Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 9278 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 9278 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SAN BENEDETTO DEL TRONTO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/07/2023 del TRIBUNALE di ASCOLI PICENO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, emessa il 14 luglio 2023, il Tribunale di Ascoli Piceno, quale giudice dell’esecuzione, hai dichiarato inammissibile l’istanza avanzata da NOME COGNOME avente ad oggetto il riconoscimento del cumulo unitario delle pene concorrenti irrogate con le sentenze ricomprese nei pregressi provvedimenti di cumulo n. 78/19 e n. 8/22.
Il giudice dell’esecuzione ha escluso di poter aderire alla prospettazione dell’istante, in quanto l’unificazione delle pene oggetto dei due indicati provvedimenti in un unico cumulo formava oggetto di attività spettante alla competenza del Pubblico ministero e, poi, in concreto COGNOME non aveva dimostrato alcun concreto interesse alla chiesta unificazione.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore di NOME COGNOME chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato e affidando l’impugnazione a un unico motivo con cui lamenta la violazione di legge inerente alla disciplina dei provvedimenti di esecuzione delle pene concorrenti.
Richiamate le pene inserite in ciascuno dei due cumuli indicati, la difesa censura la determinazione impugnata sostenendo l’erroneità dell’affermazione dell’assenza di effetti positivi per il condannato, in diretta derivazione dall’unificazione delle pene stesse in un solo cumulo: in particolare, non è stato considerato in modo effettivo il rilievo che tale unificazione avrebbe potuto dispiegare per l’ottenimento dei benefici penitenziari.
A riprova della fondatezza della critica il ricorrente ha riportato l’entità delle pene inserite nei due cumuli e, computando anche i periodi di liberazione anticipata a lui riconosciuti, nonché prevedendo il conseguimento della liberazione anticipata per altri due semestri, è pervenuto alla conclusione dell’ormai prossimo raggiungimento della quota di metà della pena complessiva espiata e, quindi, del conseguimento della legittimazione a richiedere diversi benefici (permessi premio, semilibertà e la valutazione scientifica della personalità).
La difesa soggiunge che, proprio per la carenza della chiesta unificazione, il Magistrato di sorveglianza, sia pure in epoca successiva all’ordinanza impugnata, ha negato a COGNOME l’accesso al permesso premio.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata ritenendo viziata la motivazione, sia sotto il profilo dell’individuazione dell’interesse all’ottenimento della decisione, sia sotto il profilo della verifica di sussistenza o meno delle condizioni per l’unificazione delle
pene concorrenti in un cumulo unico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è da ritenersi fondato nei termini che seguono.
È opportuno ricordare, in premessa, che, a ragione del provvedimento in esame, il giudice dell’esecuzione, sulla premessa che l’istante non deduceva errori nei calcoli che connotavano i provvedimenti, ma ne richiedeva l’unificazione, ha osservato in via dirimente che la relativa determinazione rientrava nella competenza del Pubblico ministero.
In ogni caso, è stato rilevato dallo stesso giudice che le pene oggetto del cumulo n. 78/19 erano state interamente espiate, ma – pur non trascurando che anche le pene espiate potessero avere riflessi sul cumulo materiale, in vista della maturazione delle condizioni di ammissione per l’ammissione ai benefici penitenziari – nel caso di specie non risultava l’evenienza di effetti vantaggiosi per COGNOME dall’inserimento nel cumulo n. 8/22 delle pene già oggetto del cumulo n. 78/19, sia perché queste ultime erano state già espiate, sia perché nel corso della corrispondente espiazione si era tenuto conto di tutti i periodi presofferti e di tutte le riduzioni delle pene stesse, anche per l’applicazione della continuazione disposta dallo stesso Tribunale di Ascoli Piceno con ordinanza del 21.05.2019.
Tutto considerato, per il giudice dell’esecuzione, è mancata, nel caso di specie, l’emersione di un interesse concreto dell’istante alla chiesta unificazione dei due indicati cumuli.
Tale provvedimento non può essere condiviso anzitutto per l’affermazione con cui appare confinare la portata del provvedimento di esecuzione di pene concorrenti nell’alveo puramente amministrativo, pur avendo fatto riferimento alla funzione che spetta anche in questa materia al giudice dell’esecuzione.
È da considerare assodato, invero, che tale provvedimento emesso dal pubblico ministero, ordinariamente definito anche come provvedimento di cumulo, emesso a norma dell’art. 663 cod. proc. pen., ha, nella sua genesi, natura amministrativa e non giurisdizionale.
In questa fase esso è quindi suscettibile di essere revocato o rimosso, al fine di tenere costantemente aggiornata la posizione processuale del condannato e, in tal senso, non diventa mai definitivo.
Ciò però non toglie che le questioni riferite a tale atto possano essere portate dall’interessato all’esame del giudice dell’esecuzione e che, di
conseguenza, sulla sua concreta articolazione tale giudice sia chiamato a pronunciarsi. Orbene, quando il giudice dell’esecuzione si sia pronunciato, l’esito provvedimentale che ne deriva ha natura giurisdizionale, con i corrispondenti connotati e limiti propri della pronuncia giudiziale resa in sede esecutiva.
Proprio per la natura che l’intervento del giudice dell’esecuzione possiede, esso, in via ordinaria e salva l’evenienza di disciplina riferita a specifici casi, può essere richiesto dal condannato senza limiti di tempo (v. sul tema Sez. 1, n. 26321 del 27/05/2019, COGNOME, Rv. 276488 – 01; Sez. 1, n. 36236 del 23/09/2010, COGNOME, Rv. 248298 – 01; Sez. 1, n. 9708 del 09/01/2007, COGNOME, Rv. 236240 – 01).
L’interesse del condannato a verificare l’esattezza del provvedimento di esecuzione delle pene concorrenti a lui riferite emerge anche nel caso in cui questi deduca che, contrariamente all’impostazione data dal Pubblico ministero, non andavano redatti due cumuli, il primo dei quali necessariamente parziale, ma un unico cumulo omnicomprensivo, emergendo per ciò solo il suo interesse alla corretta esplicazione dell’esecuzione penale attivata nei suoi confronti.
3.1. Quindi, la determinazione avente ad oggetto la correttezza di una fra tali alternative non avrebbe dovuto assumersi, come pare aver sostenuto il giudice dell’esecuzione, alla mera stregua dell’interesse del c:ondannato a fruire dei benefici penitenziari, ma in primo e dirimente luogo applicando i principi dettati dall’ordinamento in tema di esecuzione di pene detentive concorrenti in ipotesi di pluralità di condanne progressivamente emesse a carico dello stesso soggetto.
In particolare, avrebbe dovuto verificarsi se la duplicità dei cumuli, in luogo dell’unico cumulo prospettato dall’istante, trovasse fondamento o meno alla stregua del basilare principio operante in materia, principio – da riaffermarsi senz’altro in applicazione degli artt. 663 e 657 cod. proc. pen. – secondo il quale, in tema di esecuzione di pene concorrenti inflitte con condanne diverse, qualora, durante l’espiazione di una determinata pena, o dopo che l’esecuzione di quest’ultima sia stata interrotta, il condannato commetta un nuovo reato, non può effettuarsi il cumulo di tutte le pene, ma occorre procedere a cumuli parziali, ossia, da un lato, al cumulo delle pene inflitte per i reati commessi sino alla data del reato cui si riferisce la pena parzialmente espiata, con applicazione del criterio moderatore dell’art. 78 cod. pen. e detrazione dal risultato del presofferto, e, dall’altro, a un nuovo cumulo, comprensivo della pena residua e delle pene inflitte per i reati successivamente commessi, sino alla data della successiva detenzione (Sez. 1, n. 46602 del 01/03/2019, COGNOME, Rv. 277491 01; Sez. 1, n. 7762 del 24/01/2012, COGNOME, Rv. 252078 – 01).
Occorre, dunque, ribadire che, quando si tratti di esecuzione delle pene
concorrenti inflitte con condanne diverse, opera il principio dell’unità del rapporto esecutivo, il quale è finalizzato a evitare al condannato ogni possibile pregiudizio derivante dalla distinta esecuzione delle sanzioni penali irrogate in ragione di una pluralità di reati. È però altrettanto assodato che questo principio si riferisce alle pene irrogate per i reati commessi prima dell’inizio della detenzione. Si deve invece procedere alla formazione di un ulteriore cumulo – come tale, non più sottoposto alle limitazioni moderatrici previste dall’art. 78 cod. pen. comprendente, oltre alla pena inflitta per il nuovo reato, la parte risultante dal cumulo precedente, non ancora espiata alla data del nuovo reato, se – e soltanto se – durante l’espiazione di una determinata pena o dopo che l’esecuzione di quest’ultima sia stata interrotta, il condannato commetta un nuovo reato (v. sull’argomento Sez. 1, n. 13985 del 25/02/2020, De Cecato, Rv. 278939 – 01).
Alla definizione di questo primo punto il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto dedicare la verifica istituzionalmente devolutagli dall’ordinamento.
3.2. Inoltre, accertata la corretta individuazione del cumulo delle pene in esecuzione, non avrebbe dovuto mancare di tener conto dell’ulteriore principio di diritto secondo cui, ai fini dell’esecuzione di pene concorrenti,, vanno inserite nel cumulo, non solo tutte le pene che non risultino ancora espiate alla data di commissione dell’ultimo reato, ma anche quelle già espiate che comunque possano avere un riflesso sul criterio moderatore di cui all’art. 78 cod. pen. o sul cumulo materiale, anche in vista della maturazione dei reqJisiti temporali per l’ammissione ad eventuali benefici penitenziari, fermo sempre l’assunto che il principio dell’unità del rapporto esecutivo contempla deroga soltanto qualora, durante l’espiazione di una determinata pena o dopo che l’esecuzione di quest’ultima sia stata interrotta, il condannato commetta un nuovo reato, perché in tali casi, come si è visto, occorre procedere a cumulo interno parziale, in modo che quello finale comprenda, oltre alla pena inflitta per il nuovo reato, la parte risultante dal cumulo precedente, rimanendo tale sommatoria sottoposta alle limitazioni previste dall’art. 78 cod. pen. (Sez. 1, n. 20207 del 27/03/2018, COGNOME, Rv. 273141 – 01; Sez. 1, n. 27569 del 23/06/2010, COGNOME, Rv. 247732 – 01; Sez. 1, n. 7345 del 05/12/2006, dep. 2007, COGNOME, Rv. 236235 – 01).
L’esigenza di questa progressiva verifica, posta dall’istanza di NOME COGNOME, avrebbe dovuto ottenere compiuto riscontro nel provvedimento del giudice dell’esecuzione, il quale ha, invece, fornito la suindicat:a, elusiva risposta, pur dopo avere ricordato che l’espiazione di un carico sanzionatorio non ne determina per ciò solo la sua esclusione del cumulo.
Pertanto, occorre concludere che il Tribunale, nell’ordinanza impugnata, ha reso una motivazione carente in ordine all’osservanza dei suindicati principi,
non chiarendo se la formazione dei due cumuli indicati si ispirasse alla necessità giuridica, ex artt. 663 e 657 cod. proc. pen., della forma2:ione di un cumulo interno parziale e del cumulo finale, oppure se il condannato avesse titolo alla formazione di un cumulo unico, e se, in entrambi i casi, le pene espiate fossero state correttamente inserite nel corrispondente computo, ai fini pure specificati.
La rilevata carenza di motivazione impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Ascoli Piceno che dovrà resaminare l’istanza e verificare, alla stregua dei principi man mano precisati, la corretta formazione del provvedimento di esecuzione di pene concorrenti che il Pubblico ministero ha emesso nei confronti del condannato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Ascoli Piceno.
Così deciso il 12 gennaio 2024
Il Cons . liere estensore yg
Il Presidente