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Criteri spaccio stupefacenti: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per detenzione di stupefacenti. La decisione conferma che per stabilire i criteri per lo spaccio di stupefacenti non è sufficiente il solo dato quantitativo, ma è necessaria una valutazione globale di tutti gli indizi, come le modalità di confezionamento, l’occultamento ingegnoso e il sospetto viavai di persone.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Criteri Spaccio Stupefacenti: Quando la Detenzione non è Uso Personale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24229/2024, torna a pronunciarsi su un tema centrale nel diritto penale: i criteri per lo spaccio di stupefacenti e la linea di demarcazione con l’uso personale. La decisione ribadisce che la valutazione non può basarsi solo sulla quantità di droga rinvenuta, ma richiede un’analisi complessiva di tutte le circostanze del caso. Analizziamo insieme la vicenda e i principi affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, ai sensi dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90. L’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, lamentando un’errata valutazione delle prove da parte dei giudici di merito. Secondo la sua difesa, la detenzione della sostanza era finalizzata esclusivamente all’uso personale e, in ogni caso, il fatto avrebbe dovuto essere considerato di particolare tenuità, con conseguente applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis del codice penale.

I Criteri per lo Spaccio di Stupefacenti secondo la Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. Gli Ermellini hanno sottolineato che le censure mosse dall’imputato non riguardavano vizi di legittimità, ma miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di Cassazione.

I giudici di merito, secondo la Corte, avevano correttamente motivato la loro decisione basandosi su una serie di elementi convergenti che escludevano l’ipotesi dell’uso personale. Questi elementi, che costituiscono i criteri per lo spaccio di stupefacenti, includevano:

* Dosi già confezionate: La sostanza era già suddivisa in dosi pronte per la vendita.
* Sospetto viavai: Un anomalo andirivieni di giovani presso l’officina meccanica dell’imputato, un luogo destinato alla riparazione di mezzi pesanti e quindi non tipicamente frequentato da tale clientela.
* Breve permanenza: I giovani si trattenevano per un tempo molto breve, incompatibile con le esigenze di una riparazione.
* Occultamento ingegnoso: Le modalità di nascondiglio della droga erano particolarmente elaborate.
* Nascondigli diversificati: Le dosi erano state celate in punti diversi, una strategia tipica per limitare le perdite in caso di perquisizione.

Questi indizi, valutati nel loro complesso, hanno consentito ai giudici di concludere legittimamente che la droga fosse destinata alla vendita.

L’Esclusione della Particolare Tenuità del Fatto

La Corte ha ritenuto infondata anche la richiesta di applicare l’art. 131-bis c.p. sulla particolare tenuità del fatto. La motivazione della Corte territoriale, considerata logica e corretta, aveva escluso la scarsa offensività del reato valorizzando due aspetti specifici:

1. L’ingegnosità dell’occultamento: Le modalità particolarmente astute utilizzate per nascondere la droga indicavano una non trascurabile capacità a delinquere.
2. La clientela giovanile: La diffusione delle dosi di cocaina tra un pubblico di giovani è stata considerata un fattore aggravante che impediva di qualificare il fatto come di lieve entità.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Suprema Corte si fonda su principi consolidati. In primo luogo, il giudizio di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di merito. Le valutazioni su prove e fatti sono di competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado, e la Cassazione può intervenire solo se la motivazione è manifestamente illogica, contraddittoria o carente.

In secondo luogo, viene ribadito il principio secondo cui la distinzione tra uso personale e spaccio deve basarsi su una valutazione globale di tutte le circostanze oggettive e soggettive. Il superamento dei limiti tabellari di quantità (il cosiddetto “dato ponderale”) è un indizio importante, ma non una presunzione assoluta di spaccio. Esso deve essere corroborato da altri elementi, come le modalità di presentazione della sostanza e le altre circostanze dell’azione, per fondare una condanna.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre importanti spunti pratici. Conferma che la prova dello spaccio può essere raggiunta anche attraverso elementi indiziari, purché gravi, precisi e concordanti. La difesa basata sulla mera affermazione dell’uso personale, senza altri elementi a supporto, difficilmente può superare un quadro indiziario solido come quello descritto. Inoltre, la decisione evidenzia come le modalità della condotta, quali l’astuzia nell’occultamento e il tipo di clientela a cui ci si rivolge, assumano un peso rilevante non solo per qualificare il reato, ma anche per escludere benefici come la non punibilità per particolare tenuità del fatto.

La sola quantità di droga è sufficiente a provare lo spaccio?
No, la Corte chiarisce che il solo dato ponderale dello stupefacente, anche se superiore ai limiti di legge, non determina alcuna presunzione di destinazione allo spaccio, ma deve essere valutato globalmente insieme a tutti gli altri elementi.

Quali elementi possono indicare che la droga è destinata allo spaccio e non all’uso personale?
La sentenza indica vari elementi: il fatto che le dosi fossero già confezionate, l’impossibilità di spiegare altrimenti un viavai di giovani dall’officina dell’imputato, la breve permanenza di questi ultimi, l’ingegnosità delle modalità di occultamento e il fatto che le dosi fossero nascoste in luoghi diversificati.

Perché in questo caso non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
La Corte ha escluso l’applicazione di tale norma a causa dell’offensività del fatto, evidenziata dal notevole grado di ingegnosità nelle modalità di occultamento della droga e dalla diffusione delle dosi di cocaina a una clientela giovanile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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