Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2979 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2979 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 06/07/1955, avverso l’ordinanza del 16/09/2024 della Corte di appello di Napoli; letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Il 17 novembre 2023 il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Napoli adottava nei confronti di NOME COGNOME provvedimento di cumulo di pene concorrenti, aggiornando i precedenti analoghi provvedimenti.
Per quanto in questa sede rileva, venivano riformulati i due cumuli parziali già riconosciuti, con creazione di un terzo cumulo parziale: nel primo venivano inserite le condanne per reati consumati prima del 31 dicembre 1993, data di inizio del primo periodo di carcerazione del COGNOME; nel secondo venivano inserite le condanne per reati consumati prima del 14 dicembre 2007, data di inizio del secondo periodo carcerazione del COGNOME, tra esse ricomprendendosi il reato di cui al capo n. 84 della sentenza sub 9, ossia un delitto di estorsione aggravata commesso negli anni 2000 2001; nel terzo veniva, infine, inserito il solo reato sub 1 della sentenza sub 9, in quanto in parte «commesso durante la seconda carcerazione (31.12.2010)», facendosi espresso riferimento «a quanto argomentato dalla sentenza sub 9 (cfr. in particolare pagina 114) in ordine al ruolo del condannato in epoca successiva all’arresto del 14.12.2007».
Il difensore del COGNOME formulava istanza al giudice dell’esecuzione, chiedendo di rideterminare il fine pena facendo risalire la carcerazione del COGNOME al 14 dicembre 2007 e limitando i cumuli parziali a due.
Il giudice dell’esecuzione, con il provvedimento qui impugnato, rigettava la richiesta, rilevando che nella formazione dei tre cumuli era stato rispettato l’univoco orientamento di legittimità in base al quale, nel caso di reati commessi in tempi diversi con periodi di carcerazione già sofferti, devono
essere ordinati cronologicamente i reati e i periodi ininterrotti di carcerazione e detratto ogni periodo dal cumulo parziale delle pene per i reati commessi in precedenza, applicando il criterio di cui all’art. 78 cod. pen. nel singolo cumulo parziale, non essendo consentita una cumulabilità globale, che comporterebbe l’imputazione di periodi di carcerazione anteriori a pene inflitte per reati commessi successivamente, in violazione dell’art. 657, comma 4, cod. proc. pen.
Il provvedimento di cumulo era stato – ad avviso del giudice dell’esecuzione – adottato in maniera corretta, raggruppando da un lato le pene relative ai reati commessi sino alla data del reato cui si riferisce la pena parzialmente espiata (con applicazione del criterio moderatore dell’art. 78 cod. pen. e detrazione dal risultato del presofferto), e dall’altro la pena residua e le pene inflitte per i reati commessi in seguito, fino alla data della successiva detenzione.
L’accoglimento della richiesta del condannato – si osservava, infine, nel provvedimento impugnato – avrebbe finito «per precostituire un illegittimo credito di impunità (esito della mancata scissione della pena di cui alla pronuncia sub 9) imputando il presofferto anche a reati commessi successivamente».
I difensori di fiducia di NOME COGNOME, Avv. NOME COGNOME e Avv. NOME COGNOME hanno presentato ricorso per cassazione avverso l’indicata ordinanza, articolando un unico motivo con il quale deducono vizio di motivazione e violazione di legge in relazione all’erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 657, comma 4, cod. proc. pen.
Rilevano che, dopo l’adozione del secondo cumulo, risalente al 17 giugno 2019, non era intervenuta alcuna modifica nella procedura esecutiva relativa al Contini che giustificasse l’adozione del nuovo provvedimento del 17 novembre 2023, non essendo intervenuta alcuna nuova sentenza di condanna.
Ritengono erronea la decisione di scindere la condanna riportata dal COGNOME con la sentenza sub 9) per i reati di associazione mafiosa e di estorsione aggravata commessi tra il 2000 e il 2001, con la creazione di un terzo cumulo: decisione che «oltre a non tenere conto della continuazione esterna contenuta in tale pronuncia con altre due sentenze ex art. 416 bis c.p. emesse nei confronti del reo rispettivamente in data 18.12.1997 (irrevocabile il 01.10.2002) sub 3) cumulo del 29.01.2003, e il 20.10.2009 (irrevocabile il 13.07.2011) sub 7) cumulo del 16.04.2019, appare in contrasto con l’assunto dello stesso Ufficio che scinde i cumuli parziali, operando una distinzione tra reati consumati prima del 31.12.1993, epoca della prima carcerazione, e quelli perpetrati in epoca antecedente al 14.12.2007, data di inizio della seconda carcerazione».
Sottolineano che «il COGNOME viene tratto in arresto il 14 dicembre 2007 ed Ł tuttora detenuto ininterrottamente», e che dopo quella data il ricorrente non ha posto in essere alcun altro illecito, evidenziando che, a riscontro di ciò, erano stati depositati la sentenza irrevocabile del 25 maggio 2022 con la quale il giudice per l’udienza preliminare aveva assolto il COGNOME dal reato di associazione mafiosa commesso fino al 2016 (sentenza nella quale si evidenzia che la lunga carcerazione del COGNOME abbia indebolito la sua autorità ed impedisca di configurare un suo tangibile apporto alla vita del clan), e il provvedimento del magistrato di sorveglianza del 14 ottobre 2023 che aveva riconosciuto al COGNOME il beneficio della liberazione anticipata per tutto il periodo di carcerazione sofferto a far data dal 14 dicembre 2007: provvedimenti che l’ordinanza impugnata non aveva in alcun modo considerato.
Il Sostituto Procuratore generale ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile, ritenendo che la Corte territoriale abbia correttamente confermato la legittimità dell’operato della Procura Generale (che, per favorire la corretta applicazione del criterio ex art. 78 cod. pen., ha formato tre cumuli parziali, in modo da evitare un’imputazione del presofferto anche per pene inflitte per il reato
di cui all’art. 416 bis c.p. commesso in epoca successiva al 14 dicembre 2007, data di inizio della detenzione), ed osservando che «La difesa contesta che la condotta associativa che ha provocato la formazione del terzo cumulo parziale si sia protratta anche in epoca successiva all’arresto (ossia dal 2007 al 2010), proponendosi al riguardo doglianze di merito non allineate a quanto stabilito con la sentenza divenuta irrevocabile».
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł infondato, e deve pertanto essere rigettato.
Secondo l’univoca e consolidata giurisprudenza di questa Corte, «In tema di esecuzione di pene concorrenti inflitte con condanne diverse nei confronti di un soggetto che abbia commesso nuovi reati durante l’espiazione di una pena o dopo la sua interruzione, Ł necessario procedere alla formazione di cumuli parziali, raggruppanti, da un lato, le pene relative ai reati commessi sino alla data di quello cui si riferisce la pena parzialmente espiata (con applicazione del criterio moderatore dell’art. 78 cod. pen. e detrazione dal risultato del presofferto) e, dall’altro, la pena residua e le pene inflitte per i reati commessi in seguito, sino alla data della successiva detenzione, e, qualora una o piø pene possano imputarsi a cumuli diversi in funzione dei criteri egualmente legittimi della data di commissione del reato o della data di inizio dell’esecuzione, occorre verificare le conseguenze derivanti in concreto dall’applicazione di ciascun criterio, dando preferenza alla soluzione meno gravosa per il condannato, in ossequio ad un principio di favore per il medesimo avente valenza generale nell’ambito penale» (Sez. 1, n. 17503 del 13/02/2020, COGNOME, Rv. 279182 – 01).
Ed invero, se così non fosse verrebbe a realizzarsi una situazione anomala, in cui la pena irrogabile per un reato ancora da commettere potrebbe risultare già espiata per effetto della precedente detenzione: per questo si Ł sostenuto in dottrina che, in assenza di una tale regola limitativa, l’istituto del computo del presofferto potrebbe avere un effetto criminogeno.
Si Ł, dunque, precisato che, «In tema di esecuzione delle pene concorrenti, nel caso di reati commessi in tempi diversi con periodi di carcerazione già sofferti, devono essere ordinati cronologicamente i reati e i periodi ininterrotti di carcerazione e detratto ogni periodo dal cumulo (parziale) delle pene per i reati commessi in precedenza, applicando il criterio di cui all’art. 78 cod. pen. nel singolo cumulo parziale, sicchØ che non Ł consentita una cumulabilità globale che comporterebbe l’imputazione di periodi di carcerazione anteriori a pene inflitte per reati commessi successivamente, in violazione dell’art. 657, comma 4, cod. proc. pen.» (Sez. 1, n. 47799 del 23/06/2023, Piccolo, Rv. 285537 – 01).
Se, pertanto, il condannato commette un nuovo reato durante l’espiazione di una pena, occorre procedere a nuovi cumuli, comprensivi della pena residua da espiare e delle pene inflitte per i reati successivamente commessi, fino all’esaurimento di queste ultime, previa detrazione, per ciascuna condanna, della pena già espiata in custodia cautelare o della pena di cui Ł cessata l’esecuzione (Sez. 5, n. 50135 del 27/11/2015, Broegg, Rv. 265966 – 01).
Dunque, in caso di pene inflitte con plurime sentenze, per reati commessi in parte prima dell’inizio della espiazione ed in parte nel corso di questa, occorre unificare quelle relative a tutti i reati del primo gruppo, e procedere alla creazione di un distinto e successivo cumulo per i reati commessi nel corso della espiazione, comprendendovi la porzione di pena determinata con il cumulo precedente che doveva ancora essere espiata alla data di commissione del nuovo reato, unitamente alla pena residua a quest’ultimo.
Tanto Ł stato fatto nel caso di specie, sicchØ non possono trovare accoglimento le doglianze
del ricorrente: ove tutte le pene relative ai fatti successivi al 31 dicembre 1993 fossero state incluse, così come richiesto dal COGNOME, in un unico cumulo indiscriminato e globale, soggetto all’unitaria detrazione del presofferto, periodi di carcerazione anteriore sarebbero stati imputati anche alla pena per il reato di associazione mafiosa che, secondo quanto accertato con sentenza irrevocabile dal giudice della cognizione, Ł stato commesso in parte in epoca successiva a quando, nel dicembre 2007, ebbe inizio l’ultimo ed ancora attuale periodo di carcerazione sofferto dal COGNOME; da tanto sarebbe conseguita la palese violazione del principio di cui all’art. 657, comma 4, cod. proc. pen., a mente del quale la fungibilità Ł consentita solo a condizione che il reato giudicato separatamente sia stato commesso anteriormente al periodo di detenzione.
Non possono, in questa sede, trovare accoglimento le doglianze di merito sviluppate dal ricorrente: appare, invero, del tutto neutra la circostanza che, in un successivo procedimento penale, il COGNOME sia stato prosciolto dal delitto di associazione mafiosa, in quella sede contestatogli come commesso fino all’anno 2016, così come appare irrilevante che il magistrato di sorveglianza abbia riconosciuto all’odierno ricorrente il beneficio della liberazione anticipata per tutto il periodo di carcerazione sofferto a far data dal 14 dicembre 2007; ciò che ha rilievo decisivo e determinante, e che non poteva in alcun modo essere messo in discussione dal giudice dell’esecuzione, Ł la circostanza che il giudice della cognizione abbia accertato, nella sentenza sub 9), che la consumazione del reato di associazione mafiosa in quella sede contestato al COGNOME si Ł protratta fino all’anno 2010: tanto ha, infatti, imposto la creazione del terzo cumulo, in applicazione di quanto prescritto dall’art. 657, comma 4, cod. proc. pen., così come interpretato dalla univoca giurisprudenza di legittimità, sicchØ non Ł ravvisabile alcun vizio di motivazione nØ alcuna violazione di legge nel provvedimento del giudice dell’esecuzione qui impugnato, che ha rigettato l’incidente di esecuzione con il quale si invocava l’eliminazione del terzo cumulo e la conseguente rideterminazione del fine pena.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del COGNOME al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 05/12/2024
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME