Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 27701 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 27701 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BARCELLONA POZZO DI GOTTO il 19/04/1956
avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina del 14/02/2025
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale della Repubblica press questa Corte di cassazione, NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
n
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata del 14 febbraio 2025, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina-Giudice dell’esecuzione, decidendo in sede di rinvio in seguito all’annullamento del provvedimento n. 271 del 7 aprile 2022, statuit dalla Prima sezione di questa Corte con sentenza n. 35470 del 1 luglio 2024, ha rigettato l’istanza di rideterminazione delle pene concorrenti in esecuzione n confronti di NOME COGNOME
Il Giudice dell’esecuzione ha ritenuto corretto il computo riportato nel decreto di cumulo del pubblico ministero, in considerazione delle pene detentive irrogate ad NOME COGNOME nei titoli esecutivi risultanti dal certificato penale e pari:
1) ad anni 11 di reclusione (sentenza della Corte d’appello di Messina n. 5 del 2016, irrevocabile il 18 aprile 2018);
2) a mesi uno e giorni 28 di reclusione (sentenza n.7 del 2019 del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Messina, irrevocabile il 30 maggio 2019 con la quale – ritenuta la continuazione con i reati oggetto della precedente condanna – è stata applicata all’imputato, ex art. 444 cod. proc. pen., la pena di un mese e ventotto giorni in aumento);
3) ad anni uno di reclusione (sentenza n.37 del 2021 del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Messina, irrevocabile il 1 giugno 2021, con la qua – ritenuta la continuazione con i reati unificati oggetto del precedente provvedimento – è stata applicata all’imputato, ex art. 444 cod. proc. pen., la pena di un anno di reclusione in aumento).
Ha ritenuto, altresì, correttamente dedotto il presofferto, a titolo di custo cautelare eseguita in relazione al titolo sub 1), pari ad anni tre e giorni diciotto di reclusione, computati i periodi di liberazione anticipata e l’ulteriore custodia caute eseguita in relazione ai reati definiti con sentenza della Corte d’appello di Messina 2009, unificati ex art. 671 cod. proc. pen. con i reati sub 2), con conseguente individuazione del termine di cessazione dell’esecuzione delle pene concorrenti all data del 28 novembre 2025.
2. Avverso l’ordinanza indicata ha proposto ricorso NOME COGNOME con atto a firma del difensore, Avv. NOME COGNOME affidando le proprie censure ad un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att.
proc. pen., con il quale deduce violazione di legge e vizio della motivazione riferimento alla verifica della correttezza del computo delle pene concorrenti dell’individuazione del termine di cessazione dell’esecuzione.
Evidenzia, in particolare, come nella sentenza n. 37 del 2021 il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Messina, nel riconoscere il vincolo dell continuazione con i fatti già giudicati nelle sentenza irrevocabili sub 1) e 2), avesse rideterminato la pena complessiva in nove anni, un mese e dieci giorni di reclusione, mentre il Giudice dell’esecuzione ha considerato le pene riportate nel certificato penale e nel provvedimento di cumulo che, invece, non hanno tenuto conto di siff atta rideterminazione.
Aggiunge che analoga rideterminazione aveva già operato il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina con la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti n. 7 del 2019, indicando la pena complessiva di otto ann un mese e dieci giorni riferita ai fatti unificati in relazione al titolo sub 1).
Conclude come la detrazione del presofferto a titolo di custodia cautelare per i fatti di cui al titolo sub 1) dovesse, pertanto, essere operata sulla pena complessiva indicata nella sentenza n. 37 del 2021, e non già sulla somma aritmetica delle pene risultanti dal certificato penale, in contrasto con il dispositivo delle sentenze n. 2019 e n. 37 del 2021, irrevocabili.
Il Procuratore generale presso questa Corte ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Il tema che il ricorso impone, preliminarmente, di affrontare investe la corretta individuazione quantitativa delle pene concorrenti oggetto di esecuzione.
1.1. Nel provvedimento di cumulo, il pubblico ministero ha riportato le seguenti pene detentive cumulativamente eseguibili a carico del ricorrente:
anni undici di reclusione (sentenza della Corte d’appello di Messina n. 5 del 2016, irrevocabile il 18 aprile 2018);
mesi uno e giorni ventotto di reclusione (in tal misura commisurato l’aumento, a titolo di continuazione con i reati di cui al precedente titolo esecut con sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. n.7 del 2019 del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Messina, irrevocabile il 30 maggio 2019);
3) anni uno di reclusione (in tal misura commisurato l’aumento, a titolo di continuazione, con i reati di cui ai precedenti titoli esecutivi, con sentenza ex art. 444 cod. proc. pen., con la sentenza n.37 del 2021 del Giudice per le indagini preliminar presso il Tribunale di Messina, irrevocabile il 1 giugno 2021), pervenendo alla pena complessiva di sette anni, sei mesi e ventuno giorni di reclusione, previo scomputo:
del presofferto, a titolo di custodia cautelare eseguita in relazione al ti sub 1), pari a tre anni e diciotto giorni di reclusione;
del presofferto, a titolo di custodia cautelare eseguita in relazione al ti sub 2), e pari a quattro mesi di reclusione;
e tenuto conto della rideterm inazione della pena ex art. 671 cod. proc. pen., disposta dal Giudice dell’esecuzione con provvedimento del 22 settembre 2021, in ordine al titolo sub 2) ed alla sentenza della Corte d’appello di Messina del 9 febbraio 2009, irrevocabile il 19 novembre 2009 ed in relazione alla quale la pena è stat eseguita a titolo di custodia cautelare.
1.2. Il Giudice dell’esecuzione ha condiviso la quantificazione delle pene coinvolte nel cumulo e, in particolare, l’estrapolazione – dalle sentenze nn. 7 del 20 e 37 del 2021 emesse ex art. 444 cod. proc. pen. – dei soli incrementi sanzionatori disposti, a titolo di continuazione, sulla pena irrogata con la sentenza della Co d’appello di Messina del 1 luglio 2016, irrevocabile il 18 aprile 2018, disattendend invece, la pena complessiva rideterminata, per effetto della continuazione, nell predette decisioni.
Con la sentenza n. 7 del 14 gennaio 2019, irrevocabile il 30 maggio 2019, infatti, il Giudice dell’udienza preliminare ha applicato ad NOME COGNOME su concord richiesta delle parti e ritenuta la continuazione con i fatti oggetto della sentenza d Corte d’appello di Messina del 1 luglio 2016, irrevocabile il 18 aprile 2018, la pe complessiva di otto anni, un mese e dieci giorni di reclusione.
Nella motivazione della predetta sentenza, non risulta indicato il reato ritenut più grave più grave ex art. 81 cpv. cod. pen. e non risultano analiticamente determinati gli aumenti per i reati satellite, né risulta altrimenti esplici procedimento di commisurazione della pena complessivamente rideterminata nella misura indicata.
Solo con decreto di “correzione di errore materiale” del 7 giugno 2019, il medesimo giudice ha dato atto che «l’aumento di pena per effetto della continuazione dichiarata risulta di mesi uno e giorni ventotto e di euro 11.853 di multa, restando confermata la pena definitiva complessiva di anni otto, mesi uno e giorni dieci di
reclusione ed euro 11.853,00 di multa in esito alla sentenza GUP di Messina n.7/2019 dell ‘8/3/2019, passata in giudicato».
Anche il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina che, con sentenza n. 37 del 1 febbraio 2021, irrevocabile il 1 giugno 2021, ha proceduto ad ulteriore unificazione per continuazione dei fatti oggetto di quel procediment (estorsione aggravata dal metodo mafioso in danno di tale COGNOME) e dei reati già unificati con la sentenza n. 7 del 2019, ha omesso qualsivoglia elaborazione ed esternazione del procedimento di rideterminazione della pena, limitandosi ad applicare al ricorrente, su concorde richiesta delle parti, l’ulteriore pena di un di reclusione (ed euro 1000 di multa), da aggiungersi alla pena complessiva già determinata nella sentenza n. 7 del 2019, così quantificandola in nove anni, un mese e dieci giorni di reclusione (ed euro 12.853,00 di multa).
Come già rilevato, in alcuna delle due sentenze ex art. 444 cod. proc. pen. risulta indicato il reato ritenuto più grave e la relativa pena base, né determinat aumenti imputati ai singoli, ulteriori reati, ritenuti avvinti nel medesimo dise criminoso.
A fronte di siffatto modus procedendi, che lascia all’oscuro i segmenti essenziali della (ri)determinazione della pena conseguente alla ritenut continuazione, occorre interrogarsi sull’ambito dei poteri cognitivi del giudi dell’esecuzione, investito del controllo sul cumulo delle pene esecutive concorrent elaborato dal pubblico ministero.
1.3. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, nel caso di continuazione tra reati in parte decisi con sentenza definitiva ed in parte “sub iudice”, la valutazione circa la maggiore gravità delle violazioni deve essere compiuta confrontando la pena irrogata per i fatti già giudicati con quella irroganda per i r al vaglio del decidente, attesa la necessità di rispettare le valutazioni in pun determinazione della pena già coperte da giudicato e, nello stesso tempo, di rapportare grandezze omogenee (Sez. 2, n. 935 del 23/09/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265733; conf. Sez. 6, n. 36402 del 04/06/2015, COGNOME, Rv. 264582).
Una volta individuata la violazione più grave, il percorso logico ulteriore che deve seguire il giudice è diverso a seconda che la violazione più grave sia individuat tra quelle già giudicate o tra quelle ancora sub iudice: «qualora la violazione più grave sia tra quelle già giudicate, il giudice del procedimento in corso deve soltanto stabilire l’ulteriore aumento da applicare alla pena già inflitta per la violazione più grave. La giurisprudenza di questa Corte ha avuto già modo di precisare che, in tal caso, alla pena inflitta con la sentenza irrevocabile si aggiunge la frazione di pena in aumento per la continuazione per i reati accertati nel giudizio in corso, con la
conseguenza che il giudice non può riconsiderare e rideterminare, ai sensi dell’art. 133 cod. pen., l’entità di quella pena definitiva, per il principio della intangibilità dell stessa» (Sez. 3, n. 20915 del 26/04/2013, COGNOME, Rv. 255778, in motivazione). Qualora, invece, la violazione più grave sia individuata tra quelle ancora sub iudice, il giudice dovrà determinare la pena di quest’ultima, che dovrà assumere come base del calcolo, e poi operare autonomi aumenti per ciascuno dei i reati satellite, compre quelli già riuniti in continuazione. Nella quantificazione della pena per questi ult deve applicare il principio di diritto secondo cui «il giudice della cognizione che, in sede di applicazione della continuazione, individui il reato più grave in quello al suo esame e i reati-satellite in quelli già definitivamente giudicati, non è vincolato, nella rideterm inazione della complessiva pena, dalla misura stabilita dalla sentenza irrevocabile relativa ai reati-satellite» (Sez. 1, n. 44255 del 16/10/2024, COGNOME Rv. 287283 – 01; Sez. 1, n. 5832 del 17/01/2011, PG in proc. Razzaq, Rv. 249397).
1.4. Siffatti principi trovano conferma anche laddove la continuazione con precedente giudicato sia fatta oggetto di una richiesta concordata di applicazion della pena ex art. 444 cod. proc. pen.
Pronunciando in tema di continuazione ritenuta in sede esecutiva, ma con valutazioni a fortiori rilevanti nel caso in cui sia richiesto il riconoscimento del vincolo ex art. 81 cpv. cod. pen. mediante istanza cortrdata di applicazione della pena questa Corte ha affermato come, in terna di continuazione tra un reato giudicato con rito ordinario ed un reato oggetto di sentenza di patteggiamento, il giudice, n determinare la pena unica, deve applicare la riduzione ex art. 444 cod. proc. pen., cosicché, ove valuti come reato più grave quello giudicato con il rito speciale, dov porre a base del calcolo la relativa pena ridotta; ove, invece, ritenga tale reato c satellite, dovrà commisurare l’aumento alla pena determinata in sede di cognizione, comprensiva della riduzione per il rito (V. Sez. 1, n. 21808 del 07/07/2020 Terranova, Rv. 280643 – 01); tanto poiché l’applicazione della continuazione tra reat giudicati con il rito ordinario e altri giudicati con il rito premiale comporta che sol nei confronti di questi ultimi – siano essi reati satellite ovvero reati che integr violazione più grave – deve essere applicata la riduzione della pena (V. Sez U, n. 35852 del 22/02/2018, COGNOME, Rv. 273547 – 01).
Per altro verso, in tema di continuazione, il principio della valutazione astratto della violazione più grave non è vincolante per il giudice di cognizione n caso in cui si trovi a valutare un unico reato, che ritenga in concreto più grave e debba essere riunito ad altri, oggetto di sentenze irrevocabili, da lui reputati m gravi, quantunque puniti, in astratto, con pene edittali più elevate, posto che, i caso, trova applicazione, per identità di “ratio”, la disciplina prevista dall’art. 187
disp. att. cod. proc. pen. per il giudizio di esecuzione, che fa espresso riferimento pena più grave inflitta in concreto (Sez. 2, n. 13539 del 02/11/2023 – dep. 2024 Altamura, Rv. 286206 – 01).
Siffatte indicazioni rispondono all’esigenza, ampiamente articolata nella giurisprudenza del massimo consesso di questa Corte (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269 – 01), di preservare l’autonomia dei reati unificat nel vincolo della continuazione e di consentire il controllo del rispetto del rapporto proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, consentend recuperare il trattamento sanzionatorio riferibile ai singoli reati quando – come nel caso al vaglio – se ne debba operare una valutazione distinta.
1.5. La quantificazione della pena, complessivamente rideterminata tanto nella sentenza n. 7 del 2019 che nella decisione n. 37 del 2021, in accoglimento della concorde richiesta delle parti, non rispetta gli enunciati principi di diritto, non av i giudici del patteggiamento provveduto a determinare la pena per il reato più grave ed ad assumerla come base del calcolo, e non avendo provveduto ad operare autonomi aumenti per ciascuno dei reati satellite, compresi quelli già riuniti continuazione.
Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Messina (sentenza n. 7 del 2019) si è, difatti, limitato a rideterminare la pena complessiva senza enucleare reato più grave, né gli incrementi sanzionatori relativi ai reati satellite; solo la avesse ritenuto più grave il reato oggetto della richiesta di patteggiamento (estorsi aggravate dal metodo mafioso), avrebbe potuto (rectius: dovuto) porre quale pena base la reclusione in misura diversa dalla immutabile cornice sanzionatoria conchiusa nel giudicato rispetto al quale ha ritenuto sussistente la continuazione (sentenza del Corte d’appello di Messina, irrevocabile il 18 aprile 2018), dando conto degli aumenti per i reati satellite opportunamente indicati.
Una indicazione in tal senso si rinviene, invece, solo nel provvedimento di “correzione di errore materiale” postumo, che, peraltro, indica nella misura di un mese e ventotto giorni di reclusione l’incremento sanzionatorio per i reati, giudicandi, “di cui al capo 26 e art. 416-bis cod. pen.”, senza, tuttavia avvedersi che, così facendo, avrebbe dovuto ritenere intangibile la pena per il reato base più grave, g coperto dal giudicato, determinata in undici anni di reclusione.
A sua volta, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina (sentenza n. 37 del 2021) si è, successivamente, limitato ad applicare – su richies delle parti – un ulteriore aumento per il reato giudicando, sulla pena già unificata con la sentenza n.7 del 2019, rideterminando tout court la complessiva sanzione.
Pur a fronte delle rilevate criticità ed in presenza di sentenze divenut irrevocabili, la rideterminazione della pena complessiva in misura inferiore a quella irrogata con il titolo sub 1) rende, tuttavia, evidente come il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Messina con la sentenza n. 7 del 2019 (e, conseguentemente, il giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale con la sentenza n. 37 del 2021) abbiamole implicitamente ritenuto di porre a base della continuazione, come concordemente richiesto dalle parti, non già la pena irrevocabile di undici anni di reclusione inflitta al ricorrente con la sentenza della Corte d’app di Messina del 2016, bensì una pena detentiva – di misura inferiore – riferibile ai re in quella sede oggetto di contestazione.
Allo stesso modo, va sottolineato come – in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti “in continuazione” con reati oggetto di accertamento irrevocabile – gli aumenti ex artt. 444 cod. proc. pen. dovessero essere disposti sulla pena definitiva cardinale (pari ad anni undici di reclusione), e non già sulla pena eseguibile, al netto del presofferto, poiché tale detrazione rileva nell’ambito del procediment esecutivo, e non nella fase della cognizione.
Siff atta complessiva rideterminazione, sebbene lasci in ombra gli snodi sanzionatori della ritenuta continuazione, invero neppure specificamente enucleati nella richiesta di patteggiamento, ed evidenzi le criticità rilevate, vincola, tuttav giudice dell’esecuzione in forza dell’intangibilità del giudicato.
Le sentenze ex art. 444 cod. proc. pen. non sono state, difatti, impugnate, con conseguente cristallizzazione della pena complessiva indicata nella sentenza n. 37 del 2021.
Ne discende come, anche agli effetti della determinazione del cumulo delle pene esecutive, è su quelle sanzioni, ormai irrevocabili, che andava dedotto i presofferto e calcolato il termine di cessazione dell’esecuzione.
1.6. E’ per questi motivi che l’operazione di cumulo elaborata nel provvedimento impugnato s’appalesa scorretta, e non già alla stregua della prospettazione difensiva che, confondendo la pena applicata con quella eseguibile e, dunque, il giudizio di cognizione con la fase dell’esecuzione, ha sostenuto come la pena base posta a fondamento della richiesta di patteggiamento, definita con la sentenza n. 7 del 2019, fosse quella determinata già al netto del presofferto per precedente giudicato.
Da quanto premesso, discende che il Giudice dell’esecuzione è vincolato alla complessiva determinazione della pena per i reati unificati nel vincolo dell continuazione con la sentenza irrevocabile n. 37 del 2021, da porre come riferimento,
ormai definitivo, per le detrazioni necessarie al fine della individuazione della data cessazione dell’esecuzione delle pene concorrenti confluite nel cumulo.
2.1. Nel provvedimento impugnato, invece, il Giudice dell’esecuzione ha estrapolato dalle sentenze n. 7 del 2019 e n. 37 del 2021 solo le quote di pen detentive applicate in aumento alla sanzione irrogata con la sentenza della Corte d’appello di Messina del 2016, disattendendo la complessiva rideterminazione in quella sede disposta, in tal modo incorrendo nella violazione denunciata.
2.2. Né siffatta disapplicazione del giudicato può giustificarsi per essere pene applicate su richiesta delle parti illegali.
Va, al riguardo, evidenziato come la nozione di “pena illegale”, reiteratamente ribadita dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U , n. 38809 del 31/03/2022, COGNOME, Rv. 283689 – 01; Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 283886 – 01; v. anche, in tema di continuazione, Sez. 5, n. 1205 del 20/11/2020 dep. 2021, COGNOME, Rv. 280434) sia circoscritta a quella pena determinata dall’applicazione di sanzione “ah origine” contraria all’assetto normativo vigente perché di specie diversa da quella di legge o irrogata in misura superiore al massimo edittale; caratteristiche non ravvisabili nel caso di specie.
Anche in ipotesi di pena illegale, peraltro, al giudice che non sia investito apposita richiesta del pubblico ministero è precluso ogni intervento in malam partem.
In riferimento al sindacato di legittimità sulla pena illegale è stato, inver affermato come, in tema di determinazione della pena, ove il giudice abbia irrogato una pena in contrasto con la previsione di legge ma in senso favorevole all’imputato, si realizza un errore al quale la Corte di cassazione, in difetto di specifico motiv gravame da parte del pubblico ministero, non può porre riparo né con le formalità di cui agli artt. 130 e 619 cod. proc. pen., versandosi in ipotesi di errore di giudiz non di errore materiale del computo aritmetico della pena, né in osservanza all’art 1 cod. pen. e in forza del proprio compito istituzionale di correggere le deviazioni d tale disposizione, in quanto la possibilità di correggere in sede di legittimità l’ille della pena, nella specie o nella quantità, è limitata all’ipotesi in cui l’erro avvenuto a danno dell’imputato, essendo anche in detta sede non superabile il limite del divieto della “reformatio in peius” (Sez. 3, n. 30286 del 09/03/2022, COGNOME, Rv. 283650 – 02).
Il che rende vieppiù evidente l’errore in cui è incorso il giudice dell’esecuzione
Va, pertanto, conclusivamente affermato il seguente principio di diritto: qualora, promosso incidente di esecuzione avverso provvedimento di cumulo di pene concorrenti emesso dal pubblico ministero, sia necessario computare la pena eseguibile ed accertare periodi di preso fferto, onde determinare definitivamente la
pena residua da espiare e la relativa decorrenza, il giudice dell’esecuzione non può
sciogliere la continuazione ritenuta nelle sentenze irrevocabili oggetto di esecuzione, sommando i singoli incrementi sanzionatori alle pene definitive già esecutive, ma
deve attenersi alle pene complessivamente rideterminate nei provvedervi successivamente passati in giudicato e quindi, se del caso, formare un nuovo cumulo
aggiornato e corretto.
3. Da quanto premesso discende che l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Giudice per le indagini preliminari di Messina – Giudice
dell’esecuzione perché, nella revisione del provvedimento di unificazione di pene concorrenti emesso dal pubblico ministero nei confronti di NOME COGNOME proceda a
nuovo giudizio elaborando il cumulo, aggiornato e corretto (Sez. 1, n. 48726 del
22/10/2019, COGNOME, Rv. 277912 – 01), considerando la pena irrevocabile complessivamente rideterminata con la sentenza n. 37 del 2021, irrevocabile, e da
quella sconnputando i periodi di presofferto, onde determinare definitivamente la pena residua da espiare e la relativa decorrenza.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Messina in diversa persona fisica.
Così deciso in Roma, il 27 giugno 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente