Custodia Armi: Quando la Negligenza Diventa Reato
La detenzione di armi da fuoco impone un livello di diligenza e responsabilità estremamente elevato. Una corretta custodia armi non è solo una precauzione, ma un obbligo di legge la cui violazione può avere conseguenze penali significative. Un’ordinanza della Corte di Cassazione ha recentemente ribadito la rigidità dei criteri di valutazione in materia, confermando la condanna di un cittadino per aver conservato le proprie armi in modo non sicuro.
I Fatti del Caso: Armi Non Sicure in Casa
Il Tribunale di Lecco aveva condannato un uomo al pagamento di un’ammenda di 450 euro per il reato di omessa custodia di armi, previsto dall’articolo 20 bis della legge n. 110 del 1975. Durante un controllo, le forze dell’ordine avevano rinvenuto un fucile conservato all’interno di un armadietto non chiuso a chiave e una pistola, con tre cartucce nel tamburo, riposta in un comodino a lato del letto. Secondo il giudice di primo grado, tali modalità di conservazione non garantivano la sicurezza necessaria, integrando così gli estremi del reato contestato.
Il Ricorso in Cassazione e la Negligente Custodia Armi
L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza. La difesa sosteneva una violazione di legge e un vizio di motivazione, argomentando che il Tribunale non avesse adeguatamente considerato le prove che, a suo dire, attestavano la diligenza dell’imputato nella custodia delle armi. Il ricorso mirava a ottenere un annullamento della condanna, contestando la valutazione dei fatti operata dal giudice di merito.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, definendolo ‘manifestamente infondato’ e ‘reiterativo’ di argomentazioni già adeguatamente esaminate e respinte in primo grado. I giudici supremi hanno sottolineato che il giudizio di responsabilità si fondava su circostanze di fatto inequivocabili: la presenza di un fucile in un armadio non chiuso e di una pistola carica in un comodino. Questi elementi, oggettivamente riscontrati, sono sufficienti a configurare la violazione dell’obbligo di diligente custodia.
La Corte ha inoltre ribadito un principio fondamentale del processo penale: il giudizio di cassazione è un giudizio di ‘legittimità’, non di ‘merito’. Ciò significa che la Suprema Corte non può riesaminare i fatti o le prove, ma deve limitarsi a controllare che la legge sia stata interpretata e applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e non contraddittoria. Poiché il ricorrente chiedeva una nuova valutazione delle circostanze di fatto, il suo ricorso esulava dalle competenze della Cassazione, rendendolo inammissibile.
Conclusioni: La Rigorosa Interpretazione sulla Custodia delle Armi
L’ordinanza in esame conferma l’orientamento rigoroso della giurisprudenza in materia di custodia armi. La legge non richiede solo l’adozione di una generica prudenza, ma di misure concrete ed efficaci per impedire che terzi, inclusi i familiari, possano accedere e impossessarsi delle armi. La semplice collocazione in un armadio non chiuso a chiave o in un cassetto non è considerata sufficiente. La decisione sottolinea che, una volta accertata l’oggettiva negligenza nella custodia, le giustificazioni del detentore non possono superare la constatazione fattuale. Per i possessori di armi, questa pronuncia serve come monito: è indispensabile adottare tutte le cautele possibili, come armadi blindati, serrature di sicurezza e la conservazione separata di armi e munizioni. Infine, l’inammissibilità del ricorso ha comportato per l’imputato non solo il pagamento delle spese processuali, ma anche il versamento di una cospicua somma (3.000 euro) alla Cassa delle ammende, a dimostrazione delle severe conseguenze di un’impugnazione infondata.
 
Lasciare un fucile in un armadietto non chiuso a chiave è reato?
Sì, secondo la sentenza, questa condotta integra il reato di omessa custodia di armi, poiché non garantisce la diligenza necessaria a prevenire che altre persone possano impossessarsene facilmente.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove o i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità, non di merito. Non può riesaminare i fatti già accertati dai giudici dei gradi precedenti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, se non vi sono elementi che escludano la sua colpa nel proporre il ricorso, anche al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7923 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 7923  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 30/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a BELLANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/05/2023 del TRIBUNALE di LECCO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza di cui in epigrafe il Tribunale di Lecco dichiarava NOME COGNOME colpevole del reato di cui alli art. 20 bis I. n. 110 del 1975 e lo condannava alla pena di euro 450 di ammenda.
Avverso tale sentenza il COGNOME propone, tramite il proprio difensore, ricorso per cassazione, denunciando, quale unico motivo di ricorso, violazione di legge e vizio di motivazione e per non avere il Tribunale preso in considerazione le emergenze processuali attestanti la diligenza operata dall’imputato nella custodia delle armi.
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato e reiterativo di doglianze adeguatamente risolte dai Giudici di merito.
La sentenza impugnata, in particolare, ha fondato il giudizio di responsabilità a carico dell’imputato sulle circostanze del rinvenimento di un fucile in un armadietto non chiuso a chiave e di una pistola, nel cui tamburo erano inserite tre cartucce, all’interno di un comodino a lato del letto. Il ricorso oppone circostanze di fatto già valutate e disattese dalla senten impugnata, che non possono essere diversamente considerate nel giudizio di legittimità, nel quale è preclusa l’indagine sul merito dell’imputazione.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 30/11/2023