioni addotte, trascurando di confrontarsi con le specifica motivazione resa dal Tribunale, devono, pertanto, essere respinte.
4.In conclusione il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così è deciso, 18/09/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME