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Custodia cane pitbull: la responsabilità del padrone

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un proprietario condannato per le lesioni colpose causate dal suo pitbull. La sentenza conferma che la mancata vigilanza e custodia dell’animale, che ha morso una vicina, configura la responsabilità penale. Il ricorso è stato respinto per motivi procedurali, in quanto le censure sollevate non rientravano tra quelle ammesse dalla legge per questo tipo di giudizio.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Custodia Cane Pitbull: Quando la Negligenza del Padrone Porta a una Condanna

La corretta custodia del cane pitbull e di altri animali domestici è un dovere giuridico preciso per ogni proprietario. Ignorare tali obblighi può avere conseguenze penali significative, come dimostra una recente sentenza della Corte di Cassazione. Il caso in esame riguarda un proprietario condannato per lesioni colpose dopo che il suo cane, lasciato incustodito, ha aggredito e ferito una vicina di casa. Analizziamo insieme i fatti e le ragioni giuridiche che hanno portato alla conferma della condanna.

I Fatti di Causa

I fatti risalgono a un episodio avvenuto nell’androne di un condominio. Un uomo, proprietario di un cane di razza pitbull, veniva accusato di lesioni colpose per aver omesso la dovuta vigilanza e custodia del proprio animale. In particolare, non aveva utilizzato la museruola e aveva permesso al cane di circolare liberamente fuori dalla propria abitazione.

In queste circostanze, il cane aggrediva una vicina che stava rientrando nel suo appartamento, causandole una ferita al braccio giudicata guaribile in cinque giorni. La vittima, sentita in dibattimento, aveva specificato di aver preso in braccio il proprio cagnolino per proteggerlo dall’attacco del pitbull, venendo morsa in quel frangente. Il proprietario veniva condannato in primo grado dal Giudice di Pace e la sentenza veniva confermata in appello dal Tribunale.

I Motivi del Ricorso e la Custodia Cane Pitbull

L’imputato decideva di ricorrere alla Corte di Cassazione, basando la sua difesa su tre motivi principali:

1. Interruzione del nesso causale: Secondo la difesa, la condotta della vittima (sollevare il proprio cane) avrebbe introdotto un ‘rischio nuovo’, interrompendo il legame di causa-effetto tra la negligenza del proprietario e la ferita. In sostanza, se la donna non fosse intervenuta, si sarebbe verificata una zuffa tra cani e lei non sarebbe stata morsa.
2. Applicazione di una scriminante: Si sosteneva che le norme a tutela del benessere animale limitano l’uso prolungato di museruola e catena, invocando una causa di giustificazione. Inoltre, si tentava di estendere la responsabilità anche ai familiari conviventi.
3. Vizio di correlazione tra accusa e sentenza: La difesa lamentava che l’accusa iniziale si concentrava sulla mancata utilizzazione della museruola, mentre la sentenza d’appello aveva fondato la responsabilità sulla mancata chiusura della porta di casa, un profilo di colpa diverso.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, senza entrare nel merito delle argomentazioni difensive. La ragione di questa decisione è prettamente procedurale ma di fondamentale importanza.

La legge (art. 39-bis del d.lgs. 274/2000) stabilisce che le sentenze emesse in grado di appello, relative a procedimenti iniziati davanti al Giudice di Pace, possono essere impugnate in Cassazione solo per motivi molto specifici, elencati nell’articolo 606, comma 1, lettere a), b) e c) del codice di procedura penale. Questi motivi riguardano errori di diritto sostanziale o processuale, ma escludono esplicitamente i cosiddetti ‘vizi motivazionali’, ovvero le censure relative a presunte illogicità o carenze nella motivazione della sentenza del giudice d’appello.

La Corte ha rilevato che tutti e tre i motivi sollevati dall’imputato, sebbene formulati come violazioni di legge, miravano in realtà a criticare la valutazione dei fatti e la logica argomentativa della sentenza impugnata. Di conseguenza, essi non rientravano nell’ambito ristretto delle censure ammesse per quel tipo di procedimento, rendendo il ricorso inammissibile a priori.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce due principi chiave. Il primo, di natura sostanziale, è che la responsabilità per la custodia del cane pitbull o di qualsiasi altro animale è un obbligo serio, la cui violazione può integrare il reato di lesioni colpose in caso di danni a terzi. Il secondo, di carattere processuale, evidenzia come le vie dell’impugnazione siano strettamente regolate dalla legge: non è sufficiente sentirsi ingiustamente condannati, ma è necessario che i motivi di ricorso rientrino precisamente nelle ipotesi previste dal codice. In questo caso, la condanna dell’imputato è diventata definitiva, con l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria, a conferma che la negligenza nella custodia degli animali non è tollerata dall’ordinamento.

Il comportamento della vittima, che cerca di proteggere il proprio animale, può escludere la responsabilità del proprietario del cane che attacca?
La Corte non si è pronunciata sul merito di questa questione perché ha dichiarato il ricorso inammissibile per ragioni procedurali. Tuttavia, l’argomento della difesa, secondo cui l’azione della vittima avrebbe interrotto il nesso causale, non è stato esaminato.

Perché il ricorso del proprietario del cane è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la legge limita i motivi per cui si può ricorrere in Cassazione avverso le sentenze d’appello per reati di competenza del Giudice di Pace. Le censure dell’imputato, essendo relative a vizi della motivazione e non a veri e propri errori di diritto, non rientravano tra i motivi consentiti.

Quali obblighi di custodia ha il proprietario di un cane?
La sentenza conferma implicitamente che il proprietario ha un obbligo di vigilanza e custodia che include l’adozione di tutte le cautele necessarie per prevenire danni a terzi. Ciò comprende il non permettere al cane di circolare liberamente e incustodito fuori dalla propria abitazione e l’uso di strumenti come la museruola, ove previsto o necessario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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