Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 24144 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 24144 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CAGLIARI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/02/2024 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di CIVITAVECCHIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG in persona del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO che ha chiesto il rigetto del ricorso;
Letta la memoria di replica del difensore;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 7 febbraio 2024 il Tribunale di Civitavecchia, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’opposizione proposta da NOME COGNOME avverso il provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso, nei suoi confronti, dal locale AVV_NOTAIO della Repubblica il 2 gennaio 2024 con riferimento alle sentenze emesse dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Civitavecchia in data 7 settembre 2021 e 8 marzo 2023.
L’impugnazione era stata proposta non essendo stata disposta la sospensione dell’ordine di carcerazione.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, per mezzo del proprio difensore, AVV_NOTAIO, articolando un motivo con il quale ha eccepito violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo agli artt. 656 cod. proc. pen., 73 e 76 cod. pen.
Ha evidenziato che le norme sull’esecuzione di pene concorrenti non possono comportare un danno per il condannato e le pene debbono potere essere applicate separatamente, previo scioglimento temporaneo e parziale del cumulo.
Ha, dunque, richiamato il principio generale in ordine a tale scioglimento in presenza di reati ostativi alla concessione delle misure alternative alla detenzione, al fine di non fare dipendere un trattamento deteriore dalla mera eventualità della sopravvenienza di un titolo esecutivo ulteriore con conseguente applicazione del cumulo giuridico che, anziché comportare un trattamento favorevole, ne determinerebbe uno pregiudizievole.
Ha argomentato sull’applicazione, anche al caso in esame, di tale principio generale con la conseguente intangibilità del primo ordine di esecuzione.
Il AVV_NOTAIO generale ha chiesto il rigetto del ricorso. Nell’interesse del ricorrente è stata depositata memoria di replica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Il provvedimento di cumulo emesso il 2 gennaio 2024 dal AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Civitavecchia ha ad oggetto la condanna di cui alla sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
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Civitavecchia del 7 settembre 2021 per complessivi un anno, undici mesi e ventinove giorni di reclusione, previo scomputo del presofferto (per la quale era stato emesso ordine di esecuzione contestualmente sospeso il 9 febbraio 2022) e quella di cui alla sentenza del Tribunale di Civitavecchia dell’8 marzo 2023, con pena residua da scontare di due anni e due mesi di reclusione.
A seguito della definitività della seconda sentenza (in data 22 dicembre 2023) il Pubblico ministero ha emesso il provvedimento di esecuzione della pena, previo cumulo tra le due sentenze, determinandola in quattro anni, un mese e ventotto giorni di reclusione e, ritenendo insussistenti i presupposti per la sospensione, ha revocato il precedente provvedimento sospensivo riferito al primo dei due titoli.
L’incidente di esecuzione è stato promosso con riguardo alla revoca della sospensione dell’esecuzione sull’assunto che la stessa non potesse essere adottata in pendenza dell’istanza di accesso alle misure alternative.
Nel respingere l’opposizione il giudice dell’esecuzione ha richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui legittimamente il Pubblico ministero ha proceduto al cumulo, essendo sopravvenuto un titolo che necessitava di esecuzione (nel caso di specie NOME era detenuto in custodia cautelare al momento della definitività della seconda sentenza, con conseguente impossibilità della sospensione dell’esecuzione ex art. 656, comma 9, lett. b), cod. proc. pen.).
Alla fattispecie in esame è stato ritenuto applicabile il principio generale secondo cui è revocabile il precedente provvedimento di sospensione dell’ordine di esecuzione, anche in ragione della sua natura meramente amministrativa.
A fronte di tale provvedimento, il ricorrente sostiene che lo stesso si pone in contraddizione rispetto al principio della intangibilità del primo ordine di esecuzione che, nel caso di specie, troverebbe conforto anche nelle affermazioni della giurisprudenza di questa Corte in punto di scioglimento del cumulo laddove siano inclusi reati ostativi alla concessione delle misure alternative alla detenzione in quanto «diversamente si verrebbe a far dipendere l’applicazione di un rapporto esecutivo unico in luogo di più rapporti scaturenti dall’esecuzione delle singole condanne, con l’ulteriore incongruenza che, nel caso di cumulo giuridico, questo, concepito soltanto per temperare l’asprezza del cumulo materiale, verrebbe a tradursi invece per un danno per l’interessato» (fra le altre, Sez. 1, n. 48690 del 29/05/2019, COGNOME, in motivazione).
4. L’assunto è infondato.
L’art. 663, commi 1 e 2, cod. proc. pen. prevede che «quando la stessa
persona è stata condannata con più sentenze o decreti penali per reati diversi, il pubblico ministero determina la pena da eseguirsi, in osservanza delle norme sul concorso di pene» e che «se le condanne sono state inflitte da giudici diversi, provvede il pubblico ministero presso il giudice indicato nell’articolo 665 comma 4».
Spetta al pubblico ministero competente provvedere al cumulo delle pene in esecuzione emettendo un provvedimento espressione di un’attività amministrativa.
In tal senso, fra le molte conformi, Sez. 1, n. 26321 del 27/05/2019, Pantellaro, Rv. 276488 secondo cui «il provvedimento di cumulo, emesso a norma dell’art. 663 cod. proc. pen., ha natura amministrativa e non giurisdizionale e, pertanto, è suscettibile di essere revocato o rimosso, al fine di tenere costantemente aggiornata la posizione processuale del condannato, e non diventa mai definitivo, salvo che su di esso si sia pronunciato il giudice dell’esecuzione, il cui intervento può essere richiesto dal condannato senza limiti di tempo».
Sul punto è stato affermato, come richiamato dal AVV_NOTAIO generale nella propria requisitoria scritta, che «in tema di esecuzione di pene concorrenti, la sopravvenienza di più condanne impone al pubblico ministero di provvedere al cumulo determinando la pena complessiva, anche nel caso di concorso di pene detentive brevi, ciascuna delle quali, singolarmente considerata, abbia comportato o comporterebbe la sospensione dell’esecuzione in funzione della possibile applicazione delle misure alternative, con l’ulteriore conseguenza che, unificata la pena, ove questa risulti superiore ai limiti di legge cui è subordinata la concessione delle predette misure, la sospensione dell’esecuzione prevista dall’art. 656 cod. proc. pen. non può essere più disposta» (Sez. 1, n. 24710 del 11/01/2023, COGNOME, Rv. 284776; conformi Sez. 1, n. 25483 del 11/04/2017, COGNOME, Rv. 270618; Sez. 1, n. 6322 del 17/11/1999, COGNOME, Rv. 215028).
A supporto di tale orientamento vale richiamare la previsione dell’art. 76 cod. pen. in base al quale «le pene della stessa specie concorrenti a norma dell’articolo 73 si considerano come pena unica per ogni effetto giuridico», con la conseguenza che «il condannato è soggetto ad esecuzione di tutte le condanne confluite nell’unico titolo esecutivo, costituito dal provvedimento di unificazione di pene concorrenti che non possono essere scisse nella prospettiva della sospensione e della misura alternativa» (Sez. 1, n. 20498 del 15/06/2020, COGNOME, non massinnata).
In fattispecie del tutto speculare a quella qui in rilievo è stato, pertanto, condivisibilmente, affermato che «il cumulo delle pene comporta (…)
l’unificazione di sanzioni che perdono la loro originaria autonomia, così producendo un effetto che impone la nuova valutazione dell’esistenza di eventuali cause ostative alla sospensione che, in relazione ad alcune di esse, sia stata concessa o sia, comunque, concedibile. Tale principio, già affermato con riferimento al caso in cui la sospensione risulti preclusa dal superamento dei limiti di pena previsti dall’art. 656, comma 5, cod. proc. pen., è senz’altro suscettibile di applicazione nell’ipotesi in cui l’ostatività discenda, ai sensi dell’art 656, comma 9, lett. b), cod. proc. pen., dallo status libertatis del condannato che, nel momento in cui la sentenza di condanna diviene definitiva, si trovi, per quel fatto, in stato di custodia cautelare in carcere».
Da quanto esposto discende il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 19/04/2024