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Cumulo di pene: come si calcola la fine del reato?

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di un giudice dell’esecuzione relativa al calcolo del cumulo di pene. Il caso riguardava la determinazione della data di cessazione di un reato associativo permanente. La Corte ha stabilito che il giudice dell’esecuzione non può basarsi automaticamente sulla data dell’atto di accusa (contestazione “aperta”), ma deve verificare concretamente, sulla base degli atti processuali, il momento esatto in cui la condotta criminale è terminata. La mancata verifica di questo fatto cruciale, richiesto dal condannato, ha portato all’annullamento con rinvio per un nuovo esame.

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Pubblicato il 8 agosto 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Cumulo di pene e reato permanente: la Cassazione fa chiarezza sulla data di cessazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 12476/2019) ha affrontato una questione cruciale nell’ambito del diritto dell’esecuzione penale: come si determina la data di cessazione di un reato permanente ai fini del calcolo del cumulo di pene? La pronuncia sottolinea il ruolo attivo e non meramente burocratico del giudice dell’esecuzione, che non può accontentarsi delle indicazioni generiche contenute nel capo d’imputazione. Questo principio è fondamentale per garantire che la pena eseguita sia giusta e accuratamente determinata.

I fatti del caso

Il caso riguardava un condannato che, a fronte di otto sentenze definitive, era stato destinatario di un provvedimento di cumulo di pene. Il punto controverso era la data di cessazione di un reato associativo, un classico esempio di reato permanente. La Procura aveva inizialmente fissato la fine della pena sulla base di una data di cessazione del reato che coincideva con quella del decreto che disponeva il giudizio. Il condannato, tramite il suo difensore, ha contestato tale calcolo, sostenendo che la sua partecipazione al sodalizio criminale era terminata in un momento precedente, coincidente con il suo arresto. Secondo la sua tesi, un corretto calcolo del cumulo di pene, basato sulla data effettiva di cessazione della condotta, avrebbe portato a una scadenza della pena anticipata.

La decisione della Corte di Cassazione e il cumulo di pene

La Corte di Appello, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva respinto la richiesta del condannato, ritenendo che la dicitura ‘sino alla data odierna’ presente nel capo d’imputazione fosse sufficiente a fissare la cessazione del reato alla data del decreto di rinvio a giudizio. La Corte di Cassazione ha però ribaltato questa decisione, annullando l’ordinanza con rinvio.

I giudici di legittimità hanno accolto le argomentazioni della difesa e del Procuratore generale, affermando che il giudice dell’esecuzione ha il dovere di effettuare una verifica concreta e non può fermarsi a una registrazione passiva dei dati. Quando la determinazione della data di cessazione di un reato permanente ha effetti giuridici rilevanti, come nel calcolo del cumulo di pene, è necessario un accertamento basato sulle risultanze processuali.

Le motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda su un principio cardine del diritto dell’esecuzione penale: la necessità di un accertamento fattuale preciso ogni qualvolta da esso dipenda un effetto giuridico per il condannato.

I giudici hanno chiarito che, di fronte a una ‘contestazione aperta’ (cioè senza una data di cessazione definita), il giudice dell’esecuzione deve verificare se, durante il processo di cognizione, sia stata raggiunta o meno la prova del protrarsi della condotta criminosa fino alla data della sentenza di primo grado. Se tale prova manca, o se emergono dagli atti elementi che suggeriscono una cessazione anticipata (come, nel caso di specie, un’intercettazione che indicava la fine dell’attività delittuosa in una data specifica), il giudice deve tenerne conto.

Limitarsi a prendere atto della data del decreto di rinvio a giudizio, come aveva fatto la Corte d’Appello, costituisce un’omissione. Il giudice avrebbe dovuto esaminare gli atti per verificare se vi fossero elementi specifici per determinare con maggiore precisione la fine della permanenza del reato. La Cassazione ha quindi rinviato il caso alla Corte di Appello, in diversa composizione, affinché proceda a questa verifica, sottolineando che il riferimento alla data di emissione del decreto di citazione a giudizio era, di per sé, insufficiente.

Le conclusioni

Questa sentenza rafforza un importante principio di garanzia per il condannato. Stabilisce che la fase di esecuzione della pena non è una semplice appendice burocratica del processo, ma un momento giurisdizionale in cui i diritti devono essere pienamente tutelati. Il giudice dell’esecuzione ha il potere e il dovere di indagare sui fatti rilevanti per la corretta applicazione della pena, senza fermarsi a formule generiche contenute negli atti di accusa. La determinazione esatta del tempus commissi delicti è essenziale non solo per il cumulo di pene, ma anche per altri istituti giuridici, e questa decisione assicura che tale determinazione sia basata su un accertamento concreto e non su presunzioni.

Quando si calcola un cumulo di pene per un reato permanente, quale data si usa per la cessazione del reato?
La data da utilizzare non è automaticamente quella dell’atto di accusa o della sentenza. Il giudice dell’esecuzione deve verificare concretamente, sulla base delle prove e delle risultanze emerse nel processo, il momento esatto in cui la condotta criminale è effettivamente terminata.Cosa succede se un’imputazione è ‘aperta’, cioè indica che il reato è continuato ‘fino alla data odierna’?
In caso di ‘contestazione aperta’, se la determinazione della data esatta di cessazione ha un effetto giuridico rilevante (come nel calcolo del cumulo di pene), il giudice dell’esecuzione ha il dovere di indagare e stabilire quando l’attività criminale è realmente cessata, non potendo fare affidamento solo sulla data formale dell’atto processuale.

Il giudice dell’esecuzione può limitarsi a registrare i dati delle sentenze o ha un ruolo più attivo?
La sentenza chiarisce che il giudice dell’esecuzione ha un ruolo attivo e non meramente notarile. Deve condurre una verifica fattuale e non può limitarsi a una ‘superficiale registrazione’ dei dati, specialmente quando il condannato solleva una questione specifica supportata da elementi presenti negli atti processuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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