Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2647 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2647 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE
avverso il decreto del 05/09/2024 del Tribunale di Palermo sezione Misure di prevenzione udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto impugnato, il Tribunale di Palermo, sezione Misure di prevenzione, ha rigettato l’opposizione proposta, ex art. 59, comma 6, d. Igs. n. 159 del 2011, dalla RAGIONE_SOCIALE. p. aRAGIONE_SOCIALE, mandataria di Iseo SPV avverso il decreto, del 28 dicembre 2023, di formazione dello stato passivo a seguito dì confisca dei beni disposta a carico di NOME COGNOME. Il Giudice delegato aveva rigettato la domanda di ammissione del credito avanzata dall’indicata mandataria, con conferma dell’esclusione del credito ipotecario di euro 135.000,00 erogato al proposto in data 3 settembre 2010).
La conferma del rigetto della domanda di ammissione da parte del giudice dell’opposizionevfonda sulla ritenuta sussistenza delle due condizioni ostative, della strumentalità del credito rispetto all’attività illecita del mutuatario e dell
carenza di buona fede del creditore, di cui all’art. 52 lett. b) d. Igs. n. 159 del 2011.
Avverso il provvedimento descritto x ,-ha proposto tempestivo ricorso per cassazione la mandataria indicata, per il tramite del difensore e procuratore, avv. Andò, affidando ii-4GOZSO a due motivi, di seguito riassunti ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen. Lik
2.1. Con il primo motivo si denuncia erronea applicazione dell’art. 52 lett. b) d. Igs. n. 159 del 2011, rispetto alla ritenuta sussistenza del nesso di strumentalità tra il credito e le attività illecite del proposto o quelle che n costituiscono frutto o reimpiego.
Il denaro, oggetto del finanziamento erogato dall’Istituto di credito, è stato effettivamente utilizzato per l’acquisto di abitazione, causa della concessione del mutuo. Sicché l’erogazione non può essere ritenuta legata da un nesso di strumentalità ad attività illecite di Di Maio.
Tale strumentalità si basa, per il decreto impugnato, soltanto sul fatto che, al momento della concessione del mutuo, vi era pericolosità del proposto e ha considerato l’insufficienza dei redditi leciti del suo nucleo familiare a sostenere le rate di finanziamento.
Si tratta di circostanze che, al più, avrebbero potuto costituire base per ritenere l’assenza di buona fede del mutuante.
In ogni caso, si osserva che, nel provvedimento censurato, non emerge alcun dato fattuale dal quale desumere l’esistenza di un collegamento oggettivo tra il denaro, concesso dall’Istituto, e l’attività illecita del proposto che costituito base per l’adozione, nei suoi confronti, della misura di prevenzione patrimoniale.
Si richiama giurisprudenza di legittimità indicata come in termini (Sez. 2, n. 17852 del 28/01/2021; Sez. 6, n. 27.692 del 16 luglio 2021; Sez. 5, n. 21011 del 28 maggio 2024) e si assume che il Tribunale non avrebbe accertato né esplicitato gli elementi, di tipo oggettivo, consistenti nella sussistenza di un vincolo dì strumentalità tra credito e attività illecita del proposto o di quelle che ne costituiscono il frutto o il reimpiego.
In definitiva, per la ricorrente, non esiste alcun collegamento tra il bene e le attività illecite del proposto, né l’immobile in questione è res illddta perché derivante da attività delittuose.
L’orientamento giurisprudenziale che richiama il Tribunale presume che vi sia, comunque, un incremento delle disponibilità economiche derivante dall’erogazione di mezzi finanziari, incremento che, nel caso di specie, è stato destinato all’acquisto di un immobile, non all’arricchimento personale,
potenzialmente idoneo ad agevolare, anche indirettamente, l’attività illecita del proposto.
2.2. Con il secondo motivo si deduce erronea applicazione dell’art. 52 lett. b) d. Igs. n. 159 del 2011 rispetto alla ritenuta insussistenza della buona fede del creditore, nonché manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui la buona fede viene esclusa sulla base delle circostanze emerse nel corso del giudizio per l’applicazione delle misure di prevenzione.
Si richiamano precedenti di legittimità secondo i quali la verifica circa la buona fede deve riguardare tre aspetti, l’estraneità a qualsiasi collusione o compartecipazione all’attività criminosa; l’inconsapevolezza credibile in ordine alle attività svolte dal proposto; un errore scusabile sulla situazione apparente di questo.
Non basta, a parere della ricorrente, che l’erogazione non sia conforme ad una corretta gestione bancaria perché rileva, ai fini che interessano, il mancato rispetto degli obblighi di diligenza, ove espressamente sintomatico della mancanza di buona fede.
Il Tribunale, secondo il ricorso, non ha analizzato l’intera produzione documentale, non è intervenuto sui criteri di valutazione seguiti nell’istruttoria contenuta nel fascicolo relativo alla domanda di ammissione del credito, limitandosi a valutare l’inaffidabilità della documentazione offerta da COGNOME e dalla garante COGNOME.
Il provvedimento appare illogico nella parte in cui imputa alla ricorrente il fatto di non essersi confrontata con le emergenze del giudizio per l’applicazione della misura di prevenzione, vicenda senz’altro precedente a quella della concessione del mutuo.
Nel caso di specie, gli elementi di natura patrimoniale offerti garantivano anche soltanto attraverso l’escussione delle garanzie reali e di una garanzia personale, senz’altro apparentemente credibile, il recupero del credito in caso di omesso pagamento delle rate di mutuo.
Inoltre, la buona fede deve sussistere al momento della concessione del mutuo o eventualmente all’atto di successive cessioni di credito, senza che agli operatori bancari possa essere attribuito l’onere di svolgere indagini o consultare banche dati delle Forze di polizia.
Invece, le valutazioni svolte dal Giudice delegato prima e dal Collegio poi, sono state eseguite sulla scorta di un accertamento giudiziario non accessibile all’Istituto di credito mutuante.
Infine, si osserva che la motivazione è illogica posto che il Tribunale ha richiamato imprecisioni nella documentazione / ma ha totalmente omesso di considerare che quella offerta dal mutuatario e dal garantelasciava apparire un
GLYPH
quadro diverso da quello, poi, constatato, a distanza di molti anni, dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo.
Si fa riferimento all’estratto conto previdenziale rilasciato dall’Inps, in data 5 maggio 2010, che riporta, per il 2009, l’indicazione secondo cui COGNOME avrebbe ricevuto, dalla ditta RAGIONE_SOCIALE, una retribuzione annua pari a euro 24.219,00, importo corrispondente a quello indicato nel CUD consegnato da COGNOME.
Ancora, dal prospetto Inps, risulta l’attività di lavoro iniziata presso la ditta COGNOME NOME il 10 gennaio 2006 e si rimarca la congruità dei documenti e delle risultanze del CUD di Di Maio, rispetto alla dichiarazione sottoscritta dalla titolare della ditta, NOME COGNOME.
Da ultimo, si osserva che vi è corrispondenza tra gli importi indicati nel CUD della garante Carollo, quale trattamento pensionistico del 2009, e quelli che venivano accreditati, mensilmente, nel 2010 sul libretto di risparmio postale intestato alla stessa, rilevando, altresì, che, comunque, la documentazione esaminata dall’Istituto di credito, a suo tempo, era stata, in parte, scaricata dal portale informatico Inps.
Ancora, si deduce la congruità della rata di mutuo mensile.
Questa deve essere rapportata non solo al reddito netto del mutuatario, ma anche alla pensione del garante (la Carollo), per un impatto complessivo della rata pari al 25% circa della retribuzione, così determinata cumulativamente, rilevando che, comunque, vi era stata l’accensione di polizze di assicurazione.
In definitiva, si sostiene che il Tribunale, per escludere la buona fede del mutuante, avrebbe dovuto valutare se, dalla documentazione a suo tempo offerta dal richiedente il mutuo, fossero ricavabili elementi per comprendere che questi era soggetto pericoloso perché legato alla criminalità organizzata e iin caso affermativo se tali elementi erano stati, colpevolmente, sottovalutati.
Invece, si è, in sostanza, fatta coincidere la buona fede con la colpevole ignoranza del dichiarato nesso di causalità tra vcredito concesso a Di Maio e le attività illecite che hanno comportato l’applicazione, nei suoi confronti, della misura di prevenzione. tf2,
Tuttavia, l’Istituto non avrebbe potuto prevedere l’esistenza di indagini che hanno condotto, nove anni dopo, rispetto al momento della concessione del mutuo, all’applicazione della misura di prevenzione, limitandosi a dedurre la mancanza di buona fede, sulla base della mancata produzione di una copia del CUD del 2009 e di un documento di identità della Lupo.
3.11 Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso con requisitoria scritta chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
È opportuno premettere che il ricorso per cassazione del terzo creditore, pur versandosi nella materia delle misure di prevenzione (nella quale l’impugnazione di legittimità è limitata alle violazioni di legge), può e ssere proposto anche per vv GLYPH avv1 vizi di motivazione, poiché il vprocedimento, pu-r-svelgeedesi dinanzi al Tribunale della prevenzione in funzione di giudice dell’esecuzione, è autonomo rispetto a quello di prevenzione in senso stretto. L’estraneità del terzo creditore, almeno di regola, all’originaria procedura di esecuzione e la mancanza della possibilità di un secondo apprezzamento giurisdizionale di merito giustificano la possibilità per tale soggetto di usufruire dello strumento del ricorso per cassazione in tutta la sua estensione (Sez. 1, n. 39148 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271190, in motivazione; Sez. 6, n. 25505 del 02/03/2017, Banca Monte Dei Paschi Di Siena s.p.a., Rv. 270028, in motivazione; Sez. 6, n. 44784 del 23/09/2015, Banca Popolare di Bari s.c.p.a., Rv. 265360; Sez. 5, n. 6449 del 16/01/2015, Banca Monte dei Paschi di Siena s. p. a., Rv. 262734 – 01).
1.1. Il primo motivo è infondato.
Il Giudice delegato ha rigettato la domanda di ammissione del credito derivante da mutuo ipotecario erogato al proposto, ritenendo la strumentalità del credito all’attività illecita, nonché escludendo che la condotta, tenuta dall’Istituto mutuante, fosse connotata da incolpevole affidamento. Si tratta di ragionamento condiviso anche dal Giudice dell’opposizione, nel provvedimento impugnato nella presente sede.
Va premesso che, ratione temporis, va applicato l’art. 52 d. Igs. n. 159 del 2011, nel testo vigente, come integrato a seguito della novella n. 161 del 2017, quindi, nella specie, ai fini dell’ammissione del credito, sono necessari entrambi i requisiti della non strumentalità del credito e della buona fede.
Il Tribunale richiama il concetto di strumentalità conformemente a quello delineato dalla giurisprudenza di questa Corte (Sez. 6, n. 32524 del 1/06/2015, Banca Ragusa, Rv. 264373), cui il Collegio aderisce (cfr. anche Sez. 5 n. 1869 del 17/11/2021, dep. 2022, Rv. 282734 01)1 secondo cui, in tema di tutela di diritti di credito dei terzi nella confisca di prevenzione, la strumentalità di un credito derivante dalla concessione di un mutuo ipotecario al proposto, si presume, fino a prova contraria, nei casi di corrispondenza temporale tra l’insorgenza del credito e l’accertata pericolosità sociale, dovendosi ritenere che l’incrementata disponibilità di mezzi finanziari sia, senz’altro, idonea ad agevolare, pur indirettamente, la realizzazione delle attività illecite (la fattispecie citata riguarda un caso in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione del giudice di merito di escludere dallo stato passivo, formato nel corso del procedimento di prevenzione, l’istituto bancario che aveva erogato, nel
periodo in cui si era già manifestata la pericolosità sociale del proposto, un mutuo ipotecario, ritenuto espediente utile per reimmettere nel circuito legale, attraverso il pagamento delle rate, il danaro di provenienza illecita e assicurare, al contempo, al mutuatario l’acquisto di beni apparentemente “puliti”, in quanto formalmente pagati con denaro proveniente dalla banca. Conf., Sez. 6, n. 14143 del 2019, Rv. 275533-01).
Si segnala, infatti, che, nel caso al vaglio, l’erogazione del mutuo risale ag periodo di pericolosità del proposto, protrattosi dal 2006 al 2014 (cfr. p. 5 del decreto impugnato).
Ineccepibile appare, dunque, il ragionamento del Tribunale, come opportunamente sottolinea anche il Sostituto Procuratore generale nella requisitoria scritta, nella parte in cui reputa tale erogazione idonea ad agevolare, anche indirettamente, la realizzazione delle attività illecite, visto l’incremento di disponibilità che è derivata al proposto dall’erogazione di mezzi finanziari.
Si tratta di ragionamento, quello svolto dal Tribunale, immune da vizi logici e in linea con il descritto orientamento della Suprema Corte.
La prescrizione della mancanza di strumentalità del credito all’attività illecita, invero, è funzionale all’esigenza di escludere dalla tutela i crediti scaturiti da prestazioni connesse a quella attività. Finalità, quest’ultima, temperata nella previsione normativa dalla possibilità, offerta al creditore, di dimostrare la propria buona fede in ordine alla strumentalità del credito, che si traduce, secondo i principi affermati sul punto dalla giurisprudenza di legittimità, nella mancanza di collusione del creditore nell’attività illecita, nell’inconsapevolezza dello stesso con riguardo a tale attività e nell’errore scusabile del predetto sulla situazione apparente del debitore (Sez. 6, n. 55715 del 22/11/2017, Banca Popolare di Sondrio s.c.p.a., Rv. 272232; Sez. 6, n. 25505 del 02/03/2017, Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., Rv. 270028; Sez. 6, n. 32524 del 16/06/2015, Banca Ragusa, Rv. cit.).
A fronte di tale presunzione, quindi, il ragionamento del Tribunale è ineccepibile nel senso di considerare insussistenti elementi, offerti dal creditore, per dimostrare l’errore scusabile circa la situazione apparente del creditore, onde valutare la sussistenza della buona fede quanto alla strumentalità del credito concesso al proposto in periodo di pericolosità sociale di questo. Invero, l’esistenza di tale nesso di strumentalità può presumersi, salvo prova contraria, in caso di erogazione di disponibilità nel periodo di tempo in cui si manifesta la pericolosità sociale del debitore, ovvero in difetto di allegazione contraria da parte del creditore (Sez. 6, n. 32524 del 2015, Rv. cit.).
1.2. Il secondo motivo è infondato.
Il Tribunale sottolinea, con ragionamento ineccepibile, che il mutuo era stato concesso a persona, all’epoca del contratto, priva di risparmi e che il
finanziamento era, di gran lunga, superiore al prezzo di acquisto dell’immobile, pari ad euro 75.000,00, a fronte di un mutuo dell’importo di euro 135.000,00.
Quest’ultima significativa ratio decidendi non viene attinta da alcun rilievo critico della ricorrente.
Il Tribunale, invece, con ragionamento immune da vizi logici, afferma anche che si tratta di importo manifestamente eccessivo rispetto alla base reddituale del beneficiario, il quale aveva assunto la rata mensile di euro 512,00 a fronte di un reddito medio netto pari a 1.350,00 € al mese. Anche la provvista sul conto corrente del proposto è indicata come esigua (perché pari a un saldo di euro 132,79) e la stessa garante è risultata, secondo il provvedimento impugnato, produrre reddito mensile pari a euro 668,00.
Il confronto che sollecita il Tribunale, poi, è con le risultanze del decreto di applicazione della misura di prevenzione, ma nella parte relativa alle condizioni economiche del proposto, dal 2006 e fino al 2015, in ordine ai redditi indicati come percepiti in quell’epoca, dunque, riguardanti elementi di fatto che senz’altro erano conoscibili dall’Ente erogante il finanziamento al momento della stipula del contratto di mutuo.
Anche la motivazione che attiene all’esame della restante documentazione da parte del Tribunale è immune da vizi di ogni tipo (cfr. p. 6) e valorizza alcune imperfezioni e incompletezze, a conferma del contenuto del provvedimento di rigetto dell’ammissione del Giudice delegato, giungendo a una valutazione di merito, circa l’inadeguatezza parziale dei documenti acquisiti all’istruttoria bancaria in ordine al rapporto di lavoro del proposto (quanto alla riscontrata incompletezza dell’attestato di servizio, della copia del documento di identità della datrice di lavoro, del Cud inerente all’anno di interesse, descritto come privo di data e firma) , che viene censurata dalla ricorrente con argomenti in fatto, che presupporrebbero il riesame della documentazione allegata ed esaminata alla stipula del contratto di mutuo. Peraltro, secondo la stessa ricorrente, si tratta di documenti solo in parte scaricati dalla banca dati dell’Inps.
La motivazione, nel complesso, dunque risulta non manifestamente illogica, comunque in linea con la giurisprudenza di legittimità secondo cui, nella valutazione della buona fede, vanno tenute presenti le condizioni delle parti, i rapporti personali e patrimoniali tra le stesse e il tipo di attività svolta dal creditore, anche con riferimento al ramo di attività, alla sussistenza di particolari obblighi di diligenza nella fase precontrattuale, operazione di verifica che conduce all’assenza di buona fede in caso di sproporzione tra redditi dichiarati e il valore di immobili acquisiti in garanzia, senza alcuna valutazione del merito del credito, in concreto, utilizzato per mimetizzare l’illecita provenienza delle risorse e l’esercizio di attività illecite (Sez. 6, n. 7136 del 2016, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 266102 : nella fattispecie questa Corte ha escluso la buona fede degli istituti
bancari che avevano concesso mutui ipotecari ai proposti in presenza di un’evidente sproporzione tra i loro redditi leciti ed il valore degli immobili acquisiti in garanzia, senza alcuna valutazione del merito del credito utilizzato dai proposti per mimetizzare l’illecita provenienza delle loro risorse e l’esercizio, anche in forma associativa, di attività usurarie, reputando, a tal fine, irrilevante la circostanza della capienza dell’ipoteca iscritta rispetto all’importo del mutuo).
Segue il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, ex art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 14 gennaio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente