Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35817 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35817 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 01/12/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOMECOGNOME lette/~te le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
INDIRIZZO ricorre avverso l’ordinanza emessa in data 1 dicembre 2023 dalla Corte di appello di Palermo che, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza con la quale era stata chiesta la detrazione dei periodi di detenzione presofferta (dal 17 luglio al 26 agosto 1995, dal 26 gennaio al 12 febbraio 1996 e dal 3 novembre 1997 all’8 agosto 2006) dalla pena di anni trenta di reclusione ed euro 4.800,00 di multa di cui al provvedimento di esecuzione di pene concorrenti del 20 settembre 2018 della Procura generale della Repubblica presso la Corte di appello di Palermo.
Corso era stato condannato in ordine ai seguenti reati:
associazione di tipo mafioso, ai sensi dell’art. 416-bis cod. pen., commesso fino al 30 ottobre 1998, giudicato dalla sentenza della Corte di appello di Palermo del 5 novembre 1999, divenuta definitiva;
associazione di tipo mafioso, ai sensi dell’art. 416-bis cod. pen., commesso dal 30 ottobre 1998 fino al 16 giugno 2011, e lesione personale ed estorsione, ai sensi degli artt. 582 e 629 cod. pen., giudicati dalla Corte di appello di Palermo con sentenza del 16 luglio 2012, divenuta definitiva;
produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti, associazione finalizzata al traffico delle sostanze stupefacenti e furto aggravato, ai sensi degli artt. 73, 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, 624 e 625 cod. pen., giudicati dalla Corte di appello di Palermo con sentenza del 9 ottobre 2012, divenuta definitiva;
estorsione aggravata, ai sensi dell’art. 629 cod. pen., giudicato dalla Corte di appello di Palermo con sentenza del 23 maggio 2015, divenuta definitiva.
L’interessato aveva chiesto l’inserimento anche della sentenza sub 1 la cui pena era stata già espiata dal 3 novembre 1997 all’8 agosto 2006 – nel provvedimento di esecuzione di pene concorrenti sopra richiamato (che, invece, era relativo all’esecuzione delle sole sentenze sub 2, 3 e 4), posto che il relativo reato associativo era stato riunito dal vincolo della continuazione con i reati sub 2, in ordine ai quali era stata rideterminata la pena finale in anni quindici di reclusione ed euro 4.000,00 di multa.
Il ricorrente denuncia vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il giudice dell’esecuzione non avrebbe indicato le ragioni in forza delle quali non
era possibile inserire nel cumulo in esecuzione una pena già espiata e concorrente con quella in esecuzione.
Il giudice dell’esecuzione, inoltre, avrebbe travisato la richiesta di detrazione ex art. 657, comma 1, cod. proc. pen. della porzione di pena sofferta in data successiva alla commissione del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
La Corte ritiene che il giudice dell’esecuzione abbia correttamente applicato al caso di specie il principio di diritto per il quale, in tema di esecuzione delle pene concorrenti, nel caso di reati commessi in tempi diversi con periodi di carcerazione già sofferti, devono essere ordinati cronologicamente i reati e i periodi ininterrotti di carcerazione e detratto ogni periodo dal cumulo (parziale) delle pene per i reati commessi in precedenza, applicando il criterio di cui all’art. 78 cod. pen. nel singolo cumulo parziale, sicché che non è consentita una cumulabilità globale che comporterebbe l’imputazione di periodi di carcerazione anteriori a pene inflitte per reati commessi successivamente, in violazione dell’art. 657, comma 4, cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 47799 del 23/06/2023, Piccolo, Rv. 285537).
Si evidenzia, infatti, che la regola dei cumuli parziali discende dalla esigenza di impedire che, alla espiazione di una condanna, siano imputati periodi di detenzione patiti prima della commissione del reato cui la condanna si riferisce, posto che l’art. 657, comma 4, cod. proc. pen. limita rigorosamente la possibilità di computare la custodia cautelare subita o la pena espiata per reato diverso al dato cronologico che la custodia e la espiazione anzidette siano successive alla commissione del reato per il quale deve essere determinata la pena da eseguire.
La giurisprudenza di legittimità, poi, nel rappresentare che la ratio di tale limitazione, costantemente riaffermata, è quella di non consentire ad alcuno di fruire di crediti di pena che possano agevolare la commissione di fatti criminosi nella consapevolezza dell’assenza di conseguenze sanzionatorie (tra le altre, Sez. 1, n. 12937 del 12/11/2015, dep. 2016, Micheletti, Rv. 266181), ha rimarcato che l’indicato principio trova applicazione anche nel caso in cui il c.d. credito di pena si sia formato a seguito del riconoscimento della continuazione fra taluni reati, con la conseguente determinazione di una pena complessiva inferiore a quella risultante dal cumulo materiale, e che, ove si pongano problemi di fungibilità tra le carcerazioni sofferte per i singoli reati unificati ex art. 81 cod. pen., il reato continuato, che può considerarsi reato unico solo ai fini specificamente previsti dalla legge, deve essere scisso nelle singole violazioni che lo compongono, sì da potersi individuare quelle commesse prima della detenzione senza titolo e stabilirsi
l’aliquota di sanzione del relativo frammento di aumento per la continuazione per far luogo alla fungibilità, stabilendosi, quindi, la parte di custodia cautelare o di pena inutilmente sofferta.
Nel caso di specie, l’ordinanza impugnata richiama espressamente la memoria del 6.11.2023, riportandone il contenuto, e fornendo una risposta corretta alle deduzioni in essa contenute, in particolare quanto alla pena scontata dall’11.10.2002 all’8.8.2006 in riferimento alla sentenza del GUP di Palermo di condanna per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen. del 30.10.1998 il giudice ha evidenziato che la pena era stata espiata prima del reato di associazione mafiosa consumato alla data del 16.6.2011
In modo coerente, il giudice dell’esecuzione ha evidenziato che la detenzione oggetto della richiesta, essendo stata espiata prima della commissione del successivo reato associativo, non poteva far parte di un ulteriore cumulo parziale, cui applicare il criterio moderatore dell’art. 78 cod. pen. e che, in modo conforme a quanto precisato dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. 1, n. 40329 del 11/07/2013, PM in proc. Onorato, Rv. 257600), va esclusa la fungibilità delle pene espiate senza titolo, se la permanenza è cessata dopo l’espiazione delle stesse.
In forza di quanto sopra, il ricorso deve essere rigettato. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso l’11/06/2024