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Credito del terzo in buona fede: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della Procura contro una decisione che riconosceva il credito di una società fiduciaria su beni confiscati. La Corte ha confermato la valutazione del Tribunale, secondo cui il credito del terzo in buona fede era sorto da un legittimo contratto di mandato precedente al sequestro e non era strumentale all’attività illecita. La decisione sottolinea l’importanza di provare l’estraneità del terzo alle condotte criminali per ottenere l’ammissione al passivo del proprio credito.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Credito del Terzo in Buona Fede e Confisca: La Cassazione Traccia i Confini

La tutela del credito del terzo in buona fede rappresenta uno dei nodi cruciali nelle procedure di confisca di beni di provenienza illecita. Quando lo Stato appone un vincolo su un patrimonio, come vengono protetti i diritti di quei creditori che, senza alcuna colpa, vantano pretese su quegli stessi beni? Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti, dichiarando inammissibile il ricorso di una Procura e confermando la legittimità del credito vantato da una società fiduciaria.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un’indagine su complesse operazioni finanziarie e societarie legate a un nucleo familiare. Nell’ambito di tale procedimento, venivano confiscati beni e quote societarie gestite, tramite un trust, da una società fiduciaria specializzata. Quest’ultima, a seguito del sequestro, si opponeva e chiedeva l’ammissione al passivo della procedura per il pagamento delle commissioni maturate per l’attività di amministrazione svolta in virtù di un contratto di mandato fiduciario stipulato anni prima.

La Procura della Repubblica si opponeva a tale richiesta, sostenendo che il contratto fosse strumentale alle attività illecite e che la società fiduciaria non potesse considerarsi un terzo estraneo e in buona fede. Secondo l’accusa, l’intera struttura del trust e del mandato era stata creata per occultare la reale proprietà dei beni e favorire gli interessi illeciti della famiglia indagata. Il Tribunale, tuttavia, accoglieva l’opposizione della società fiduciaria, decisione contro cui la Procura ricorreva in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso della Procura inammissibile, confermando di fatto la decisione del Tribunale. I giudici di legittimità hanno ritenuto che le censure mosse dalla Procura fossero generiche e si risolvessero in una richiesta di riesame del merito dei fatti, attività preclusa in sede di Cassazione.

Il Tribunale, secondo la Corte, aveva correttamente seguito le indicazioni fornite in un precedente annullamento con rinvio, svolgendo un’analisi approfondita e ben motivata. Era stato ricostruito l’intero contesto, la natura del contratto di mandato, le caratteristiche del credito e la posizione della società fiduciaria, giungendo a una conclusione immune da vizi logici o giuridici.

Le Motivazioni: la Valutazione del Credito del Terzo in Buona Fede

Il cuore della decisione risiede nell’analisi dei requisiti necessari per riconoscere il credito del terzo in buona fede. La Cassazione ha evidenziato come il Tribunale abbia correttamente valutato i seguenti aspetti:

* Anteriorità del credito: Il credito vantato dalla società fiduciaria per le sue commissioni era sorto in virtù di un contratto stipulato molto prima del provvedimento di sequestro.
Natura del rapporto: Il rapporto tra la società fiduciaria e la società che gestiva il trust era un legittimo contratto di mandato. La gestione dei beni non era direttamente riconducibile agli imputati, ma a un soggetto terzo (il trustee*).
* Assenza di strumentalità: Il Tribunale, con una valutazione di merito, ha escluso che il credito della società fiduciaria fosse strumentale all’attività illecita. Non è emersa alcuna prova che le commissioni rappresentassero un vantaggio derivante dai reati contestati o che la società fiduciaria avesse tratto un profitto illecito. Anzi, la sua attività era stata anche finalizzata al rispetto di normative, come quelle antiriciclaggio.

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: per negare la tutela a un creditore, non è sufficiente affermare la provenienza illecita dei beni gestiti. La Procura deve dimostrare un collegamento diretto tra la posizione del creditore e la commissione del reato, provando che il credito è stato precostituito per eludere la confisca o che il terzo era consapevole e partecipe del disegno criminoso. In assenza di tale prova, la buona fede si presume e il credito deve essere tutelato.

Le Conclusioni

Questa sentenza rafforza la posizione dei terzi che intrattengono rapporti commerciali e professionali con soggetti poi coinvolti in procedimenti penali. Stabilisce che la valutazione della buona fede deve essere condotta con rigore, basandosi su elementi concreti relativi al momento in cui il credito è sorto. Il semplice fatto che i beni amministrati si rivelino di provenienza illecita non è, di per sé, sufficiente a travolgere i diritti dei creditori che hanno agito in modo trasparente e professionale. La decisione offre quindi una maggiore certezza giuridica agli operatori economici, chiarendo che l’onere di dimostrare la malafede o la strumentalità del credito ricade sull’accusa, a tutela del legittimo affidamento e della stabilità dei rapporti giuridici.

Quando un creditore può essere considerato “terzo in buona fede” in un procedimento di confisca?
Un creditore è considerato “terzo in buona fede” quando il suo credito è sorto prima del provvedimento di sequestro, deriva da un rapporto giuridico lecito e non è strumentale all’attività illecita che ha dato origine alla confisca. È fondamentale che il creditore sia estraneo al disegno criminoso e non fosse a conoscenza dell’origine illecita dei beni.

Cosa deve dimostrare la Procura per contestare con successo il credito di un terzo?
La Procura deve fornire prove concrete che dimostrino un collegamento diretto tra la posizione del creditore e la commissione del reato. Deve provare che il credito è fittizio, creato appositamente per eludere la confisca, oppure che il terzo era consapevole dell’attività illecita e ne ha tratto un vantaggio, venendo meno la sua estraneità e buona fede.

Un contratto di mandato fiduciario è sempre valido se i beni amministrati vengono poi confiscati?
La validità del contratto e il conseguente diritto al compenso per il fiduciario dipendono dalla sua buona fede al momento della stipula e dell’esecuzione del contratto. Se il Tribunale accerta che il fiduciario era all’oscuro delle finalità illecite e ha svolto la sua attività professionale in modo legittimo, il suo credito per i compensi maturati deve essere riconosciuto, anche se i beni amministrati vengono successivamente confiscati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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