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Cumulo di pene: la regola per reati commessi in carcere

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un condannato che chiedeva di unificare i cumuli di pena. La Corte ha confermato la correttezza della creazione di tre distinti cumuli parziali, basati su un criterio cronologico. Questa metodologia è necessaria per impedire che il periodo di detenzione già sofferto (presofferto) venga impropriamente detratto da pene per reati commessi in epoca successiva, rispettando il principio del corretto calcolo del cumulo di pene e evitando un “credito di impunità”.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Cumulo di Pene: La Cassazione Spiega il Calcolo per Reati Commessi in Carcere

Il calcolo del cumulo di pene rappresenta un momento cruciale nella fase di esecuzione di una condanna, specialmente in scenari complessi. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i principi fondamentali da seguire quando un soggetto, già in stato di detenzione, commette nuovi reati. La questione centrale è come evitare che il tempo già trascorso in carcere vada a “scontare” pene per crimini commessi successivamente. La risposta della Corte è netta: è obbligatorio procedere con la formazione di cumuli parziali e cronologici.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato riguardava un condannato la cui storia criminale si estendeva su diversi decenni, con periodi di carcerazione interrotti. Il Procuratore generale, nel ricalcolare la pena totale, aveva adottato un provvedimento di cumulo che suddivideva le condanne in tre blocchi distinti:

1. Un primo cumulo per i reati commessi prima del 31 dicembre 1993, data di inizio del primo periodo di carcerazione.
2. Un secondo cumulo per i reati commessi prima del 14 dicembre 2007, data di inizio del secondo periodo di carcerazione.
3. Un terzo cumulo, contenente un solo reato (associazione di tipo mafioso), la cui consumazione si era protratta anche durante la seconda carcerazione, fino al 2010.

Il condannato, attraverso i suoi legali, ha impugnato questo provvedimento, chiedendo di limitare i cumuli a due, sostenendo che la creazione del terzo fosse illegittima. A sostegno della sua tesi, ha citato una successiva assoluzione per un altro reato associativo e il riconoscimento della liberazione anticipata, elementi che, a suo dire, smentivano la prosecuzione dell’attività criminale in carcere.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Cumulo di Pene

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato. Ha pienamente validato l’operato del Procuratore generale, confermando che la creazione di tre cumuli parziali non solo era corretta, ma anche necessaria per rispettare i principi inderogabili che governano l’esecuzione penale. La Corte ha sottolineato come la richiesta del ricorrente avrebbe portato a una palese violazione della legge.

Le Motivazioni

Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 657, comma 4, del codice di procedura penale. Secondo la giurisprudenza consolidata, questo articolo impone una regola ferrea: il periodo di detenzione già sofferto (il cosiddetto “presofferto”) può essere detratto solo dalle pene relative a reati commessi prima di quel periodo di detenzione.

La Corte ha spiegato che consentire una “cumulabilità globale” e indiscriminata, come richiesto dal ricorrente, porterebbe a una situazione paradossale e inaccettabile: la pena per un reato non ancora commesso potrebbe risultare già espiata. Questo creerebbe quello che la dottrina e la giurisprudenza definiscono un “illegittimo credito di impunità”, con un potenziale effetto criminogeno, poiché il soggetto saprebbe di poter commettere nuovi reati senza subire un aumento concreto della pena da scontare.

Di conseguenza, la procedura corretta è la seguente:

1. Si ordinano cronologicamente i reati e i periodi ininterrotti di carcerazione.
2. Si crea un primo cumulo (parziale) con le pene per i reati commessi prima di un determinato periodo di detenzione.
3. Dal risultato di questo cumulo si detrae il periodo di carcerazione sofferto.
4. Si procede a un nuovo e distinto cumulo per i reati commessi successivamente, che includerà l’eventuale pena residua del cumulo precedente.

Nel caso specifico, poiché la sentenza di condanna aveva accertato in via definitiva che il reato associativo si era protratto fino al 2010 (quindi, anche durante la detenzione iniziata nel 2007), era giuridicamente obbligatorio isolare tale reato in un terzo cumulo per evitare di imputargli il presofferto precedente.

Le Conclusioni

La sentenza riafferma un principio di logica e giustizia fondamentale nel diritto dell’esecuzione penale. La gestione del cumulo di pene deve seguire un rigoroso ordine cronologico per garantire che ogni reato riceva la giusta sanzione e che il tempo scontato in carcere non si trasformi in un incentivo a delinquere ulteriormente. La decisione della Cassazione serve come un chiaro monito: la fungibilità della pena ha dei limiti precisi, posti a tutela della certezza del diritto e dell’effettività della sanzione penale.

È possibile detrarre il carcere già scontato (presofferto) da una pena per un reato commesso successivamente?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che i periodi di carcerazione possono essere imputati solo a pene per reati commessi prima dell’inizio di tale periodo di detenzione, per evitare la creazione di un “credito di impunità”.

Come si calcola il cumulo di pene se un reato è stato commesso durante la detenzione?
È necessario creare cumuli parziali e cronologici. Un primo cumulo raggruppa i reati commessi prima dell’inizio della detenzione (da cui si detrae il presofferto). Un secondo cumulo, distinto e successivo, viene creato per i reati commessi durante o dopo la detenzione.

Perché la legge impedisce di creare un unico cumulo globale in questi casi?
Per evitare una situazione anomala in cui la pena per un reato non ancora commesso potrebbe risultare già espiata per effetto della detenzione precedente. Questo violerebbe l’art. 657, comma 4, c.p.p. e potrebbe avere un effetto criminogeno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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