Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 1722 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 1722 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a CATANIA il 22/07/1959
avverso l’ordinanza del 17/07/2024 del TRIBUNALE di ENNA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; lette/certtite le conclusioni del PG
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore gener dott. NOME COGNOME che chiede la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Enna, quale giudice dell’esecuzione, rigettato l’istanza presentata dal difensore di NOME COGNOME di correzione dell’ord esecuzione emesso dalla Procura generale presso la Corte di appello di Caltanissetta in data 22 marzo 2019, nella parte in cui prevede due provvedimenti di cumulo parziale in luogo di u solo provvedimento di cumulo trentennale attinente a tutte le condanne facenti capo suddetto. Tale istanza faceva leva, come evidenziato dalla stessa ordinanza impugnata, sull’asserita illegittima esclusione dal cumulo unico invocato della sentenza della Cor appello di Caltanissetta in data 12/04/2016, di conferma della sentenza del Tribunale di Enn in data 23/11/2013, con la quale NOME era stato condannato per i delitti di cui all’ar bis, commi 1, 2, 3 e 4 alla pena di anni nove di reclusione. E, quindi, sul mancato rispetto limiti edittali di cui all’art. 78 cod. pen., che prevede che, nel caso di concorso preveduto dall’art. 73 stesso codice, la pena da applicare a norma dello stesso articolo non p essere superiore al quintuplo della più grave fra le pene concorrenti né comunque eccedere trenta anni di reclusione. Come, altresì, evidenziato dall’ordinanza impugnata, secondo prospettazione difensiva a fronte dell’intervenuta carcerazione di Marletta in data 8 ma 1999 la suddetta sentenza concernerebbe fatti di reato commessi anteriormente a tale data.
Avverso tale ordinanza COGNOME tramite il proprio difensore di fiducia, propone rico per cassazione, insistendo sulla violazione dell’art. 78 cod. pen. e sul vizio di motivazione non avere il Tribunale di Enna ricompreso nel decreto di cumulo trentennale la sentenza dell stesso Tribunale sopra menzionata, rigettando la richiesta difensiva di correzione di de provvedimento.
Osserva il difensore che il delitto associativo, di cui si chiedeva l’introduzione nel c era commesso in data antecedente alla carcerazione di Marletta, avvenuta in data 8 marzo 1999, come evidenziato dall’affiliazione del ricorrente a Cosa Nostra già alla data del 19 dalla commissione di uno dei reati fine (estorsione ai danni di COGNOME) prima del 1999 infine, dall’intervenuto riconoscimento del vincolo della continuazione tra la senten condanna per detto reato e altra compresa nel cumulo. Rileva che anche l’imputazione “fino alla data del 2010” è espressione di una consumazione del reato in data comunque anteriore alla carcerazione. Osserva che in presenza di tutti i presupposti di legge non rileva che il sia a consumazione prolungata. E insiste, pertanto, per l’annullamento dell’ordinanz impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza e aspecificità.
Invero, è giurisprudenza costante di questa Corte quella secondo cui il principio dell’u del rapporto esecutivo è riferibile alle pene comminate per reati commessi prima dell’ini della detenzione (si veda per tutte Sez. 1, n. 47678 del 03/07/2019, COGNOME, Rv. 277459, osserva che, in presenza di cumuli parziali di pene detentive per reati commessi in tem diversi e con periodi di carcerazione parimenti sofferti in tempi diversi, il limite del della più grave fra le pene concorrenti va commisurato autonomamente in riferimento a ciascun cumulo). E secondo cui, quindi, in tema di esecuzione di pene concorrenti inflitte c condanne diverse, se il condannato commette un nuovo reato durante l’espiazione di una determinata pena o dopo che l’esecuzione di quest’ultima sia stata interrotta, occor procedere a cumuli parziali – e quindi al cumulo della pena inflitta per il reato cui si rif pena parzialmente espiata – con applicazione del criterio moderatore previsto dall’art. 78 c pen. e detrazione dal risultato del presofferto, operando successivi, nuovi cumuli, comprensi della pena residua da espiare e delle pene inflitte per i reati successivamente commessi, fi all’esaurimento di queste ultime, previa detrazione, per ciascuna condanna, della pena gi espiata in custodia cautelare o della pena di cui è cessata l’esecuzione (Sez. 5, n. 50135 27/11/2015, Broegg, 265966: in motivazione, la Corte ha chiarito che può procedersi, invece, al calcolo unitario delle pene concorrenti se dette pene si riferiscono a reati commessi in e antecedente all’inizio della esecuzione di una di esse). Ciò trova, invero, conferma in Sez. 4135 del 27/01/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 267302, secondo la quale, in tema di esecuzione di pene concorrenti, il criterio moderatore previsto dall’art. 78 cod. pen. non o nel caso disciplinato dal successivo art. 80 di concorso di pene inflitte con sentenze o de diversi, se diversi sono anche i tempi di commissione dei reati e delle custodie cautelari imponendosi in tal caso la formazione di cumuli differenti, il predetto criterio è appli nell’ambito di ciascuna operazione di cumulo parziale, solo nel caso in cui la pena derivante cumulo parziale sia superiore ai limiti di pena fissati dalla norma predetta. E in Sez. 37630 del 18/06/2014, COGNOME, Rv. 260809, che evidenzia che il disposto di cui all’art. comma primo, cod. pen., secondo cui la pena da applicare nel caso di concorso di reati che importano pene detentive temporanee non può superare il limite massimo di anni trenta di reclusione, non deve essere inteso nel senso che il condannato non possa essere detenuto per un periodo complessivamente eccedente i trenta anni nel corso della vita, ma nel senso che, nella esecuzione di una pluralità di condanne a pena detentiva, il criterio moderator questione opera con riguardo alla somma tra il residuo delle pene ancora da espiare all’at della commissione di un nuovo reato e la pena per quest’ultimo inflitta. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
L’ordinanza in esame evidenzia come le considerazioni difensive a fondamento dell’invocata unicità del cumulo muovano da un evidente equivoco di fondo, relativo al coincidere la nozione di commissione del reato con quella di perfezionamento e a trascurare
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che il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen., di cui si chiede l’inserimento nell’unico un reato a consumazione prolungata. Rileva, a tale riguardo, come la partecipazione di COGNOME a Cosa Nostra e in particolare al nucleo afferente alla “famiglia” di Enna avesse av inizio nell’anno 1998 (data di perfezionamento del reato) e si fosse protratta (con annes prolungamento dell’offesa e, pertanto, della consumazione del reato) sino all’anno 2010; come tale periodo di consumazione, individuato sulla base di specifici passaggi argomentativ della sentenza della Corte di appello di Caltanissetta del 12/04/2016, di conferma di quella Tribunale di Enna, riportati alle p. 3 – 5 dell’ordinanza in esame (tra cui quello nel evidenzia come, a riprova dell’affiliazione prolungata nel tempo, la famiglia COGNOME a ricevuto versamenti di denaro dal clan fino a tutto il 2010), ponendosi abbondantemente oltr l’intervenuta detenzione di COGNOME, giustifichi, dunque, l’adozione da parte della Pr generale presso la Corte di appello di Caltanissetta di due distinti provvedimenti di cum emessi nel pieno rispetto dell’art. 78 cod. pen.
A fronte di tali argomentazioni, scevre da vizi logici e giuridici, anzi conformi al c indirizzo giurisprudenziale sopra riportato, il ricorso insiste nell’unificazione del incorrendo nella manifesta infondatezza e nella aspecificità, laddove non si confronta con t iter motivazionale.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pe condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. 186 del 2000), anche al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro tremila.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 29 novembre 2024.