Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 37765 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 37765 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a CASERTA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 10/06/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di L’AQUILA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 10 giugno 2025 il Tribunale di sorveglianza dEl L’Aquila ha dichiarato inammissibile l’istanza, presentata nell’interesse di NOME COGNOME avente ad oggetto la misura alternativa della detenzione domiciliare ex art. 47ter, comma 1 -bis, Ord. pen., in ragione della ostatività del reato di ricettazione aggravata dall’art. 7, legge n. 203 del 1991, per la cui condanna è in cor l’esecuzione.
Ha ritenuto infondata, inoltre, la tesi difensiva della scindibilità tra la pena la ricettazione e l’aumento per l’aggravante, già espiato, così da divenire ricettazione reato comune e consentire l’ammissione alla misura richiesta.
Infine, ha ritenuto non integrate le condizioni previste ex artt. 58 -ter e 4 -bis Ord. pen., come novellato dal dl. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, co modificazioni, dalla legge 30 novembre 2022, n. 199 in assenza delle allegazioni ivi previste.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, per mezzo del proprio difensore, AVV_NOTAIO, articolando un unico motivo, con il quale ha eccepito violazione degli artt. 606, lett. b), c) ed e), cod. pen., 4 -bis, 47, 47 -ter, 50 e 58 -ter ord. pen.
Il Tribunale di sorveglianza avrebbe errato non considerando che COGNOME è in espiazione per il solo reato di cui all’art. 648 cod. pen., rispetto al quale interamente espiata la pena riferibile all’aggravante di cui all’art. 7, legge n del 1991; da ciò deriverebbe, pertanto, la non ostatività alla concessione del misure alternative alla detenzione.
Ciò, ancor più, in considerazione del fatto che la Corte di assise di appello Napoli, con sentenza di condanna prodotta al Tribunale adito, ha riconosciuto il vincolo della continuazione tra i fatti di cui alla sentenza per la quale COGNOME espiazione ed altri giudicati con sentenze precedenti; pertanto, il residuo di pe da espiare riguarda il solo reato di cui all’art. 648 cod. pen. e risulta infer due anni di reclusione proprio per effetto della decurtazione di un anno di pena coincidente con l’aumento operato per l’aggravante reputata ostativa.
Il Tribunale avrebbe dovuto, pertanto, conformarsi al principio di diritto ch prevede, in caso di cumulo giuridico di pene irrogate per il reato continuato, scindibilità delle stesse ai fini della fruizione dei benefici penitenziari, qual condannato abbia espiato la pena relativa ai reati ostativi.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiarar inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Il ricorrente sostiene che, riconosciuto il vincolo della continuazione tra pi reati ostativi giudicati con una pluralità di sentenze, è possibile la scission cumulo giuridico in funzione della fruizione di benefici penitenziari determinando, all’esito, la pena per la quale è possibile accedere ai predetti benefici.
Nel caso di specie, l’unificazione a seguito della riconosciuta continuazione ha avuto ad oggetto due condanne per delitti di cui all’art. 416-bis cod. pen. e quel per ricettazione aggravata ai sensi dell’art. 7 legge n. 203 del 1991.
Ulteriormente, afferma la possibilità, in caso di condanna per un reato ostativo per effetto della ritenuta aggravante di cui all’art. 7 cit., di separare la pena reato da quella per l’aggravante.
Entrambe le affermazioni sono manifestamente infondate.
Va, anche in questa sede, ribadito il principio per cui «qualora provvedimento di unificazione di pene concorrenti comprenda esclusivamente condanne per reati ostativi alla concessione dei benefici penitenziari, non ricorron i presupposti per derogare alla regola di cui all’art. 76 cod. pen. dell’unita delle pene cumulate e del conseguente rapporto esecutivo, poiché lo scioglimento del cumulo sarebbe privo di una base logica e giuridica, non essendo possibile individuare alcun criterio obiettivo e ragionevole di imputazione all’uno o all’al titolo della pena già espiata» (fra le molte, Sez. 1, n. 38452 del 01/07/202 COGNOME, Rv. 287081 – 01; Sez. 1, n. 12554 del 21/02/2020, COGNOME, Rv. 278903 01).
E’ minoritario e isolato, invece, l’orientamento secondo cui «in tema di concessione dei benefici penitenziari a condannati per taluno dei reati indica nell’art. 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, ai fini dell’accertament necessario requisito dell’utile collaborazione con la giustizia ovve dell’impossibilità od inesigibilità della stessa, di cui all’art. 58-ter della me legge, è legittimo lo scioglimento del cumulo, pur quando esso ricomprenda reati tutti ostativi (cd. cumulo omogeneo), escludendosi dalla valutazione i reati le c pene dovessero risultare già espiate» (Sez. 1, n. 48690 del 29/05/2019, Badalamenti, Rv. 277889 – 01).
Il precedente di legittimità richiamato in ricorso (Sez. 1, n. 9 dell’11/02/2020, COGNOME, Rv. 215501-01) riguarda la diversa fattispecie dell continuazione fra reati solo alcuni dei quali ostativi.
Peraltro, neppure è possibile scindere l’esecuzione della pena per l’aggravante
da quella per il reato non circostanziato (nel caso di specie, la ricettazione), trattandosi di componente essenziale, come già affermato da Sez. 1, n. 6622 del 23/01/2008, RG. in proc. Corradini, Rv. 239368-01 e Sez. 1, n. 20508 del 18/04/2013, Vallelunga, Rv. 255948-01, in materia di indulto.
Corretto si rivela, pertanto, il riferimento contenuto nell’ordinanza alle allegazioni di cui all’art. 4-bis Ord. pen., come modificato da dl. n. 162 del 2022, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 199 del 2022.
Si tratta, dell’onere di allegare, come correttamente segnalato nel provvedimento impugnato, «l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l’assoluta impossibilità di tale adempimento», oltre che di «elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza, che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reato è stato commesso, nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile. Al fine della concessione dei benefici, il giudice accerta altresì la sussistenza di iniziative dell’interessato a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie che in quelle della giustizia riparativa».
Tale profilo è rimasto totalmente estraneo alle deduzioni del ricorrente che, nonostante la motivazione resa, sul punto, dal Tribunale di sorveglianza, ha omesso qualsiasi considerazione, con conseguente aspecificità dell’atto introduttivo.
Per quanto esposto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15/10/2025