Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 44952 Anno 2024
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 44952 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 31/10/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BOVA MARINA il 22/01/1949
avverso l’ordinanza del 14/06/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Milano ha rigettato l’appello proposto, ai sensi dell’art. 680, comma 1, cod. proc. pen., da NOME COGNOME, detenuto in espiazione di condanna riportata per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, ricettazione, omicidio in concorso e falsa dichiarazione a pubblico ufficiale, posti in essere tra il 1986 e il 2008, con fine pena fissato al 18/07/2024.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME deducendo violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) e lett. e) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 215 cod. pen. e 417 cod. pen., in quanto – con motivazione apparente ed erronea – Ł stata mantenuta l’esecuzione cumulativa della misura di sicurezza della libertà vigilata e del divieto di soggiorno, già disposta dal Magistrato di sorveglianza.
La difesa si duole, in particolare, del fatto che il Magistrato di sorveglianza avesse disposto, in tal modo, l’esecuzione di una doppia misura di sicurezza (libertà vigilata e divieto di soggiorno nella provincia di Reggio Calabria), ad onta del fatto che la Corte di appello reggina avesse stabilito – in sede di cognizione – esclusivamente la prima di tali misure, per la durata di anni tre. Il dedotto travisamento si annida, dunque, nel punto in cui si interpreta in modo fallace la dizione ‘conferma
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
nel resto’, che Ł contenuta nella suddetta pronuncia di secondo grado, essendo invece chiaro come la Corte avesse inteso ordinare – a pena espiata – l’esecuzione della sola libertà vigilata e non anche del divieto di soggiorno.
A sostegno della tesi dell’applicazione cumulativa delle misure, il Tribunale di sorveglianza richiama il dettato dell’art. 233 cod. pen., che però si riferisce espressamente al caso della trasgressione, da parte del condannato, alle prescrizioni connesse alla misura del divieto di soggiorno. Parimenti errato Ł sostenere che il combinato disposto degli artt. 215, terzo comma, e 417 cod. pen. sia solo espressione di un principio generale, senza contenere alcun divieto di cumulo delle due misure di sicurezza, per i soggetti che vengano condannati, come accaduto nel caso di PatanŁ, in relazione al delitto di cui all’art. 416bis cod. pen.
3. Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
La modifica intervenuta in secondo grado, infatti, attiene unicamente al trattamento sanzionatorio. Quanto all’applicazione contestuale delle due misure di sicurezza disposte dal giudice di merito (come detto, la libertà vigilata e il divieto di soggiorno nella provincia di Reggio Calabria), occorre fare alcune precisazioni. Il Magistrato di sorveglianza ha applicato il divieto di soggiorno, ma quale declinazione di quelle prescrizioni che gli Ł consentito imporre alla persona in stato di libertà vigilata. Ferma restando la possibilità di modulare, ad opera del Magistrato di sorveglianza, il contenuto prescrittivo della misura ex art. 228 cod. pen., a patto che non ne risulti snaturato il carattere non detentivo, il ricorso non affronta l’eventuale problematica inerente alla corretta declinazione, nel caso di specie, del concreto contenuto prescrittivo imposto con il provvedimento del 12/04/2024.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł fondato.
Integrando quanto già sintetizzato in parte narrativa, può precisarsi come la Corte di appello di Milano – in sede di cognizione – avesse ordinato, a carico del Vadalà, la misura di sicurezza della libertà vigilata; il Magistrato di sorveglianza ha poi ritenuto che – oltre a tale misura fosse stata disposta anche quella del divieto di soggiorno e, avverso tale decisione, la difesa ha presentato appello ai sensi dell’art. 680 cod. proc. pen., poi disatteso mediante il provvedimento ora impugnato.
In ipotesi difensiva, quindi, sarebbe stata male interpretata la sopra richiamata sentenza della Corte di appello; questa avrebbe eliminato, infatti, il divieto di soggiorno applicato dal Giudice dell’udienza preliminare, lasciando in vigore esclusivamente la libertà vigilata, in ossequio al divieto di cumulo di misure di sicurezza. L’avversato provvedimento, comunque, risulterebbe emesso in spregio di tale divieto.
Giova allora precisare, in diritto, come l’art. 209, primo comma, cod. pen. ponga un generale divieto di cumulo di misure di sicurezza della stessa specie (quali sono quelle che vengono in rilievo, nella concreta fattispecie), che risultino applicate a carico del medesimo soggetto, in tempi diversi e in relazione a piø fatti distinti; in questo caso, si deve operare la unificazione tra le diverse misure di sicurezza, dovendone rimanere operativa soltanto una. Logico corollario di tale impostazione concettuale Ł che debbano, parimenti, essere tra loro unificate – non potendo restare separate e, quindi, cumulativamente operanti – misure che siano state disposte in relazione al medesimo fatto e all’interno dello stesso processo.
3.1. In realtà, le due disposizioni espresse dagli artt. 211, ultimo comma, e 219, ultimo
comma, cod. pen., che sembrerebbero consentire la possibilità di applicazione di una misura di sicurezza personale non detentiva, in aggiunta ad una misura detentiva, vanno correlate al dettato dell’art. 209, secondo comma, cod. pen., che ammette il cumulo di misure di sicurezza personali, ma solo se di specie diversa e nel caso di persone giudicate per piø fatti. In presenza di soggetti giudicati relativamente a un solo fatto, pertanto, non Ł consentito, in linea generale, procedere a tale applicazione congiunta .
3.2. ¨ utile precisare, infine, come l’art. 233, secondo comma, e l’art. 234, terzo comma, cod. pen. vadano correttamente lette alla stregua di specifiche eccezioni, rispetto alla succitata regola di carattere generale, essendo esse rigidamente correlate al presupposto della trasgressione (trattasi di disposizioni dettate, come noto, in relazione alle misure di sicurezza non detentive del divieto di soggiorno in uno o piø Comuni, ovvero in uno o piø Province e del divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcoliche e che consentono – appunto, solo al ricorrere di una trasgressione – l’applicazione della libertà vigilata e in alternativa, nel secondo caso, l’ordine della prestazione di una cauzione di buona condotta).
Alla luce delle considerazioni che precedono, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Milano.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Milano.
Così Ł deciso, 31/10/2024
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME