Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 1302 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 1302 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Gela il 26/04/1971
avverso l’ordinanza del 12/05/2023 del TRIBUNALE DI GELA; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 12 maggio 2023 il Tribunale di Gela, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza del condannato NOME COGNOME di opposizione al provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso ex art. 656 cod. proc pen. dalla Procura della Repubblica di Gela il 19 gennaio 2023.
In particolare, era accaduto che, con separata ordinanza del 21 dicembre 2022, il Tribunale di Gela, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva riconosciuto l’esistenza del vincolo della continuazione tra i reati oggetto della sentenza emessa dalla Corte d’appello di Caltanissetta il 17 dicembre 1997, irrevocabile il 11 giugno 1998 (reati degli artt. 416-bis cod. pen., accertato come commesso il 15 luglio 1996, e 81 e 629 cod. pen., commessi da aprile 1991 ad aprile 1992) e quelli della sentenza emessa dalla Corte d’assise d’appello di Palermo il 29 luglio 2000,
irrevocabile il 27 giugno 2001 (reati degli artt. 575 cod. pen. e 4. I. n. 2 ottobre 1967, n. 895, commesso il 29 agosto 1989), determinando in anni 30 di reclusione ed euro 516,46 di multa (pena base per il reato dell’art. 575 cod. pen. oggetto della sentenza di Palermo: 24 anni di reclusione, aumentati per la continuazione interna a 25 anni di reclusione, aumentati per la continuazione esterna alla pena indicata) la pena complessiva per tali reati.
A seguito di tale ordinanza la Procura della Repubblica di Gela aveva emesso un nuovo provvedimento di esecuzione di pene concorrenti, datato 19 gennaio 2023, che il condannato riteneva non corretto, perché illegittimamente discostatosi dalla ordinanza del giudice dell’esecuzione avendo deciso di ricalcolare la pena mediante un cumulo parziale che non avrebbe avuto ragion d’essere; il procedimento corretto per mettere in esecuzione la ordinanza del 21 dicembre 2022 sarebbe stato decurtare la pena già espiata a seguito della riconosciuta continuazione, ponendo il risultato di essa in concorso materiale rispetto alla pena espianda, per poi aggiungere la pena in esecuzione dal 24 novembre 2015.
Il giudice dell’esecuzione ha respinto l’istanza ritenendo non possibile tener conto del presofferto subito in custodia cautelare in relazione alla sentenza di condanna della Corte di assise di appello di Palermo del 29 luglio 2000, in quanto la pena determinata dal giudice dell’esecuzione riguarda un fatto commesso dopo la commissione del reato giudicato con la sentenza della Corte di assise di appello di Palermo (i reati di partecipazione ad associazione mafiosa ed estorsione sono commessi tra il 1991 e il 1996, l’omicidio giudicato dalla Corte di assise di appello di Palermo è commesso nel 1989; l’art. 657, comma 4, cod. proc. pen. impedisce di attribuire rilievo a misura cautelare o periodi di detenzione sofferti dopo la data di tale reato, e quindi dopo il 29 agosto 1989).
2. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, con unico motivo in cui deduce violazione di legge perché il presofferto di 24 anni per la condanna per omicidio era stato anni addietro interamente espiati, l’ordine di esecuzione avrebbe dovuto, pertanto, decurtare in primo luogo la pena già espiata a seguito della riconosciuta continuazione e poi porre il risultato di questa operazione in concorso materiale rispetto alla pena espianda, e quindi poi aggiungere la porzione di pena attualmente in esecuzione dal 24 novembre 2015, data della seconda carcerazione; l’ordine di esecuzione, invece, ha provveduto a sciogliere la continuazione in ordine a pena già interamente espiata, mentre, in mancanza di ulteriori sentenze passate in giudicato, non poteva ricorrere a un nuovo cumulo parziale ma doveva limitarsi a dare esecuzione all’ordinanza del giudice dell’esecuzione di Gela.
Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha concluso per il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
Dalla lettura degli atti, cui la Corte può accedere attesa la natura del vizio dedotto (Sez. U, Sentenza n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220093), ed, in particolare, dalla lettura del provvedimento di cumulo del 19 gennaio 2023 che il ricorrente ha allegato all’istanza di incidente di esecuzione emerge che lo stesso è in espiazione per le seguenti sentenze:
sentenza della Corte d’appello di Caltanissetta del 17 dicembre 1997;
sentenza della Pretura di Caltanissetta del 26 gennaio 1999;
sentenza della Corte d’appello di Caltanissetta del 4 marzo 1999;
sentenza della Corte d’assise di appello di Palermo del 29 luglio 2000;
sentenza della Corte d’appello di Caltanissetta dell’Il gennaio 2000;
sentenza del Tribunale di Gela del 17 febbraio 2017;
sentenza della Corte d’appello di Caltanissetta del 9 luglio 2019;
sentenza del Tribunale di Gela del 24 giugno 2019.
Le sentenze nn. 1), 2), 3), 4), 5) sono state unificate in un primo cumulo parziale; le sentenze nn. 6), 7), 8) in un secondo cumulo parziale.
Il ricorrente, infatti, aveva commesso un gruppo di reati antecedenti la carcerazione avvenuta il 23 giugno 1998 (quelli delle sentenze nn. 1, 2, 3, 4, e 5) e poi, dopo essere stato rimesso in libertà il 29 aprile 2014, aveva commesso ulteriori reati (quelli delle sentenze nn. 6, 7 e 8)
Sempre dalla lettura degli atti emerge che nel precedente provvedimento di esecuzione di pene concorrenti del 7 giugno 2021, emesso sempre dalla Procura della Repubblica di Gela, erano in esecuzione soltanto le sentenze nn. 6) e 7) sopra citate.
Il ricorso sostiene che illegittimamente il nuovo provvedimento di unificazione di pene concorrenti abbia ricalcolato la pena da espiare per le sentenze nn. 1), 2), 3), 4) e 5), che ormai non erano più in esecuzione.
Questo argomento è infondato. Nel momento in cui, con l’ordinanza 21 dicembre 2022, il giudice dell’esecuzione ha rideterminato la pena per i reati oggetto delle sentenze nn. 1) e 4), il pubblico ministero era obbligato ad emettere un nuovo provvedimento di cumulo che ricomprendesse, oltre che quelle già in esecuzione con il provvedimento di cumulo del 7 giugno 2021, anche tali sentenze e quelle facenti parte del medesimo cumulo parziale.
Nella particolare situazione del ricorrente /che aveva commesso un gruppo di reati antecedenti la carcerazione avvenuta il 23 giugno 1998 e che aveva ripreso a commetter reati dopo essere stato rimesso in libertà il 29 aprile 2014, il cumulo doveva necessariamente essere redatto secondo la tecnica dei cumuli parziali (Sez. 1, Sentenza n. 17503 del 13/02/2020, PG in proc. COGNOME, Rv. 279182; Sez. 1, Sentenza n. 46602 del 01/03/2019, COGNOME, Rv. 277491), come ha fatto il pubblico ministero nel caso in esame.
La pretesa del ricorrente che fosse messa in esecuzione soltanto l’ordinanza 21 dicembre 2022, mediante mera, e semplicistica, detrazione dello sconto di pena riconosciuto dal giudice dell’esecuzione dalla pena già espiata, non ha, pertanto, base legale, perché nel momento in cui il giudice dell’esecuzione ridetermina in melius la pena oggetto di sentenze riconnprese in un cumulo, il pubblico ministero non può limitarsi ad operare per sottrazione dalla pena oggetto del precedente cumulo (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 17531 del 22/02/2023, COGNOME, Rv. 284435: il riconoscimento del vincolo della continuazione tra reati in sede esecutiva, con la conseguente determinazione di una pena complessiva inferiore a quella risultante dal cumulo materiale, non comporta che la differenza residua possa essere automaticamente imputata alla pena da eseguire, a ciò ostando la disposizione di cui all’art. 657, comma 4, cod. proc. pen., per cui vanno computate a tale fine solo la custodia cautelare o le pene espiate “sine titulo” dopo la commissione del reato e dovendosi conseguentemente scindere il reato continuato nelle singole violazioni che lo compongono; conforme, Sez. 1, Sentenza n. 45259 del 27/09/2013, Sapia, Rv. 257618), ma deve inserire la decisione del giudice dell’esecuzione nel cumulo parziale relativo al gruppo di sentenze in cui sono riconnprese anche quelle oggetto della ordinanza, deve applicare ad esse il criterio moderatore dell’art. 78 cod. pen., deve detrarre dal risultato il presofferto, e deve aggiungere alla pena da espiare, cui in questo modo è pervenuto, quella del cumulo parziale successivo, comprensivo della pena residua e delle pene inflitte per i reati successivamente commessi, sino alla data della successiva detenzione (cfr. sentenza COGNOME sopra citata).
Il ricorso evidenzia la irrazionalità della situazione che, per effetto dell’applicazione di queste regole, si è venuta a creare nel caso in esame, in cui il ricorrente era in espiazione di un provvedimento di unificazione di pene concorrenti del 7 giugno 2021, che recava un fine pena al 3 febbraio 2031, e si ritrova dopo la ordinanza del giudice dell’esecuzione favorevole del 21 dicembre 2022, che avrebbe dovuto comportare una rideterminazione in me/ius del fine pena, ad ad espiare un provvedimento di unificazione di pene concorrenti del 19 gennaio 2023, che sposta il fine pena al 27 agosto 2033.
Ma questo argomento anzitutto non tiene conto della circostanza che il provvedimento di unificazione di pene concorrenti del 19 gennaio 2023 mette anche in esecuzione una ulteriore condanna divenuta irrevocabile nelle more (la sentenza n. 8 indicata sopra, sentenza Tribunale di Gela del 24 giugno 2019, divenuta irrevocabile il 10 marzo 2022), non contenuta nel provvedimento di unificazione di pene concorrenti del 7 giugno 2021, e che è concausa, sia pure non unica (è una condanna ad 11 mesi di reclusione) di questo slittamento in avanti del fine pena.
Inoltre, questo argomento è troppo generico, perché non si preoccupa di spiegare quale sarebbe il supposto errore di calcolo contenuto nel primo cumulo parziale del provvedimento di unificazione di pene concorrenti del 19 gennaio 2023, da cui è derivato il residuo di pena da espiare per le sentenze nn. 1), 2), 3), 4) e 5) – che il ricorrente riteneva, invece, ormai completamente espiate – e che è stato concausa, con la messa in esecuzione della sentenza del Tribunale di Gela del 24 giugno 2019, dello slittamento in avanti del fine pena.
Il ricorrente non approfondisce la censura sulle modalità di calcolo del provvedimento di unificazione di pene concorrenti del 19 gennaio 2023, preferendo rifugiarsi nella esistenza di una preclusione al ricalcolo del cumulo parziale, per avvenuta espiazione della pena o per ne bis in idem, preclusione che, però, come detto sopra, in realtà, non è prevista dall’ordinamento giuridico.
Ne consegue che il ricorso, nei termini in cui è stato formulato, è infondato.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 16 novembre 2023
Il consigliere estensore
II presidente