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Cumulo pene: no se il reato prosegue dopo l’esecuzione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un condannato che chiedeva un cumulo pene unico per diverse sentenze. La Corte ha stabilito che se un reato (nella specie, associazione di tipo mafioso) prosegue dopo l’inizio dell’espiazione di altre pene, si devono formare cumuli separati per evitare un incentivo a delinquere. È stata inoltre respinta la richiesta di riduzione di un sesto della pena, prevista dalla Riforma Cartabia, poiché la legge è entrata in vigore dopo la pronuncia della sentenza d’appello.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Cumulo Pene: La Cassazione Chiarisce i Limiti per i Reati Permanenti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 36743 del 2024, affronta due temi di grande rilevanza nel diritto dell’esecuzione penale: il calcolo del cumulo pene in presenza di reati che si protraggono nel tempo e l’applicabilità di nuove norme più favorevoli. La decisione offre un’analisi rigorosa dei principi che governano l’unificazione delle pene, sottolineando come la cronologia dei reati sia determinante per evitare distorsioni e incentivi a delinquere. Vediamo nel dettaglio il caso e le motivazioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso: Molteplici Condanne e la Richiesta di Cumulo Unico

Il caso riguarda un soggetto condannato con diverse sentenze per reati molto gravi, tra cui omicidio aggravato, detenzione di armi, rapina, tentato omicidio e, infine, associazione di tipo mafioso. Quest’ultimo reato, per sua natura permanente, era stato commesso in un arco temporale che andava dal 2002 al luglio 2013.

Il condannato, tramite il suo legale, si era rivolto al giudice dell’esecuzione chiedendo di unificare tutte le pene in un unico provvedimento di cumulo pene. L’obiettivo era includere anche la condanna per il reato associativo mafioso insieme a quelle per i crimini commessi in date precedenti (2002, 2004, 2005). Tuttavia, il giudice dell’esecuzione aveva respinto la richiesta, rilevando che il reato associativo si era protratto ben oltre l’inizio dell’esecuzione delle altre pene. Contro questa decisione, il condannato ha proposto ricorso in Cassazione.

La Disciplina del Cumulo Pene e il Principio dei Cumuli Parziali

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione del giudice dell’esecuzione, ritenendo il ricorso infondato. Il punto centrale della questione è il principio secondo cui, quando un soggetto commette nuovi reati dopo l’inizio dell’espiazione di una pena precedente, non è possibile formare un unico cumulo. In questi casi, la legge impone la creazione di “cumuli parziali”.

Questo significa che si crea un primo cumulo per tutti i reati commessi fino all’inizio della detenzione, e un secondo cumulo per i reati commessi successivamente. Questa separazione è fondamentale per rispettare la ratio dell’art. 657 del codice di procedura penale, che mira a evitare la creazione di un “credito di pena”: un condannato non può contare sul tempo già scontato per “compensare” nuove condotte criminali. Sarebbe un inammissibile incentivo a delinquere.

Nel caso specifico, poiché il reato di associazione mafiosa si era protratto fino al 2013, ovvero in un periodo successivo all’inizio dell’espiazione delle altre pene, era corretto escluderlo dal primo cumulo e considerarlo separatamente.

La Questione della Riduzione di Pena della Riforma Cartabia

Il ricorrente aveva sollevato un secondo motivo, relativo alla mancata applicazione della riduzione di un sesto della pena prevista dall’art. 442, comma 2-bis, c.p.p. (introdotto dalla Riforma Cartabia, d.lgs. 150/2022) per il caso di mancata impugnazione della sentenza di condanna. La difesa sosteneva la natura sostanziale della norma, e quindi la sua applicabilità retroattiva.

Anche su questo punto, la Cassazione ha dato torto al ricorrente. Pur riconoscendo la natura sostanziale della norma, la Corte ha specificato che la sua applicazione è soggetta a un preciso limite temporale. La nuova legge è entrata in vigore successivamente alla lettura del dispositivo della sentenza di appello nel caso in esame. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la normativa non può essere applicata a procedimenti in cui la decisione di secondo grado era già stata pronunciata, anche se non ancora definitiva. Di conseguenza, il beneficio non era applicabile.

Le Motivazioni della Cassazione

Le motivazioni della Suprema Corte sono ancorate a due principi cardine del nostro ordinamento. Sul primo punto, quello relativo al cumulo pene, la decisione ribadisce la necessità di evitare che il meccanismo di esecuzione della pena si trasformi in un incentivo a commettere ulteriori reati. La formazione di cumuli parziali è lo strumento tecnico che garantisce il rispetto di questo principio, assicurando che ogni nuova violazione della legge successiva all’inizio dell’esecuzione penale dia luogo a un calcolo separato, preservando così l’effetto deterrente della sanzione.

Sul secondo punto, relativo all’applicazione della norma sulla riduzione di pena, la Corte applica un criterio di successione delle leggi nel tempo. Sebbene la norma sia più favorevole, il suo campo di applicazione non può retroagire fino a modificare gli effetti di un atto processuale, come la lettura del dispositivo di una sentenza, già perfezionatosi prima della sua entrata in vigore. Questa interpretazione garantisce la certezza del diritto e la stabilità delle decisioni giudiziarie.

Le Conclusioni

La sentenza in esame offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, conferma la rigidità della disciplina del cumulo pene in presenza di reati commessi in momenti diversi rispetto all’esecuzione penale, specialmente per i reati permanenti come quelli associativi. Per i condannati, ciò significa che la continuazione di una condotta criminale durante l’espiazione di una pena comporta conseguenze sanzionatorie più severe e calcolate separatamente. In secondo luogo, chiarisce i limiti temporali dell’applicazione retroattiva delle norme penali più favorevoli introdotte da recenti riforme, legandone l’operatività al momento in cui vengono emesse le decisioni giudiziarie, e non alla data in cui diventano irrevocabili.

È possibile unificare in un unico cumulo pene le sentenze per reati commessi prima dell’inizio dell’esecuzione con una sentenza per un reato che è proseguito anche dopo?
No, la Corte ha stabilito che si devono formare “cumuli parziali”. Le pene per i reati commessi sino all’inizio dell’esecuzione vanno raggruppate in un primo cumulo, mentre la pena per il reato che prosegue dopo tale data viene cumulata separatamente con la pena residua del primo.

La riduzione di pena di un sesto per mancata impugnazione, introdotta dalla Riforma Cartabia, si applica a una sentenza d’appello pronunciata prima dell’entrata in vigore della riforma?
No. La Corte ha chiarito che, sebbene la norma abbia natura sostanziale e potenzialmente retroattiva, non si applica se il dispositivo della sentenza di appello è stato letto prima dell’entrata in vigore della nuova legge, anche se la sentenza non era ancora diventata irrevocabile.

Perché la legge impedisce di unificare le pene per reati commessi in momenti diversi rispetto all’esecuzione penale?
Per evitare un “inammissibile incentivo a delinquere”. Se un detenuto potesse contare sul tempo già scontato (cosiddetto “credito di pena”) per neutralizzare in parte nuove condanne, sarebbe meno dissuaso dal commettere altri crimini. La separazione dei cumuli garantisce che ogni reato abbia una sua autonoma conseguenza sanzionatoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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