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Critica politica: i limiti tra cronaca e diffamazione

Un giornalista, inizialmente condannato e poi assolto in appello per aver diffamato un politico sui social, vede la sua assoluzione annullata ai fini civili dalla Corte di Cassazione. La Suprema Corte ha stabilito che la critica politica, per essere legittima, deve basarsi su fatti veri e non deve mai degenerare in un attacco personale. La sentenza impugnata è stata cassata per non aver adeguatamente motivato la distinzione tra legittimo dissenso e offesa gratuita.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Critica Politica: Quando l’Opinione Diventa Diffamazione?

La libertà di espressione è un pilastro della nostra democrazia, ma dove si traccia il confine tra una legittima critica politica e un’offesa personale diffamatoria? Con la sentenza n. 33725/2024, la Corte di Cassazione torna su questo tema delicato, annullando una sentenza di assoluzione e ribadendo i principi fondamentali che governano il dibattito pubblico, specialmente nell’era dei social media.

I Fatti: Critiche sui Social Network

Il caso ha origine da una serie di post pubblicati su Facebook da un giornalista, indirizzati a un noto esponente politico locale. Nei suoi scritti, il giornalista utilizzava espressioni forti, definendo il politico un “modesto politicante”, “mestierante della politica”, “abile manovriere nelle logiche locali” e “capetto”. Inoltre, contestava la sua presunta intenzione di mantenere una “doppia poltrona” e, soprattutto, diffondeva l’informazione, poi rivelatasi falsa, che un organo istituzionale avesse già accertato un’incompatibilità di cariche.

Il Percorso Giudiziario: Dalla Condanna all’Assoluzione

In primo grado, il Tribunale aveva ritenuto tali espressioni lesive della reputazione del politico, condannando il giornalista per il reato di diffamazione aggravata dall’uso di internet.

La Corte di Appello, tuttavia, aveva ribaltato la decisione. Riconoscendo l’operatività della scriminante del diritto di critica politica, aveva assolto il giornalista con la formula “perché il fatto non costituisce reato”, ritenendo che le espressioni, seppur polemiche, rientrassero nei limiti della continenza.

La Decisione della Cassazione e i Pilastri della Critica Politica

La parte civile ha impugnato la sentenza di assoluzione davanti alla Corte di Cassazione, la quale ha accolto il ricorso, annullando la pronuncia ai soli effetti civili e rinviando il caso a un giudice civile per una nuova valutazione. La Suprema Corte ha ravvisato un grave difetto di motivazione nella sentenza d’appello, che non aveva adeguatamente bilanciato i diritti in gioco.

Il Requisito della Verità del Fatto

Il primo punto cruciale evidenziato dalla Cassazione è il requisito della verità. La critica politica può essere anche aspra, ma deve fondarsi su un nucleo fattuale veritiero. Non è ammissibile attribuire a una persona comportamenti mai tenuti o circostanze false per poi sottoporle a critica. Nel caso di specie, la Corte di Appello aveva completamente ignorato la contestazione relativa alla falsità della notizia sull’accertata incompatibilità di cariche, un presupposto fondamentale dell’intera critica mossa dal giornalista.

I Limiti della Continenza e l’Attacco Personale

Il secondo pilastro è la continenza. La critica, per essere legittima, non deve trascendere in un attacco personale (ad hominem). La Cassazione ha sottolineato come la Corte di Appello non abbia spiegato perché espressioni come “modesto politicante”, “mestierante” o “capetto” non costituissero un attacco diretto alla dignità morale e intellettuale della persona, limitandosi a un’affermazione generica e apodittica. L’uso di epiteti offensivi è un sintomo inequivocabile del superamento dei limiti della critica consentita.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto la motivazione della sentenza di secondo grado “apparente”, in quanto non si è confrontata concretamente con le argomentazioni della sentenza di condanna di primo grado. Il giudice d’appello che riforma una condanna in un’assoluzione ha l’obbligo di fornire una motivazione puntuale e adeguata, confutando specificamente le ragioni della prima decisione. In questo caso, la Corte di Appello ha eluso i due nodi centrali della questione: la verità del fatto presupposto e la natura personale e non politica degli insulti. Di conseguenza, non avendo giustificato adeguatamente la propria decisione, la sentenza è stata annullata con rinvio al giudice civile per la determinazione del risarcimento del danno.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia riafferma un principio fondamentale: la critica politica è sacrosanta, ma non è una licenza di insultare o di diffondere falsità. Chi esprime un’opinione, soprattutto se un professionista dell’informazione, ha il dovere di basare le proprie critiche su fatti veri e di utilizzare un linguaggio che, pur potendo essere incisivo e polemico, rispetti sempre la dignità personale dell’avversario. Superare questi confini significa commettere il reato di diffamazione, con le conseguenti responsabilità sia penali che civili.

Quali sono le condizioni essenziali per esercitare legittimamente il diritto di critica politica?
Per essere legittima, la critica deve basarsi su due pilastri fondamentali: la verità del fatto storico che ne costituisce il presupposto e la continenza, ovvero l’uso di un linguaggio che non trascenda in un attacco personale gratuito e lesivo della dignità altrui.

Si possono usare espressioni forti o offensive nella critica politica?
No. La critica può essere aspra e polemica, ma non deve mai consistere in un attacco personale (ad hominem) utilizzando epiteti offensivi o qualificazioni denigratorie. Secondo la Cassazione, l’uso di tali espressioni è un “sintomo inequivoco” che si sono superati i limiti della critica legittima per sfociare nella diffamazione.

Cosa succede se una critica si basa su una notizia falsa?
Se il fatto posto a fondamento della critica è falso, la scriminante del diritto di critica non può operare. Non è consentito attribuire a una persona comportamenti mai tenuti o circostanze non vere per poi esporla a critica, poiché ciò lede ingiustamente la sua reputazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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