Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25948 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25948 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 22/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CERCOLA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 06/10/2023 del GIP TRIBUNALE di PAVIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che GLYPH ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza ritenendo fondati i motivi secondo e terzo, e rigetto degli altri
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pavia ha parzialmente accolto la richiesta formulata nell’interesse di NOME COGNOME volta ad ottenere la continuazione ex art. 671 cod. proc. pen., riconoscendo la sussistenza della medesinnezza del disegno criminoso tra 7 delle 14 sentenze oggetto di istanza, e rideterminando la pena complessiva in anni ventuno, mesi sei di reclusione ed C 105.000 di multa. Ha nel contempo respinto la doglianza difensiva attinente la violazione dell’art. 78 cod. pen., nonché quella strettamente connessa volta ad ottenere la retrodatazione della decorrenza del cumulo emesso il 09/09/2021 dalla Procura della Repubblica de L’Aquila.
Avverso il provvedimento ricorre NOME COGNOME, per mezzo del difensore AVV_NOTAIO, che articola i seguenti quattro motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo lamenta erronea applicazione della legge penale ex art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 656 e 663 cod. proc. pen., con riferimento alla decorrenza pena di cui al cumulo 422/2022 SIEP Pavia. La Difesa aveva chiesto al G.E. che la decorrenza della pena attualmente in esecuzione venisse individuata al 28/03/2008, anziché al 25/08/2011, osservando come in tutti i cumuli succedutisi nel tempo non fosse menzionato l’ordine di esecuzione 34/2009 SIEP Procura di Vasto per anni 2 di reclusione (relativa alla condanna inflitta con sentenza GUP Vasto del 29/01/2009). Ha errato il G.E. nel ritenere che detta ultima pena fosse già stata detratta nel cumulo 36/2017 della Procura Generale de L’Aquila che aveva assorbito un precedente cumulo della Procura di Vasto, dal momento che in nessuno dei due cumuli si fa alcun cenno alla sentenza GUP Vasto del 29/01/2009. In realtà, dall’esame di tutti i cumuli succedutisi nel tempo, si deduce che tutte le fungibilità o detrazioni per presofferto riguardano altri titoli.
2.2. Con il secondo motivo lamenta erronea applicazione della legge penale ex art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 78 e 80 cod. pen.. Il ricorrente si duole del fatto che il cumulo in esecuzione, in violazione dell’art. 80 cod. pen., non rechi al suo interno la pena di anni 12, mesi 11 e giorni 15 di reclusione, di cui alla sentenza n. 1/1993 della Corte di Assise di Appello di Napoli, per essere stata erroneamente ritenuta la pena già espiata al momento della commissione degli altri reati; osserva la Difesa come la citata condanna fosse stata messa in continuazione con le sentenze 935/2018 GUP Napoli e 59/2019 GUP Napoli (titoli 3 e 4 del cumulo 422/2022 della Procura di Pavia), dal che discende il diritto del COGNOME «al computo trentennale attualmente in esecuzione della pena espiata di cui alla sentenza 1/1993 della Corte di Assise di Appello di Napoli».
2.3. Con il terzo motivo lamenta erronea applicazione della legge penale ex art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 657 cod. proc. pen., 78 e 80 cod. pen.. Si duole il ricorrente che nel cumulo in espiazione non sia stato considerato come presofferto il periodo (dal 27/06/2001 al 19/11/2003) scontato dal COGNOME in misura di sicurezza della casa lavoro, trattandosi di periodo antecedente la commissione dell’omicidio COGNOME (del 20/12/2001), di cui al titolo n. 3 del cumulo 422/2022.
2.4. Con il quarto motivo lamenta erronea applicazione della legge penale ex art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 81 cod. pen., e 671 cod. proc. pen.. Si duole il ricorrente della carenza di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della continuazione tra i fatti di cui alle sentenze sub 4) – n. 59/2019 GUP Napoli (condanna per associazione di stampo camorristico), e sub 1)- 23/11/2006 del Tribunale di Portici (condanna per ricettazione di due motocicli). Osserva il ricorrente come i due motocicli oggetto della seconda condanna (per ricettazione) fossero stati usati per l’associazione mafiosa di cui alla prima sentenza; argomenta poi come la presente richiesta non sia mera riproposizione di istanza già avanzata nei medesimi termini, dal momento che la presente domanda è supportata dal verbale di interrogatorio di un collaboratore, che deve ritenersi elemento nuovo, diverso e rilevante ai fini del decidere.
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, AVV_NOTAIO, ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale GLYPH ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza ritenendo fondati i motivi secondo e terzo, e rigetto degli altri.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, che presenta vari tratti di inammissibilità, è nel complesso infondato e dev’essere respinto.
Il primo motivo è infondato.
1. L’esegesi di legittimità ha espresso il principio per cui «In presenza di reati commessi in tempi diversi e di periodi di carcerazione sofferti parimenti in tempi diversi, non può essere eseguito un cumulo unitario e globale, soggetto ai limiti dell’art. 78 cod. pen., ma vanno ordinati cronologicamente, da una parte i reati e dall’altra i periodi ininterrotti di carcerazione; indi si deve procedere ad operazioni successive, detraendo ogni periodo dal cumulo (parziale) delle pene per i reati commessi in precedenza, fino al cumulo definitivo, ed applicando il criterio di cui all’art. 78 citato, nell’ambito di og singolo cumulo parziale. Ne consegue che non è consentita una cumulabilità indiscriminata e globale, la quale comporterebbe inevitabilmente l’imputazione di periodi
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di carcerazione anteriori a pene irrogate per reati commessi successivamente, in palese violazione del principio secondo cui la pena non può precedere il reato e così incoraggiarne, anziché frenarne, la reiterazione» (Sez. 1, n. 2020 del 07/05/1992, COGNOME, Rv. 192016). Ciò è stato ribadito nella sentenza di Sez. 1, n. 3923 del 08/10/1992, Tartaglia, Rv. 192443, laddove si è specificato che non è possibile includere tutte le pene in un cumulo indiscriminato e globale, soggetto alle limitazioni dell’art. 78 e alla successiva unitaria e globale detrazione del presofferto, quando si sia in presenza di reati diversi e di periodi di carcerazione parimenti sofferti in tempi diversi, e i particolare allorché il nuovo reato sia stato commesso durante l’espiazione del cumulo precedente o comunque prima della totale espiazione del cumulo stesso. In queste ultime ipotesi si deve unificare il residuo del cumulo precedente con la pena inflitta per il nuovo reato, dalla cui data di commissione (o dalla data del successivo arresto, se il reato non è stato commesso in corso di detenzione) ha inizio l’espiazione così unificata: mentre l’art. 78 cod. pen. esplica la sua efficacia sull’ambito e nei limiti di ciascuna operazione di cumulo.
Recentemente detti principi sono stati ribaditi da Sez. 1, n. 47799 del 23/06/2023 Piccolo Rv. 285537 – 01, per cui «In tema di esecuzione delle pene concorrenti, nel caso di reati commessi in tempi diversi con periodi di carcerazione già sofferti, devono essere ordinati cronologicamente i reati e i periodi ininterrotti di carcerazione e detratto ogni periodo dal cumulo (parziale) delle pene per i reati commessi in precedenza, applicando il criterio di cui all’art. 78 cod. pen. nel singolo cumulo parziale, sicché che non è consentita una cumulabilità globale che comporterebbe l’imputazione di periodi di carcerazione anteriori a pene inflitte per reati commessi successivamente, in violazione dell’art. 657, comma 4, cod. proc. pen. (Conf.: n. 2020 del 1992, Rv. 192016-01)».
2.2. Il G.E. ha fatto corretta applicazione degli enunciati principi, avendo osservato che, essendo il cumulo emesso dalla Procura di Vasto del 07/07/2016 intervenuto in corso di detenzione, la decorrenza doveva cominciare non già dalla data di inizio della detenzione di COGNOME (28 marzo 2008) bensì dalla data di commissione dell’ultimo reato tra i titoli compresi nel cumulo, ovvero il 25 agosto 2011 (di cui alla sentenza corte appello L’Aquila del 31/03/2014, irrevocabile il 31/07/2014).
La decorrenza della pena attualmente in esecuzione non è stata anticipata al 23/08/2008 perché il periodo detentivo dal 28/03/2008 al 27/03/2010 è stato imputato all’esecuzione della pena di anni due di reclusione inflitta con la sentenza GIP del Tribunale di Vasto del 29/01/2009, con la conseguenza che, essendosi esaurita l’esecuzione di tale pena, la stessa correttamente non è stata inclusa nei provvedimenti di cumulo successivi, ed in particolare in quello n. 36/2017 della Procura Generale de L’Aquila, poi assorbito nel provvedimento di cumulo del PM di l’Aquila del 09/09/2021, e da ultimo dal provvedimento di cumulo del PM di Pavia del 03/11/2022.
3. Il secondo motivo è infondato.
Il G.E., sulla premessa che, con riferimento al primo periodo di carcerazione (19882001), la pena della reclusione fosse stata interamente espiata, ha fatto corretta applicazione del principio sancito da Sez. 1, n. 13985 del 25/02/2020, COGNOME Cecato, Rv. 278939 – 01, per cui «In tema di esecuzione delle pene concorrenti inflitte con condanne diverse, il principio dell’unità del rapporto esecutivo, che mira ad evitare al condannato un possibile pregiudizio derivante dalla distinta esecuzione delle sanzioni penali irrogate per una pluralità di reati, è riferibile alle pene comminate per reati commessi prima dell’inizio della detenzione, mentre si deve procedere ad ulteriore cumulo, non più sottoposto alle limitazioni previste dall’art. 78 cod. pen., comprendente, oltre alla pena inflitta per il nuovo reato, la parte risultante dal cumulo precedente, non ancora espiata alla data del nuovo reato solo qualora durante l’espiazione di una determinata pena o dopo che l’esecuzione di quest’ultima sia stata interrotta, il condannato commetta un nuovo reato. (Fattispecie in cui è stata esclusa l’erroneità del cumulo operato tra la pena irrogata al ricorrente per un reato commesso dopo la sua remissione in libertà, conseguente ad un provvedimento di grazia poi revocato, e la pena residua da espiare)».
La circostanza che sia stata riconosciuta la continuazione in executivis non implica che si dovesse procedere ad un cumulo unitario ricomprendente anche la pena già ampiamente scontata, dal momento che i fatti di cui al cumulo in esecuzione riguardano condotte commesse o perduranti in epoca successiva.
4. Il terzo motivo è manifestamente infondato.
Essendo la misura di sicurezza della casa lavoro stata comminata al COGNOME a titolo di misura di sicurezza definitiva, difettano i presupposti per l’operatività della disposizione di cui all’art. 657 cod. pen.
Il G.E. ha fatto corretta applicazione del principio sancito da Sez. 1, Sentenza n. 38336 del 14/07/2014 Lieto Rv. 260598 – 01: La fungibilità fra pena e misura di sicurezza detentiva di cui all’art. 657, cod. proc. pen., opera soltanto nel caso in cui quest’ultima sia stata provvisoriamente applicata per la stessa causa, determinando una ininterrotta privazione della libertà personale dell’imputato, riferibile in parte a custodia cautelare e in parte ad applicazione provvisoria di misura di sicurezza, con la conseguenza che tale criterio non opera quando venga applicata definitivamente la misura di sicurezza poiché l’intero periodo di privazione della libertà personale non può essere computato al contempo come internamento per misura di sicurezza detentiva e come espiazione della pena inflitta. (Fattispecie nella quale è stata esclusa la fungibilità tra l’esecuzione della pena detentiva e la misura di sicurezza della casa di lavoro, applicata all’imputato a seguito di autonomo procedimento di sorveglianza, nel quale era stato dichiarato
delinquente abituale) (nello stesso senso cfr. più recentemente Sez. 5, n. 5815 del 10/10/2017 dep. 2018, Di Napoli, Rv. 272437 – 01).
Il ricorrente si limita a ribadire la richiesta di fungibilità ex art. 657 cod. proc. pen. d periodo trascorso dal COGNOME in esecuzione della misura di sicurezza della casa lavoro, omettendo di confrontarsi con la perspicua motivazione resa dal G.E..
Del pari manifestamente infondato è infine il quarto motivo di ricorso.
Il Giudice dell’esecuzione aveva dichiarato l’inammissibilità della richiesta di riconoscimento della continuazione in executivis tra le sentenze (rispettivamente indicate a nn. 12 e 2 nel provvedimento impugnato), di condanna del COGNOME per il reato di associazione camorristica e reati fine da un lato e di ricettazione di due motocicli dall’altro, osservando in primo luogo come si trattasse di istanza già proposta e respinta per ben due volte (rispettivamente dal GIP di Napoli, quale G.E., il 19/10/2020, e dal RAGIONE_SOCIALE di L’Aquila con ordinanza 20/06/2022); ha comunque aggiunto, nel merito, come non sussistessero elementi per ritenere sussistente l’unitarietà del disegno criminoso, atteso che, da un lato la ricettazione dei motocicli fu solo accertata il giorno dell’omicidio COGNOME «ma ciò non significa che fosse stata commessa nei giorni immediatamente precedenti né in funzione di quel reato (commesso, anzi, in auto)», e che non risultasse provato neppure che i motocicli in questione fossero stati utilizzati per commettere le estorsioni giudicate con la sentenza n. 12.
Il ricorrente si limita a riproporre la richiesta di continuazione, valorizzando, quale elemento di novità rispetto alle precedenti ordinanze reiettive, un interrogatorio reso dal medesimo COGNOME il 12/04/2012, all’evidenza inidoneo a fondare una diversa valutazione. La censura mossa dal ricorrente, lungi dal confrontarsi con il logico e congruo argomentare de COGNOME, si limita ad invocare, sostanzialmente, una nuova valutazione di merito, non consentita in sede di legittimità.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 22 marzo 2024
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE