Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 37766 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 37766 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a PATERNO’ il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/05/2025 della CORTE APPELLO di CATANIA
lette le conclusioni del PG in persona del Sostituto Procuratore generale Assun udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, resa in data 9 aprile 2025, la Corte di appello di Catania, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza di NOME COGNOME, volta alla rideterminazione della pena da espiare in relazione alla sentenza della Corte d’appello di Catania del 17 aprile 2019, definitiva il 29 settembre 2020, in ordine a reati commessi fino a gennaio 2013, che ha riconosciuto la continuazione esterna con reati separatamente giudicati.
Il decidente ha ritenuto condivisibili le valutazioni della locale Procura generale, in quanto la pena inflitta per le condanne in continuazione risulta già interamente espiata anteriormente alla commissione dei reati per cui è in corso l’esecuzione.
COGNOME, con atto del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata per due motivi.
Con il primo, ha dedotto vizio di motivazione del provvedimento impugNOME in ordine al profilo della mancata valutazione delle argomentazioni riportate nella memoria difensiva depositata 1’8 aprile 2025 che ha allegato.
Con il secondo motivo, ha eccepito violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 125 c.p.p., giacché il giudice dell’esecuzione non ha tenuto conto dei principi stabiliti in materia dalla giurisprudenza di legittimità.
In particolare, ha disatteso l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, ai fini dell’esecuzione di pene concorrenti, vanno inserite nel cumulo anche le pene già espiate che possono avere un riflesso sul criterio moderatore di cui all’art. 78 cod. pen. o sul cumulo materiale, anche in vista della maturazione dei requisiti temporali per l’ammissione ad eventuali benefici penitenziari.
Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo di ricorso è aspecifico e generico laddove lamenta la mancata considerazione, da parte del giudice dell’esecuzione, di una memoria difensiva senza preoccuparsi di precisare il contenuto di quella memoria e quale argomentazione in essa illustrata fosse idonea a scardinare la motivazione del provvedimento impugNOME e le conclusioni alle quali è pervenuta la Corte di appello
di Catania.
Deve essere ribadito, anche nel caso in esame, il costante insegnamento di questa Corte secondo cui l’omesso esame di una memoria difensiva da parte del giudice di merito non può essere dedotto in sede di legittimità, salvo che introduca temi nuovi e questioni diverse potenzialmente decisive che devono essere specificamente illustrate nel ricorso (fra le molte Sez. 5, n. 5443 del 18/12/2020, dep. 2021, Bagala’, Rv. 280670 – 01 e Sez. 2, n. 38834 del 07/06/2019, Forzini, Rv. 277220 – 01, entrambe in tema di riesame).
Si tratta dell’applicazione del principio generale, anch’esso uniforme, secondo cui «in tema di ricorso per cassazione, il vizio di motivazione con cui è denunciata la mancata risposta alle argomentazioni difensive può essere utilmente dedotto nel solo caso in cui gli elementi trascurati o disattesi abbiano chiaro carattere di decisività, sicché la loro adeguata valutazione avrebbe dovuto necessariamente portare, salvo intervento di ulteriori e diversi elementi di giudizio, a una decisione più favorevole di quella adottata» (Sez. 4, n. 25730 del 01/07/2025, COGNOME, Rv. 288493 – 01; Sez. 6, n. 3724 del 25/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 267723 01 e molte altre).
Con il secondo motivo di ricorso, a ben vedere, non viene neppure censurata la ratio decidendi del provvedimento impugNOME che, come, d’altronde, i precedenti provvedimenti assunti su identiche istanze del ricorrente, risiede nell’affermazione del principio per cui, in tema di rapporto tra continuazione ed espiazione della pena per i reati unificati, lo scomputo della custodia cautelare sofferta, o delle pene già espiate, sine titulo può riguardare la sola parte di sanzione attinente ai reati commessi prima dell’esecuzione della detenzione astrattamente fungibile, in base alla regola stabilita dall’art. 657, comma 4, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 48644 del 27/09/2017, COGNOME, Rv. 271651-01; Sez. 1, n. 45259 del 27/09/2013, COGNOME, Rv. 257618-01; Sez. 1, n. 8109 del 11/02/2010, COGNOME, Rv. 246383-01; Sez. 1, n. 25186 del 17/02/2009, COGNOME, Rv. 243809-01).
Sul punto va ribadito quanto già segnalato in altri precedenti di questa Corte su ricorsi proposti da COGNOME, ovvero che le pene confusamente indicate dalla difesa appaiono espiate tutte prima del “gennaio 2013”, data di commissione del reato associativo la cui pena è in esecuzione.
Il tema, infatti, è già stato affrontato e risolto, con declaratoria di inammissibilità dei ricorsi, da Sez. 1, n. 14769 del 4/02/2025, Sez. 1, n. 26991 del 29/03/2023 e Sez. 1, n. 49281 dell’11/10/2023.
Il tema viene riproposto in ricorso in termini, ancora una volta, confusi e aspecifici, oltre che estranei al contenuto del provvedimento impugNOME rispetto al
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quale, si lamenta, ulteriormente, il mancato inserimento nell’ultimo cumulo delle pene già espiate, senza, tuttavia, precisare l’effettivo interesse a tale inclusi
Per quanto esposto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15/10/2025