Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11934 Anno 2019
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11934 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/01/2019
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato a GENOVA il 21/03/1954
avverso l’ordinanza del 15/05/2018 del TRIBUNALE di GENOVA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; impugnata
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto l’anullamento dell’ordinan
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RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova, in funzione di giudice dell’esecuzione, in accoglimento della richiesta del P.M., applicava nei confronti di NOME COGNOME COGNOME l’isolamento diurno per mesi dieci ai sensi dell’art. 72, comma 2 cod. pen..
COGNOME è stato condannato con sentenza del G.I.P. del Tribunale di Genova del 9/11/2015, irrevocabile il 17/5/2017, alla pena di anni sei di reclusione ed euro 5.000 di multa per ricettazione e detenzione di arma clandestina e di arma comune da sparo e, con sentenza dell’8/4/2016 del G.I.P. del Tribunale di Genova, irrevocabile il 16/1/2018, alla pena dell’ergastolo per i delitti di omicidio volontario aggravato ed altri reati: in relazione a tali condanne il P.M. aveva emesso provvedimento di esecuzione di pene concorrenti, chiedendo al Giudice dell’esecuzione la determinazione della pena.
2. Ricorre per cassazione il difensore di NOME COGNOME COGNOME deducendo violazione di legge.
Il Giudice aveva applicato l’isolamento diurno nonostante le due pene oggetto di unificazione fossero state entrambe pronunciate con il rito abbreviato: ma, ai sensi dell’art. 442 cod. proc. pen., in caso di condanna all’esito di giudizio abbreviato, la pena dell’ergastolo con isolamento diurno è sostituita da quella dell’ergastolo.
Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
3. Il Procuratore Generale NOME COGNOME nella requisitoria scritta, conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1. Il ricorrente richiama la norma dell’art. 442, comma 2 cod. proc. pen., in base alla quale, all’esito del giudizio celebrato con rito abbreviato, il giudice sostituisce alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso di reati e di reato continuato, la pena dell’ergastolo, sottolineando che, in entrambi i processi nei quali sono state emesse le sentenze in esecuzione era stato giudicato con il rito alternativo.
Si tratta di impostazione errata: la norma in questione è rivolta al giudice della cognizione, mentre non trova applicazione nel caso di specie, nel quale il
giudice dell’esecuzione è chiamato, in forza dell’art. 663, comma 1, cod. proc. pen., a determinare la pena da eseguirsi in osservanza delle norme sul concorso di pene.
Nel caso di specie, il Tribunale ha applicato, in forza del rinvio operato dall’art. 80 cod. pen., la previsione dell’art. 72, comma 2,cod. pen., che dispone che, nel caso di concorso di un delitto che comporta la pena dell’ergastolo con uno o più delitti che importano pene detentive temporanee per un tempo complessivo superiore a cinque anni, si applica la pena dell’ergastolo con isolamento diurno per un periodo di tempo da due a diciotto mesi.
2. A ben vedere, il ricorrente sostiene che il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto effettuare un’operazione di ricalcolo della pena: richiamare le pene inflitte in cognizione depurandole dalla riduzione per il rito abbreviato, sommarle e, infine, ridurre la pena complessiva in forza del rito alternativo, come se i reati fossero stati giudicati in un unico processo e non, come è invece avvenuto, in due processi distinti.
Si tratta di operazione non consentita, come già rimarcato dalle Sezioni Unite, COGNOME (Sez. U, n. 45583 del 25/10/2007 – dep. 06/12/2007, P.G. in proc. COGNOME e altri, Rv. 237692); in quella sede, nello stabilire che la riduzione di pena conseguente alla scelta del rito abbreviato si applica dopo che la pena è stata determinata in osservanza delle norme sul concorso di reati e di pene stabilite dagli artt. 71 ss. cod. pen., fra le quali vi è anche la disposizione limitativa del cumulo materiale, in forza della quale la pena della reclusione non può essere superiore ad anni trenta, le Sezioni Unite così replicavano alle osservazioni che rimarcavano l’irrazionalità di una disciplina diversificata per la cognizione e l’esecuzione: “Ritengono le Sezioni Unite che l’argomento critico, pur enfatizzato dall’obiettiva discrasia delle regole applicative nei distinti giudizi di cognizione e di esecuzione, non coglie tuttavia nel segno, attesa la razionalità della diversa disciplina. Ai fini dell’esecuzione di pene concorrenti, stabilisce l’art. 663, comma 1 ì cod. proc. pen., in perfetta sintonia con il disposto dell’art. 80 cod. pen., che quando la stessa persona è stata condannata con più sentenze o decreti penali per reati diversi, il pubblico ministero determina la pena da eseguirsi, in osservanza delle norme sul concorso di pene. Di talché, nell’assoluto difetto di previsione derogatoria nelle disposizioni del decimo libro del codice di rito, stante il canone d’intangibilità del giudicato e il carattere eccezionale della potestà del giudice dell’esecuzione, tassativamente circoscritta ai soli casi previsti dalla legge, in punto di rideterminazione della pena, la diminuente del rito speciale è applicabile dal giudice della cognizione, ma non può mai essere applicata nel procedimento di esecuzione di pene concorrenti, inflitte al medesimo imputato in
distinti e autonomi procedimenti (Cass., Sez. I, 11/10/1995, Tasca, rv. 203035). La ratio legis dell’art. 442, comma 2,cod. proc. pen. è, d’altra parte, quella di garantire all’imputato in ogni singolo processo un vantaggio conseguente alla scelta strategica del rito alternativo in ordine a tutte le imputazioni contestate in quello specifico processo, e questo vantaggio viene assicurato in ciascuno dei processi celebrati con tale rito e conclusisi con la condanna, all’esito di ognuno dei quali si determina ‘la pena’ applicando la relativa diminuente; quest’ultima opera, dunque, in modo identico nei confronti di tutti coloro che si trovano nel medesimo contesto processuale, ma non può, viceversa, per alcun profilo essere duplicata in sede esecutiva, laddove si debba procedere al cumulo materiale o giuridico delle pene inflitte per più reati in distinti procedimenti, nei qual l’imputato ha di volta in volta ritenuto di attivare, o non, la scelta deflativa de rito speciale (v., al riguardo, Cass., Sez. I, 24/2/2006 n. 11108, COGNOME, rv. 233541).
Trattasi dunque di disparità di moduli applicativi nelle sequenze procedurali di determinazione della pena, che trova solida e razionale base giustificativa, oltre che nell’oggettiva diversità – non di mero fatto, bensì giuridica – delle situazioni processuali (processo unitario e cumulativo o pluralità di processi in tempi diversi, per più reati, contro la stessa persona; giudizio di cognizione o di esecuzione), anche e soprattutto nell’efficacia preclusiva derivante dal principio di intangibilità del giudicato”.
In applicazione di tali principi, questa Corte, in un caso analogo a quello oggetto del presente ricorso, aveva già affermato che l’isolamento diurno per il condannato a più ergastoli, applicato in sede esecutiva, prevale sulla disposizione di cui all’art. 442a secondo, cod. proc. pen. (relativa alla : comm sostituzione della pena dell’ergastolo con isolamento diurno con quella dell’ergastolo), posto che il vantaggio assicurato all’imputato dall’accesso al rito speciale non può essere duplicato anche in sede esecutiva (Sez. 1, n. 11108 del 24/02/2006 – dep. 29/03/2006, COGNOME, Rv. 233541); più recentemente, con riferimento alla diversa ipotesi di cumulo di più condanne alla pena di anni trenta di reclusione all’esito di giudizi abbreviati, si è coerentemente affermato che non trova applicazione il limite massimo di anni trenta di reclusione, previsto dall’art. 78 cod.; pen. per il caso di concorso di reati che importano pene detentive temporanee, bensì il generale criterio regolatore di cui all’art. 73, comma secondo, cod. pen., con conseguente rideterminazione della pena finale da eseguire in quella dell’ergastolo (Sez. 1, n. 5784 del 21/10/2015 – dep. 11/02/2016, COGNOME, Rv. 266036).
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali.
Così deciso il 18 gennaio 2019