Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 47276 Anno 2024
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 47276 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI BARI nel procedimento a carico di: NOME nato a BARI il 01/04/1966 avverso l’ordinanza del 13/06/2024 della CORTE APPELLO di BARI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 04/12/2017, la Corte di appello di Bari – in funzione di giudice dell’esecuzione – ha unificato sotto il vincolo della continuazione i reati di cui alle seguenti condanne, riportate da NOME COGNOME:
sentenza del 26/10/2006 della Corte di appello di Bari, in riforma della sentenza del 20/05/2005 del Tribunale Bari, divenuta irrevocabile il 12/12/2006, per i reati di cui agli artt. 10 e 12 e della legge 14 ottobre 1974, n. 497 (commessi dal maggio 1997 al febbraio 2000), per reati di estorsione continuata ex art. 81 e 629 cod. pen. (commessi dal maggio 1997 al febbraio 2000), per il reato di cui all’art. 582 cod. pen. (commesso dal maggio 1997 al febbraio 2000), tutti aggravati ex art. 7 d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, tra loro già unificati in continuazione, con condanna alla pena di anni sei e mesi sei di reclusione ed euro 2.500,00 di multa;
2) sentenza del 19/06/2007 della Corte di assise di appello di Bari, in riforma della sentenza del 13/04/2006 della Corte di assise di Bari, divenuta irrevocabile il 06/05/2008, per i reati di cui agli artt. 10, 12 e 14 legge n. 497 del 1974, 1 legge 18 aprile 1975 n. 110 e 7 legge n. 203 del 1991 (commessi il 20/04/2003), tra loro uniti in continuazione, con condanna alla pena di anni sette di reclusione ed euro 1.500,00 di multa;
sentenza del 20/07/2009 della Corte di assise di appello di Bari, in riforma della sentenza
del 19/11/2007 della Corte di assise di Bari, divenuta irrevocabile il 04/12/2009, per i reati di cui agli artt. 575 cod. pen., 10 e 12 legge n. 497 del 1974, tutti aggravati ex art. 7 legge n. 203 del 1991 (commessi il 14/02/2000), unificati tra loro in continuazione, con condanna alla pena di anni trenta di reclusione;
sentenza del 22/02/2010 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Bari, divenuta irrevocabile il 19/03/2010, per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 09 ottobre 1990 n. 309 (commesso dal maggio 1997 al febbraio 2000), con applicazione ex art. 444 cod. proc. pen. della pena di anni due di reclusione, aggiunta – a titolo di aumento per continuazione – alla condanna sopra indicata sub 1);
sentenza del 04/07/2012 della Corte di appello di Bari, in riforma della sentenza del 19/10/2004 del Tribunale di Bari, passata in giudicato il 04/10/2012, per il reato di cui all’art. 416bis cod. pen. (commesso dal maggio 1997 sino al 04/07/2012), con condanna alla pena di anni quattro di reclusione, in essa assorbita per continuazione la condanna sub d).
1.1. Con sentenza del 17/06/2022, passata in giudicato il 29/01/2023, la Corte di appello di Bari ha ritenuto NOME COGNOME colpevole del reato di cui all’art. 416bis cod. pen., commesso dal 2005 al 27/05/2020 e – una volta riconosciuto il vincolo della continuazione, con i reati oggetto dell’ordinanza emessa dalla Corte di appello di Bari, in veste di giudice dell’esecuzione, in data 04/12/2017 – ha rideterminato la pena, previo aumento nella misura di anni quattro di reclusione, in anni trentaquattro di reclusione, ridotti ad anni trenta di reclusione, in applicazione dell’art. 78 cod. pen.
1.2. Con provvedimento del 29/08/2023 – avente a oggetto la esecuzione di pene concorrenti nei confronti di condannato già detenuto, con contestuale ordine di esecuzione e scarcerazione – la Procura generale presso la Corte di appello di Bari ha disposto tre cumuli parziali, formati come segue:
nel primo cumulo, sono state ricomprese le condanne inflitte con le sentenze sub 1), 2) e 3), le cui pene ammontavano complessivamente ad anni trentaquattro di reclusione e tale pena Ł stata poi ridotta ad anni trenta, in applicazione dell’art. 78 cod. pen. e infine, operata la detrazione del presofferto subito dal 24/02/2000 al 19/04/2003 (custodia cautelare protrattasi, dunque, per il periodo di anni tre, mesi uno e giorni venticinque), ha fissato la relativa pena in anni ventisei, mesi dieci e giorni cinque di reclusione;
nel secondo cumulo, sono stati inseriti sia il residuo di pena scaturente dal primo cumulo sopra detto, sia la pena inflitta con la sentenza sub 2), per un totale che Ł risultato pari ad anni ventotto, mesi dieci e giorni cinque di reclusone, di tal che – operata la detrazione del presofferto dal 20/04/2003 al 18/10/2004 (custodia cautelare protrattasi, dunque, per il periodo di anni uno e giorni ventinove), ha fissato la relativa pena in anni ventisette, mesi quattro e giorni sei di reclusione;
nel terzo cumulo, sono confluiti tanto il residuo del secondo cumulo, quanto la pena inflitta con la sentenza sub 5) e, infine, la pena inflitta con la sentenza del 17/06/2022, passata in giudicato il 29/01/2023, della Corte di appello di Bari, per una pena complessiva fissata in anni trentatrØ, mesi quattro e giorni sei di reclusione, successivamente ridotta ex art. 78 cod. pen. ad anni trenta, nonchØ – previa detrazione del presofferto dal 19/10/2004 al 31/12/2004 (custodia cautelare protrattasi, dunque, per mesi due e giorni tredici), nonchØ dell’ulteriore periodo di custodia cautelare trascorso dal 01/01/2005 al 26/05/2020 (per anni quindici, mesi quattro e giorni ventisei di reclusione), oltre che di novecento giorni di liberazione anticipata, ha fissato la relativa pena in anni undici, mesi dieci e giorni ventuno di reclusione.
1.3. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Bari – in funzione di giudice dell’esecuzione – ha accolto il ricorso proposto da NOME COGNOME revocando il provvedimento della Procura generale presso la Corte di appello di Bari del 29/08/2023, di esecuzione di pene concorrenti nei confronti di condannato già detenuto, con contestuale ordine di esecuzione e
scarcerazione. Nella parte motiva di tale provvedimento, il Giudice dell’esecuzione ha anzitutto ribadito doversi considerare – quale reato piø grave – quello di omicidio, accertato con sentenza della Corte di assise di appello di Bari del 20/07/2009, passata in giudicato il 04/12/2009. Quanto alle violazioni satellite, l’ordinanza impugnata ha determinato la pena da espiare in anni quattro di reclusione per la sentenza della Corte di appello di Bari del 17/06/2022, passata in giudicato il 29/01/2023, per il delitto di cui all’art. 416bis cod. pen. ed in anni due di reclusione, relativamente a ciascuna delle condanne di cui alle sentenze sub 1), 2) e 5). ¨ restata esclusa, pertanto, la condanna di cui alla sentenza sopra riportata sub 4), essendosi considerata la relativa pena interamente assorbita in quella comminata mediante la sentenza sub 5).
Ricorre per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Bari, deducendo violazione ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in relazione alla quantificazione delle pene inerenti alle sentenze unificate sotto il vincolo della continuazione, oltre che con riferimento alla successiva, erronea applicazione del criterio moderatore di cui all’art. 78 cod. pen.
2.1. ¨ censurabile, l’ordinanza impugnata, laddove ritiene la pena inflitta mediante la sentenza sub 4) interamente assorbita in quella comminata con la sentenza sub 5), così estromettendo – dal calcolo complessivamente effettuato – la condanna inflitta con la prima condanna, che era pari ad anni due di reclusione; Ł stato computato, in tal modo, unicamente l’aumento di anni due di reclusione, relativo alla sentenza sub 5).
Non si Ł considerato che, nella motivazione della sentenza sub 5), la Corte di appello aveva ritenuto l’unicità del disegno criminoso, fra i reati giudicati attraverso le sentenze sub 1), 4) e 5) ed aveva pertanto aumentato, in ragione di complessivi anni quattro di reclusione, la pena di anni sei e mesi sei di reclusione ed euro 2.500,00 di multa, irrogata con la sentenza sub 1); tale assunto Ł stato integralmente richiamato dalla Corte di appello, in veste di giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza del 04/12/2017, che – proprio sul presupposto del riconoscimento dell’unicità del disegno criminoso, fra i reati di cui alle sentenze sub 1), 2), 3), 4) e 5) – ha quantificato in anni quattro di reclusione la pena complessiva, conseguente alla sentenza sub 5), considerando in essa assorbita per continuazione la condanna inflitta con la sentenza sub 4).
2.2. Il Giudice dell’esecuzione ha confermato l’ordinanza del 04/12/2017, con riferimento alla quantificazione delle singole pene, risultanti dalla contestuale applicazione del reato continuato, per averne solo specificato le porzioni di aumento per le singole violazioni satellite; ha poi estromesso, però, dal computo degli aumenti la sentenza sub 4) (determinata in anni due di reclusione, come da ordinanza della Corte di appello di Bari del 04/12/2017), come dimostrato dal fatto che – in sede di specificazione degli aumenti relativi a ogni singola violazione – la Corte di appello tiene conto di soli anni due di reclusione, in relazione alla violazione satellite oggetto della sentenza sub 5). Non vi Ł motivazione, dunque, in ordine all’assenza di qualsivoglia determinazione, per quanto afferisce ai reati accertati con la sentenza sub 4).
3. Il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento con rinvio.
Il richiamo all’ordinanza emessa dalla Corte di appello di Bari in data 04/12/2017, infatti, porta a ritenere che l’aumento di pena a titolo di continuazione, operato tra i reati di cui alle sentenze di condanna indicate sub 1), 2), 3), 4) e 5), ivi indicato in anni due di reclusione per ciascuna delle condanne riportate con le sentenze riportate sub 1), 2), 4) e 5), dovesse determinarsi in relazione alla condanna sub 5) – tenuto conto del ritenuto assorbimento in essa della condanna indicata sub 4) – nella complessiva misura di anni quattro di reclusione. Il riferimento alla circostanza dell’essere la pena di cui alla sentenza sub 4) interamente assorbita nella pena fissata per la sentenza sub 5),
invece, ha comportato una valutazione in misura ridotta, quanto all’aumento determinato per la continuazione, con particolare riferimento alla quantificazione complessiva dell’aumento di pena posto in essere per la sentenza sub 5).
La difesa di NOME COGNOME ha presentato memoria, a mezzo della quale ha chiesto il rigetto del ricorso. Il Procuratore Generale contesta l’erronea applicazione del criterio moderatore, con riferimento alla pena inflitta con la sentenza sub 4), ma la Corte di appello ha ritenuto che la pena inflitta con tale sentenza fosse interamente assorbita in quella comminata con la sentenza sub 5), motivando adeguatamente in merito agli aumenti di pena stabiliti con riguardo alle violazioni satelliti. Il Giudice dell’esecuzione, poi, ha determinato la pena previo scorporo delle singole fattispecie di reato, avvinte da continuazione c.d. interna e oggetto proprio di quelle pronunce di condanna, in ordine alle quali ha ritenuto sussistente il vincolo della continuazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato.
Integrando brevemente quanto già sintetizzato in parte narrativa, può sottolinearsi come NOME COGNOME abbia riportato cinque condanne, unificate tra loro sotto il vincolo della continuazione, con ordinanza del 2017 . In corso di espiazione di tale pena, Ł intervenuta una ulteriore condanna, alla pena di anni trenta di reclusione, unificata con altre condanne già riunite; la pena complessiva, pertanto, Ł stata determinata nella misura di trentaquattro anni di reclusione, ridotta ad anni trenta in forza dell’operatività del criterio dettato dall’art. 78 cod. pen.
2.1. Il Procuratore generale, pertanto, ha distinto tre cumuli parziali.
Nel primo cumulo, sono state inserite le pene inflitte con le sentenze sub 1), 2) e 4), la cui pena ammontava complessivamente ad anni trentaquattro di reclusione, ridotta ad anni trenta per l’intervento della suddetta regola di temperamento; operata la detrazione del presofferto, la pena da espiare Ł stata fissata ad anni ventisei, mesi dieci e giorni cinque di reclusione.
2.2. A seguito di ricorso del condannato, la Corte di appello ha proceduto alla revoca di tale ultimo provvedimento, determinando la pena previa indicazione – quale reato piø grave dell’omicidio giudicato con la sentenza della Corte di assise di appello del 20/07/2009; con riferimento alle violazioni satellite, il giudice dell’esecuzione ha determinato la pena da eseguire nella misura di anni quattro di reclusione, in relazione alla sentenza della Corte di appello di Bari del 17/06/2022, relativamente al delitto di cui all’art. 416bis cod. pen. ed in anni due di reclusione, con riferimento a ciascuna delle condanne di cui alle sentenze sub 1), 2) e 5).
2.3. Il ricorso, dunque, ha ad oggetto il fatto che sia restata esclusa – dal computo complessivo della pena da espiare – la condanna di cui alla sentenza sub 4), per esser stata la relativa pena considerata assorbita in quella comminata mediante la sentenza sub 5).
Nel caso di specie, in primo luogo, il provvedimento del giudice dell’esecuzione, impugnato in executivis dal condannato, Ł fondato sull’utilizzo dell’erroneo criterio di assorbimento, della pena di cui alla sentenza sub 4) in quella della sentenza sub 5); della porzione di pena pari ad anni due, di cui alla sentenza sub 4), come correttamente sostenuto in sede di ricorso per cassazione, Ł stata quindi immotivatamente omessa l’applicazione.
Occorre ricordare, peraltro, come questa Corte abbia insegnato che il provvedimento di
cumulo – emesso a norma dell’art. 663 cod. proc pen. – rivesta una natura amministrativa e non giurisdizionale e sia, pertanto, suscettibile di essere revocato o rimosso; ciò in vista della necessità di tenere costantemente aggiornata la posizione processuale del condannato. In ordine al provvedimento di cumulo delle pene, poi, Ł prevista la competenza del Pubblico ministero, appunto in vista di una sollecita esecuzione della pena. Al giudice dell’esecuzione spetta, invece, il compito di decidere – con l’efficacia e il grado di stabilità che sono proprie dei provvedimenti di matrice giurisdizionale – in ordine a ogni problema attinente al rapporto esecutivo in sØ considerato; ciò tanto nel caso in cui il condannato ritenga ingiusto il provvedimento adottato dal Pubblico ministero, quanto nel caso in cui si renda necessario provvedere in punto di questioni che siano preliminari, ovvero rivestano un connotato di pregiudizialità, rispetto al semplice computo delle pene che sono indicate dagli artt. 670-676 cod. proc. pen.
4.1. Deriva da tale impostazione concettuale, costantemente affermata in sede di legittimità, la conseguenza che tale provvedimento non diventi mai definitivo, salvo che su di esso si sia pronunciato il giudice dell’esecuzione, il cui intervento può essere richiesto dal condannato senza limiti di tempo (Sez. 1, n. 26321 del 27/05/2019, COGNOME, rv. 276488; Sez. 1, n. 36236 del 23/09/2010, COGNOME, Rv. 248298; si veda anche Sez. 1, n. 429 del 20/02/1990, Ruta, rv. 183670, a mente della quale: ‹‹Il nuovo codice di procedura penale pur avendo adottato il principio della piena giurisdizionalizzazione del procedimento esecutivo – il quale ha come presupposto inscindibile l’intervento del giudice dell’esecuzione – ha tuttavia lasciato inalterato il carattere meramente amministrativo e non giurisdizionale che la giurisprudenza aveva, in passato, costantemente riconosciuto al provvedimento di cumulo emesso dal pubblico ministero ex art. 582 cod. proc. pen. del 1930. Ne consegue che si può continuare a ritenere che si tratta di un provvedimento qualunque sia l’organo del pubblico ministero competente ad emanarlo, ai sensi dell’art. 663 comma secondo in relazione all’art. 665 comma quarto del nuovo cod. di proc. pen. – suscettibile d’essere revocato o rimosso da parte del medesimo organo al fine di tenere costantemente aggiornata la posizione processuale del condannato, che, come tale, non diventa mai definitivo, salvo che su di esso si sia pronunciato il giudice dell’esecuzione il cui intervento può essere richiesto dal condannato senza limiti di tempo››).
4.2. Proprio la natura amministrativa del provvedimento di cumulo delle pene, inoltre, impone di ricondurlo alle attribuzioni specificamente demandate al Pubblico ministero, in vista del raggiungimento del fine di rendere possibile una piø rapida e unitaria esecuzione delle plurime pene da eseguire, nei confronti del medesimo condannato. Resta salva, ovviamente, la facoltà di quest’ultimo di adire il giudice dell’esecuzione, laddove ritenga ingiusto il provvedimento adottato nei suoi confronti.
4.3. ¨ anche dato riscontrare alcune eccezioni, rispetto a tale regola (che Ł di carattere generale ed Ł intimamente connessa, come detto, alla natura amministrativa del cumulo di pene concorrenti), nel caso in cui – a seguito di specifica richiesta del Pubblico ministero e con la procedura degli incidenti di esecuzione – il giudice dell’esecuzione intervenga allorquando occorra decidere, con efficacia giurisdizionale, su temi inerenti al rapporto esecutivo. Ulteriore caso, in cui al giudice dell’esecuzione Ł direttamente demandato il compito di procedere alla unificazione di pene concorrenti, può ravvisarsi laddove le questioni, connesse al cumulo stesso, vengano prospettate all’interno del procedimento previsto dall’art. 666 cod. proc. pen. (segnatamente, nei casi in cui il provvedimento di unificazione postuli una pregiudiziale statuizione, in punto di revoca dei benefici e di applicazione dell’amnistia, secondo l’insegnamento – risalente, ma mai rivisitato, di Sez. 1, n. 45 del 12/01/1993, GioffrŁ, rv. 193297).
Non vi Ł chi non veda, però, come tali situazioni siano difformi dalla fattispecie ora condotta al vaglio di questo Collegio.
4.4. Un ulteriore errore riscontrabile nella avversata decisione, dunque, si annida nell’avere il Giudice dell’esecuzione provveduto autonomamente a revocare l’impugnato provvedimento di cumulo di pene concorrenti.
E infatti, il Codice di rito, pur essendo improntato al principio della piena giurisdizionalizzazione del procedimento esecutivo – che prevede, quale ineliminabile presupposto, l’intervento del giudice dell’esecuzione – ha lasciato inalterato il carattere meramente amministrativo, dunque non giurisdizionale, del provvedimento di cumulo di pene concorrenti; tale provvedimento Ł espressamente riservato – ai sensi dell’art. 663 cod. proc. pen. – al Pubblico ministero. A quest’ultimo, allora, spetta la competenza a revocare il cumulo, al fine di tenere costantemente aggiornata la posizione processuale del condannato, essendo riservato al giudice dell’esecuzione la sola possibilità di sospenderne l’efficacia (Sez. 1, n. 26321 del 27/05/2019, PG in proc. COGNOME, rv. 276488; sez. 1, n. 36236 del 23/09/2010, COGNOME, rv. 248298; Sez. 1, n. 11356 del 24/03/2021, Soufiane, n.m.).
5. Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Bari.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Bari
Così Ł deciso, 29/10/2024
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME