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Cumulo parziale: la Cassazione annulla l’ordinanza

Un detenuto ha contestato il calcolo della sua pena residua, sostenendo l’illegittimità di un cumulo parziale. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza del Tribunale di Siena. La Corte ha stabilito che il giudice dell’esecuzione non aveva verificato adeguatamente se i reati oggetto del nuovo cumulo fossero stati commessi prima dell’inizio della detenzione ininterrotta. In tal caso, avrebbero dovuto essere inclusi nel cumulo originario, soggetto al limite massimo di 30 anni, invece di creare un cumulo parziale potenzialmente più sfavorevole per il condannato.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Cumulo Parziale delle Pene: La Cassazione Sottolinea il Principio del Favor Rei

La corretta determinazione della pena da scontare è un momento cruciale nel percorso di esecuzione penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 11063/2024) ha riaffermato l’importanza di applicare correttamente le regole sul cumulo parziale, annullando un’ordinanza che non aveva adeguatamente tutelato la posizione del condannato. Questo caso offre uno spunto fondamentale per comprendere la differenza tra cumulo globale e parziale e l’obbligo del giudice di scegliere sempre la soluzione più favorevole all’imputato.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un uomo detenuto ininterrottamente dall’8 gennaio 2011, destinatario di diversi provvedimenti di cumulo pene nel corso degli anni. Inizialmente, le sue condanne erano state unificate in un cumulo che, applicando il criterio moderatore dell’art. 78 c.p., aveva fissato la pena massima a 30 anni di reclusione. Successivamente, sono sopraggiunte ulteriori sentenze di condanna. Il Pubblico Ministero ha quindi proceduto a un nuovo calcolo, formando un cumulo parziale: ha sommato la pena residua del precedente cumulo a quella delle nuove condanne. Il risultato è stato un significativo aumento della pena effettiva da scontare, quasi il doppio rispetto alla pena inflitta dalle nuove sentenze.

Il difensore del condannato ha proposto ricorso, sostenendo che tutti i reati, essendo stati commessi prima dell’inizio della detenzione (8 gennaio 2011), avrebbero dovuto essere inclusi in un unico cumulo globale, sempre soggetto al limite invalicabile dei 30 anni. La formazione di cumuli parziali distinti, secondo la difesa, era illegittima e gravemente pregiudizievole.

La Decisione della Corte sul Cumulo Parziale

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza del giudice dell’esecuzione e rinviando gli atti al Tribunale di Siena per una nuova valutazione. Il punto focale della decisione risiede nella mancata verifica, da parte del giudice di merito, di un dato essenziale: la data di commissione dei reati oggetto delle nuove condanne.

La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato: il cumulo parziale, che unisce il residuo di una pena precedente a una nuova, si giustifica solo quando il nuovo reato è stato commesso durante l’espiazione della pena o dopo la sua interruzione. Al contrario, se tutti i reati sono stati commessi prima dell’inizio dello stato detentivo, essi devono confluire in un unico rapporto esecutivo, soggetto alle limitazioni generali (il cosiddetto cumulo globale).

L’Importanza della Datazione dei Reati

Il giudice dell’esecuzione, secondo la Cassazione, avrebbe dovuto illustrare se i reati giudicati da ultimo fossero stati effettivamente commessi prima o dopo l’8 gennaio 2011. Questa verifica è dirimente. Se i reati fossero antecedenti a tale data, la corretta procedura sarebbe stata quella di sommare tutte le pene e applicare nuovamente il criterio moderatore, mantenendo il tetto massimo di 30 anni. L’ordinanza impugnata è stata ritenuta carente proprio su questo punto cruciale, non avendo approfondito l’individuato profilo, necessario per una corretta valutazione.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano sul principio di unità del rapporto esecutivo e sul favor rei. La giurisprudenza citata nel provvedimento chiarisce che non è consentita una ‘cumulabilità indiscriminata e globale’ che porti a conseguenze illogiche, come imputare periodi di carcerazione a pene per reati commessi successivamente. Tuttavia, quando i reati sono tutti antecedenti all’inizio dell’espiazione, vige il principio opposto: essi devono essere trattati unitariamente per evitare un pregiudizio al condannato. La formazione di cumuli successivi e parziali, in questo scenario, è una violazione di legge.

La Cassazione ha inoltre sottolineato che, qualora più criteri di calcolo siano astrattamente applicabili, il giudice deve sempre optare per la soluzione meno gravosa per il condannato. Nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione non ha svolto questa comparazione, limitandosi a convalidare la scelta del Pubblico Ministero senza un’adeguata istruttoria sulla cronologia dei fatti.

Le Conclusioni

La sentenza n. 11063/2024 è un importante monito per i giudici dell’esecuzione. Essa impone un’analisi rigorosa e approfondita della situazione del condannato prima di procedere alla formazione di un cumulo parziale. La distinzione tra reati commessi prima e dopo l’inizio della detenzione non è un mero formalismo, ma un principio di garanzia che incide direttamente sulla libertà personale. Annullando l’ordinanza, la Corte ha riaffermato che il calcolo della pena deve essere sempre trasparente, corretto e, in caso di dubbio, orientato alla scelta più favorevole per chi deve scontare la condanna, garantendo che i limiti massimi previsti dalla legge non vengano aggirati attraverso meccanismi di calcolo pregiudizievoli.

Quando si può procedere a un cumulo parziale delle pene?
Secondo la Corte, si deve procedere a un ulteriore cumulo (non più sottoposto ai limiti dell’art. 78 c.p.) quando il condannato commette un nuovo reato durante l’espiazione di una pena o dopo che l’esecuzione sia stata interrotta. In questo caso, si unisce la pena per il nuovo reato alla parte di pena del cumulo precedente non ancora espiata.

Cosa succede se tutti i reati sono stati commessi prima dell’inizio della detenzione?
Se tutti i reati sono stati commessi prima dell’inizio della detenzione ininterrotta, le relative pene devono essere unificate in un unico cumulo globale, soggetto alle limitazioni previste dall’art. 78 del codice penale, come il limite massimo di trent’anni di reclusione.

Quale criterio deve seguire il giudice dell’esecuzione se sono possibili diversi metodi di calcolo della pena?
Il giudice deve verificare le conseguenze concrete derivanti dall’applicazione di ciascun criterio legittimo e dare preferenza alla soluzione che risulta meno gravosa per il condannato, in ossequio a un principio generale di favore per il reo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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