Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7694 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7694 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/10/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: RAGIONE_SOCIALE CONFISCATI DALLO STATO ORTLES 21 RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza del 23/02/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette/e~ le conclusioni del PG
Letta la requisitoria del dott. NOME COGNOME, Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, con la quale è stato chiesto l’annullamento con rinvio per nuovo giudizio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Milano, quale giudice dell’esecuzione, si è pronunciata sul ricorso per incidente di esecuzione, proposto da RAGIONE_SOCIALE, ora RAGIONE_SOCIALE quale cessionaria dei crediti della RAGIONE_SOCIALE dal 3.12.2021, volto ad ottenere il riconoscimento della propria buona fede nei rapporti intrattenuti da RAGIONE_SOCIALE, di seguito RAGIONE_SOCIALE, con RAGIONE_SOCIALE e, conseguentemente, l’accertamento della qualifica di creditore privilegiato in via ipotecaria rispetto allo Stato beneficiario della confisca, da cui l’ulteriore richiesta di ammissione al passivo.
Rileva detta Corte di essere stata investita all’esito di un tortuoso iter procedurale, contrassegnato da tre annullamenti della Corte di cassazione evidenziando che con l’ultima – e rilevante nel caso in esame – sentenza rescindente si censurava l’ordinanza con cui altra sezione della stessa Corte aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso promosso dalla RAGIONE_SOCIALE, per ragioni attinenti sia alla competenza funzionale della Corte adita quale giudice dell’esecuzione sia alla legittimazione dell’esperita domanda di tutela, ravvisata insussistente nei presupposti giuridici; in relazione al primo profilo, invero, si riteneva la questione della competenza definita e non più sindacabile per effetto delle precedenti pronunce di annullamento, mentre con riguardo al secondo profilo si rilevava che nel giudizio di rinvio, quale era quello in cui era stata pronunciata l’ordinanza di inammissibilità cassata, doveva ritenersi preclusa la rilevabilità d’ufficio di cause di inammissibilità della domanda verificatesi nel corso dei precedenti giudizi.
Osserva, quindi, che deve intendersi nel presente, ulteriore, giudizio rescissorio, definitivamente superata ogni questione preliminare e pregiudiziale attinente alla competenza e all’ammissibilità del ricorso per incidente di esecuzione.
Rileva, quanto poi al merito dell’incidente di esecuzione, che detta sentenza rescindente vincola espressamente le valutazioni del giudice di rinvio ai principi affermati dalla pronuncia di annullamento n. 37381 del
18/06/2019, con la quale questa Corte ha rinvenuto il fondamento giuridico del ricorso sub iudice nella previsione dell’art. 52 d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159, statuendo che la prova della strumentalità del credito all’attività illecita deve essere introdotta, anche in via logica, dalla Pubblica accusa e che, solo a seguito di positivo accertamento di tale strumentalità, grava sul terzo interessato l’onere di fornire dimostrazione della propria condizione di buona fede, ovvero dell’ignoranza scusabile nella quale è incorso riguardo alle circostanze di fatto determinanti l’oggettiva strumentalità.
Muovendo da tali coordinate, la Corte a qua ritiene di accogliere il ricorso promosso dalla RAGIONE_SOCIALE nei termini dalla stessa di seguito specificati.
Osserva, invero, che: – come emerge dalle sentenze definitive a carico di NOME COGNOME e incidentalmente, ma espressamente, attestato dalla sentenza di annullamento appena richiamata, la RAGIONE_SOCIALE, finanziata da RAGIONE_SOCIALE, fu attratta nell’orbita della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE solo a partire dal 2012, allorché il suo dominus di fatto, NOME COGNOME, strinse accordi con il sodalizio mafioso facente capo a NOME COGNOME (con l’acquisizione in tale anno della maggioranza delle quote sociali da parte di NOME COGNOME); – i primi contatti di NOME con COGNOME sono documentati al 2010, allorché il primo ricevette prestiti da soggetti inseriti nel gruppo criminale capeggiato dall’altro; – invece, il mutuo fondiario erogato per € 1.700.000,00, a garanzia del quale l’allora RAGIONE_SOCIALE ebbe ad iscrive ipoteca su RAGIONE_SOCIALE immobili in seguito RAGIONE_SOCIALE e poi sottoposti a confisca con sentenza del G.i.p. del Tribunale di Milano in data 26/06/2015, confermata in sede di appello e divenuta definitiva dal 29/09/2017, fu erogato nell’anno 2007.
Premesso che, come rilevato dalla citata sentenza di annullamento, ai fini della tutela dei diritti dei terzi accordata dall’art. 52 del summenzionato decreto legislativo, il momento rilevante è quello della contrattazione e che nel caso in esame all’epoca sia del negoziato titolo di erogazione sia dell’erogazione del finanziamento, avvenuta in plurime tranches versate tra il 2007 e il 2010, la RAGIONE_SOCIALE era immune da ogni contiguità col sodalizio criminale capeggiato da COGNOME, la Corte di appello di Milano conclude per ritenere, in difetto di prova anche logica contraria, che il finanziamento sia stato impiegato dalla società beneficiaria in epoca anteriore all’avvenuta contaminazione dell’impresa y
da parte del sodalizio delittuoso nell’attività edilizia programmata ed obiettivamente condotta a realizzazione. E conseguentemente, preso atto che non solo il provvedimento di confisca ma anche il sequestro preventivo dei RAGIONE_SOCIALE risalente al 2014 sono provvedimenti trascritti ben posteriormente alle iscrizioni ipotecarie a garanzia dei crediti di cui la parte ricorrente reclama tutela, considera accoglibile il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE, ora RAGIONE_SOCIALE, con riconoscimento del difetto di strumentalità dei crediti e della buona fede del creditore e conseguente declaratoria di inopponibilità al ricorrente della pregiudizievole confisca immobiliare posteriormente disposta, rispetto alle iscrizioni ipotecarie della parte creditrice, a carico di NOME COGNOME.
Rileva, però, che non rientra nelle sue prerogative l’ammissione al passivo dei ridetti crediti, evidenziando che neppure si comprende dal tenore del ricorso entro quale procedura l’intervento dovrebbe essere disposto, stante la documentata chiusura, intervenuta il 5.10.16, del Fallimento di RAGIONE_SOCIALE dichiarato dal Tribunale di Milano.
Avverso detta ordinanza propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, la RAGIONE_SOCIALE, quale cessionaria dei crediti già di pertinenza di RAGIONE_SOCIALE, e per essa, quale mandataria in forza di procura speciale, la RAGIONE_SOCIALE
2.1. Con il primo motivo di impugnazione si deduce violazione di legge in relazione al combinato disposto degli artt. 1, comma 199, I. 24 dicembre 2012, n. 228 e 58, comma 2, d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159.
Lamenta la difesa la mancata ammissione del credito ai sensi di detto disposto normativo, chiesta espressamente nel ricorso che ne soddisfaceva integralmente i requisiti; e ciò, nonostante i chiarimenti della memoria difensiva depositata avanti alla Corte di appello. Rileva il difensore che nel ricorso al Giudice dell’esecuzione si invocava, oltre all’accertamento dei requisiti di cui all’art. 52, comma 1, del suddetto decreto legislativo (valutazione della buona fede del creditore), anche l’accertamento dell’entità e del privilegio che assiste il credito dell’istituto bancario, di cui si chiedeva l’ammissione ai sensi delle summenzionate norme.
2.2. Col secondo motivo di ricorso si rileva violazione di legge in relazione al combinato disposto di cui agli artt. 1, comma 200, I. 24 dicembre 2012, n. 228, e 52 d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159.
La difesa si duole che la Corte di appello di Milano, competente di decidere sul ricorso, abbia completamente omesso di decidere sulla specifica domanda di ammissione del credito, pur avendo la Corte di cassazione ritenuto definite e insindacabili le questioni sulla competenza e sull’ammissibilità del ricorso. Osserva che la difesa aveva specificato nella sopra richiamata memoria difensiva che la dizione “ammettere allo stato passivo”, mera riproduzione testuale dell’art. 58, comma 2, del suddetto decreto era da intendersi “ammettere al pagamento ai sensi dell’art. 1, comma 200, I. 24 dicembre 2012, n. 228”; e che la Corte territoriale non pronunciandosi sull’ammissione al pagamento ha violato le indicazioni di cui alla sentenza rescindente.
2.3. Con il terzo motivo di impugnazione si deduce vizio di motivazione, in relazione all’ultima parte dell’ordinanza laddove fraintende la domanda di ammissione del credito, che non poteva che essere ai sensi dell’art. 1, comma 200, I. 24 dicembre 2012, n. 228, come altresì specificato dalla difesa nella propria memoria.
Propone, altresì, ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e confiscati alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, col patrocinio dell’Avvocatura dello Stato.
3.1. Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente deduce violazione dell’art. 1, commi da 194 a 206 della I. 24 dicembre 2012, n. 228 e in particolare dei commi 199 e 200 che delineano la disciplina specifica per la proposizione della domanda di ammissione al pagamento del credito assistito da ipoteca iscritta anteriormente alla confisca.
Osserva la difesa che dall’ordinanza della Corte di appello oggetto di ricorso si evince che il creditore non ha presentato istanza nell’ambito della procedura per il riconoscimento del credito prevista dalla suddetta legge e che la Corte di appello non ha tenuto conto di tale legge.
3.2. Col secondo motivo di ricorso si rileva violazione sempre delle suddette disposizioni normative, che prevedono l’opponibilità della confisca al terzo creditore.
La Corte territoriale, secondo l’Avvocatura dello Stato, non avrebbe potuto dichiarare inopponibile al creditore ipotecario la confisca, come da dispositivo dell’ordinanza, in quanto la legge 24 dicembre 2012, n. 228 prevede l’estinzione di diritto dell’ipoteca (comma 197 del suddetto art. 1) e l’attivazione di un procedimento di ammissione al passivo che esclude l’integrale soddisfacimento del credito del terzo.
Rileva la ricorrente che, come evidenziato dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 10532 del 7/05/2013, una volta accertato il privilegio da parte del giudice dell’esecuzione a norma del comma 199 del suddetto art. 1, l’ipoteca iscritta anteriormente alla confisca rileva ai soli fini dell’individuazione dell’ordine di pagamento dei creditori secondo il piano di liquidazione predisposto dall’RAGIONE_SOCIALE (comma 203), ma non nei termini di una soddisfazione in forma specifica e totale del credito ipotecario.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono fondati nei limiti di seguito specificati.
La RAGIONE_SOCIALE lamenta che la Corte d’appello di Milano non ha accertato l’ammontare del credito della medesima e non ha ammesso detto credito al pagamento ai sensi dell’art. 1, comma 200, I. 24 dicembre 2012, n. 228, limitandosi a verificare l’assenza di strumentalità dei crediti vantati dalla RAGIONE_SOCIALE, ora RAGIONE_SOCIALE, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE (in forza di contratto di mutuo fondiario rogitato il 19.07.2007 per l’importo di € 1.700.000,00, nonché di decreto ingiuntivo esecutivo emesso dal Tribunale di Monza in data 13.12.2012 per la somma di € 58.078,55) e, conseguentemente, la buona fede del creditore, e a dichiarare non opponibile a quest’ultimo (in riferimento alle ipoteche iscritte presso l’RAGIONE_SOCIALE del Territorio e delle Entrate in data 25.07.2007 e in data 25.01.2013 e nella misura dei crediti da tali atti portati ovvero delle minori somme residue in caso di parziale soddisfacimento) il provvedimento di giudiziale confisca su RAGIONE_SOCIALE immobili disposto con sentenza del G.i.p. del Tribunale di Milano in data 26.06.2015, irrevocabile il 29.09.2017, a carico di NOME COGNOME.
RAGIONE_SOCIALE e confiscati alla RAGIONE_SOCIALE, dal canto suo, lamenta che il creditore non ha presentato istanza nell’ambito della procedura per il riconoscimento del credito di cui alla I. 24 dicembre 2012, n. 228, procedura neppure presa in considerazione dall’ordinanza impugnata; e che, piuttosto che dichiarare l’inopponibilità della confisca al suddetto, la Corte territoriale lo avrebbe dovuto ammettere, ove sussistenti i presupposti, al passivo e quindi al pagamento del credito.
Nel caso in esame, come esaminato in punto di fatto, ricorre un’ipotesi di confisca emessa in sede penale ai sensi dell’art. 12-sexies I. 7 agosto 1992, n. 356, alla quale sono applicabili le disposizioni relative
alla tutela del credito del terzo in ambito di prevenzione, a partire dall’art. 52 del d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159.
L’art. 1 della I. 24 dicembre 2012, n. 228, dal comma 194 al 206 delinea la disciplina per la proposizione della domanda di ammissione al pagamento del credito assistito da garanzia ipotecaria iscritta anteriormente alla confisca. In particolare, il comma 197 di detto articolo prevede l’estinzione della garanzia reale e la trasformazione di tale garanzia in una tutela risarcitoria; il comma 199 specifica che la domanda di ammissione del credito va formulata al giudice dell’esecuzione presso il tribunale che ha disposto la confisca; il comma 200 statuisce che “il giudice, accertata la sussistenza e l’ammontare del credito nonché la sussistenza delle condizioni di cui all’articolo 52 del d. Igs. 6 settembre 2011, n.159, lo ammette al pagamento, dandone immediata comunicazione all’RAGIONE_SOCIALE e confiscati alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE“. L’art.52 del suddetto decreto legislativo, espressamente richiamato dalla norme sopra citate, prevede che “la confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi che risultano da atti aventi data certa anteriore al sequestro, nonché i diritti reali di garanzia costituiti in epoca anteriore al sequestro” in presenza di determinate condizioni ed in particolare, per quanto rilevante ai nostri fini, che il “credito non sia strumentale all’attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, a meno che il creditore dimostri di avere ignorato in buona fede il nesso di strumentalità”; specifica, poi, che “nella valutazione della buona fede, il Tribunale tiene conto delle condizioni delle parti, dei rapporti personali e patrimoniali tra le stesse e del tipo di attività svolta dal creditore, anche con riferimento al ramo di attività, alla sussistenza di particolari obblighi di diligenza nella fase precontrattuale nonché, in caso di enti, alle dimensioni degli stessi”.
Alla luce di tali parametri ermeneutici, è evidente che l’ordinanza della Corte di appello di Milano (sulla quale, come specificato nel provvedimento stesso, si è radicata la competenza in base alla prima sentenza rescindente e all’annullamento con rinvio alla stessa), a fronte di una domanda di tutela del credito del terzo come quella di specie (specificandosi, invero, nella seconda sentenza rescindente n. 36251 del 2022 della Quinta Sezione, che il ricorso introduttivo dell’incidente di esecuzione era “per il riconoscimento della buona fede”, richiamato il summenzionato art. 52, e per “i rimedi invocabili dai terzi titolari di un
diritto reale di garanzia”, alla luce della legge di stabilità per il 2013 n. 228 del 2012), in cui non solo si chiedeva il riconoscimento della buona fede (e della non strumentalità della concessione del credito all’attività illecita) ma anche l’ammissione allo stato passivo e, quindi, al pagamento ai sensi del comma 200, previo accertamento della sussistenza e dell’ammontare del credito, ne fraintende il significato nei termini specificati in punto di fatto; e non si pronuncia sulla domanda di ammissione del credito (trascurando che il termine “ammissione allo stato passivo” risulta contenuto nell’art. 58 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, relativo alla domanda di ammissione dei creditori di cui al precedente art. 52, e precisamente dal comma 2, lett. b di detto articolo), regolata per i terzi titolari di un diritto reale di garanzia dalle norme suindicate e invocate dalla stessa società istante.
Risultano, pertanto, fondati tutti i motivi del ricorso della RAGIONE_SOCIALE (e per essa della RAGIONE_SOCIALE), mentre non è fondata la doglianza dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE secondo cui l’istanza introduttiva dell’incidente di esecuzione non sarebbe inquadrabile nell’ambito della procedura per il riconoscimento del credito previsto dalla legge di stabilità.
E ciò alla luce di quanto specificato dalla seconda sentenza rescindente summenzionata, che ha, altresì, ritenuto fondate le doglianze di cui ai primi due motivi di ricorso per cassazione della RAGIONE_SOCIALE avverso la (seconda) ordinanza della Corte di appello di Milano che dichiarava inammissibile il ricorso per incidente di esecuzione in quanto tendente a provvedimenti privi del connotato della possibilità giuridica (nel primo motivo in particolare si assumeva che, diversamente da quanto ritenuto nell’ordinanza impugnata, nell’istanza al giudice dell’esecuzione si era richiesto l’accertamento della sussistenza e dell’ammontare del credito vantato e l’ammissione allo stesso, come previsto dall’art. 1, comma 200, legge n. 228/2012, strettamente correlato all’art. 58, comma 2, del summenzionato decreto legislativo; nel secondo si censurava la declaratoria di inammissibilità della domanda di accertamento, da considerarsi come autonoma, tenuto conto della previsione normativa, che prescrive l’accertamento oltre che della sussistenza e dell’ammontare dei crediti, anche delle condizioni di cui al richiamato art. 52) e comunque superata ogni questione di inammissibilità del ricorso introduttivo – al pari della questione sulla competenza – dal primo rinvio a giudizio.
Fondato è anche il secondo motivo del ricorso dell’RAGIONE_SOCIALE.
La Corte territoriale, piuttosto che dichiarare l’inopponibilità al creditore della confisca disposta in sede penale, avrebbe dovuto procedere, attenendosi al devoluto, all’accertamento del credito e all’ammissione dello stesso al pagamento secondo i parametri della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di cui si era chiesta l’applicazione.
Si impone, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio, rispettoso dei principi appena indicati, alla Corte di appello di Milano.
P. Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Milano.
Così deciso in Roma il 18 ottobre 2023.