Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11062 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11062 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a BARI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/03/2023 della CORTE APPELLO di BARI
udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore generale, NOME COGNOME, il quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 23/3/2023 la Corte di appello di Bari, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza avanzata da NOME COGNOME, diretta alla detrazione dal cumulo di pena attualmente in esecuzione dei periodi di carcerazione sofferti dall’istante dal 12/12/1997 al 29/10/1999, e di rideterminazione della pena per effetto dell’applicazione del criterio moderatore di cui all’art. 78, secondo comma, cod. pen.
Il giudice dell’esecuzione ha preliminarmente osservato che l’istanza costituisce mera riproposizione di precedente istanza basata sui medesimi elementi e respinta con provvedimento del 14/1/2020; peraltro, ha ribadito che il periodo di custodia cautelare che si chiedeva di detrarre dal cumulo in esecuzione era stato già utilizzato a scomputo della pena inflitta con sentenza del 29/12/1998, irrevocabile il 18/6/1999.
Avverso tale ordinanza ricorre per cassazione il difensore del condannato, AVV_NOTAIO, lamentando violazione di legge con riferimento agli artt. 78 e 80 cod. pen.
Specifica il ricorrente che COGNOME è stato destinatario di un cumulo di pene con decorrenza dal 25 gennaio 2007 e scadenza fissata al 7 gennaio 2034.
In detto cumulo non sono stati sommati tutti gli anni di reclusione inflitti al condannato, pari a 54 anni, 10 mesi e 20 giorni; né sono stati sottratti i periodi di custodia cautelare subìti in tre tranche dal 2/8/1992 al 13/5/1993; dal 26/3/1996 al 30/7/1997; dal 19/2/1997 al 29/10/1999 – per un totale di 3 anni, 11 mesi e 28 giorni.
Da ciò consegue la necessità di rideterminare il cumulo di pene inflitte al COGNOME, comprendendovi tutti gli anni di reclusione ai quali è stato condannato, con applicazione del criterio moderatore dell’art. 78 cod. pen., e dunque con riduzione delle pene all’ammontare massimo di 30 anni, dal quale successivamente andrà detratta la custodia cautelare precedentemente subaa per il periodo globale indicato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le seguenti ragioni.
1.1. Innanzitutto, il giudice dell’esecuzione ha evidenziato che l’istanza del COGNOME costituisce mera riproposizione di precedente istanza già rigettata con provvedimento del 14/1/2020, senza alcun elemento di novità che possa aggirare la preclusione procedimentale. Anche in quell’occasione, infatti, l’istante aveva contestato le modalità di formazione del cumulo e l’esclusione dal mede-
simo della custodia cautelare subita negli indicati periodi – dal 2/8/1992 al 13/5/1993; dal 26/3/1996 al 30/7/1997; dal 19/2/1997 al 29/10/1999 ottenendo un motivato rigetto per le ragioni ivi specificate.
Va dunque ribadito che «Il principio della preclusione processuale derivante dal divieto di bis in idem, opera anche in sede esecutiva, iscrivendosi in esso la regola che impone al giudice dell’esecuzione di dichiarare inammissibile la richiesta che costituisca mera riproposizione di altra già rigettata, basat sui medesimi elementi» (Sez. 1, n. 3736 del 15/01/2009, PITI in proc. Anello, Rv. 242533). Pertanto, la prima causa di inammissibilità risiede nel principio per cui «È inammissibile l’incidente di esecuzione proposto con riferimento a richiesta già respinta con provvedimento definitivo, ove fondato sui medesimi presupposti di fatto e di diritto del precedente» (Sez. 1, n. 23817 del 11/03/2009, Cat Berro, Rv. 243810).
1.2. Ciò premesso, si deve rilevare la manifesta infondatezza dell’istanza del condannato, in quanto i periodi di custodia cautelare cui fa riferimento la difesa sono stati computati in relazione all’espiazione della pena inflitta con la sentenza della Corte di appello di Bari del 29/12/1998, irrevocabile il 18/6/1999, come ha chiarito il giudice dell’esecuzione e non è stato affatto contrastato dalla difesa. Nel ricorso si pretende di formare un unico cumulo di tutte le pene riportate dal COGNOME – a ciò strumentalizzando il criterio dell’unicità della pena sancito dall’art. 76 cod. pen. – e di operare sul tutto la detrazione ex art. 78 cod pen., quindi detrarre i periodi di custodia cautelare già effettuati. A fronte di ta pretesa, peraltro, non vi è alcuna specificazione dei cumuli che hanno riguardato il condannato, così derivando dalla genericità del ricorso l’impossibilità di comprendere il focus della doglianza, al cospetto di cumuli separati, ricomprendenti ciascuno le condanne i cui reati erano stati commessi antecedentemente alle carcerazioni subìte dal COGNOME.
1.3. In termini generali, va ribadito che «In presenza di reati commessi in tempi diversi e di periodi di carcerazione sofferti parimenti in tempi diversi non può essere eseguito un cumulo unitario e globale, soggetto ai limiti dell’art. 78 cod. pen., ma vanno ordinati cronologicamente, da una parte i reati e dall’altra i periodi ininterrotti di carcerazione; indi si deve procedere a operazioni successive, detraendo ogni periodo dal cumulo (parziale) delle pene per i reati commessi in precedenza, fino al cumulo definitivo, ed applicando il criterio di cui all’art. 78 citato, nell’ambito di ogni singolo cumulo parziale. consegue che non è consentita una cumulabilità indiscriminata e globale, la quale comporterebbe inevitabilmente l’imputazione di periodi di carcerazione anteriori a pene irrogate per reati commessi successivamente, in palese violazione del principio secondo cui la pena non può precedere il reato e così inco-
raggiarne, anziché frenarne, la reiterazione» (Sez. 1, n. 2020 del 07/05/1992, Badan, Rv. 192016). E si deve altresì considerare, che «In tema di esecuzione delle pene concorrenti inflitte con condanne diverse, il principio dell’unità del rapporto esecutivo, che mira ad evitare al condannato un possibile pregiudizio derivante dalla distinta esecuzione delle sanzioni penali irrogate per una pluralità di reati, è riferibile alle pene comminate per reati commessi prima dell’inizio della detenzione, mentre si deve procedere ad ulteriore cumulo, non più sottoposto alle limitazioni previste dall’art. 78 cod. pen., comprendente, oltre alla pena inflitta per il nuovo reato, la parte risultante dal cumulo precedente, non ancora espiata alla data del nuovo reato solo qualora durante l’espiazione di una determinata pena o dopo che l’esecuzione di quest’ultima sia stata interrotta, il condannato commetta un nuovo reato» (Sez. 1, n. 13985 del 25/02/2020, COGNOME Cecato, Rv. 278939: fattispecie in cui è stata esclusa l’erroneità del cumulo operato tra la pena irrogata al ricorrente per un reato commesso dopo la sua remissione in libertà, conseguente ad un provvedimento di grazia poi revocato, e la pena residua da espiare. Conforme: Sez. 1, n. 32896 del 30/06/2014, Facella, Rv. 261197).
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, da ciò conseguendo la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della congrua somma indicata in dispositivo alla cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., non risultando l’assenza di profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, a tenore della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 2000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 28 novembre 2023
Il Consigliere estensore
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Il Presidente