Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 38510 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 38510 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Cinquefrondi il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 20/06/2023 del Tribunale di Bologna visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito, per il ricorrente, l’AVV_NOTAIO,.,K51;te quale sostituto dell’AVV_NOTAIO, il quale ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 20 giugno 2023, e depositata il 13 luglio 2023, il Tribunale di Bologna, pronunciando in sede di riesame, ha confermato l’ordinanza adottata dal G.i.p. del Tribunale di Bologna che ha disposto l’applicazione nei confronti di NOME COGNOME della misura cautelare della custodia in carcere per reati concernenti gli stupefacenti.
Secondo il Tribunale, a carico di NOME COGNOME sussisterebbero i gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari in relazione sia a ventitré episodi di acquisto, detenzione o cessione illecita di partite di cocaina aggravati dall’ingente quantità commessi dal maggio 2020 al marzo 2021 (capi 21, 30, 36, 37, 38, 39, 44, 54, 59, 64, 72, 76, 77, 78, 81, 82, 96, 114, 118, 132, 139, 147 e 154), sia al reato di partecipazione ad associazione finalizzata al narcotraffico capeggiata da NOME COGNOME ed altri tre, operante almeno dall’anno 2019, con condotta tuttora permanente, aggravato dal fine di agevolare un’associazione di tipo mafioso e dalla transnazionalità (capo 183).
Ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe NOME COGNOME, con atto sottoscritto dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, articolando quattro motivi, preceduti da una premessa in ordine alla natura delle conversazioni acquisite.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 191 cod. proc. pen., alla direttiva 2014/41/UE, all’art. 1 d.lgs. n. 108 del 2017, e agli artt. 2 e 15 Cost., oltre che agli artt. 100, 102 e 706 cod. proc. pen. francese, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., avendo riguardo alla ritenuta utilizzabilità delle conversazioni acquisite e trasmesse dall’autorità giudiziaria francese in risposta ad ordine europeo di indagine.
Si deduce che gli atti trasmessi dall’autorità giudiziaria francese sono inutilizzabili, posto che gli stessi non hanno ad oggetto, come erroneamente ritiene l’ordinanza impugnata, dati informatici conservati in un sistema informatico, ed acquisiti come documenti, bensì risultanze di intercettazioni di comunicazioni.
A fondamento di questo assunto, si rappresenta, innanzitutto, che nessuna compagnia telefonica può memorizzare sui propri server i contenuti delle comunicazioni che passano su di essi, perché altrimenti procederebbe ad intercettazioni illegali. Si osserva, poi, che proprio l’ordinanza emessa dal AVV_NOTAIO Istruttore del Tribunale di Parigi, la quale ha autorizzato le operazioni di acquisizione dei dati, descrive le stesse come attività di intercettazioni di comunicazioni in corso, e che ciò è confermato da una consulenza tecnica prodotta dalla difesa. Si segnala, quindi, che l’ordinanza impugnata non si è in alcun modo confrontata con le deduzioni appena indicate, sebbene la consulenza tecnica fosse stata allegata alla richiesta di riesame. Si aggiunge che, come segnalato con memoria depositata in sede di riesame, anche la Corte di cassazione francese ha precisato che l’attività acquisitiva svolta è disciplinata da una disposizione, l’art. 702-102-1 del codice di procedura penale francese, la quale consente sia l’acquisizione di documenti memorizzati, sia l’acquisizione di flussi informatici in il
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corso (il riferimento è a Corte di cassazione francese n. 01226 dell’il. ottobre 2022 N.M 21-85.148 F-D).
Si rileva, a questo punto, che, anche a non voler contestare l’ordinanza del AVV_NOTAIO Istruttore francese, l’attività di acquisizione svolta fino al 17 dicembre 2020, la quale comprende la quasi totalità delle comunicazioni riferibili all’attuale ricorrente, è inutilizzabile, perché non sono stati prodotti gli atti necessari per ritenere che la stessa sia stata svolta in connessione con i provvedimenti autorizzativi di un giudice. Si evidenzia, inoltre, che tale doglianza era stata specificamente enunciata nella memoria depositata in sede di riesame, e che, però, ad essa, l’ordinanza impugnata non offre alcuna risposta.
Si osserva, in una prospettiva più AVV_NOTAIO, che, come già sottolineato nella memoria depositata in sede di riesame, i provvedimenti autorizzativi del AVV_NOTAIO · Istruttore francese sono in contrasto con i principi fondamentali, perché sono «a bersaglio indiscriminato», in quanto le acquisizioni riguardano la totalità degli utenti di una compagnia telefonica e sono dirette alla ricerca di ogni possibile tipologia di reato, e, tra l’altro, sembrerebbero circoscritte agli utenti presenti sul territorio francese, stimati in un numero compreso tra 1.674 e 3.276.
Si puntualizza che il rilievo appena compiuto è valido anche a voler qualificare l’acquisizione dei dati come esito di un’attività di perquisizione e sequestro, perché la conservazione di contenuti di comunicazioni da parte di una compagnia telefonica, ancor più se di ampia estensione, sarebbe comunque illegale, in quanto implicherebbe la costituzione di una banca dati illegale, in radicale contrasto con i principi di protezione dei dati personali e di tutela della riservatezza, per di più mediante un’abusiva attività di intercettazione.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., avendo riguardo alla identificazione dell’utilizzatore dell’utenza Sky-Ecc TARGA_VEICOLO nella persona dell’attuale ricorrente.
Si deduce che l’ordinanza impugnata ha ritenuto di poter individuare l’utilizzatore dell’utenza Sky-TARGA_VEICOLO nella persona dell’attuale ricorrente, senza confrontarsi con le carenze denunciate nella memoria difensiva nelle pagg. 7, 8 e 9, ritenendo auto-sufficienti gli altri elementi indizianti, ed ha così violato i dovere di motivazione specificamente previsto dall’art. 292, comma 2, lett. c-bis), cod. proc. pen.
2.3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avendo riguardo alla ritenuta configurabilità del reato di partecipazione ad associazione finalizzata al narcotraffico a carico dell’attuale ricorrente.
Si deduce che l’ordinanza impugnata accede ad una nozione di condotta partecipativa disallineata dai principi giurisprudenziali in materia, perché non indica i dati fattuali cui connettere la dimostrazione indiziaria di una stabile adesione dell’attuale ricorrente all’associazione dedita al narcotraffico. Si precisa che la precisata stabile adesione non può essere desunta da generici rapporti di fornitura o di acquisto di sostanza stupefacente intrattenuti con soggetti anche apicali di un sodalizio illecito, perché è necessaria la verifica della consapevolezza e volontà dell’agente di far parte di una società criminosa riconducibile allo schema di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990.
2.4. Con il quarto motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 274 e 275 cod. proc. pen., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., avendo riguardo alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari.
Si deduce che l’ordinanza impugnata ha ravvisato il pericolo di reiterazione criminosa sulla base di mere congetture e di affermazioni apodittiche, sostanzialmente fondate sulla gravità astratta del reato per cui si procede, senza alcun riferimento a concreti elementi di fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel complesso infondato per le ragioni di seguito precisate.
Infondate sono le censure esposte nel primo motivo, che contestano l’utilizzabilità delle conversazioni acquisite mediante ordine europeo di indagine indirizzato all’autorità ,giudiziaria francese, deducendo che le stesse costituiscono risultati di intercettazioni di comunicazioni, che almeno le acquisizioni compiute fino al 17 dicembre 2020 non appaiono autorizzate dal provvedimento di un giudice, e che, in ogni caso, i provvedimenti autorizzativi del giudice francese sono in contrasto con i principi fondamentali, in quanto relativi all’intercettazione della generalità degli utenti di una compagnia telefonica e finalizzati alla ricerca di qualunque tipologia di reato.
2.1. La questione dell’utilizzabilità del contenuto di comunicazioni scambiate mediante criptofonini, già acquisite e decrittate dall’autorità giudiziaria estera in un procedimento penale pendente davanti ad essa, e trasmesse sulla base di ordine europeo di indagine è stata esaminata e risolta dalle Sezioni Unite, con due decisioni successive alla presentazione del ricorso scrutinato in questa sede.
Queste due decisioni hanno affermato, in modo convergente, innanzitutto, per quanto di specifico interesse in questa sede, che la inapplicabilità della disposizione di cui all’art. 234-bis cod. proc. pen. in materia di acquisizione ed utilizzabilità dei dati relativi alle comunicazioni intercorse attraverso il sistema criptato Sky-Ecc
non rende illegittima l’acquisizione, né preclude l’utilizzabilità dei dati indicati ottenuti dall’autorità giudiziaria francese in esecuzione di o.e.i. emesso dal pubblico ministero italiano, quando sussistono le condizioni di ammissibilità necessarie per emettere legittimamente l’o.e.i. e non risultano violazioni dei diritti fondamentali (cfr. Sez. U, n. 23755 del 29/02/2024, COGNOME, mass. per altro, in motivazione, § 15.1 del “Considerato in diritto”, e Sez. U, n. 23756 del 29/02/2024, COGNOME, mass. per altro, in motivazione, § 18.1 del “Considerato in diritto”).
Per quanto concerne le condizioni di ammissibilità necessarie per emettere legittimamente l’o.e.i., ad avviso delle Sezioni Unite, occorre aver riguardo alle disposizioni di cui alla Direttiva 2014/41/UE. Assumono perciò rilievo, in primo luogo, le disposizioni di cui all’art. 6, paragrafo 1, Direttiva 2014/41/UE, di carattere AVV_NOTAIO, le quali prevedono che l’ordine europeo di indagine può essere emesso quando l’attività richiesta è necessaria e proporzionata ai fini del procedimento nel cui ambito è emesso, e sempre che l’atto o gli atti di indagine richiesti avrebbero potuto essere disposti alle stesse condizioni in un caso interno analogo (cfr. Sez. U, n. 23755 del 29/02/2024, COGNOME, cit., in motivazione, § 7.2 del “Considerato in diritto”, e Sez. U, n. 23756 del 29/02/2024, COGNOME, cit., in motivazione, § 10.2 del “Considerato in diritto”). Assumono poi rilievo, in secondo luogo, nello specifico caso di intercettazioni effettuate nei confronti di persona il cui «indirizzo di comunicazione» si trova in uno Stato membro diverso da quello in cui le stesse sono state autorizzate, le disposizioni di cui all’art. 31 Direttiva 2014/41/UE e di cui all’art. 24 d.lgs. 21 giugno 2017, n. 108; in particolare, l’art. 24 d.lgs. cit. prevede una sola ipotesi alla quale deve conseguire la cessazione delle operazioni di intercettazione effettuate dall’autorità giudiziaria di altro Stato membro di «un dispositivo, anche di sistema informatico o telematico, in uso a persona che si trovi nel territorio dello Stato»: «se le intercettazioni sono state disposte in riferimento a un reato per il quale, secondo l’ordinamento interno, le intercettazioni non sono consentite» (cfr. Sez. U, n. 23756 del 29/02/2024, COGNOME, cit., in motivazione, §§ 15.2 e 15.3 del “Considerato in diritto”). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Per quanto attiene il secondo profilo ostativo, le Sezioni Unite hanno affermato che l’utilizzabilità del contenuto di comunicazioni scambiate mediante criptofonini, già acquisite e decrittate dall’autorità giudiziaria estera in un procedimento penale pendente davanti ad essa, e trasmesse sulla base di ordine europeo di indagine, deve essere esclusa se il giudice italiano rileva che il loro impiego determinerebbe una violazione dei diritti fondamentali previsti dalla Costituzione e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, e, tra questi, del diritto di difesa e della garanzia di un giusto processo, fermo restando che l’onere di allegare e provare i fatti da cui inferire tale violazione grava sulla parte interessata (Sez. U, n. 23755
(
a
del 29/02/2024, COGNOME, Rv. 286573 – 05). Ed hanno ribadito il medesimo principio anche con specifico riguardo ai risultati di intercettazioni disposte da un’autorità giudiziaria straniera in un procedimento penale pendente davanti ad essa, ed effettuate su una piattaforma informatica criptata e su criptofonini (Sez. U, n. 23756 del 29/02/2024, COGNOME, Rv. 286589 – 04).
2.2. Il ricorso in esame non pone questioni in ordine al profilo delle condizioni di ammissibilità necessarie per emettere l’o.e.i. a norma degli artt. 6 e 31 Direttiva 2014/41/UE e dell’art. 24 d.lgs. 21 giugno 2017, n. 108, ma contesta l’utilizzabilità delle conversazioni e comunicazioni acquisite nel procedimento in Italia, in quanto assume che la loro acquisizione in Francia, nel procedimento pendente davanti all’autorità francese, sarebbe avvenuta in violazione di principi fondamentali.
Il ricorrente, in particolare, deduce: a) l’inutilizzabilità di tutte le conversazion e comunicazioni acquisite nel presente procedimento, perché i provvedimenti di autorizzazione ad acquisirle sono stati emessi dal AVV_NOTAIO francese «a bersaglio indiscriminato», e finalizzati alla ricerca di qualunque tipologia di reato; b) l’inutilizzabilità, quanto meno, delle conversazioni e comunicazioni acquisite fino al 17 dicembre 2020, perché i provvedimenti autorizzativi del AVV_NOTAIO francese disponibili si riferiscono solo al periodo successivo al 17 dicembre 2020.
2.2.1. La prima deduzione è priva di specificità, perché l’ipotesi che l’attività di acquisizione delle conversazioni e comunicazioni sia avvenuta in modo del tutto indiscriminato e generalizzato non è supportata da alcuno specifico elemento.
Invero, il ricorso si limita a porre a fondamento di tale deduzione l’elevato numero delle persone interessate dal provvedimento del AVV_NOTAIO francese di acquisizione o di intercettazione.
Ora, l’elevato numero dei soggetti coinvolti nelle conversazioni e comunicazioni oggetto di acquisizione da parte dei Giudici francesi non costituisce elemento sufficiente per poter concludere che i provvedimenti da questi emessi siano in violazione dei diritti fondamentali perché «a bersaglio indiscriminato». Come già evidenziato dalle Sezioni Unite, infatti, nemmeno dalla giurisprudenza della Corte EDU emerge un divieto di effettuare intercettazioni di vaste proporzioni, purché siano previste efficaci garanzie contro rischi di abusi e di arbitri nelle fasi dell’adozione della misura, della sua esecuzione e del controllo successivo (così Sez. U, n. 23756 del 29/02/2024, COGNOME, cit., in motivazione, § 15.5.1 del “Considerato in diritto”). Né, con il ricorso, sono stati prodotti o segnalati concreti elementi da cui inferire che, nella specie, si siano verificati, almeno in termini di seria probabilità, abusi e arbitri nelle fasi dell’adozione della misura di acquisizione ( delle conversazioni e comunicazioni, della esecuzione della stessa e del controllo successivo.
2.2.2. Anche la seconda deduzione è priva di specificità, perché pure l’ipotesi che l’attività di acquisizione delle conversazioni e comunicazioni sia avvenuta senza autorizzazione del giudice non è supportata da alcuno specifico elemento.
In proposito, è utile rilevare innanzitutto che, secondo la consolidatissima i giurisprudenza di legittimità, in tema di intercettazioni disposte in altro procedimento, l’omesso deposito del decreto autorizzativo non ne determina l’inutilizzabilità, neanche a seguito delle modifiche introdotte dalla legge 9 ottobre 2023, n. 137, posto che l’art. 270, comma 2, cod. proc. pen. prevede il solo deposito, presso l’autorità giudiziaria competente per il procedimento diverso da quello nel quale l’attività captativa è stata disposta, delle registrazioni e dei verbali delle intercettazioni da utilizzare (così Sez. 1, n. 49627 del 14/11/2023, COGNOME, Rv. 285579 – 02, nonché, in precedenza, per tutte, Sez. U, n. 45189 del 17/11/2004, COGNOME, Rv. 229244 – 01).
Inoltre, è altrettanto diffuso il principio, implicito in quello precedentemente richiamato, secondo cui la parte che eccepisce nel procedimento ad quem la mancanza o l’illegittimità dell’autorizzazione per opporsi all’utilizzabilità degli esiti di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni in un procedimento diverso da quello nel quale esse furono disposte, ha l’onere di produrre il decreto autorizzativo, in modo da porre il giudice in grado di verificare l’effettiva inesistenza nel procedimento a quo del controllo giurisdizionale prescritto dall’art. 15 Cost. (cfr., tra le tante, Sez. 2, n. 6947 del 29/10/2019, dep. 2020, Rossi, Rv. 278246 – 01, e Sez. 6, n. 41515 del 18/09/2015, Lusha, Rv. 264741 – 01).
Manifestamente infondate sono le censure formulate nel secondo motivo, che contestano l’illegittimità dell’individuazione dell’attuale ricorrente come l’utilizzatore dell’utenza Sky-Ecc TARGA_VEICOLO, deducendo che l’ordinanza impugnata non si è confrontata con le osservazioni evidenziate nella memoria difensiva depositata in sede di riesame.
3.1. L’ordinanza impugnata ritiene che l’utenza CODICE_FISCALE-Ecc CODICE_FISCALE sia riferibile all’attuale ricorrente sulla base di una pluralità di indizi desumibil direttamente dai messaggi scambiati mediante tale dispositivo.
In particolare, il Tribunale segnala che l’utilizzatore di Sky-Ecc NUMERO_DOCUMENTO: a) aveva una frequentazione con tale “NOME” ed ha festeggiato un’unione con la stessa in data 23 agosto 2020, e l’attuale ricorrente proprio il 23 agosto 2020 ha festeggiato il proprio matrimonio con NOME COGNOME; b) ha ricevuto da altri coindagati, anch’essi utilizzatori di utenze attive sulla piattaforma Sky-Ecc, gli auguri di compleanno il 13 dicembre 2020, e l’attuale ricorrente è nato il 13 dicembre 2020; c) è denominato nei messaggi “NOME“, ed ha raccontato di vicende relative ad un fratello indicato come “NOME“, e l’attuale ricorrente si chiama NOME
NOME ed ha un fratello a nome NOME; d) opera riferimenti al coinvolgimento in una rissa avvenuta tra il 7 e 1’8 settembre 2020 in un bar in cui lavora l’amica NOME COGNOME, e l’attuale ricorrente è stato denunciato dalle Forze dell’Ordine per una rissa avvenuta il 7 settembre 2020 in un bar presso il quale lavorava NOME COGNOME.
Il Tribunale, poi, dà conto delle censure della difesa, secondo la quale non sarebbe possibile attribuire oltre ogni ragionevole dubbio l’utilizzo del PIN Sky-Ecc CODICE_FISCALE all’attuale ricorrente perché mancano in atti: a) i tabulati relativi alle due utenze “normali” in uso al medesimo; b) i tabulati delle tre IMEI relative ai criptofonini riferiti all’indagato; c) i data-base delle “celle operatore” per verificare quelle interessate dai criptofonini, e, quindi, attraverso la comparazione tra queste e le “celle operatore” interessate dalle utenze “normali”, la congruità dell’abbinamento dell’utilizzazione del PIN CODICE_FISCALE con l’attuale ricorrente (pag. 13). Osserva, in proposito, che le lacune segnalate dalla difesa non sono decisive, perché gli elementi desumibili dalle conversazioni scambiate mediante l’utilizzo del PIN CODICE_FISCALE sono «insuperabili» e consentono «l’inconfutabilità di tale attribuzione-identificazione» tra l’utente dello stesso e l’attuale ricorrente (cfr. pagg. 13 s.).
3.2. Le argomentazioni svolte dal Tribunale non possono ritenersi integrare una motivazione lacunosa, contraddittoria o manifestamente illogica.
Invero, l’ordinanza impugnata ha dato atto, in modo puntuale, dell’assenza degli elementi indicati dalla difesa, ma ha specificamente spiegato la non decisività di tale lacuna facendo riferimento al contenuto delle conversazioni acquisite, siccome ritenute univocamente indicative dell’attuale ricorrente come l’utilizzatore del PIN Sky-Ecc CODICE_FISCALE. E questa conclusione, proprio per il contenuto di tali conversazioni, nei punti dettagliatamente riportati dal Tribunale e non oggetto di alcuna specifica contestazione nel ricorso, deve ritenersi fondata su un’accettabile massima di esperienza.
Prive di specificità sono le censure enunciate nel terzo motivo, che contestano la ritenuta configurabilità del reato di partecipazione ad associazione ex art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, deducendo che l’ordinanza impugnata non ha indicato i dati fattuali da cui desumere, in termini di gravità indiziaria, la stabile e consapevole adesione dell’attuale ricorrente ad un sodalizio criminale finalizzato al n a rcotraffico.
4.1. L’ordinanza impugnata indica in maniera precisa sia gli elementi da cui inferire l’esistenza dell’associazione ex art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, della quale farebbe parte l’attuale ricorrente, sia gli elementi a carico di quest’ultimo.
4.1.1. Il Tribunale premette che l’indagine è stata avviata inserendo un agente sotto copertura in una rete di soggetti dediti alla raccolta di denaro contante da versare a corrieri legati ad organizzazioni criminali nazionali e destinato ai “cartelli” sudamericani del narcotraffico. Rappresenta, poi, che l’agente sotto copertura ha effettuato per tre volte la raccolta di denaro contante nella medesima abitazione sita in un Comune della provincia di Reggio Emilia, condotta in locazione dal suocero di NOME COGNOME, e precisamente: a) il 4 dicembre 2020, con riguardo alla somma di 260.000,00 euro, consegnatagli da NOME COGNOME; b) il 5 gennaio 2021, con riguardo alla somma di 290.000,00 euro, consegnatagli da NOME COGNOME e NOME COGNOME; c) il 26 gennaio 2021, con riguardo alla somma di 300.000,00 euro, consegnatagli da NOME COGNOME e NOME COGNOME. Segnala, quindi, che, in occasione della consegna del denaro effettuata il 26 gennaio 2021, è stato attivato un servizio di osservazione, nel cui ambito, mediante l’uso di “IMSI catcher”, la polizia giudiziaria è riuscita ad individuare la presenza nell’area di tre dispositivi muniti di tecnologia Sky-Ecc, in uso a NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME. Evidenzia, quindi, che, successivamente a tale attività investigativa, la Procura di Bologna, mediante ordine europeo di indagine, ha acquisito le comunicazioni delle tre persone sopra individuate e di numerosi altri soggetti in contatto con costoro.
Il Tribunale, a questo punto, espone che, sulla base delle conversazioni e comunicazioni acquisite, è stato possibile ricostruire l’esistenza di un sodalizio transnazionale facente capo a NOME COGNOME, all’epoca latitante, e composto da decine di soggetti, tra i quali NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quest’ultimo con il ruolo di organizzatore. Precisa che il sodalizio risulta coinvolto, tra la fine del 2019 e la fine del 2021, in numerosissime transazioni illecite, aventi ad oggetto, nel complesso, circa 1.100 kg. di cocaina, circa 430 kg. di hashish e circa 90 kg. di marijuana. Rappresenta, in particolare, quanto all’azione operativa del gruppo, che: a) NOME COGNOME era in contatto con i narcotrafficanti sudamericani, e faceva raggiungere le partite di droga, per alcune decine di kg. per volta, in Calabria; b) lo stupefacente, arrivato in Calabria, veniva lì custodito in depositi gestiti da alcune persone, tra le quali l’attuale ricorrente, NOME COGNOME, fino al momento in cui veniva consegnato a vari corrieri; c) i corrieri, utilizzando camion e furgoni, ed operando sotto il controllo a distanza di NOME COGNOME, trasportavano la droga in altre regioni, soprattutto nel Lazio e in provincia di Reggio Emilia; d) in questi luoghi lo stupefacente veniva darSprima custodito in vari depositi e poi smistato a vari acquirenti. Aggiunge che, proprio sulla base delle conversazioni e comunicazioni intercorse sulla piattaforma SkyEcc, è stato possibile riferire al sodalizio criminale guidato da NOME COGNOME: a) il sequestro di circa 16 kg. di cocaina effettuato il 4 novembre 2019; b) il sequestro
di 15 panetti di cocaina per 17 kg. circa, e di cinque milioni di euro in contanti, quale parte di un maggiore quantitativo di 250 kg., il 26 novembre 2020; c) il sequestro di circa 41 kg. di cocaina e di circa 43 kg. di hashish, il 9 novembre 2021; d) il sequestro di somme di denaro in contanti I’ll dicembre 2019; e) il sequestro di somme di denaro in contanti il 30 settembre 2020.
4.1.2. L’ordinanza impugnata, con specifico riferimento all’attuale ricorrente, osserva che il medesimo, per conto del sodalizio criminale, agendo sotto la direzione di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, e collaborando con altri indagati, come NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, ha svolto l’attività di custode della droga non appena arrivata in Calabria e si è inoltre preoccupato della consegna della stessa ai corrieri incaricati di trasportare le partite di stupefacente nel Lazio ed in Emilia Romagna.
Rappresenta, in via preliminare, che a carico dell’attuale ricorrente, sulla base delle conversazioni e comunicazioni intercorse sull’utenza CODICE_FISCALE-Ecc NUMERO_DOCUMENTO, sono rilevabili gravi indizi di colpevolezza in ordine a ventitré episodi di narcotraffico, uno dei quali (contestato al capo 96) interessato dal sequestro effettuato il 26 novembre 2020. Precisa che, in relazione ai gravi indizi di colpevolezza per i reati fine, la difesa non ha formulato specifiche deduzioni, in quanto ha contestato solo l’utilizzabilità delle conversazioni e comunicazioni intercorse sulla piattaforma criptata e l’attribuibilità all’attuale ricorrente dell’utenza Sky-Ecc CODICE_FISCALE.
Espone, poi, che i gravi indizi a carico dell’attuale ricorrente per il reato di partecipazione all’associazione ex art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 diretta da NOME COGNOME, sono desumibili: a) dalla partecipazione a ben ventitré reati fine, ciascuno relativo ad ingenti quantitativi di cocaina (da 7 kg. a 251 kg.), nell’arco di meno di un anno, dal maggio 2020 al marzo 2021; b) dalla disponibilità di un’utenza collegata alla piattaforma Sky-Ecc, come numerosi altri membri del gruppo criminale; e) dai contatti a fini di collaborazione con vari esponenti del sodalizio illecito, quali il “capo” dell’associazione, NOME COGNOME, nonché NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME; d) dallo svolgimento di compiti sostanzialmente precisi, fissi e predeterminati, consistiti nelle attività di ricezione e custodia della droga in arrivo in Calabria, e di successiva consegna della stessa ai corrieri per il trasferimento dello stupefacente nel Lazio ed in Emilia Romagna, nonché di collaborazione nell’organizzazione di tali viaggi. Aggiunge che i gravi indizi della consapevolezza dell’attuale ricorrente di partecipare ad un’associazione sono inferibili sia dalla partecipazione alla gestione di imponenti quantitativi di cocaina in rapida successione, in modo continuativo e regolare, sia dalla disponibilità di “criptofonini” per comunicare con altre persone coinvolte nell’illecita attività, poiché solo un’organizzazione strutturata può gestire
un tale traffico di sostanze stupefacenti, utilizzando inoltre apparati tecnologici di uso non comune.
Conclude quindi: «In un simile quadro fattuale appare evidente che i rapporti intrattenuti dal ricorrente con i sodali di riferimento (oltre che con altri soggetti comunque operanti in seno al sodalizio: es. corrieri, trasportatori) hanno rappresentato forme di interazione qualificate nell’ambito dell’operatività di un più ampio gruppo criminale organizzato, e non già mere relazioni di tipo diretto ed immediato con i suddetti soggetti».
4.2. Le conclusioni dell’ordinanza impugnata in ordine all’esistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente per il reato di partecipazione ad associazione finalizzata al narcotraffico sono immuni da vizi.
Il Tribunale, infatti, ha dato conto con motivazione incensurabile sia dell’esistenza dell’associazione di riferimento sia dei gravi indizi in ordine alla condotta partecipativa dell’attuale ricorrente. In particolare, con riguardo al profilo oggettivo della condotta partecipativa, l’ordinanza impugnata ha fornito precisa indicazione di uno stabile e fattivo contributo continuativamente prestato dall’attuale ricorrente all’illecito sodalizio, mediante lo svolgimento di un ruolo predeterminato e necessario per la concreta operatività e per l’efficace “funzionamento” dell’organizzazione. Relativamente al profilo del dolo di partecipazione, poi, le conclusioni del AVV_NOTAIO del riesame si fondano su accettabili massime di esperienza, atteso che non è manifestamente irragionevole desumere la consapevolezza di contribuire all’attività di un’associazione criminale ex art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 dalla continuatività della partecipazione alla gestione di ingenti quantitativi di cocaina, con notevole frequenza nel tempo, svolgendo tale attività mediante l’uso di dispositivi tecnologici non comuni specificamente dedicati e con costanti contatti con una pluralità di coindagati.
E il ricorso, in proposito, non si confronta in alcun modo con la dettagliata motivazione esposta nell’ordinanza impugnata, ma si limita a mere affermazioni sganciate dagli elementi specificamene richiamati dal Tribunale.
Prive di specificità sono anche le censure proposte nel quarto motivo, che contestano la ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, deducendo che l’ordinanza impugnata ha desunto il pericolo di reiterazione sulla base di affermazioni apodittiche e valorizzando la gravità astratta del reato per cui si procede, senza indicare concreti elementi di fatto.
Il Tribunale ha ravvisato la sussistenza delle esigenze cautelari costituite dal pericolo di reiterazione, e della indispensabilità dell’applicazione della custodia in carcere, sulla base di una pluralità di elementi. Ha premesso che, in caso di sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309
del 1990, l’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. fissa una doppia presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di indispensabilità della misura della custodia in carcere. Ha osservato, poi, che non solo non risultano, né sono stati indicati, elementi idonei a contrastare tale presunzione relativa, ma gli atti evidenziano il contrario, in particolare per la reiterazione nell’arco di circa undici mesi, di ben ventitré reati concernenti tutti ingenti quantitativi di cocaina, condotta fortemente evocativa dell’altra professionalità criminale acquisita nel settore del narcotraffico e della capacità di inserirsi e di agire senza remore nell’ambito di circuiti criminali organizzati anche di elevatissimo spessore delinquenziale. Ha aggiunto che non vi sono elementi per ritenere la rescissione del vincolo associativo, e che, anzi, l’attuale ricorrente, è già stato sottoposto nel corso del 2019 alla misura degli arresti domiciliari per reati di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, nel contesto di altro procedimento relativo a fatti di criminalità organizzata. Ha rimarcato, ancora, che l’elevata professionalità criminale dimostrata e l’accesso a mezzi di comunicazione a distanza criptati evidenziano l’inadeguatezza e l’inidoneità della misura degli arresti domiciliari a fronteggiare le esigenze cautelari individuate.
Le conclusioni esposte dal Tribunale, anche in relazione al punto della sussistenza delle esigenze cautelari e della indispensabilità dell’applicazione della custodia in carcere, sono correttamente motivate. E, anche in relazione a tale profilo, le censure enunciate nel ricorso non si confrontano con la puntuale motivazione fornita dal Tribunale, ma si limitano a mere affermazioni prive di effettiva correlazione con gli elementi specificamene richiamati nell’ordinanza.
6. Alla complessiva infondatezza delle censure seguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso 1’11/09/2024.