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Critica politica: non è diffamazione se è rilevante

Una giornalista e il suo direttore, condannati per diffamazione a causa di un articolo su nomine nella TV pubblica, vengono assolti in via definitiva dalla Corte di Cassazione. La Corte ha stabilito che l’articolo rientrava nel legittimo esercizio del diritto di critica politica, un tema di grande interesse pubblico, annullando la sentenza perché il fatto non costituisce reato.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Critica Politica e Diffamazione: La Cassazione Assolve Giornalista per Articolo su Nomine TV

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha tracciato una linea netta tra diffamazione e legittimo esercizio del diritto di critica politica. Il caso riguardava una giornalista e il direttore responsabile di un quotidiano online, condannati in primo e secondo grado per aver pubblicato un articolo ritenuto lesivo della reputazione di un vice-direttore della televisione pubblica. La Suprema Corte ha ribaltato il verdetto, annullando la sentenza senza rinvio perché “il fatto non costituisce reato”.

Questa decisione riafferma l’importanza della libertà di espressione, specialmente quando si toccano temi di interesse generale come l’influenza della politica sulle nomine nel servizio pubblico.

I Fatti: L’Articolo Controverso e la Condanna Iniziale

Una giornalista aveva pubblicato un articolo su un quotidiano online, analizzando le nomine all’interno del servizio pubblico radiotelevisivo. Il pezzo, intitolato “La pietosa compravendita delle nomine della Rai dimostra che la politica e viale Mazzini sono una cosa sola”, criticava aspramente la nomina di un vice-direttore, associandola a una precisa appartenenza politica.

L’articolo non solo suggeriva una connotazione politica dell’incarico, ma ne svalutava anche la portata e il prestigio, mettendo in dubbio la professionalità e la presenza effettiva del dirigente in ufficio. Sulla base di queste affermazioni, sia la giornalista che il direttore responsabile della testata erano stati condannati per diffamazione pluriaggravata nei primi due gradi di giudizio.

Il Diritto alla Critica Politica secondo la Cassazione

I ricorrenti hanno impugnato la sentenza di condanna davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo che l’articolo rientrasse pienamente nell’esercizio del diritto di critica, tutelato dall’art. 51 del codice penale e dall’art. 21 della Costituzione. La Suprema Corte ha accolto questa tesi, operando un attento bilanciamento tra il diritto alla reputazione della persona e la libertà di manifestazione del pensiero, in particolare nella sua declinazione di critica politica.

La Corte ha sottolineato che, in un sistema democratico, il dibattito su temi di interesse pubblico, come le interferenze politiche nelle nomine dei vertici dell’informazione, gode di un livello di protezione particolarmente elevato. La critica, a differenza della cronaca, è per sua natura soggettiva e congetturale e non può essere soggetta a una pretesa di oggettività assoluta.

I Limiti della Critica: Continenza e Dignità

Il limite invalicabile del diritto di critica, secondo la Corte, è il rispetto della dignità altrui. La critica non deve mai trasformarsi in un attacco gratuito e personale (argumentum ad hominem), ma deve rimanere funzionale all’espressione di un dissenso ragionato su temi di rilevanza collettiva. L’uso di termini aspri o polemici non è di per sé sufficiente a superare il limite della continenza espressiva, se inserito in un contesto di dibattito pubblico.

Le Motivazioni della Sentenza

Nel motivare la sua decisione di annullamento, la Cassazione ha spiegato che la lettura complessiva dell’articolo rivelava una finalità squisitamente politica. L’obiettivo non era denigrare il singolo professionista, ma criticare un sistema, quello della cosiddetta “lottizzazione”, che secondo la tesi della giornalista caratterizzava le nomine nel servizio pubblico. Le affermazioni sul vice-direttore, pur essendo pungenti, erano funzionali a sostenere questa tesi generale e non costituivano un attacco isolato e personale.

Il contesto più ampio era quello di un dibattito di grande rilevanza pubblica: il diritto dei cittadini a un’informazione pluralista e non influenzata da logiche partitiche. In quest’ottica, le affermazioni della giornalista, anche quelle sulla presunta assenza dall’ufficio, non miravano a ledere la reputazione personale del dirigente, ma a rafforzare la critica verso un sistema di nomine ritenuto opaco e politicamente condizionato.

Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante punto di riferimento per la libertà di stampa e per la definizione dei confini del reato di diffamazione. La Corte di Cassazione ha chiarito che la critica politica, anche quando si esprime con toni forti e sferzanti, è legittima se riguarda questioni di interesse pubblico e non trascende in un’aggressione gratuita alla persona. Per i giornalisti, questo significa avere un margine più ampio per indagare e commentare le dinamiche del potere, a patto di non violare il nucleo essenziale della dignità umana. Per i cittadini, è una conferma del diritto a essere informati e a partecipare a un dibattito pubblico libero e plurale, fondamento di ogni democrazia.

Quando la critica a una figura pubblica diventa diffamazione?
Secondo la sentenza, la critica diventa diffamazione quando trascende in un’aggressione gratuita alla persona, utilizzando attacchi personali (argumenta ad hominem) privi di giustificazione nel contesto di una più ampia critica politica su temi di interesse pubblico. Finché le affermazioni, anche aspre, sono funzionali a sostenere una tesi di rilevanza collettiva, l’esercizio del diritto di critica è considerato legittimo.

Qual è la differenza tra diritto di cronaca e diritto di critica politica?
Il diritto di cronaca si basa sulla narrazione di fatti e richiede il rispetto del requisito della verità (anche putativa). Il diritto di critica politica, invece, esprime un’opinione o un giudizio soggettivo. Per questo, il requisito della verità è più attenuato, e la critica può avere un carattere congetturale, purché non si trasformi in un attacco personale e rispetti il limite della dignità altrui.

Perché la Cassazione ha annullato la condanna senza rinvio?
La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza senza rinvio “perché il fatto non costituisce reato”. Ciò significa che, secondo la valutazione della Suprema Corte, i fatti descritti nell’imputazione, così come accertati nei gradi di merito, non integrano gli elementi del reato di diffamazione, in quanto l’intera condotta era coperta dalla scriminante del diritto di critica politica. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte ha potuto decidere il caso in via definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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