Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 24921 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
PRIMA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 24921 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 28/05/2025
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 28/05/2025
R.G.N. 12086/2025
CARMINE RUSSO
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COMMISSO NOME nato a SIDERNO il 02/02/1947 avverso l’ordinanza del 06/03/2025 della Corte d’appello di Reggio Calabria Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso. Dato avviso al difensore.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, la Corte d’appello di Reggio Calabria, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto l’istanza ex art. 671 cod. proc. pen. avanzata nell’interesse di NOME COGNOME e, unificati i reati giudicati con il rito abbreviato da tre distinte sentenze, ha rideterminato la pena complessiva in quella di ventisei anni, nove mesi e dieci giorni di reclusione.
In particolare, il giudice dell’esecuzione ha individuato la pena piø grave, già applicata la diminuente per il rito abbreviato, in quella di undici anni di reclusione per partecipazione ad associazione mafiosa con ruolo direttivo (sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria in data 27 febbraio 2014, irrevocabile in data 17 giugno 2016), aumentata di tre anni e quattro mesi di reclusione (già dedotta la diminuente per il rito) per il reato di estorsione aggravata del capo Q della sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria in data 16 febbraio 2018, irrevocabile in data 11 luglio 2019, ulteriormente aumentata (già dedotta la diminuente per il rito) di due anni e tre mesi di reclusione per ciascuno degli ulteriori reati giudicati con detta sentenza (capi E, F, G e R), ulteriormente aumentata (già dedotta la diminuente per il rito) di tre anni e quattro mesi di reclusione per il reato di estorsione aggravata giudicato dalla sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria in data 7 luglio 2021, irrevocabile in data 10 febbraio 2023.
Ricorre NOME COGNOME,a mezzo dei difensori avv. NOME COGNOME e avv. NOME COGNOME che chiede l’annullamento del provvedimento impugnato, denunciando la violazione di legge, in riferimento agli artt. 125 e 442 cod. proc. pen., 78 e 81 cod. pen., e il vizio della motivazione con riguardo all’omessa valutazione della memoria difensiva che esplicitava il corretto percorso logico-giuridico che il giudice avrebbe dovuto seguire per la rideterminazione della pena che, oltre a essere l’unico rispettoso dei principi costituzionali, avrebbe condotto alla determinazione di una pena di gran lunga inferiore.
In particolare, con la memoria difensiva, neppure esaminata dal giudice dell’esecuzione, si era sollecitata l’applicazione del criterio moderatore dell’art. 78 cod. pen. sulla somma delle pene rideterminate per la continuazione, per poi procedere alla diminuzione per il rito abbreviato sul
complessivo risultato.
Ad avviso del ricorrente, infatti, il caso di specie richiede l’applicazione delle piø favorevoli regole di determinazione della pena dettate per il giudizio di cognizione perchØ, qualora il giudizio non fosse stato artificiosamente frazionato in tre processi distinti, l’imputato avrebbe fin da subito goduto dell’unificazione ex art. 81 cpv. cod. pen. e dell’applicazione, prima della diminuente per il rito, del criterio moderatore dell’art. 78 cod. pen.
Tutti i reati giudicati con le tre sentenze, infatti, sono stati commessi, come lo stesso giudice dell’esecuzione ha accertato, in esecuzione del medesimo disegno criminoso e nel medesimo contesto spazio temporale, tanto Ł vero che essi sono stati accertati sulla base delle captazioni svolte presso l’esercizio commerciale dell’imputato (Ape green), ove venivano deliberate tutte le principali azioni dell’organizzazione di ‘ndrangheta capeggiata (anche) da COMMISSO.
Ferma la nullità ex art. 125 cod. proc. pen. per omesso esame della decisiva memoria difensiva, il ricorso sollecita un mutamento giurisprudenziale, sotto il profilo della compatibilità costituzionale con riferimento agli artt. 3, 24 e 27 Cost., dell’avversata opzione interpretativa consolidata secondo la quale, in caso di unificazione di reati giudicati con distinte sentenze di giudizio abbreviato, il criterio moderatore dell’art. 78 cod. pen. troverebbe applicazione soltanto una volta ridotte le pene per il rito.
L’orientamento giurisprudenziale che riguarda la fase esecutiva Ł ingiustificatamente opposto rispetto a quello applicabile in cognizione (Sez. U, n. 45583 del 25/10/2007, P.G. in proc. Volpe, Rv. 237692 – 01: «la riduzione di pena conseguente alla scelta del rito abbreviato si applica dopo che la pena Ł stata determinata in osservanza delle norme sul concorso di reati e di pene stabilite dagli artt. 71 ss. cod. pen., fra le quali vi Ł anche la disposizione limitativa del cumulo materiale, in forza della quale la pena della reclusione non può essere superiore ad anni trenta»).
Tale divergenza di principi non trova giustificazione quando, come nel caso in esame, il processo avrebbe dovuto essere fin dall’inizio cumulativo, poichØ tutti i fatti erano già emersi dalle captazioni effettuate nell’ambito del procedimento cd. ‘Crimine’ (sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria in data 27 febbraio 2014), salvo poi dare luogo, per scelta del pubblico ministero, a due distinti ulteriori procedimenti: quello denominato ‘Morsa sugli appalti’ (sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria in data 16 febbraio 2018) e quello denominato ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria in data 7 luglio 2021).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
Va premesso che il ricorso non cita nessuno dei precedenti giurisprudenziali, dai quali chiede al Collegio di discostarsi, relativi all’applicazione dei criteri di rideterminazione della pena in sede esecutiva e, in particolare, all’operatività del criterio moderatore dell’art. 78 cod. pen. nel caso di unificazione di reati in sede esecutiva; per la verità anche la memoria depositata al giudice di esecuzione non faceva menzione di tali precedenti.
2.1. In disparte quanto si dirà sulla irrilevanza delle memorie, là dove infondate per contrasto con i principi di diritto consolidati, Ł possibile già affermare che l’atto difensivo non era di per sØ idoneo a sollecitare alcuna concreta riflessione in punto di diritto, sicchØ Ł stato correttamente obliterato.
D’altra parte, il giudice dell’esecuzione non era affatto tenuto a dare risposta alla memoria difensiva poichØ implicitamente esaminata (Sez. 1, n. 34531 del 06/07/2007, COGNOME, Rv. 237618 – 01: «gli argomenti esposti in una memoria presentata ai sensi dell’art. 121 cod. proc. pen. possono essere disattesi anche per implicito dal giudice»), all’atto dell’adesione al principio consolidato, e perciò pure considerata infondata nella sua prospettazione giuridica in quanto in contrasto con i
radicati e consolidati principi giurisprudenziali (Sez. 6, n. 18453 del 28/02/2012, COGNOME, Rv. 252713 – 01: «l’omessa valutazione di memorie difensive non può essere fatta valere in sede di gravame come causa di nullità del provvedimento impugnato, ma può influire sulla congruità e correttezza logico-giuridica della motivazione della decisione che definisce la fase o il grado nel cui ambito siano state espresse le ragioni difensive»).
Sulla questione di diritto Ł sufficiente ricordare che la giurisprudenza di legittimità Ł da tempo stabilmente orientata ad affermare che «in sede di esecuzione, ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio conseguente al riconoscimento del vincolo della continuazione tra piø reati che hanno formato oggetto di giudizio abbreviato, la riduzione di pena per il rito opera necessariamente prima – e non dopo, come in sede di cognizione – del criterio moderatore del cumulo materiale previsto dall’art. 78 cod. pen., in forza del quale la pena della reclusione non può essere superiore ad anni trenta» (Sez. 1, n. 9522 del 14/05/2019 – dep. 2020, COGNOME, Rv. 278494; Sez. 5, n. 43044 del 04/05/2015, COGNOME, Rv. 265867; in precedenza Sez. 1, n. 48204 del 10/12/2008, COGNOME, Rv. 242660 – 01).
3.1. Si Ł precisato che tale diverso ordine applicativo del criterio moderatore del cumulo materiale non si pone in contrasto con gli artt. 3, 13, 24 e 27 Cost., trovando ragionevole giustificazione nella diversità di situazioni determinata dall’efficacia preclusiva che, in seno al procedimento d’esecuzione, discende dall’intangibilità del giudicato.
3.2. Il richiamato orientamento risulta esplicitamente confermato dal massimo consesso della giurisprudenza di legittimità.
Si Ł recentemente ribadito che ai sensi dell’art. 187 disp. att. cod. proc. pen. in caso di giudizio abbreviato la pena piø grave va individuata in quella risultante dalla diminuente del rito e non in quella determinata precedentemente alla diminuente del rito (Sez. U, n. 7029 del 28/09/2023 – dep. 2024, COGNOME, Rv. 285865 – 01: «ai fini dell’individuazione della violazione piø grave nel reato continuato in sede esecutiva, ai sensi dell’art. 187 disp. att. cod. proc. pen., deve essere considerata come “pena piø grave inflitta”, che identifica la “violazione piø grave”, quella concretamente irrogata dal giudice della cognizione, siccome indicata nel dispositivo di sentenza»).
La sentenza, ponendosi in perfetta continuità con le precedenti pronunce del massimo consesso, inclusa Sez. U, Volpe, cit. (pag. 11, in particolare pag. 16), ha valorizzato, oltre al criterio di interpretazione letterale previsto dall’art. 12 Preleggi, la natura ‘derogatoria’ della disposizione di attuazione rispetto alla norma generale di cui all’art. 81 cod. pen. (come sottolineato da Sez. U, n. 25939 del 28/02/2013, COGNOME, Rv. 255347-01), e l’esigenza di «adattamento» dell’istituto della continuazione «alle caratteristiche proprie dell’esecuzione» che sono preservate proprio dalla disposizione processuale (Sez. U, n. 28569 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270073 – 01).
3.3. La rilevata disparità di moduli applicativi nelle sequenze procedurali di determinazione della pena trova, dunque, solida e razionale base giustificativa, oltre che nell’oggettiva diversità, non di mero fatto, bensì giuridica, delle situazioni processuali (processo unitario e cumulativo o pluralità di processi in tempi diversi, per piø reati, contro la stessa persona; giudizio di cognizione o di esecuzione), anche e soprattutto nell’efficacia preclusiva derivante dal principio d’intangibilità del giudicato e della ‘natura mista’, all’un tempo sostanziale e processuale, della diminuente prevista dall’art. 442, comma 2, cod. proc. pen. (sul punto, si veda Sez. U., COGNOME, cit., pag. 13 e segg.)
3.4. Non fa velo, a tale costante e coerente ricostruzione giurisprudenziale, l’adombrata frizione dei principi costituzionali stabiliti agli artt. 3, 24 e 27 Cost., poichØ la diversa operatività del criterio moderatore dell’art. 78 cod. pen. discende anche dalla scelta dell’imputato, il quale ha optato per il rito abbreviato e ha operato, di volta in volta, scelte difensive volte a eludere una immediata e completa ricostruzione dei fatti, infine preferendo riservare alla fase esecutiva l’istanza di unificazione che, viceversa, ben avrebbe potuto essere avanzata nel corso dei giudizi di merito che
si sono succeduti, nella piena consapevolezza del diverso canone dettato dall’art. 187 disp. att. cod. proc. pen.
In ultimo, non Ł superfluo evidenziare che la prospettazione difensiva, che propugna una frizione costituzionale derivante dalla scelta processuale che sarebbe stata compiuta dal pubblico ministero, si poggia su una mera asserzione, che il ricorso apoditticamente dà per assodata, nonchØ su una argomentazione del tutto ipotetica: tutti i reati per i quali COMMISSO Ł stato condannato nei tre distinti processi sarebbero compiutamente emersi già nelle investigazioni che hanno condotto alla formulazione della accusa nel procedimento ‘Crimine’; da ciò deriverebbe che egli andrebbe ‘rimesso’ nella posizione nella quale si sarebbe trovato se i processi fossero stati cumulativi e fosse stata riconosciuta, in tale sede, la continuazione tra tutti i reati.
La prospettazione difensiva Ł, quanto alla prima questione, meramente labiale e manifestamente irrilevante, nonchØ del tutto ipotetica quanto alla seconda.
4.1. Va subito chiarito che gli atti di parte si limitano ad affermare che gli elementi di accusa fossero già presenti negli atti del primo giudizio.
Tale evenienza, di certo, non può dirsi convalidata dal mero fatto che il giudice dell’esecuzione ha poi unificato i reati anteriormente giudicati con le tre sentenze, unico elemento di novità introdotto dalla difesa.
L’inesistente evenienza Ł, del resto, priva di rilievo posto che le distinte condanne e la successiva emersione del medesimo disegno criminoso tra i fatti da esse giudicati non possono essere utilizzate retrospettivamente per cancellare, secondo la nuova intenzione del condannato, le scelte processuali dallo stesso compiute.
Quale che fosse il panorama investigativo, che ha poi condotto alla formulazione dell’imputazione nel procedimento ‘Crimine’, resta indiscutibile che l’eventuale esistenza di indizi della commissione di altri reati, poi separatamente accertati in diversi procedimenti, Ł un dato irrilevante ai fini dell’art. 187 disp. att. cod. proc. pen. e dell’operatività dell’art. 78 cod. pen., non essendo un elemento in alcun modo richiamato o presupposto dalle disposizioni citate (e, neppure, dall’art. 81 cpv. cod. pen.).
4.2. L’ulteriore prospettazione difensiva Ł del tutto ipotetica, sia per come Ł formulata, sia perchØ trascura completamente il fatto che il giudizio Ł un percorso nel quale gioca un ruolo decisivo l’opzione difensiva che, nei limiti della logica, non può abbracciare ipotesi intrinsecamente confliggenti (negare, in tre distinti procedimenti, la sussistenza di indizi, salvo poi, in sede esecutiva, sostenere che fossero tutti già presenti nel primo procedimento), nØ obliterare le scelte processuali e sostanziali già effettuate, dalle quali derivano conseguenze normativamente stabilite (art. 187 disp. att. cod. proc. pen.).
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 28/05/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME