Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 33725 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 33725 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nel procedimento a carico di:
dalla parte civile COGNOME NOME nato a ENTRATICO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a BERGAMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/07/2023 della CORTE di APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito il difensore della parte civile ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso; udito il difensore dell’imputato, AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso e di condannare la parte civile alla rifusione delle spese in favore dell’imputato come da nota che ha depositato.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Brescia, in riforma della pronuncia di condanna di primo grado, ha assolto COGNOME NOME dal reato di
diffamazione a lui ascritto, per aver leso la reputazione di NOME, attraverso la pubblicazione di alcuni post sul proprio profilo Facebook.
Si contestava all’imputato il «delitto di cui agli art. 81 cpv., 595, commi 10 e 3°, c.p., perché, quale giornalista del quotidiano Corriere della Sera, edizione Bergamo – con riferimento al diffondersi della notizia delle dimissioni dell’OnAVV_NOTAIO COGNOME e della successione di COGNOME NOME alla carica di deputato – pubblicando sul suo profilo personale del social network Facebook alcuni post dai titoli “due poltron meglio di uan”, “la dedizione e la doppia poltrona”, “eh già, non è tempo di dimissioni”, “incompatibile COGNOME deve scegliere: o camera o RAGIONE_SOCIALE” ,”tu chiamale, se vuoi, deduzioni” e “COGNOME si è dimesso da deputato”, con espressioni quali “regalo a NOME COGNOME” (così definendo le dimissioni da parlamentare dell’onAVV_NOTAIO) “che occupava da soli dodici anni (cosi qualificando la durata carica di parlamentare regolarmente eletto); “incarico che gli era stato affidato quale risarcimento” in tal modo rappresentando la carica di presidente della società di gestione dell’RAGIONE_SOCIALE Bergamo (SACB0); “verificare se si può, e per quanto eventualmente, mantenere entrambe le poltrone” così attribuendo a COGNOME l’intenzione di mantenere per tornaconto personale la doppia carica di parlamentare e di presidente della società di gestione dell’RAGIONE_SOCIALE di Bergamo); “modesto politicante della Val Cavallina” e “dominus quasi assoluto (direttamente o attraverso i suoi burattini)”; “quale poltrona intende scaldare”; “per l presidenza di RAGIONE_SOCIALE trovassero una figura di più alto e qualificato livello… vediamo di non cadere dalla padella alla brace”; “mestierante della politica che gode di attenzioni esagerate per il suo valore”; “da vecchio democristiano sa che è meglio mantenere sempre il silenzio.. .è proprio quello che vuole, meglio muoversi sott’acqua.. .è su questo piano che COGNOME mostra di non avere lo standing che gli attribuite”; “…modesta levatura” e “interlocutore un po’ più elevato di un deputato della Val Cavallina».. .(a proposito del possibile successore alla carica in COGNOME)… “se la politica fosse davvero una cosa seria NOME non sarebbe in quel posto”; “… ed ora il deputato della Val Cavallina deve alzare le terga dalla sedia d presidente COGNOME e accontentarsi solo di quella da deputato (o viceversa)”; “ha deciso di schiodarsi da una delle due poltrone su cui era seduto dal 20 gennaio scorso; “abile manovriere nelle logiche locali” e “capetto”; nonché con la falsa informazione che il Comitato per le incompatibilità, le ineleggibilità e le decadenze della Giunta per le elezioni aveva accertato “l’incompatibilità della carica del deputato NOME COGNOME con la qualifica di Presidente di COGNOME“, offendeva la reputazione di NOME COGNOME. Con l’aggravante di aver commesso il fatto mediante l’utilizzo di internet. In Bergamo, in data 22 gennaio, 20 febbraio, il 6, 10, 11 e 26 marzo 2021». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il giudice di primo grado ha dichiarato, anche agli effetti civili, NOME responsabile del reato ascrittogli.
La Corte di appello, accogliendo l’impugnazione dell’imputato, ha riconosciuto l’operatività della scriminante del diritto di critica politica; quindi ha assolto COGNOME con la formula “perché il fatto non costituisce reato”, revocando le statuizioni civil
Avverso detta pronuncia ricorre, ai soli effetti civili, la parte civile, COGNOME NOME, proponendo un unico motivo, con il quale denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in punto di riconoscimento della esimente del diritto di critica
Si evidenzia come, a differenza di quanto sostenuto dalla Corte di appello, le espressioni utilizzate abbiano travalicato il limite della continenza, sostanziandosi in un gratuito attacco ad hominem.
Si rileva, inoltre, che difetterebbe il requisito della verità, poiché sarebbe fals la notizia, propalata dall’imputato, dell’avvenuto accertamento della incompatibilità da parte del competente comitato della Giunta per le elezioni della Camera RAGIONE_SOCIALE; profilo completamente ignorato dalla Corte di appello.
Il difensore dell’imputato ha depositato una memoria con la quale, in modo argomentato: eccepisce l’inammissibilità del ricorso per difetto dei requisiti di autosufficienza e specificità; deduce la correttezza della decisione impugnata che ha riconosciuto il diritto di critica politica.
Si è proceduto a discussione orale su richiesta delle parti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Le eccezioni, sollevate dal difensore dell’imputato, sulla inammissibilità del ricorso sono manifestamente infondate.
2.1. Le questioni coltivate dalla parte civile ricorrente riguardano la corrett applicazione dell’art. 51 cod. pen. e la sussistenza di una adeguata motivazione sul punto.
Nessuna produzione è necessaria.
Non è dato comprendere quali atti il ricorrente avrebbe dovuto allegare al ricorso per adempiere all’onere di autosufficienza.
2.2. Il ricorso risponde anche al requisito della specificità, poiché espone una critica correlata alle ragioni della decisione.
Al riguardo va ricordato che l’appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fat di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli Rv. 268823).
Nella specie, come si vedrà, la motivazione della sentenza impugnata lambisce l’apparenza, quindi le censure non avevano quasi materiale con il quale confrontarsi.
2.3. Nonostante l’imputato non formuli eccezioni sotto il profilo dell’interesse ad impugnare, va chiarito, comunque, trattandosi di questione rilevabile di ufficio, che la parte civile ha interesse ad impugnare una sentenza di assoluzione che abbia accertato l’esistenza della causa di giustificazione dell’esercizio di un diritt in quanto detto accertamento- quale che sia la formula del dispositivo (nella specie è stata impiegata la formula corretta “perché il fatto non costituisce reato”, cfr. Sez. U, n. 40049 del 29/05/2008, Guerra, Rv. 240814 – 01) – ha efficacia di giudicato nell’eventuale giudizio civile (o amministrativo) di danno (in motivazione Sez. U Guerra, cit.).
Coglie nel segno la censura sul difetto di motivazione della sentenza impugnata.
3.1. In AVV_NOTAIO va ricordato che il giudice d’appello che riformi in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado deve offrire una motivazione puntuale e adeguata, che fornisca una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata (Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017, dep. 2018, Troise, Rv. 272430 – 01); il giudice di appello ha l’obbligo di delineare le linee portanti d proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma de provvedimento impugnato.
Nel caso di specie la sentenza impugnata non rispetta tale canone per le considerazioni di seguito svolte.
3.2. L’esercizio del diritto di critica ricorre quando i fatti esposti siano ve quanto meno l’accusatore sia fermamente e incolpevolmente convinto, ancorché errando, della loro veridicità.
Il diritto di critica si concretizza in un giudizio valutativo che, postulan l’esistenza del fatto elevato a oggetto o spunto del discorso critico, trova una forma
espositiva non ingiustificatamente sovrabbondante rispetto al concetto da esprimere.
3.2.1. Il requisito della continenza, che la giurisprudenza costante della Cassazione richiede per la integrazione della esimente, riguarda essenzialmente “i termini” con i quali ci si è espressi, ossia le “espressioni utilizzate” (Sez. U, 37140 del 30/05/2001 Rv. 219651), il lessico (Rv. 218282), la modalità espositiva (vedi ad es. Rv. 244811; Rv. 237248) e solo di riflesso gli argomenti che ne derivano, posto che l’uso di epiteti o di qualificazioni di per sé offensivi considerato il sintomo inequivoco del fatto che non si può essere in presenza di una critica legittima, essendosi trascesi ad attacchi personali, necessariamente ingiustificati: attacchi che precludono, cioè, la possibilità di dare copertura al esternazione mediante il bilanciamento dei diritti riconosciuti all’uomo sia come singolo che come componente di formazioni sociali ove si svolge la sua personalità (art. 2 Cost.), con il diritto, pure costituzionalmente riconosciuto, alla lib manifestazione del pensiero».
3.2.2. Inoltre, come già anticipato, l’esimente dell’esercizio del diritto cronaca richiede la verità del fatto storico (da ultimo Sez. 5, n. 8721 del 17/11/2017, dep. 2018, Coppola, Rv. 272432). Il fatto che costituisce il presupposto della critica deve essere vero, perché non può essere consentito attribuire ad una persona comportamenti mai tenuti o frasi mai pronunciate e poi esporlo a critica come se di quelle parole e di quei fatti fosse lui l’autore.
3.3. Siffatta impostazione ermeneutica si pone in linea con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo cui la incriminazione della diffamazione costituisce una interferenza con la libertà di espressione e quindi contrasta, in principio, con l’art. 10 CEDU, a meno che non sia «prescritta dalla legge», non persegua uno o più degli obiettivi legittimi ex art. 10 par. 2 e non sia «necessaria in una società democratica» (cfr. sul tema da ultimo Sez. 5, n. 2092 del 30/11/2018, dep. 2019, COGNOME, in motivazione).
La Corte EDU ha sviluppato il tema sottolineando come anche il giudizio di valore necessiti di un nucleo fattuale veritiero, versandosi, altrimenti, affermazione offensiva “eccessiva”, non giustificabile perché priva di fondamento o di concreti riferimenti fattuali (cfr. tra le altre sentenza CEDU Mengi vs. Turkey, del 27.2.2013).
3.4. Nella specie la motivazione, depurata dalle citazioni giurisprudenziali, si esaurisce in una premessa (che evoca l’esercizio del diritto di critica, pag. 5) e una affermazione sulla continenza esposta in modo apodittico e affidata a poche righe (“nonostante l’evidente vis polemica non appare configurato un vero e proprio attacco personale lesivo della dignità morale e intellettuale dell’avversario, a
prescindere dalla negativa valutazione di COGNOME NOME come uomo politico e titolare di cariche di rilievo pubblico”, pag. 6).
Non risultano confutate le argomentazioni della condanna di primo grado; non viene spiegato perché manchi un attacco personale nonostante il ricorso a offese dirette alla persona “modesto politicante della Val Cavallina”, “dominus quasi assoluto (direttamente o indirettamente mediante i suoi burattini)”, “scalda poltrone”, “mestierante della politica che gode di attenzioni … esagerate per il suo valore”, “se la politica fosse una cosa seria NOME non sarebbe in quel posto”, “abile manovriere nelle logiche locali”, “capetto” (cfr. pag. 9 sentenza di primo grado) – offese che il primo giudice, sulla scorta di ampia motivazione con cui la Corte di appello evita di confrontarsi, aveva ritenuto estranee alla critica politica lesive, invece, della dignità della persona (cfr. pag. 10).
La Corte di appello tace, poi, completamente sul requisito della verità del fatto che formava oggetto di specifica contestazione che addebitava all’imputato la falsità della «informazione che il Comitato per le incompatibilità, le ineleggibilità e le decadenze della Giunta per le elezioni aveva accertato “l’incompatibilità della carica del deputato NOME COGNOME con la qualifica di Presidente di COGNOME“».
Discende che la sentenza impugnata deve essere annullata agli effetti civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Il giudice civile provvederà anche alla regolamentazione delle spese tra le parti per il presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili con rinvio al giudice civil competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimità.
Così deciso il 21/06/2024