Custodia bene sequestrato: la Cassazione ribadisce la responsabilità del custode
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23441/2025, ha affrontato un interessante caso relativo alla custodia di un bene sequestrato, chiarendo i confini della responsabilità del custode e i limiti del sindacato di legittimità sulla ricostruzione dei fatti. La pronuncia conferma la condanna di un imputato per aver sostituito un’autovettura affidatagli in custodia con un’altra di provenienza illecita, basando la decisione sulla sua esclusiva disponibilità del bene.
I Fatti di Causa
Il caso ha origine dalla condanna, emessa in primo grado e parzialmente riformata in appello solo per la quantificazione della pena, nei confronti di un uomo. I reati contestati erano la sottrazione di cose sottoposte a sequestro e il riciclaggio, commessi in concorso con la moglie.
In sintesi, i fatti sono i seguenti:
1. Nel 2017, un’autovettura veniva sequestrata e affidata in custodia all’imputato e a sua moglie, formale proprietaria.
2. Nel 2018, un’altra autovettura, identica per modello, veniva rubata al suo legittimo proprietario.
3. Nel 2020, durante le operazioni di confisca del veicolo sequestrato, le autorità scoprivano, tramite la verifica del numero di telaio, che le targhe del veicolo in custodia erano state apposte sull’auto rubata.
I giudici di merito avevano concluso che solo gli imputati, avendo la piena e unica disponibilità del mezzo sequestrato, potevano aver compiuto o essere consapevoli della sostituzione. L’imputato ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando l’illogicità della motivazione e il travisamento della prova, sostenendo che la sua colpevolezza fosse stata dedotta unicamente dalla disponibilità del veicolo.
L’analisi della Corte di Cassazione sulla custodia del bene sequestrato
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo basato su motivi “meramente fattuali e confutativi” e “manifestamente infondati”. Gli Ermellini hanno sottolineato la presenza di una “doppia conforme”, ovvero due sentenze di merito (primo grado e appello) che giungevano alle medesime conclusioni sulla responsabilità dell’imputato attraverso un percorso argomentativo coerente e logico.
Il ragionamento dei giudici di merito, considerato immune da vizi logici, si fondava su un presupposto chiaro: l’esclusiva disponibilità del veicolo da parte dei custodi. In assenza di qualsiasi elemento di prova contrario, questa circostanza è stata ritenuta sufficiente per desumere una loro “consapevole condotta di trasformazione del bene in sequestro”. Anche nell’ipotesi in cui l’autore materiale fosse stata solo la coniuge, l’imputato ne avrebbe quantomeno condiviso il proposito criminoso, venendo così meno al suo obbligo di vigilanza.
L’impossibilità di dedurre il travisamento della prova
Un punto cruciale della sentenza riguarda il concetto di travisamento della prova. La Corte ha ribadito un principio consolidato: quando esiste un “continuum argomentativo” tra le due pronunce di merito, con una piena tenuta logica, non è possibile per la difesa dedurre in sede di legittimità un vizio di travisamento della prova. Il ricorso per cassazione, infatti, non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti, ma deve limitarsi a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.
Le motivazioni della Decisione
La decisione della Cassazione si fonda sull’inammissibilità del ricorso per due ragioni principali:
1. Natura fattuale dei motivi: Le doglianze del ricorrente non miravano a evidenziare un errore di diritto o un vizio logico manifesto, ma a proporre una rilettura dei fatti e una diversa valutazione delle prove, attività preclusa in sede di legittimità.
2. Coerenza della motivazione: L’apparato giustificativo delle sentenze di primo e secondo grado è stato giudicato “impermeabile allo scrutinio di legittimità”, poiché privo di illogicità manifeste. La Corte ha ritenuto che la deduzione della responsabilità dall’esclusiva disponibilità del bene fosse un argomento logico e sufficiente a sostenere la condanna, soprattutto in mancanza di prove alternative.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa sentenza ribadisce la severità degli obblighi che gravano su chi viene nominato custode di un bene sequestrato. La disponibilità esclusiva del bene diventa un elemento presuntivo di responsabilità in caso di alterazione o sottrazione dello stesso. Per il custode, diventa quindi fondamentale non solo astenersi da qualsiasi condotta illecita, ma anche essere in grado di dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie per preservare il bene e di essere estraneo a eventuali manipolazioni. La decisione conferma inoltre che, in presenza di una doppia conforme, le possibilità di ribaltare una condanna in Cassazione attraverso la contestazione della ricostruzione fattuale sono estremamente ridotte.
Quando è responsabile il custode di un bene sequestrato per la sua alterazione?
Secondo la sentenza, in assenza di prove contrarie, la responsabilità del custode può essere desunta dalla sua esclusiva disponibilità del bene sequestrato, che implica un obbligo di vigilanza. Tale disponibilità porta a presumere una sua consapevolezza e condivisione dell’eventuale condotta illecita.
È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove fatta dai giudici di primo e secondo grado?
No, il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato per ottenere una nuova valutazione delle prove o una diversa ricostruzione dei fatti. La Corte può solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non può sostituire il proprio giudizio a quello dei giudici di merito, specialmente in caso di sentenze ‘doppia conforme’.
Perché il motivo di ricorso basato sul ‘travisamento della prova’ è stato respinto?
È stato respinto perché, secondo la giurisprudenza citata, la piena coerenza logica e il ‘continuum argomentativo’ tra la sentenza di primo grado e quella di appello escludono la possibilità di dedurre un travisamento della prova. Tale vizio può essere eccepito solo quando la decisione si fonda su una prova inesistente o palesemente fraintesa, cosa non avvenuta nel caso di specie.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23441 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23441 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME COGNOME nato a Catania il 31/10/1964 avverso la sentenza del 25/10/2024 della Corte di Appello di Catania visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile; lette le note conclusionali in data 28/05/2025 del difensore del ricorrente, avv.
NOME COGNOME che ha insistito nei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Catania, in parziale riforma della condanna emessa in data 8 novembre 2022 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Catania nei confronti di NOME COGNOME COGNOME per i reati di cui agli artt. 110-334 e 110-648bis cod. pen., ha rideterminato in melius la pena, confermando nel resto.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME COGNOME deducendo l’illogicità e la contraddittorietà, per travisamento della prova, della motivazione; la Corte di
appello avrebbe fatto derivare la commissione dei delitti, sia pure nelle forme del concorso morale, dalla sola disponibilità dell’autoveicolo sottoposto a confisca.
Il ricorso è inammissibile, perché proposto con motivi meramente fattuali e confutativi e, comunque, manifestamente infondati.
La doppia conforme motivazione dei giudici di merito evidenzia come la Fiat Panda targata ME454853 fosse stata sequestrata e affidata alla custodia di COGNOME e della moglie, NOME COGNOME formale proprietaria, il 26 aprile 2017. Solo nel 2018, era stata rubata al legittimo proprietario la Fiat Panda targata TARGA_VEICOLO. All’esecuzione della confisca, nel 2020, gli operanti avevano verificato, tramite il di telaio, che sulla Fiat Panda oggetto di furto erano state apposte le targhe della Panda sottoposta a vincolo cautelare. Solo gli imputati avevano la disponibilità del mezzo in sequestro, di modo che -in difetto di qualsiasi elemento di segno contrario nel compendio istruttorio -non poteva che desumersene la consapevole condotta di trasformazione del bene in sequestro. I giudici di merito hanno precisato che, data questa ricostruzione e tenuto conto dell’obbligo di vigilanza, COGNOME, ove non fosse stato l’autore materiale della mistificazione, opera in ipotesi solo della coniuge, ne avrebbe quantomeno condiviso il proposito criminoso (sentenza di appello, pp. 2-3; sentenza di primo grado, pp. 2-3). Questo apparato giustificativo, privo di illogicità manifeste, risulta impermeabile allo scrutinio di legittimità. Peraltro, il continuum argomentativo delle due pronunce di merito e la piena tenuta logica dei due apparati motivazionali esclude la possibilità di dedurre il travisamento della prova (cfr., Sez. 3, n. 45537 del 28/09/2022, Sessa, Rv. 283777-01; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La COGNOME, Rv. 26921701).
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, liquidata equitativamente, a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 5 giugno 2025.