Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38459 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38459 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME nato a CAPUA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/01/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di L’AQUILA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento del provvedimento ímpugnato;
RITENUTO IN FATTO
Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE giustizia ha proposto ricorso avverso l’ordinanza con cui, il 9 gennaio 2024, il Tribunale di sorveglianza di L’Aquila ha rigettato il reclamo ex art. 35bis, comma 4, ord. pen., proposto avverso il provvedimento con il quale il Magistrato di sorveglianza di L’Aquila ha accolto il reclamo proposto da NOME COGNOME, sottoposta al regime differenziato di cui all’art. 41-bis ord. pen. in ordine, tra l’altro, alla limitazione a determinate fasce orarie RAGIONE_SOCIALE possibilità, per i detenuti sottoposti al menzionato regime, di cucinare.
Il ricorrente ha articolato l’atto introduttivo sviluppando un unico composito motivo con il quale ha eccepito violazione di legge e motivazione contraddittoria e manifestamente illogica.
In primo luogo, ha rilevato come l’intervento del Magistrato di sorveglianza sia avvenuto in assenza di qualsiasi pregiudizio all’esercizio di un diritto soggettivo del detenuto.
I provvedimenti disapplicati non violerebbero alcuna disposizione di legge.
La previsione di fasce orarie per la cottura dei cibi costituisce, in linea di principio, un legittimo esercizio RAGIONE_SOCIALE potestà riconosciuta all’Amministrazione penitenziaria che non si pone, in alcun modo, in contrasto con la declaratoria di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza n. 186 del 2018 che ha ritenuto ingiustificato il divieto di cuocere cibi «in quanto previsto in via generale ed astratta in riferimento ai detenuti soggetti al regime carcerario di cui all’art. 41bis ordin. penit.».
Da tale declaratoria non sarebbe derivato il diritto di svolgere l’attività di cottura dei cibi «con qualsiasi modalità ed a qualunque ora», essendo stato dichiarato incostituzionale solo il divieto assoluto di cuocere cibi.
Il ricorrente ha richiamato plurimi pronunciamenti di questa Corte in senso favorevole alla non configurabilità di un diritto fondamentale a cuocere cibi nella propria cella.
Pertanto, non può dirsi che il diritto dell’Amministrazione di disciplinare l’orario di cottura dei cibi sia stato esercitato illegittimamente per il solo fatto ch i detenuti ristretti negli altri circuiti sono autorizzati a cuocere il cibo sen limitazioni di orario.
La differenziazione trova giustificazione nella peculiarità delle condizioni detentive dei detenuti sottoposti a regime differenziato, che, diversamente da quelli in regime ordinario, trascorrono la maggior parte del tempo (stante la limitazione dell’attività trattamentale) nella propria camera detentiva, che
occupano da soli.
Il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITrO
1. Il ricorso è fondato.
Sono condivise le motivazioni svolte da questa Corte con la sentenza n. 34457 del 10/07/2024, NOME, n.m., già depositata, le cui argomentazioni sono qui ripercorse.
L’art. 41-bis, comma 2-quater, lett. f) ord. pen., come introdotto dalla legge n. 94 del 2009, prevede l’adozione, da parte dell’Amministrazione, di ogni misura di sicurezza volta a garantire, tra l’altro, che sia assicurata l’assoluta impossibilità di cuocere cibi.
La norma è stata dichiarata, in parte qua, costituzionalmente illegittima da Corte cost. n. 186 del 2018 che ha precisato come «non si tratta di affermare, né per i detenuti comuni, né per quelli assegnati al regime differenziato, l’esistenza di un “diritto fondamentale a cuocere i cibi nella propria cella”…..si tratta piuttosto di riconoscere che anche chi si trova ristretto secondo le modalità dell’art. 41-bis Ord. pen. deve conservare la possibilità di accedere a piccoli gesti di normalità quotidiana, tanto più preziosi in quanto costituenti gli ultimi residui in cui può espandersi la sua libertà individuale (analogamente, sentenze n. 122 e n. 20 del 2017, n. 349 del 1993)».
Nel dichiarare illegittimo l’art. 41-bis, comma 2-quater, lett. f) ord. pen., limitatamente al divieto di cuocere cibi per i detenuti sottoposti al regime ex art. 41-bis ord. pen., la Corte costituzionale ha riconosciuto a tali detenuti il corrispondente diritto, senza avere tuttavia affermato che questi ultimi non debbano sottostare alle regole del carcere disciplinanti le modalità del relativo esercizio, suscettibile di fruizione sulla base di fasce orarie deputate, che siano di durata adeguata e non irrisoria.
Secondo un orientamento di questa Corte, GLYPH la previsione di limiti alla possibilità di cucinare anche al di fuori delle fasce orarie, stabilite con i regolamento di istituto, costituisce un legittimo esercizio RAGIONE_SOCIALE potestà riconosciuta all’Amministrazione penitenziaria ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. b), d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, secondo cui «il regolamento interno disciplina gli orari relativi all’organizzazione RAGIONE_SOCIALE vita quotidiana RAGIONE_SOCIALE popolazione detenuta o internata» (tra le altre, Sez. 1, n. 22056 del 21/04/2021, Polverino,
non mass.; Sez. 1, n. 21120 del 15/02/2021, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 4030 del 04/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280532).
Rispetto a tale facoltà, viene comunemente affermata la sindacabilità in sede giurisdizionale dei provvedimenti con i quali viene regolamentato l’esercizio del diritto mediante l’individuazione di fasce orarie di autorizzazione alla cottura dei cibi.
E’ necessario evitare che, mediante una disciplina distinta, venga introdotta, tra i detenuti comuni e quelli sottoposti al regime detentivo ex art. 41-bis Ord. pen., un’ingiustificata differenziazione del regime penitenziario tale da assumere, in concreto, un carattere sostanzialmente vessatorio per questi ultimi.
E’ stato, quindi, affermato il principio per cui «in tema di ordinamento penitenziario, è legittima la disposizione del regolamento d’istituto che, incidendo sulle sole modalità di esercizio del relativo diritto, stabilisca il divieto di cott dei cibi in determinate fasce orarie a condizione che riguardi tutti i detenuti e non solo quelli sottoposti al regime detentivo di cui all’art. 41-bis, ord. pen., risolvendosi, in tal caso, in un’ingiustificata differenziazione del regime penitenziario tale da assumere, in concreto, un carattere sostanzialmente vessatorio. (Conf. n. 4031 del 2021, n. 7192 del 2021, n. 7193 del 2021 e n. 7194 del 2021)» (Sez. 1, n. 4030 del 2020, dep. 2021, COGNOME, conformi, tra le molte, Sez. 1, n. 36940 del 28/06/2022, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 38401 del 6/05/2022, Bolognino, non. mass.; Sez. 1, n. 43528 del 28/06/2023, COGNOME, Rv. 285204; Sez. 1, n. 11050 del 22/11/2023, dep. 2024, COGNOME, non mass., Sez. 1, n. 18910 del 06/03/2024, COGNOME, non mass.)
E’ stato confermato, da un lato, che la previsione di fasce orarie in cui l’attività è consentita integra la mera regolamentazione dell’esercizio di un diritto, con la precisazione che attraverso tale disciplina non può essere ripristinata quella maggiore afflittività del trattamento detentivo differenziato che la Corte Costituzionale ha ritenuto illegittima.
Il parametro di riferimento per stabilire la legittimità RAGIONE_SOCIALE previsione delle modalità di esercizio del diritto per i detenuti soggetti al regime differenziato è costituito dal trattamento riservato ai detenuti comuni ristretti presso il medesimo istituto: l’individuazione di fasce orarie per la cottura dei cibi si rivela, dunque, legittima laddove non discriminatoria rispetto al trattamento riservato ai detenuti comuni, determinandosi, in caso contrario, un’ingiustificata differenziazione del regime penitenziario tale da assumere, in concreto, carattere sostanzialmente vessatorio.
Ne consegue la necessità che il provvedimento assunto nei confronti di detenuto a regime differenziato chiarisca «per esplicito e all’esito di un’analisi specifica, se la previsione di fasce orarie stabilita, nell’istituto stesso, solo per
detenuti assoggettati al regime differenziato fosse in concreto esorbitante dall’esercizio del potere organizzativo da parte dell’Amministrazione penitenziaria, in quanto del tutto avulso dal perseguimento delle esigenze connotanti il regime differenziato stesso, tale da comportare una diversificazione di disciplina priva di giustificazioni e, in tal caso, avente carattere irragionevole perché discriminatorio» (Sez. 1, n. 36940 del 2022, COGNOME, cit.).
Deve rilevarsi come, nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza e il Magistrato di sorveglianza non si siano attenuti ai principi richiamati, cogliendo nel segno la censura del ricorrente che evidenzia come dalla previsione delle fasce orarie stabilite per la detenuta a regime differenziato NOME COGNOME non derivi alla medesima «nessun grave pregiudizio all’esercizio di un diritto».
L’Amministrazione ha giustificato la previsione di fasce orarie di cottura dei cibi sulla base RAGIONE_SOCIALE diversità di trattamento rispetto a quello previsto per i detenuti comuni che sono sistemati in celle che ospitano più persone, con conseguenti problemi di salubrità dell’aria derivanti dalla simultanea cottura dei pasti.
Profili problematici invece insussistenti con riferimento ai detenuti sottoposti al regime speciale, posto che questi ultimi sono collocati in celle singole.
L’Amministrazione ha messo altresì in rilievo come la varietà di attività trattamentali svolte dai detenuti comuni determinerebbe il rischio di sovrapposizione RAGIONE_SOCIALE preparazione di cibi cotti, ove fossero previste, per i medesimi, fasce orarie destinate alla cucina, essendo costretti i detenuti, in tale ipotesi, a mettersi ai fornelli contemporaneamente, mentre tale criticità non si pone per i detenuti a regime differenziato, ammessi, in misura innegabilmente inferiore, alle attività trattamentali.
A fronte di tali argomentazioni, ed in particolare, delle differenti modalità trattamentali che caratterizzano il regime dei detenuti ex art. 41-bis ord. pen., secondo l’ordinanza del Tribunale l’Amministrazione penitenziaria non avrebbe evidenziato le ragioni di sicurezza specificamente legate al regime differenziato, rilevando come anche costoro, al pari dei detenuti comuni, sono impegnati in altre attività e che la concentrazione RAGIONE_SOCIALE cottura dei cibi in determinate fasce orarie determinerebbe problemi di salubrità.
Del tutto generico sarebbe, inoltre, il riferimento alle esigenze di «ordinata convivenza all’interno RAGIONE_SOCIALE sezione».
Trattasi di argomentazioni che, oltre a travisare sostanzialmente gli elementi addotti dall’Amministrazione penitenziaria in ordine alle caratteristiche dei due regimi carcerari e alle diverse esigenze organizzative, si risolvono in una motivazione apparente, dal momento che il Tribunale non ha fornito ragioni idonee a spiegare perché la definizione delle fasce orarie costituisca una scelta
esorbitante dal ragionevole contemperamento tra il riconoscimento del diritto a cucinare, in favore, anche, dei detenuti a regime differenziato, e le esigenze di organizzazione interna degli istituti penitenziari, omettendo altresì di enucleare le ragioni per cui tale previsione abbia comportato, nonostante le diverse caratteristiche del regime trattamentale, un’irragionevole discriminazione dei detenuti sottoposti al regime di cui all’art. 41-bis Ord. pen. rispetto ai detenuti comuni.
Ad avviso del Collegio, l’individuazione di fasce orarie per la cottura dei cibi dei detenuti sottoposti al regime speciale non risulta in alcun modo irragionevole, rientrando nell’ambito RAGIONE_SOCIALE potestà di congruente organizzazione riservata all’Amministrazione penitenziaria, priva di profili discriminatori, alla luce RAGIONE_SOCIALE diversa previsione relativa ai detenuti comuni e delle caratteristiche relative alle strutture in cui gli stessi sono reclusi, nonché delle modalità del relativo trattamento penitenziario.
Da quanto esposto, discende l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e di quella reclama emessa dal Magistrato di sorveglianza di L’Aquila.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e quella reclamata del Magistrato di sorveglianza di L’Aquila.
Così deciso il 10/07/2024