Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13325 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13325 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a BUTERA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/06/2023 del TRIBUNALE di GELA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con l’adozione delle statuizioni consequenziali;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, emessa il 13 luglio 2023, il Tribunale di Gela, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza avanzata da NOME COGNOME avente ad oggetto la rettifica del provvedimento di cumulo per l’esecuzione di pene concorrenti emesso dal Procuratore della Repubblica presso quel Tribunale il 16.09.2021.
A ragione del provvedimento il giudice dell’esecuzione ha considerato che il nuovo provvedimento di esecuzione di pene concorrenti era stato correttamente impostato contemplando due progressivi cumuli parziali, in dipendenza della commissione da parte di COGNOME di ulteriori reati nel corso o dopo l’esecuzione di una parte di pena, e che il corretto computo così effettuato aveva determiNOME l’ineludibile spostamento in avanti del fine pena, ricollocato alla data del 28.09.2026, in dipendenza dell’applicazione dei criteri moderatori di cui agli artt. 73 e 78 cod. pen. alla nuova articolazione dell’esecuzione della pena detentiva, come riconfigurata nei due progressivi cumuli.
Avverso questa ordinanza ha proposto ricorso il difensore di NOME COGNOME chiedendone l’annullamento e prospettando un unico motivo con cui lamenta la violazione degli artt. 73, 78, 81 cod. pen. e 125, 649 e 671 cod. proc. pen.
La difesa rimarca che l’emissione del nuovo provvedimento del 16.09.2021 è intervenuta dopo che, con l’ordinanza esecutiva del Tribunale di Gela del 26.07.2021, applicativa della continuazione fra svariati dei reati accertati, la pena complessiva da espiare era stata quantificata in anni ventinove, mesi uno di reclusione; pertanto, la successiva e autonoma attività di computo messa in essere dal Pubblico ministero con la redazione dei due cumuli parziali aveva determiNOME, dopo l’emissione di diversi provvedimenti di esecuzione, una ridefinizione in malam partem del periodo detentivo da espiare.
Posto ciò, il ricorrente sostiene che a tale computo, con l’istanza, si era contrapposto il rilievo che, in ogni caso, la predisposizione di cumuli parziali non avrebbe potuto essere basata sui diversi periodi di custodia svolta in sede cautelare, ma avrebbe dovuto impostarsi secondo i titoli definitivi: però, il giudice dell’esecuzione, pur avendo richiamato correttamente il principio di diritto da applicare, non l’ha poi osservato in concreto, poiché per farlo avrebbe dovuto individuare i momenti di privazione della libertà verificatisi a seguito dell’ordine di esecuzione avente ad oggetto altrettante espiazioni di pene definitivamente irrogate, rilevare i reati commessi e, quindi, selezionare le sentenze raggruppandole in modo che i corrispondenti reati fossero antecedenti
ai periodi di carcerazione, laddove, con il computo effettuato, il Pubblico ministero ha stabilito soltanto i due momenti di privazione della libertà determinata dalla carcerazione cautelare.
Inoltre, la difesa segnala che aveva depositato memoria deducendo che il Pubblico ministero non avrebbe potuto procedere in modo autonomo rispetto alle statuizioni del giudice dell’esecuzione alla formazione di un decreto di unificazione di pene già quasi interamente espiate in assenza di un riferimento attuale alla sanzione riconducibile alle singole condanne, dovendosi tener conto della sola pena che doveva essere espiata dal condanNOME, in applicazione degli artt. 73 e 78 cod. pen. e che, a rigore, nemmeno avrebbe dovuto ritenersi consentito ricorrere, ora per allora, a nuovi cumuli parziali: tuttavia, su tali tem la motivazione resa nell’ordinanza impugnata si profila silente, non tenendo conto della memoria suddetta, nemmeno per avversarla, e invece avallando il provvedimento del Pubblico ministero che, chiamato a dare corso all’applicazione della continuazione fra vari reati, aveva spostato in avanti, ben più in là del 10.03.2024, data a cui tale scadenza era stata fissata con il cumulo del 12.02.2019, la fine dell’espiazione della pena, con evidente violazione del principio preclusivo del bis in idem.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso, dal momento che il giudice dell’esecuzione ha spiegato in modo chiaro la ragione preclusiva dell’emissione di un unico provvedimento di cumulo materiale delle pene in esecuzione e la conseguente ragione per la quale i limiti di cui all’art. 73, secondo comma, e 78 cod. pen. non sono venuti in rilievo nel caso in esame.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte ritiene che l’impugnazione non sia fondata e vada quindi rigettata, posto che i cardini del ragionamento svolto dal giudice dell’esecuzione si rivelano, per la parte qui determinante, corretti e non risultano infirmati dalle censure veicolate con il ricorso.
Giova considerare che il giudice dell’esecuzione ha evidenziato sul piano ricognitivo quanto segue: sulla premessa che l’istante era stato condanNOME con le 19 sentenze partitamente elencate e che, per l’esecuzione delle corrispondenti pene concorrenti, il Pubblico ministero aveva già emesso il 12.02.2019 provvedimento di cumulo che aveva fissato il fine pena al 10.03.2024, era poi intervenuta l’ordinanza dello stesso Tribunale di Gela del 26.07.2021 che aveva
riconosciuto la continuazione fra i reati accertati con le sentenze indicate ai nn. 2, 3, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19; all’esito di tale ordinanza Pubblico ministero, per darvi compiuta attuazione, aveva emesso il suddetto provvedimento di esecuzione di pene concorrenti il 16.09.2021, redigendo con esso due cumuli parziali, in luogo del precedente cumulo unico, e fissando il fine pena alla data del 28.09.2026.
Posto ciò, il Tribunale ha escluso che ricorresse la modifica in malam partem lamentata dall’istante, data la natura amministrativa del provvedimento di cumulo.
E stato sottolineato, in particolare, che – a differenza del metodo adottato per emettere il primo provvedimento, quello del 12.02.2019, nel cui ambito era stata omessa la considerazione la condanna di cui al n. 1 ed era stata effettuata la sommatoria di tutte le restanti pene, applicando alfine il criterio moderatore di cui all’art. 78 cod. pen. – il nuovo provvedimento aveva giustamente applicato il principio secondo cui la pena computata non può precedere il reato, cosa che aveva determiNOME la necessità di predisporre, per il computo della pena da eseguire, due cumuli parziali, due essendo i periodi di carcerazione definitiva sofferti in tempi diversi da COGNOME, vale a dire quello dal 3.06.1996 al 15.06.2000 e quello dal 14.10.2003 all’attualità.
L’adozione di tale corretto metodo di computo aveva determiNOME, secondo il giudice dell’esecuzione, la conclusione che il termine dell’espiazione della pena era da individuarsi nella diversa e più lontana data del 28.09.2026, conclusione giuridicamente coerente, al di là della, umanamente comprensibile, frustrazione dell’interessato per tale approdo.
Posto ciò, va innanzi tutto disattesa la questione di ammissibilità della predisposizione di un nuovo, aggiorNOME e anche rettificato provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso, ai sensi dell’art. 663 cod. proc. pen., dal Pubblico ministero il 16.09.2021, emissione occasionata dal conseguimento da parte del condanNOME dell’applicazione della continuazione in sede esecutiva ai reati oggetto dell’ordinanza del 26.97.2021.
Il fatto che il Pubblico ministero, nel confezionare questo provvedimento di esecuzione di pene concorrenti suddividendo il relativo corso in due cumuli parziali, laddove il provvedimento del 2019 aveva ricompreso tutte le pene nell’ambito di un unico cumulo, non ne determina per ciò solo il contrasto con provvedimenti precedenti, in mancanza della dimostrazione che tali provvedimenti avessero conseguito il loro recepimento in pronunzie giurisdizionali.
Si ribadisce sotto questo profilo il principio di diritto secondo cui i
provvedimento di cumulo, emesso a norma dell’art. 663 cod. proc. pen., ha natura amministrativa, non giurisdizionale: pertanto, esso è suscettibile di essere revocato o rimosso, al fine di tenere costantemente aggiornata la posizione processuale del condanNOME, e non diventa mai definitivo, salvo che su di esso si sia pronunciato il giudice dell’esecuzione, il cui intervento può essere richiesto dal condanNOME senza limiti di tempo (Sez. 1, n. 26321 del 27/05/2019, Pantellaro, Rv. 276488 – 01; Sez. 1, n. 36236 del 23/09/2010, COGNOME, Rv. 248298 – 01; Sez. 1, n. 9708 del 09/01/2007, Facella, Rv. 236240 – 01).
Nel contesto esamiNOME, il ricorrente si è limitato a dedurre il pregiudizio patito per il nuovo assetto che ha caratterizzato il provvedimento del 16.09.2021, ma non ha dedotto, né dimostrato che il precedente cumulo del 2019, a sé favorevole, avesse ricevuto il crisma della validazione giurisdizionale, così da acquistare il connotato della definitività.
3.1. Quanto, poi, al principio di diritto sulla cui base il giudice dell’esecuzione ha fondato la determinazione adesiva al provvedimento di cumulo predisposto dal Pubblico ministero il 16.09.2021, esso risulta enunciato con chiarezza e rinviene solido aggancio nella costante elaborazione di legittimità, secondo cui, nella materia dell’esecuzione di pene concorrenti inflitte con condanne diverse, quando – durante l’espiazione di una determinata pena oppure dopo che l’esecuzione di quest’ultima sia stata interrotta – il condanNOME commette un nuovo reato, non può effettuarsi il cumulo di tutte le pene. Occorre, invece, procedere a cumuli parziali considerando e cumulando, da un lato, le pene inflitte per i reati commessi sino alla data del reato cui si riferisce la pen parzialmente espiata, con applicazione, ove del caso, del criterio moderatore dell’art. 78 cod. pen. e detrazione dal risultato del presofferto, ed enucleando e cumulando, dall’altro, la pena residua e le pene inflitte per i reati successivamente commessi, sino alla data della successiva detenzione (Sez. 1, n. 46602 del 01/03/2019, COGNOME, Rv. 277491 – 01; Sez. 1, n. 7762 del 24/01/2012, COGNOME, Rv. 252078 – 01).
In tal senso, è da precisare, quindi, che il principio dell’unità del rapporto esecutivo – che mira a evitare al condanNOME un possibile pregiudizio derivante dalla distinta esecuzione delle sanzioni penali irrogate per una pluralità di reati è, in ogni caso, da riferirsi alle pene irrogate per reati commessi prima dell’inizio della detenzione, mentre occorre procedere a un ulteriore cumulo, non più sottoposto alle limitazioni previste dall’art. 78 cod. pen., comprendente, oltre alla pena inflitta per il nuovo reato, la parte risultante dal cumulo precedente, non ancora espiata alla data del nuovo reato, qualora, durante l’espiazione di una determinata pena o dopo che l’esecuzione di quest’ultima sia stata interrotta, il condanNOME commetta, appunto, un nuovo reato (Sez. 1, n. 13985 del
25/02/2020, COGNOME, Rv. 278939 – 01).
Nel solco di tale lezione, il provvedimento di cumulo del 16.09.2021 ha individuato i due periodi di carcerazione e ha ordiNOME, rispetto agli stessi. le pene relative ai reati commessi in data antecedente all’inizio dell’espiazione avvenuta in ciascun periodo, inserendo nel secondo cumulo le pene irrogate a Gannbuto per i reati assunti come commessi successivamente alla conclusione del primo periodo detentivo.
3.2. A fronte di tale riconfigurazione dello stato esecutivo riferito alla relativa posizione, il ricorrente, al di là delle deduzioni generali, non ha lamentato specifiche violazioni dei principi succitati, se non soffermandosi sulla differenziazione fra esecuzione per custodia cautelare ed esecuzione per espiazione di pena.
Il richiamo di tale differenziazione, però, per come svolto, non pare avere introdotto elementi di effettiva e significativa contestazione del modus procedendi seguito dal Pubblico ministero e recepito dal Giudice dell’esecuzione nella formazione dei due cumuli parziali: in particolare, non si è registrata la specifica deduzione dell’eventuale erroneità in punto di collocazione di uno dei reati e della corrispondente pena in un cumulo parziale piuttosto che in un altro e dell’effetto deteriore, sotto il profilo della quantificazione della pena residua i corso di espiazione, che tale errore abbia eventualmente determiNOME.
È da ricordare che, nella materia del cumulo di pene, operano due principi fondamentali. Il primo principio è quello secondo cui ciascun periodo di detenzione, per custodia cautelare o espiazione di pena, sofferto prima del cumulo, pur essendo stato determiNOME da uno o più titoli, allorché si proceda all’unificazione delle pene concorrenti, non può essere riferito specificamente al titolo da cui ha tratto origine, ma va imputato unitariamente al cumulo delle pene inflitte per tutti i reati commessi precedentemente alla carcerazione di cui si tratta. Il secondo principio è quello, già segnalato, per il quale, ove si tratti reati connessi e di periodi di carcerazione sofferti in tempi diversi, vanno cronologicamente ordinati, da un parte, i reati e, dall’altra, i periodi d carcerazione per poi procedere ad operazioni successive, detraendo ogni periodo dal cumulo (parziale) delle pene relative a reati commessi in precedenza, fino a determinare, con l’ultima di dette operazioni, la pena residua decorrente dalla data dell’ultimo arresto o dell’ultimo reato, se commesso nel corso della carcerazione in atto (Sez. 1, n. 31214 del 18/06/2004, Arslan, Rv. 229800 – 01).
Posta, dunque, l’esigenza di procedere a cumuli parziali quando il condanNOME commette un nuovo reato durante l’espiazione di una determinata pena o dopo che l’esecuzione di quest’ultima sia stata interrotta, onde sommare la pena inflitta per il nuovo reato alla pena parzialmente espiata per i reati
commessi in precedenza, previa, se del caso, applicazione del criterio moderatore previsto dall’art. 78 cod. pen. e detrazione dal risultato del presofferto, si evidenza che, nell’operare il successivo o i successivi, nuovi cumuli, comprensivi della pena residua da espiare e delle pene inflitte per i reati successivamente commessi, fino all’esaurimento di q ueste ultime, occorre previamente procedere alla detrazione, per ciascuna condanna, della pena g ià espiata in custodia cautelare o della pena di cui è cessata l’esecuzione (Sez. 5, n. 50135 del 27/11/2015, Broe gg , Rv. 265966 – 01).
Pure in ordine alla concreta applicazione di tali principi nella formazione dei cumuli parziali che hanno composto l’ordine di esecuzione di pene concorrenti contestato il ricorrente non ha specificato2 precise do g lianze, tali da contrastarne l’assetto in modo fondato.
Corollario di q ueste considerazioni è il ri g etto del ricorso.
Se g ue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pa g amento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rig etta il ricorso e condanna il ricorrente al pa g amento delle spese processuali.
Così deciso il 12 g ennaio 2024
f Il Consi . 9 1 iere estensore
Il Presid g e