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Cumulo di pene: la Cassazione sui crediti di pena

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26225/2024, ha rigettato il ricorso di un condannato che chiedeva una rettifica della data di fine pena. Il caso verteva sul corretto calcolo del cumulo di pene e sull’applicazione dell’art. 657, comma 4, c.p.p., che vieta di usare la detenzione già scontata come ‘credito’ per reati commessi successivamente. La Corte ha stabilito che, anche in caso di reato continuato, le singole violazioni devono essere considerate separatamente per verificare il rispetto del criterio cronologico, confermando la legittimità della creazione di ‘cumuli parziali’ da parte del giudice dell’esecuzione.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Cumulo di Pene: La Cassazione Chiarisce i Limiti alla Fungibilità della Pena

Il calcolo della pena da scontare quando un soggetto è stato condannato per più reati è un’operazione complessa, nota come cumulo di pene. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 26225/2024) ha fatto luce su un aspetto cruciale di questo processo: i limiti alla possibilità di detrarre periodi di detenzione già sofferti (la cosiddetta fungibilità). La Corte ha ribadito un principio fondamentale: la detenzione non può mai diventare un ‘credito’ da utilizzare per neutralizzare le conseguenze di reati commessi in futuro.

I Fatti del Caso

Un condannato si rivolgeva alla Corte di Cassazione dopo che il giudice dell’esecuzione aveva respinto la sua richiesta di rettificare il provvedimento di esecuzione pene. Secondo il ricorrente, la data di fine pena era stata calcolata erroneamente, posticipandola di oltre tre anni. L’errore, a suo dire, derivava dalla mancata considerazione di alcuni periodi di detenzione già scontati, che avrebbero dovuto essere detratti dalla pena complessiva.

Il nodo della questione risiedeva nell’applicazione dell’articolo 657, comma 4, del codice di procedura penale, che pone un limite cronologico preciso alla fungibilità: la custodia cautelare subita o la pena espiata per un reato diverso possono essere detratte solo se successive alla commissione del reato per cui si deve determinare la pena da eseguire.

La Questione del Cumulo di Pene e il Reato Continuato

Il ricorrente sosteneva che, essendo i suoi reati stati unificati sotto il vincolo della continuazione (art. 81 c.p.), avrebbero dovuto essere considerati come un unico blocco. Di conseguenza, i periodi di detenzione scontati avrebbero dovuto ridurre l’intera pena cumulata. Tuttavia, il giudice dell’esecuzione prima, e la Cassazione poi, hanno seguito un’interpretazione molto più rigorosa.

La ratio della norma è chiara e costantemente affermata dalla giurisprudenza: impedire che un soggetto possa commettere nuovi crimini nella consapevolezza di avere un ‘credito di pena’ da spendere, che annullerebbe o ridurrebbe le sanzioni. Questo principio di civiltà giuridica mira a preservare la funzione preventiva e dissuasiva della pena.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, spiegando in modo ineccepibile le ragioni giuridiche alla base della decisione. Il punto centrale della motivazione è che, ai fini della fungibilità, anche il reato continuato deve essere ‘scisso’ nelle singole violazioni che lo compongono.

Questo significa che per ogni singolo reato inserito nel cumulo, bisogna verificare se la detenzione che si vorrebbe detrarre sia stata sofferta prima or dopo la sua commissione. La detenzione sofferta prima della commissione di un reato non può mai essere usata per ‘pagare’ per quel reato.

Nel caso specifico, il giudice dell’esecuzione aveva agito correttamente creando dei cumuli parziali. Aveva raggruppato da un lato i reati commessi fino a una certa data, detraendo la pena già espiata, e dall’altro la pena residua e le pene per i reati commessi successivamente, fino all’inizio di un nuovo periodo di detenzione. Questa metodologia assicura il pieno rispetto del divieto imposto dall’art. 657, comma 4, c.p.p.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento rigoroso e garantista. La regola del cumulo di pene non può essere utilizzata per aggirare il principio fondamentale secondo cui non si possono scontare pene per reati non ancora commessi. La decisione ribadisce che la giustizia penale, pur unificando le pene per ragioni di equità attraverso il reato continuato, non perde mai di vista la cronologia dei fatti. Per i condannati e i loro difensori, ciò significa che ogni richiesta di fungibilità deve essere supportata da un’attenta analisi cronologica dei reati e dei periodi di detenzione, senza poter contare su automatismi derivanti dal solo riconoscimento della continuazione.

Qual è il principio fondamentale dell’art. 657, comma 4, c.p.p. sulla fungibilità della pena?
Il principio stabilisce che la detenzione (custodia cautelare o pena già espiata) può essere detratta solo dalla pena per un reato commesso PRIMA dell’inizio di quella detenzione. È vietato usare il tempo trascorso in carcere come un ‘credito’ per reati che verranno commessi in futuro.

Come viene trattato il reato continuato nel calcolo del cumulo di pene ai fini della fungibilità?
Anche se più reati sono unificati nel vincolo della continuazione, ai soli fini della fungibilità della pena devono essere ‘scissi’ e considerati singolarmente. Questo permette di verificare, per ciascun reato, il rispetto del criterio cronologico imposto dalla legge.

La richiesta del ricorrente di ricalcolare la data di fine pena è stata accolta?
No, il ricorso è stato rigettato. La Corte di Cassazione ha confermato la correttezza del calcolo effettuato dal giudice dell’esecuzione, che aveva applicato correttamente la legge creando cumuli parziali per rispettare il divieto di utilizzare la detenzione passata per reati futuri.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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